Il-Trafiletto
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01/11/14

Nessun colpevole per la morte di Stefano Cucchi.

Al processo di primo grado erano stati condannati solo i medici, non gli infermieri e gli agenti. Assoluzione per insufficienza di prove. I genitori in lacrime: «Nostro figlio è stato ucciso una seconda volta». Polemica per il pessimo comunicato del sindacato di polizia: «Giusto così, vita dissoluta.»

 Non è stato nessuno. Tutti assolti. Agenti, medici, infermieri, nessuno ha ucciso Stefano Cucchi, il geometra trentunenne romano arrestato il 15 ottobre 2009 per droga e morto una settimana dopo all’ospedale Sandro Pertini. Così ha deciso la Corte d’Appello di Roma, adottando la formula del secondo comma dell’articolo 530, cioè “quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile”.

 Il pg Mario Remus aveva chiesto la condanna di tutti gli imputati, aveva cioè chiesto di modificare la sentenza di primo grado, chiedendo quindi di condannare a due anni tre agenti carcerari, a un anno i tre infermieri dell’ospedale Sandro Pertini, a tre anni per il primario della struttura ospedaliera Aldo Fierro, e a due anni ognuno i quattro medici Stefania Corbi, Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno e Luigi De Marchis. Inoltre il pg aveva chiesto la conferma della condanna a otto mesi che era stata inflitta al medico Rosita Caponetto per l’accusa di falso ideologico.

“Hanno ucciso Stefano una seconda volta, ma continueremo la nostra battaglia finché non ci sarà giustizia ”, hanno detto i genitori, mentre la sorella in lacrime grida:” E’ una giustizia malata, non si accorsero che mio fratello era stato massacrato”. Il SAP, sindacato di polizia, grida soddisfazione:” E’ giusto così - dice il segretario Gianni Tonelli - bisogna finirla di scaricare sui servitori dello Stato le responsabilità dei singoli, di chi abusa di alcol e droghe, di chi vive al limite della legalità”. Parole che stanno facendo discutere il mondo politico.

Al processo di primo grado del 5 giugno 2013 la III Corte d'Assise condanna quattro medici dell'ospedale Sandro Pertini a un anno e quattro mesi e il primario a due anni di reclusione per omicidio colposo ,con sospensione della pena , un medico a 8 mesi per falso ideologico, mentre vengono assolti sei tra infermieri e guardie penitenziarie, i quali, secondo i giudici, non avrebbero in alcun modo contribuito alla morte di Cucchi.

27/10/14

"giocavano al dottore" usando strumenti chirurgici | indagati due medici

Due medici lui 47enne e lei 40enne "giocavano al dottore" usando strumenti chirurgici dell'ospedale in cui lavorano. I due sono indagati per foto choc ma loro si difendono:" Sono cose nostre siamo adulti e consenzienti e non abbiamo coinvolto nessun altro"


I due medici praticavano sesso estremo, pratiche sadomaso con strumenti chirurgici e sanitari.
La procura di Pisa  li ha indagati per il reato di peculato. Avrebbero utilizzato materiale medico e chirurgico dell’ospedale presso il quale entrambi lavorano per pratiche sadomaso.
Secondo quanto riporta il quotidiano Il Tirreno, il tutto è venuto alla luce grazie ad una chiavetta Usb trovata in un una tasca del camice di un medico, mandato a lavare in una lavanderia di Ponsecco.  La chiavetta conteneva foto relative a pratiche sessuali con strumenti medici e strumenti chirurgici, ma anche con primi piani di parti intime femminili con punti di sutura.
La chiavetta è stata consegnata ai carabinieri e le indagini hanno consentito di risalire a un medico 47enne pisano e a una radiologa 40enne livornese.

Nel corso di perquisizioni, riferisce ancora il quotidiano, sono stati trovati pc portatili, chiavette, foto e oggetti usati per pratiche sadomaso. I due medici avrebbero spiegato che quelle immagini riguardavano i loro momenti di intimità, senza che fossero coinvolte altre persone. Il reato di lesioni personali non può reggere, visto le dichiarazioni della radiologa. I due indagati, infatti avrebbero spiegato di aver scattato le foto nei momenti di intimità, senza il coinvolgimento di altre persone.Da accertare se sono stati usati materiali dell’ospedale di Pisa dove entrambi sono dipendenti o di studi medici privati dove svolgono anche la loro opera.





04/10/14

Il trapianto dell'utero: un successo coronato dalla nascita di un bebè

In Svezia il primo caso di fecondazione assistita in un utero trapiantato: ed è nato un bel bebè.


È nato il primo bambino impiantato in un utero trapiantato. È successo in Svezia, a Göteborg. Ancora non si conoscono i nomi dei genitori, ma si sa che il bmino sta bene anche se nato prematuro.
La madre, nata senza utero per una ma con ovaie perfettament funzionanti, è stata sottoposta un un trapianto di utero donatole da un'amica di famiglia di 61 anni, in menooausa da sette.

Mats Brannstrom, capo del dipartimento di Ostetricia e Ginecologia all’università di Göteborg, in Svezia, ha detto che è il primo caso al mondo di parto avvenuto in seguito a un trapianto di utero, operazione descritta come una tra le più avanzate al mondo, nel suo genere. «Il bambino è fantastico, ma è ancora più bello vedere la gioia dei genitori e quanto felici è riuscito a renderli», ha detto Brannstrom, aggiungendo che il bambino è nato prematuro ma che sia lui che la madre stanno bene.


Brannstrom, è il professore di ostetricia e di ginecologia che ha condotto la ricerca, nell’ambito della quale sono stati effettuati altri nove trapianti di utero, ma in due casi i medici hanno dovuto rimuovere l’organo a causa di infezioni e coaguli di sangue. «Le nostre ricerche durano da dieci anni». Il primo caso di fecondazione dopo trapianto di utero venne tentato in Arabia Saudita nel 2000, ma fallì. Nel 2011 in Turchia nacque un bambino senza battito. Questo successo segno l'inizio di una nuova era in campo ostetrico-ginecologico.


03/10/14

Scanadu Scout | "La più grande innovazione nella medicina domestica dall invenzione del termometro".

Vi interessa controllare il vostro corpo con la stessa frequenza con cui controllate la posta elettronica? Presto si potrà fare, grazie alla Scanadu, un'azienda di elettronica per la salute personalizzata, specializzata in "monitor dei segni vitali" alla portata di tutti.


L'azienda ritiene che questi dispositivi saranno "la più grande innovazione nella medicina domestica dall'invezione del termometro".

Il suo primo prodotto, lo Scout, ci darà letture accurate del tempo di transito del polso, della frequenza cardiaca dell'attività elettrica del cuore, della temperatura, della variabilità nella frequenza cardiaca e dell'ossigenazione del sangue; basta premerlo contro la tempia  per 10 secondi. E poi?
Scanadu Scout:
"la più grande innovazione nella medicina domestica
dall'invezione del termometro".

Sembra un sono per ipocondriaci, ma l'obbiettivo di Scanadu è di interpretare in modo sensato i nostri dati, aiutandoci a decidere se non c'è da preoccuparsi o se invece dobbiamo cercare assistenza urgente. E in futuro si spera di aggiungere un software che formuli una diagnosi se gli inseriamo i sintomi o una foto di una parte irritata. Le sfavillanti pubblicità ideate dall'azienda lanciano slogan come: "Fai laureare in medicina il tuo smartphone", "Portatevi un medico in tasca", "Il nuovo miglior amico del nostro dottore" e "Permetti a chiunque di svolgere sofisticati esami medici in un lampo".

Ulteriori aggiornamenti lo connetteranno al nostro telefonino per analizzare la frequenza della respirazione e la pressione sanguigna senza bisogno di un manometro e permetteranno di analizzare la presenza di sangue, proteine e infezioni nell'urina. Tutte queste cose sono tecnicamente possibili, e la nuova tecnologia svolgerà senza dubbio un ruolo fondamentale nell'aiutare i pazienti a mantenersi in salute e a gestire più facilmente le malattie croniche. La tecnologia, però, non sostituirà mai il fattore umano. E' difficile essere il medico di se stesso quando i risultati sono poco chiari o contraddittori, come spesso capita.

Finchè Scanadu non eccede nelle sue promesse mentre ci chiede i nostri soldi, potrà essere di grande aiuto. Bisognerà però valutarlo per bene con uno studio clinico, esaminando tutti i dati che produce insieme al resto della nostra cartella clinica in modo da potere consultare tutto insieme. E i medici dovranno abituarsi all'idea che i pazienti li chiamino e dicano: "Per piacere, venga subito. Scanadu dice che potrebbe essere una cosa seria!"
Per info: www.scanadu.com


21/05/14

Nuovo miracolo? Suora muore e compare sul suo braccio la scritta "Maria".

Siamo di fronte ad un altro possibile miracolo o ad un classico falso? In questi giorni la morte di Suor Giuseppina, al secolo Celsa Manzone, suora della congregazione delle figlie di Sant'Anna,avvenuta il 13 maggio scorso all'età di 97 anni, fa gridare al miracolo e tutta la zona di Bassano del Grappa in provincia di Vicenza è in subbuglio. Il motivo di questo fermento non è naturalmente la morte in sè della suora, bensì la scoperta da parte delle consorelle di una scritta comparsa, secondo loro dopo la morte, sul braccio della defunta suora dove si leggeva chiaramente il nome "Maria". Suor Giuseppina ha vissuto gli ultimi giorni della sua vita, prima di morire all'ospedale di Bassano, presso il convento di Sant'Anna, dove la superiora si dice convinta che la scritta apparsa sul braccio della consorella, lunga circa 20 cm., non c'era prima della sua morte. Appena si è divulgata la notizia centinaia di fedeli si sono radunati davanti al nosocomio. Intanto si cominciano a fare delle ipotesi e a trovare coincidenze. Infatti il decesso di suor Giuseppina è avvenuto il 13 maggio 2014 all'ètà di 97 anni, e proprio nello stesso giorno di 97 anni fa ci fu la prima apparizione della Madonna di Fatima. Pura coincidenza o che? I medici che cosa dicono? Voci giunte dall'ospedale di Bassano hanno confermato la presenza nel braccio della religiosa di una zona di pelle di colore diverso, denominata in termini medici "Discromia cutanea" che sembrava formare il nome "Maria", tuttavia gli stessi medici non si sbilanciano sul fatto che tale discromia fosse presente anche prima del decesso della suora. L'ospedale ha avvisato del fatto la Procura di Vicenza la quale ha dato mandato ai Carabinieri di scolgere indagini, i quali hanno provveduto a scattare alcune foto alla scritta sul braccio di suor Giuseppina.( immagine presa dal web ).

17/04/14

GB | In sala operatoria per un’appendice, si sveglia durante l’intervento.

Una donna di 36 anni, l’infermiera britannica Alexandra Bythell è stata protagonista involontaria di un’esperienza a dir poco terribile: si è svegliata durante un intervento chirurgico, senza essere in grado di segnalarlo ai medici che stavano per inciderle l'addome. E ad anni di distanza ha ancora vivo il ricordo della paura provata. La donna, residente a Burnley, una cittadina di 70 mila abitanti del Lancashire, in Inghilterra, doveva sottoporsi alla rimozione dell'appendice, ma si è ritrovata perfettamente sveglia, con gli occhi chiusi e i tubi per la respirazione assistita in gola, mentre lo staff medico si preparava all'incisione al Royal Blackburn Hospital. Ora a distanza di quattro anni l’ East Lancashire Hospital NHS Trust ha riconosciuto il danno, si è scusato e ha pagato un risarcimento per il trauma psicologico. Non è la prima volta che si verifica un simile episodio in Gb. Il Trust ha ammesso che il personale non era riuscito a controllare i livelli di una macchina per l'anestesia, ma ha assicurato che sono state messe in atto nuove procedure per evitare che la stessa cosa accada di nuovo. Alla paziente era stato detto di contare all'indietro da 10 a 0 dopo essere stata anestetizzata e a un certo punto ha creduto di essersi addormentata. Era incapace di muoversi perché i farmaci l'avevano paralizzata, ma sentiva il personale medico che parlava della sua altezza e del peso, poi ha sentito il tocco di qualcosa di freddo e tagliente mentre le incidevano l'addome, prima che qualcuno gridasse chiedendo più morfina. A quel punto la Bythell si è davvero addormentata, l'operazione è proseguita ed è stata un successo. "Ero isterica, totalmente nel panico e incapace di fare nulla. Mi sentivo come se stessi per morire. Poi ho cercato di spiegare al personale quello che era successo - racconta - ma sentivo che mi tenevano a bada con delle scuse e mi hanno sempre dato le informazioni sbagliate, in un primo momento dicevano che le mie erano allucinazioni, poi che la macchina era difettosa. E' stato incredibilmente doloroso scoprire che tutto è stato causato da qualcuno che non ha controllare se la macchina avesse il gas". L'intervento risale al settembre 2010, la donna è stata assente per mesi dal lavoro e ha avuto una diagnosi di disordine da stress post-traumatico, hanno detto gli avvocati.

11/04/14

La tecnologia in aiuto delle malattie gravi come l’emofilia con una chiavetta USB.

La tecnologia arriva in aiuto delle malattie più rare e più gravi come l’emofilia. E’ una malattia ereditaria umana comportante una grave insufficienza nella coagulazione del sangue e che colpisce quasi esclusivamente i maschi. In occasione della X Giornata mondiale dedicata a questa malattia, la Federazione delle associazioni emofilici ha presentato uno strumento che potrebbe risultare decisivo in situazioni di emergenza per questi pazienti. Si tratta di un braccialetto nel quale è incorporata una chiavetta Usb all’interno della quale potrà essere caricata tutta la storia clinica del paziente. In caso di incidente e o di malore della persona, il sistema, che è stata battezzato “Safety Medical Database” (Sameda) potrà consentire ai soccorritori di accedere via computer o smartphone a tutte le informazioni importanti per l’effettuazione dei soccorsi. Si tratta di dati letteralmente vitali per pazienti che, come nel caso degli emofiliaci, presentano gravi difficoltà di coagulazione del sangue, esponendoli a rischi emorragici più gravi rispetto al resto delle persone. Il progetto del Safety medical database è stato adottato in Formula 1 dalla scuderia Toro Rosso che ha consegnato un pendaglio Usb a tutti i propri meccanici. In questo modo, in caso di incidente, i medici potranno apprendere in pochi attimi il profilo sanitario della persona, a partire dal gruppo sanguigno, fondamentale per le eventuali trasfusioni di sangue. Testimonial dell’iniziativa è l’ex pilota di Formula 1 Ivan Capelli. "I tanti sportivi che convivono con l’alta velocità - dichiara Capelli - evitano di pensare al pericolo: lo ignorano. Nel mio percorso da pilota automobilistico, non immune da incidenti, mi sono reso conto di quanto fosse importante poter fruire delle proprie informazioni mediche, migliorando l'intervento dei soccorritori nell'urgenza o nell'emergenza”. Il braccialetto sarà presto a disposizione di alcuni centri che si occupano di emofilia che lo consegneranno ai loro pazienti. Si partirà con quelli più giovani che sono più a loro agio nell’interazione con la tecnologia. Elemento importante del progetto Sameda è la componente software che gestisce i dati caricati sul modulo Usb. Questo infatti consentirà l’inserimento di dati clinici sia da parte dei professionisti del settore sanitario sia da parte dei pazienti, garantendo la gestione dei dati secondo più livelli di privacy.

09/04/14

USA | La ricerca accende la speranza: i Paraplegici torneranno a camminare?

La ricerca medica non finisce mai di stupire. Un eccezionale risultato è stato raggiunto dai medici statunitensi dell’University of Louisville e dell’University of California. In uno studio pubblicato su Brain quattro pazienti paralizzati, Andrew Meas, Dustin Shillcox, Kent Stephenson e Rob Summers sono stati trattati presso l’University of Louisville’s Kentucky Spinal Cord Injury Research Centre e , sono stati in grado di flettere dita dei piedi, caviglie e ginocchia, ma non di camminare autonomamente, grazie alla stimolazione epidurale elettrica del midollo spinale. Stando ai ricercatori l'elettricità renderebbe il midollo spinale più reattivo ai pochi messaggi che ancora arrivano dal cervello, dunque l'elettrostimolazione potrebbe diventare in futuro un trattamento per le vittime di lesioni spinali. Il midollo spinale si comporta, infatti, come una linea ferroviaria ad alta velocità, che trasporta messaggi elettrici dal cervello al resto del corpo. Se ci sono danni sui binari, il messaggio non supera l’ostacolo e non arriva a destinazione. Il team Usa, con un approccio pionieristico, ha applicato la stimolazione elettrica al midollo spinale al di sotto della lesione. La ricerca è stata finanziata dalla Reeve Foundation, la fondazione voluta dallo scomparso attore di 'Superman', Christopher Reeve, paralizzato dopo una caduta da cavallo, oltre che dai National Institutes of Health. Questa tecnica sperimentale non coinvolge la riparazione del midollo spinale, ma può avere un ruolo importante nell’aiutare altri pazienti paralizzati a riacquistare il movimento. La tecnica ha delle limitazioni: i quattro pazienti hanno dovuto cambiare l’impostazione per ogni movimento delle gambe. E nessuno è in grado di camminare senza aiuto. Ma i ricercatori assicurano che la qualità della vita dei pazienti è notevolmente migliorata, come pure la massa muscolare, il controllo di vescica e la funzione sessuale. Insomma, per gli studiosi questa potrebbe essere una delle nuove armi per aiutare le persone paralizzate dopo un incidente d’auto o un altro trauma, a ritrovare il movimento.

19/03/14

Malasanità a Caserta | Non era un tumore ma una fibromatosi uterina. Muore dopo tre interventi chirurgici.

Arriva da Caserta l'ennesimo caso di malasanità. Elena Trepiccione, una donna di 69 anni, è morta dopo aver subito in dodici giorni ben tre interventi chirurgici per un tumore all'utero diagnosticato ma rivelatosi inesistente. La malattia della donna si era rivelata una fibromatosi uterina. Tutto questo è successo alla clinica Minerva della Salute di Santa Maria Capua Vetere, dove la donna era stata ricoverata. Durante il primo intervento, i medici si accorsero che il tumore non c’era. Nei giorni successivi la donna fu nuovamente operata per complicanze seguite all’intervento, forti dolori addominali e un’occlusione intestinale, provocata da un’ansa dell’intestino bloccata dalla ferita che da poco era stata suturata. Ma non finisce qui il calvario della malcapitata. Dopo qualche giorno la donna però comincia ad accusare forti dolore all'addome e i familiari decidono di trasferirla in un'altra clinica dove verrà operata per la terza volta per un'emorragia dovuta all'apertura dei punti di sutura praticati a 50 centimetri dell'intestino, ma nonostante le cure, la donna non si è ripresa ed ha cessato di vivere il 13 giugno del 2012. Ed è di oggi la notizia che 6 medici chirurghi, autori dei primi due interventi sulla donna, sono accusati di omicidio colposo e dovranno presentarsi davanti al giudice il prossimo 7 ottobre per le udienze preliminari.

17/03/14

Tumore al seno | Un naso elettronico sensibile tanto quanto una mammografia!

Tumore al seno | Un naso elettronico sensibile tanto quanto una mammografia! Il naso, quello elettronico, è sensibile tanto quanto una mammografia per scovare il cancro al seno! Dicono molto gli odori del corpo umano, riguardo lo stato di salute dell'organismo.

A confermare quanto affermato sopra, non è soltanto l'esperienza clinica di tanti medici, ma anche varie ed efficenti ricerche condotte durante gli anni passati, al punto tale che oggi George Preti, esperto apprezzato da più parti del Monell Chemical Senses Center di Filadelfia, sta cercando di intercettare l'odore tipico del cancro all'ovaio (seno) per poi successivamente dare vita, grazie alla collaborazione del collega Charlie Johnson, un sensore che possa essere utilizzato come “naso elettronico” per avvertirne la presenza di un eventuale tumore e consentirne la diagnosi precoce.

Per intercettare tale odore, il Preti sta avvalendosi della collaborazione del Penn Vet Working Dog Center, dove 4 cani stanno seguendo un programma di addestramento per fiutare la presenza del cancro alle ovaie. In passato, infatti, è stata dimostrata la capacità dei cani di individuare con un'accuratezza elevata eventuali tumori solo dal loro odore. Dopo avere identificata l'essenza cercata Johnson la utilizzerà per programmare il suo prototipo di naso elettronico, un apparecchio che mima l'attività dei recettori presenti nel naso umano. Lo strumento è formato da centinaia di nanotubi in carbonio, ciascuno attaccato a un filamento di Dna in grado di convertire il mix di sostanze chimiche presenti nell'aria in un segnale elettronico.
Tumore al seno

“E' possibile racchiudere il potere del naso di un cane in questo piccolo chip delle dimensioni dell'unghia di un dito”, ha spiegato Petri. Attualmente uno strumento simile, il BreathLink, è stato testato dai ricercatori del Centro Medico dell'Università di Maastricht (Paesi Bassi) nella diagnosi del cancro al seno. I risultati dei test, pubblicati su PLoS One, dimostrano che utilizzarlo è semplice e veloce: la paziente deve semplicemente respirare in un tubo per 2 minuti e la macchina è in grado di confrontare le sostanze presenti nel respiro del paziente con quelle tipiche del cancro alla mammella, stabilendo in soli 10 minuti se la donna è affetta da questa forma tumorale con una precisione eguale a quella di una mammografia, ma senza ricorrere all'uso dei raggi X.

Il cancro non è però l'unica malattia che potrebbe essere riconosciuta dall'odore. Un'analisi pubblicata sulla rivista Sensors da Alphus Wilson, esperto dell'USDA Forest Service e Manuela Baietto, ricercatrice dell'Università degli Studi di Milano, ha fatto il punto della situazione ricordando che la pelle e il sudore di chi sta lottando contro un'infezione può odorare di mele marce che in caso di infezioni alla vescica le urine sanno di ammoniaca e che il diabete conferisce all'alito un odore di acetone simile a quello del solvente per lo smalto per le unghie, mentre l'insufficienza epatica lo fa odorare di pesce crudo.

Non solo, il sudore di chi ha la rosolia ha lo stesso odore delle piume e quello di chi è affetto da schizofrenia di aceto, mentre l'odore della pelle assomiglia a quello della birra stantia in chi ha l'adenite tubercolare, di pane nero appena cotto in chi è affetto da febbre tifoidea e di macelleria in chi ha la febbre gialla. (ilsole24ore)

08/03/14

Toscana | I consultori quanto prima saranno forniti del Ru486.

Toscana:| i consultori quanto prima saranno forniti del Ru486. L'inaspettata iniziativa giunge direttamente dal Consiglio Sanitario della Toscana e mira a superare le odierne linee guida del Ministero della Salute, che indicano l'utilizzo della pillola solo ed esclusivamente nelle strutture ospedaliere tradizionali ed in regime di ricovero ordinario.

In base all'opinione del comitato tecnico dell'Assessorato alla Sanità regionale, l'introduzione della pillola abortiva nei poliambulatori idoneamente attrezzati, si tramuterebbe in un vantaggio non indifferente per le donne e si attesterebbe in linea con quanto già previsto dalla Legge 194 in cui si prevede la possibilità di inserire nuove metodiche, oltre alla chirurgia a patto che siano “rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza”.
Le nuove linee guida proposte dal comitato toscano prevedono la somministrazione della Ru486 nei poliambulatori e nei consultori adeguatamente attrezzati, dove la donna dovrebbe rimanere in osservazione per due ore dopo l'assunzione del farmaco.
Pillola abortiva

Alla paziente sarebbe quindi fornito il recapito di un medico reperibile 24 ore su 24 e verrebbe mandata a casa con l'invito a presentarsi dopo 48 per assumere un secondo farmaco e quindi a distanza di 15 giorni per una visita di controllo.
“Per ora è solo una proposta”, ha spiegato a Repubblica Antonio Panti, presidente dell'Ordine dei Medici di Firenze e vicepresidente del Consiglio Sanitario toscano.

“Ci sono ancora dei passaggi. Ma la politica deve fare il suo corso. Abbiamo seguito tutte le leggi che regolano l'interruzione di gravidanza.
Già la 194 apriva alla possibilità di introdurre metodiche nuove oltre la chirurgia e indicava le strutture territoriali come luoghi dove praticarle”. La somministrazione della pillola abortiva in strutture ospedaliere tradizionali e in regime di ricovero ordinario era stata decisa infatti dal Ministero della Salute, sulla base di un controverso parere espresso nel 2010 dal Consiglio Superiore di Sanità.

Si trattava però di semplici linee guida e come sottolinea in una nota l'Assessorato alla Salute della Regione Toscana, il parere espresso dal comitato regionale è perfettamente conforme alle normative vigenti. Se l'Assessore sceglierà di accogliere le nuove linee guida, dovrà quindi semplicemente notificarle alle Asl, che potranno applicarle senza bisogno di una specifica delibera. In attesa della decisione dell'Assessorato, sono già arrivate le prime critiche degli ambienti cattolici.

“La Ru486, prodotto abortivo tutt’altro che esente da rischi, era stata adottata nei vincoli della Legge 194, prevedendo quindi il ricovero e l’osservazione”, hanno dichiarato Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, presidente e copresidente dell’Associazione Scienza & Vita.
“Ora la somministrazione della pillola direttamente tramite i consultori scavalca ogni disposizione legislativa e apre a una deregulation senza precedenti, le cui conseguenze sul piano antropologico sono immediatamente intuibili”.

Ad applaudire la proposta del Consiglio Sanitario toscano è invece Silvio Viale, Consigliere Comunale a Torino, responsabile del servizio di Ivg dell'Ospedale Sant'Anna di Torino e tra i pionieri della sperimentazione della RU486 in Italia. “Per le sue caratteristiche l'aborto medico è una pratica ambulatoriale”, ha dichiarato Viale. “Il ricovero, anche quello nella forma di Day Hospital è un trattamento ridondante. Del resto gli art. 8 e 12 della Legge 194/78 configurano il ricovero solo “se necessario” e, sempre l'art. 8 prevede che le Ivg possano essere effettuate “presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali”. Fa un po' tristezza pensare come queste previsioni fossero legate addirittura all'aborto chirurgico e come la 194 sia stata bistrattata per tutti questi anni come la Cenerentola della sanità. Ora con la RU486, dopo 35 anni, si può dare applicazione a questa parte della 194 e recuperare i consultori nella effettuazione degli aborti, emancipando le donne dal ricovero in ospedale”.

03/03/14

Giovane donna malata terminale sposa il suo “amato” in Rianimazione. Poi muore.

Senza dubbio un grandissimo atto d'amore quello di una giovane coppia. Una storia straziante di una donna di 33 anni, afflitta da un male incurabile, che vuole fortemente unirsi in matrimonio col suo principe azzurro e muore tre giorni dopo essersi sposata nel reparto di rianimazione dell’ospedale San Raffaele di Milano. La coppia è riuscita a realizzare il proprio desiderio la settimana scorsa. Nessun prete, ma con rito civile, i due hanno trovato la forza di dire sì e di unirsi in matrimonio, “nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia”, per sempre. Lo hanno fatto nel reparto rianimazione dell’ospedale San Paolo di Savona dove lei era ricoverata e che da qualche tempo era diventata una specie di casa. Le nozze dovevano rimanere segrete, quel momento di gioia doveva restare un fatto fra loro due e le persone più care. Un segreto comprensibile al quale nel reparto di Rianimazione si sono tutti attenuti, dal primario, ai medici, agli infermieri, insomma a tutto lo staff. La notizia però si è diffusa ugualmente. Era una coppia che si voleva bene e che si era promessa amore eterno in circostanze comunque difficili. La cerimonia con rito civile si è svolta nel più assoluto riserbo. Purtroppo due giorni dopo dalla celebrazione del matrimonio le condizioni della neo sposa sono decisamente peggiorate e i medici savonesi hanno disposto il trasferimento della ragazza all'ospedale San Raffaele a Milano, un ultimo, disperato tentativo di combattere una battaglia purtroppo già persa in partenza . Lei non ce l'ha fatta ed ha cessato di vivere. La notizia della morte della ragazza si è diffusa rapidamente a Savona dove nessuno ha dimenticato quella coppia che ha voluto sposarsi in ospedale, dove tutti ricordano l'amore che quella giovane donna aveva saputo donare al suo compagno che aveva voluto sposare in un momento difficile e senza più alcuna speranza di sopravvivere.

13/02/14

Palermo | Morta da 6 giorni, il suo corpo è ancora caldo. I figli:” è una morte apparente, si risveglierà”.

Comune di Villagrazia di Carini, in provincia di Palermo. Una madre è venuta a mancare sei giorni fa ma i figli non si rassegnano alla sua morte, nonostante ben due medici abbiano constatato il decesso. Grazia Bruno, 68 anni, è deceduta giovedì scorso nella sua casa dopo un periodo di ricovero in ospedale. Il medico legale chiamato dai familiari non ha potuto che certificare il decesso, cosa che è stata confermata qualche giorno dopo da un altro medico cardiologo. Il medico legale, pur constatando la morte della donna, avrebbe rilevato alcune "stranezze" : il rigor mortis non si è verificato, la temperatura del corpo rimane costante, di conseguenza il corpo non si è irrigidito, e avrebbe così concesso altri quattro giorni di proroga per dare il via all'iter di sepoltura. Un limite temporale che scade oggi pomeriggio. “In queste condizioni non permetteremo la sepoltura di nostra madre – sembra aver detto il figlio della defunta Francesco Paolo Passalacqua a Live Sicilia – Anche il nostro medico di famiglia, pur constatando la morte, ha messo in evidenza delle anomalie. Non siamo dei medici ma a nostro avviso potrebbe essere un caso di morte apparente”. Intanto la casa della (non) defunta è diventata meta di curiosi e conoscenti che gridano al miracolo. All’interno la salma è tenuta con la bara aperta. L'Azienda sanitaria provinciale di Palermo, però, smentisce la versione dei familiari della donna, riferendo inoltre che il cardiologo da lei inviato ha eseguito sul corpo della donna un elettrocardiogramma, tenuto "in striscia continua per venti minuti", risultato poi "totalmente piatto", e di aver redatto un verbale nel quale si dichiara che la salma è pronta per la sepoltura.

06/02/14

E' italiana la mano bionica capace di sensazioni tattili

Forse le scoperte di oggi traggono ispirazioni dai "fantasy"di ieri, oppure i fantasy di ieri sono stati profetici, sta di fatto che l'uomo bionico stà prendendo forma. Per ora con una mano completamente bionica in grado di sentire senzazioni. Ancora in fase di sperimentazione, questo progetto si chiama LifeHand2 ed e' un progetto internazionale che vede l'Italia in prima linea.


Una mano artificiale innestata sul braccio amputato, capace di muoversi non solo rispondendo
direttamente agli impulsi del cervello, ma anche in grado di trasmettere sensazioni tattili, facendo "sentire" forme e consistenza degli oggetti impugnati. La sperimentazione che ha reso possibile questo nuovo passo verso l'impianto definitivo di mani bioniche si chiama LifeHand2 ed e' frutto di un progetto internazionale che vede l'Italia in prima linea. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine. Ci hanno lavorato medici e bioingegneri dell'Universita' Cattolica-Policlinico Agostino Gemelli di Roma, dell'Universita' Campus Bio-Medico di Roma, della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e dell'IRCSS San Raffaele di Roma. Fanno parte del gruppo di ricerca anche due Centri oltreconfine: l'Ecole Polytechnique Federale di Losanna e l'Istituto IMTEK dell'Universita' di Friburgo. Era il capodanno del 2004, quando Dennis Aabo Sorensen, 36enne danese, subi' l'amputazione della mano sinistra, distrutta dallo scoppio di un petardo. Da allora solo una protesi estetica e l'impegno a ricominciare con la forza d'animo che gli ha anche permesso di superare i test psicologici di selezione, fino ad arrivare a Roma, per affrontare la fase sperimentale di LifeHand 2. La comunicazione tra cervello di Dennis e mano artificiale ha effettivamente funzionato grazie a un complesso sistema d'impulsi tra centro e periferia, tra organismo e arto artificiale, che ha avvicinato ulteriormente la scienza alla riproduzione del fenomeno naturale. "Quella del feedback sensoriale e' stata per me un'esperienza stupenda", ha raccontato Dennis. "Tornare a sentire la differente consistenza degli oggetti, capire se sono duri o morbidi e avvertire come li stavo impugnando e' stato incredibile", ha aggiunto.

Un'esperienza soggettiva confermata dall'osservazione sperimentale. In otto giorni di esercizi, infatti, Dennis e' stato in grado di riconoscere la consistenza di oggetti duri, intermedi e morbidi in oltre il 78 per cento di prese effettuate. Nell'88 per cento dei casi, inoltre, ha definito correttamente dimensioni e forme di oggetti come una palla da baseball, un bicchiere o l'ovale di un mandarino. Non solo. Ha saputo anche localizzare la loro posizione rispetto alla mano con il 97 per cento di accuratezza, riuscendo a dosare con precisione non troppo distante da quella di una mano naturale la forza da applicare per afferrarli. I dati sperimentali hanno cosi' dimostrato che e' possibile ripristinare un effettivo feedback sensoriale nel sistema nervoso di un paziente amputato, utilizzando i segnali provenienti dalle dita sensorizzate della protesi. L'intervento per gli impianti di elettrodi e' durato otto ore. Il punto di collegamento tra sistema nervoso di Dennis e protesi biomeccatronica sono stati quattro elettrodi intraneurali, poco piu' grandi di un capello, impiantati nei nervi mediano e ulnare del suo braccio. Un intervento delicato, eseguito il 26 gennaio del 2013 al Policlinico "Agostino Gemelli" di Roma dal neurochirurgo Eduardo Marcos Fernandez. Sviluppati nel Laboratorio di Microtecnologia Biomedica IMTEK dell'Universita' di Friburgo, sotto la direzione di Thomas Stieglitz, gli elettrodi sono stati impiantati trasversalmente rispetto ai fascicoli nervosi, in modo da moltiplicare la loro possibilita' di contatto con le fibre dei nervi e di conseguenza la loro capacita' di comunicazione con il sistema nervoso centrale. Il gruppo di lavoro, coordinato da Silvestro Micera, docente di Bioingegneria presso l'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e presso l'Ecole Polytecnhique Federale di Losanna, ha sviluppato parallelamente una serie di algoritmi capaci di trasformare in un linguaggio comprensibile al cervello di Dennis le informazioni provenienti dalla mano artificiale. "Il paziente e' riuscito a modulare in maniera molto efficace e in tempo reale la forza di presa da applicare sugli oggetti", ha commentato Micera. "Ha svolto, inoltre, gli esercizi bendato, riuscendo a riconoscere - ha aggiunto - le varie proprieta' di questi oggetti grazie unicamente al continuo invio d'informazioni sensoriali dalla protesi al suo sistema nervoso. E' la prima volta che si realizza qualcosa di simile". Usa una metafora, per spiegare la sfida, Paolo Maria Rossini, responsabile clinico della sperimentazione presso l'IRCCS San Raffaele Pisana di Roma e Direttore dell'Istituto di Neurologia dell'Universita' Cattolica-Policlinico Gemelli: "Ci siamo presentati un po' come i ricercatori della prima missione lunare: dopo anni di lavoro spingi il bottone, fai partire l'astronave e da li' non puoi piu' tornare indietro". Il viaggio verso il futuro, comunque, e' andato bene: "Avevamo l'obiettivo di esplorare i cambiamenti nell'organizzazione del cervello di Dennis - ha proseguito Rossini - sperando che si verificasse quel che poi e' stato: il pieno controllo dei feedback provenienti dalla protesi da parte del paziente, la preservazione della funzionalita' di cio' che rimane dei suoi nervi mediano e ulnare, la riorganizzazione della neuroplasticita' del suo cervello in modo da consentirgli un efficace controllo della mano robotica". Finanziato dall'Unione Europea e dal Ministero della Salute italiano, il cui ente capofila e' l'IRCCS San Raffaele-Pisana di Roma, LifeHand 2 e' il proseguimento di un programma di ricerca che cinque anni fa porti' la protesi biomeccatronica CyberHand - versione meno evoluta della OpenHand utilizzata per questo secondo esperimento - a rispondere per la prima volta al mondo ai comandi di movimento trasmessi direttamente dal cervello del paziente. Nel 2008, tuttavia, la protesi non poteva ancora essere calzata sul braccio umano, permetteva di compiere solo tre movimenti (presa a pinza, chiusura del pugno e movimento del mignolo) e non restituiva alla persona nessuna sensazione.                                                                                                                  Fonte  (AGI) .

17/01/14

Della serie “Non sapevo di essere incinta”. Suora partorisce un bimbo

“Non sapevo di essere incinta”. Così si intitola un programma di Real TV in onda in questi giorni in seconda serata. La stessa frase è stata probabilmente recitata al Pronto Soccorso dell’Ospedale Camillo De Lellis di Rieti, dove una suora ha partorito un bimbo del peso di 3 chili e 500 grammi. La donna si è presentata al pronto soccorso dell’ospedale della cittadina laziale nella notte di martedì, accompagnata da un'ambulanza del 118, chiamata dalle consorelle, preoccupate per le condizioni della giovane suora, accusando forti dolori di cui non sapeva spiegarsi la natura. Il personale paramedico che l'ha accompagnata al pronto soccorso con codice rosso, ha messo a verbale che la donna accusava "forti dolori addominali con sospetta colica renale". Il medico che l’ha visitata e sottoposta ad ecografia non ha avuto dubbi  nel certificarle lo stato di gravidanza, tanto che nel certificato di ricovero, forse per un eccesso di scrupolo, è stato scritto "sospetta gravidanza in suora".  La suora, 32 anni, nativa del San Salvador, appartenente all'Istituto religioso delle Missionarie Catechiste, ha poi dato alla luce con un parto naturale un bimbo che pesa tre chili e mezzo. Notevole è stato l’imbarazzo dei medici che si sono occupati del caso e che nonostante abbiano cercato di mantenere il segreto sulla notizia, tutta la verità è trapelata nei corridoi dell’ospedale per arrivare poi ai media. La notizia che fosse una suora, poi, si è diffusa a gran velocità finendo fin sulle pagine di facebook. Sull'identità padre non si esclude nulla, da una possibile violenza subita a un rapporto avuto nel suo paese con qualche ex o comunque con un amico.

18/10/13

La pillola che ti rammenta le medicine!

La pillola che ti rammenta le medicine! Avete capito bene, si tratta di una pillola che appena ingerita, dallo stomaco, viene inviato un messaggio, diretto a voi oppure al vostro medico, per informare che il medicinale è giunto a destinazione ed sopratutto sia proprio quello giusto. Pensarete che sia fantascienza...niente affatto! Si tratta di una tecnologia già usata in via del tutto sperimentale e che dovrebbe essere messa in commercio entro il prossimo anno.
Potrebbe apparire assurdo, ma quello di assumere dei medicinali sbagliati è un problema molto ricorrente. In base a quanto afferma l'Organizzazione Mondiale della Sanità, le somministrazioni errate di medicine arrivano al 50% dei casi. Ad aggiungersi agli errori dei pazienti, particolarmente quelli anziani, nel fare fede alle dosi e i tempi, ci sono quelli dei medici e farmacisti nel prescrivere la cura. Oltretutto può capitare che i pazienti scordino di informare il medico di medicinali di cui stanno già facendo uso, e che possono generare effetti indesiderati se mischiati con altri. Appare chiaro che un sistema che permettesse di verificare con premura e precisione ciò che il paziente ha ingerito, renderebbe migliore di molto la qualità delle cure.
Esattamente questo lo scopo di un sistema concepito dall'azienda californiana Proteus Digital Health, che ha realizzato un sensore ingeribile e grande come un granello di sabbia. Costruito interamente con materiali assorbibili senza danni dal corpo umano (rame, magnesio, cloruro di sodio), non necessita di batterie, in quanto alimentato dalla reazione con gli acidi gastrici. Il sensore viene introdotto in ogni pillola, e dopo averlo ingerito, si attiva trasmettendo un debole segnale radio di identificazione, che permette di riconoscere con esattezza di che medicina si tratta.
Sensore in pillola

Affinchè il sistema funzioni, il paziente deve indossare uno speciale cerotto contenente un chip, che è in grado di intercettare il segnale trasmesso dal sensore ingeribile e di raccogliere altri dati riguardo alle funzioni vitali del paziente, che permettono di comprendere se la medicina sta facendo effetto. Il cerotto, che è usa e getta e va cambiato ogni settimana, comunica via Bluetooth le informazioni a uno smartphone che le salverà i dati trasmessi nella cloud. In tal modo il medico può avere a disposizione la cronologia di tutti i medicinali assunti e del loro effetto.
Al momento la tecnologia è in prova presso una catena di farmacie britanniche, che confezionano set di pillole che includono il sensore. Sono già state ottenute le autorizzazioni per commercializzare i sensori in Europa e negli USA.
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