In due lavori indipendenti pubblicati su Science i ricercatori dell'Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (TIGET) di Milano guidati da Luigi Naldini descrivono il primo successo clinico della terapia genica con vettori lentivirali, derivati dal virus responsabile dell'Aids su due rare patologie genetiche dell'infanzia, la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich.
Oggi Jacob può guardare al domani con gli
occhi di un bambino di tre anni. Senza avere più paura di
ammalarsi per una banale
infezione. E può
giocare e correre senza indossare quell'elmetto che prima lo proteggeva dal rischio di gravi
emorragie in caso di caduta. La stessa cosa è possibile per Mohammed, Giovanni, Kamal, Samuel e Canalp. Sono i sei piccoli pazienti affetti da due
gravi malattie genetiche dell'infanzia che sono guariti grazie alla nuova
terapia genica messa a punto da un team di ricercatori dell'
Istituto San Raffaele Telethon per la
Terapia Genica di Milano (
TIGET).
Gli
studiosi hanno "addomesticato" il temibile
virus HIV, spogliandolo della sua componente
patologica e lo hanno usato come
veicolo per entrare nelle
cellule e sostituire i
geni difettosi con quelli sani. "Questo
progetto è stato reso possibile grazie alla solidarietà di centinaia di migliaia di italiani che negli anni ci hanno sostenuto", afferma
Francesca Pasinelli, direttore generale della
Fondazione Telethon, che ha investito 19 milioni di euro per le
ricerche su queste due
malattie.
"Il traguardo raggiunto è particolarmente importante per noi perché dimostra che
finanziando la
ricerca scientifica con i criteri e i metodi con cui lo abbiamo fatto, e soltanto attraverso l'applicazione di moltissimo rigore, questa ricerca nel tempo progredisce dal laboratorio al letto del paziente".
Le due
malattie trattate con successo sono la
leucodistrofia metacromatica (tristemente nota al grande pubblico per la vicenda mediatica della piccola Sofia) e la sindrome di
Wiskott-Aldrich, entrambe dovute a un
difetto genetico che causa l'assenza di una
proteina fondamentale per il nostro
organismo.
Queste due
patologie insorgono sin dai primi mesi di vita e conducono a un'inesorabile morte nel giro di pochi anni dalla
diagnosi.
La
tecnica che ha dato una nuova speranza a questi bambini si basa su una
geniale intuizione di
Luigi Naldini, il direttore del
TIGET che ha coordinato lo
studio, descritta in un articolo pubblicato nel 1996 su
Science. "Lidea di usare il
virus HIV è venuta 17 anni fa. I
vettori virali per
terapia genica si stavano già sperimentando, ma c'era un problema di fondo: la scarsa efficienza del
trasferimento genico nelle
cellule", afferma Naldini. "Era da poco stato descritto il
virus HIV, capace di infettare le
cellule con più efficienza di quelli conosciuti fino ad allora perché in grado di entrare nel
nucleo, dove si trova il
DNA della cellula in cui viene inserito il
gene terapeutico, anche senza dover aspettare la
divisione cellulare che ne apre la porta agli altri
virus".
Da qui l'idea di addomesticare proprio
HIV, disarmarlo e sfruttarlo per trasportare
geni all'interno di cellule che normalmente non si dividono, come quelle del sistema nervoso. Il metodo si rivelò corretto dal punto di vista teorico, ma la difficoltà venne subito dopo. "Questo era un
virus molto temuto perché si conosceva poco, si sapeva soltanto che era pericoloso, che infettava l'uomo e che inesorabilmente portava alla morte per
AIDS. Quindi l'idea di ingegnerizzarlo e di renderlo poi un domani utilizzabile in
terapia genica faceva paura. La nostra sfida è stata prima quella di rendere il vettore sicuro a sufficienza da essere usato anche nell'uomo e poi superare le paure della
comunità medico-scientifica", dice
Naldini.
Cosi il
virus HIV è stato letteralmente smontato e sono stati eliminati alcuni pezzi per renderlo innocuo: i cosiddetti vettori "
lentivirali" ottenuti, conservano soltanto il 10 per cento della
sequenza originaria di HIV, per cui è impossibile che il
virus possa riformarsi e infettare il paziente.
(science)