Il-Trafiletto
Visualizzazione post con etichetta terapia genica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta terapia genica. Mostra tutti i post

22/08/14

HIV | Da virus letale a cura del futuro | Prima parte

In due lavori indipendenti pubblicati su Science i ricercatori dell'Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (TIGET) di Milano guidati da Luigi Naldini descrivono il primo successo clinico della terapia genica con vettori lentivirali, derivati dal virus responsabile dell'Aids su due rare patologie genetiche dell'infanzia, la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich. 


Oggi Jacob può guardare al domani con gli occhi di un bambino di tre anni. Senza avere più paura di ammalarsi per una banale infezione. E può giocare e correre senza indossare quell'elmetto che prima lo proteggeva dal rischio di gravi emorragie in caso di caduta. La stessa cosa è possibile per Mohammed, Giovanni, Kamal, Samuel e Canalp. Sono i sei piccoli pazienti affetti da due gravi malattie genetiche dell'infanzia che sono guariti grazie alla nuova terapia genica messa a punto da un team di ricercatori dell'Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano (TIGET).

Gli studiosi hanno "addomesticato" il temibile virus HIV, spogliandolo della sua componente patologica e lo hanno usato come veicolo per entrare nelle cellule e sostituire i geni difettosi con quelli sani. "Questo progetto è stato reso possibile grazie alla solidarietà di centinaia di migliaia di italiani che negli anni ci hanno sostenuto", afferma Francesca Pasinelli, direttore generale della Fondazione Telethon, che ha investito 19 milioni di euro per le ricerche su queste due malattie. "Il traguardo raggiunto è particolarmente importante per noi perché dimostra che finanziando la ricerca scientifica con i criteri e i metodi con cui lo abbiamo fatto, e soltanto attraverso l'applicazione di moltissimo rigore, questa ricerca nel tempo progredisce dal laboratorio al letto del paziente". Le due malattie trattate con successo sono la leucodistrofia metacromatica (tristemente nota al grande pubblico per la vicenda mediatica della piccola Sofia) e la sindrome di Wiskott-Aldrich, entrambe dovute a un difetto genetico che causa l'assenza di una proteina fondamentale per il nostro organismo.

Queste due patologie insorgono sin dai primi mesi di vita e conducono a un'inesorabile morte nel giro di pochi anni dalla diagnosi. La tecnica che ha dato una nuova speranza a questi bambini si basa su una geniale intuizione di Luigi Naldini, il direttore del TIGET che ha coordinato lo studio, descritta in un articolo pubblicato nel 1996 su Science. "Lidea di usare il virus HIV è venuta 17 anni fa. I vettori virali per terapia genica si stavano già sperimentando, ma c'era un problema di fondo: la scarsa efficienza del trasferimento genico nelle cellule", afferma Naldini. "Era da poco stato descritto il virus HIV, capace di infettare le cellule con più efficienza di quelli conosciuti fino ad allora perché in grado di entrare nel nucleo, dove si trova il DNA della cellula in cui viene inserito il gene terapeutico, anche senza dover aspettare la divisione cellulare che ne apre la porta agli altri virus".

Da qui l'idea di addomesticare proprio HIV, disarmarlo e sfruttarlo per trasportare geni all'interno di cellule che normalmente non si dividono, come quelle del sistema nervoso. Il metodo si rivelò corretto dal punto di vista teorico, ma la difficoltà venne subito dopo. "Questo era un virus molto temuto perché si conosceva poco, si sapeva soltanto che era pericoloso, che infettava l'uomo e che inesorabilmente portava alla morte per AIDS. Quindi l'idea di ingegnerizzarlo e di renderlo poi un domani utilizzabile in terapia genica faceva paura. La nostra sfida è stata prima quella di rendere il vettore sicuro a sufficienza da essere usato anche nell'uomo e poi superare le paure della comunità medico-scientifica", dice Naldini.

Cosi il virus HIV è stato letteralmente smontato e sono stati eliminati alcuni pezzi per renderlo innocuo: i cosiddetti vettori "lentivirali" ottenuti, conservano soltanto il 10 per cento della sequenza originaria di HIV, per cui è impossibile che il virus possa riformarsi e infettare il paziente.(science)


02/02/14

Terapia genica contro il cancro | Partita la sperimentazione al San Raffaele di Milano!

Terapia genica contro il cancro: parte la sperimentazione al San Raffaele di Milano!
Si tratta di una terapia genica che si sta sperimentando al San Raffaele di Milano, e consiste in una serie di attacchi attraverso delle "bombe ad orologeria", celate in un "Cavallo di Troia": un “vettorevirale che le condurrà a destinazione per poi farle "esplodere" nel cuore del tumore. Quel'è il target da annientare? Alcune cellule del sangue, i macrofagi, che sono necessarie proprio ai tumori per garantirsi la crescita.

Uno studio dell’Irccs Ospedale San Raffaele coordinato da Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica, ha dimostrato che introducendo un gene terapeutico in queste cellule si può riuscire a dare vita ad una sorta di infezione creando un ambiente ostile alla crescita del tumore.
dna_3d
Terapia genica contro il cancro
Il metodo è simile a quello utilizzato per due studi di terapia genica in bambini affetti da gravi malattie genetiche (la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich) condotti sempre da Naldini e pubblicati su Science: “In questo nuovo lavoro abbiamo adattato – spiega Naldini - la tecnica di trasferimento genico e ingegnerizzazione delle cellule del sangue al trattamento dei tumori".

Nel caso delle malattie genetiche, gli scienziati del San Raffaele hanno "riparato" le staminali del sangue con "pezzi di ricambio" di Dna funzionante, in modo ripristinare una funzione originariamente difettosa. "Nel nuovo lavoro - continua Naldini - abbiamo inserito nelle cellule staminali, con lo stesso metodo, un gene che svolge attività anti-tumorale nella loro progenie”.
Il nuovo studio, pubblicato su Science Translational Medicine, ha selezionato come arma anti-tumorale l’interferone alpha, una molecola prodotta normalmente dall'organismo in risposta alle infezioni.

Somministrato come in altri casi sotto forma di iniezioni, flebo, pastiglie causa problemi di tollerabilità ed effetti collaterali. Quale era l'alternativa? Un vettore virale, un vero “Cavallo di Troia”, sicuro e già sperimentato, modificato in laboratorio. Viene “caricato” con il gene pronto alla produzione della molecola terapeutica e “spedito” verso cellule differenziate del sangue, i monociti/macrofagi, che sono normalmente richiamati dal circolo sanguigno ai tumori dove svolgono un’azione che ne favorisce la crescita. Si tratta di una popolazione di cellule normalmente poco frequenti nel sangue, ma e qui sta l’originalità della strategia - fortemente arricchita nei tumori. In questo modo l’interferone
si accumula solo nel tumore dove può esercitare la sua funzione anti-tumorale, evitando gli effetti tossici della somministrazione sistemica sull’organismo.

Allo studio, condotto in questa fase sui topi, hanno preso parte Roberta Mazzieri, ricercatrice del San Raffaele recentemente trasferitasi all’Università del Queensland in Australia, è stato pubblicato il 1 Gennaio sulla prestigiosa rivista internazionale, ha come primo autore Giulia Escobar, dottoranda presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, ed è stato realizzato nell’Unità di Angiogenesi e Targeting Tumorale e nell’Istituto San Raffaele Telethon di Terapia Genica (Tiget), anche grazie ai finanziamenti dell’European Research Council (ERC), dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.
Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.