Il-Trafiletto
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19/03/18

Cellule staminali ringiovaniscono apparato riproduttivo femminile

Cellule staminali portano al vigore giovanile le ovaie di due donne in menopausa precoce. 

Ringiovanite le ovaie di due donne sottoposte ad impianto di staminali: a sei mesi dall'intervento le donne, sottoposte a trattamento sperimentale, soffrivano di menopausa precoce hanno avuto di nuovo il ciclo mestruale. Il prossimo obiettivo è estendere la sperimentazione ad altre 33 donne.

Grazie a questa terapia il loro livello di estrogeni è aumentato e i sintomi della menopausa nelle due donne sono stati alleviati e a sei mesi dall'iniezione le donne hanno avuto di nuovo il ciclo mestruale.

Le cellule staminali mesenchimali impiegate sono state ricavate dal midollo osseo delle stesse pazienti e poi iniettate direttamente dentro solo una delle due ovaie, mentre l'altra è stata usata come 'test di controllo'.

E' "la prima volta che le staminali vengono iniettate direttamente nelle ovaie. Anche se si tratta di dati preliminari, che riguardano solo due pazienti, sono molto interessanti", rileva Pasquale Patrizio, direttore del centro di Fertilità dell'Università di Yale. fonte: http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2018/03/18/-ringiovanite-ovaie-di-due-donne-con-cellule-staminali-_7f880d3b-e22b-4b01-b997-0c241ef8f576.html

11/03/14

Ricordiamoci di correre

In occasione della Settimana Mondiale del Cervello, in corso dal 10 al 16 marzo su tutto il territorio nazionale, è stata presentata a Roma un’interessante ricerca condotta dai medici neurologi dello Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr), relativa al rapporto tra attività fisica e produzione di cellule staminali da parte del cervello.
Lo studio, coordinato dal professor Stefano Farioli-Vecchioli in collaborazione con il dottor Vincenzo Cestari dell'università Sapienza di Roma, ha dimostrato che l’attività fisica e, in particolare la corsa, oltre a stimolare la produzione di neuroni, favorisce un’iper-proliferazione delle cellule staminali, ritardando il processo d’invecchiamento e favorendo un miglioramento dell’attività celebrale legata alla memoria. 

Grazie alla ricerca si è potuto dimostrare che la degenerazione neuronale in età adulta non è un processo necessariamente irreversibile dato che: “ Un esercizio fisico aerobico come la corsa blocca il processo di invecchiamento e stimola una massiccia produzione di nuove cellule staminali nervose nell’ippocampo, aumentando le prestazioni mnemoniche” come ha dichiarato Stefano Farioli-Vecchioli. Si aprono nuovi scenari per la medicina rigenerativa neuronale. I risultati della ricerca, infatti, avranno un’influenza molto importante sugli studi relativi alle patologie neurodegenerative come Parkinson e Alzheimer; il passo successivo sarà osservare e valutare se le cellule staminali iper-attivate possono avere effetti terapeutici validi nella prevenzione e cura di queste malattie. 
Questi e altri argomenti quali epilessia, sclerosi multipla, disturbi cognitivi e disordini della memoria, rapporto tra cervello e linguaggio, pensiero e ricordo, differenze di genere, prevenzione dei danni celebrali, saranno affrontati e discussi durante la Settima Mondiale del Cervello, promossa in Italia dalla Società Italiana di Neurologia, con tutta una serie di appuntamenti, incontri e seminari anche all’interno delle scuole, per una maggiore consapevolezza e conoscenza del nostro organo  più complesso.

12/02/14

Cellule giuste al posto giusto | Cosi aumenta la possibilità di curare le distrofie muscolari!

Cellule giuste al posto giusto! Cosi aumenta la possibilità di curare le distrofie muscolari! Raggruppare le cellule giuste al posto giusto per far salire le possibilità di curare delle distrofie muscolari. In breve questo è l'obbiettivo che si prefigge lo studio svolto dal team di Elisabetta Dejana dell’Ifom (Istituto Firc di Oncologia Molecolare) e dell’Università degli Studi di Milano in stretta collaborazione con Giulio Cossu del San Raffaele di Milano e dell’University College di Londra.

Lo studio, pubblicato su Embo Molecular Medicine, mette in evidenza un meccanismo d’azione fino ad oggi sconosciuto che consente ai mesoangioblasti, particolari cellule staminali progenitrici del muscolo scheletrico, di rimediare con maggiore efficienza il danno generato da patologie muscolari.
Le distrofie muscolari sono una classe di malattie genetiche neuromuscolari che portano a una progressiva e ineluttabile degenerazione del tessuto muscolare scheletrico.

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Cellula staminale
Tra queste, una delle forme più comuni che non lascia scampo è la distrofia muscolare di Duchenne (Dmd). La Dmd colpisce un bambino maschio ogni 3.500 nati e i piccoli soggetti affetti da tale patologia manifestano fin dalla prima infanzia difficoltà nel camminare che si aggravano progressivamente fino all’immobilità e a una prematura morte per complicanze cardiorespiratorie. 

A oggi non esistono terapie risolutive per queste malattie. Nonostante ciò, sono momentaneamante in via di sviluppo diversi studi pre-clinici e clinici per la messa a punto di nuovi approcci sperimentali, come quello condotto da Giulio Cossu e basato sul trapianto di mesoangioblasti cellule vengono isolate dai muscoli di donatori compatibili e iniettate nella circolazione sanguigna di pazienti Dmd.

Ma questo approccio sperimentale va incontro a non pochi ostacoli diminuendone l’efficacia: uno dei principali problemi consiste nella necessità per i mesoangioblasti di superare le pareti endoteliali dei vasi sanguigni per raggiungere il muscolo distrofico malato e generare così nuove e funzionali fibre muscolari. In questo passaggio, solo un limitato numero di cellule riesce a raggiungere il tessuto danneggiato.

“Proprio per superare questo limite”, spiega Elisabetta Dejana, “il nostro studio ha identificato in laboratorio un nuovo meccanismo d’azione in grado di aumentare il flusso di mesoangioblasti attraverso le pareti dei vasi sanguigni, garantendo quindi il raggiungimento del muscolo danneggiato”.
Questo flusso viene finemente regolato da particolari “passaggi a livello”, chiamati giunzioni endoteliali, che selezionano accuratamente cosa lasciar passare e quando. Agendo dunque su queste molecole, si può aumentare il numero di mesoangioblasti capaci di raggiungere il muscolo distrofico.

“Modulando l’attività di Jam-a, proteina altamente coinvolta nelle giunzioni endoteliali, in un modello animale affetto da distrofia muscolare il numero di cellule staminali che ripopolano e rigenerano il muscolo danneggiato aumenta”, spiegano le ricercatrici Monica Giannotta e Sara Benedetti, autrici della ricerca, “e l’aumentata rigenerazione muscolare corrisponde di fatto ad un significativo miglioramento della funzionalità dei topi distrofici che mantengono e a volte perfino migliorano la loro capacità di correre”.

Lo studio condotto all’IFOM di Milano ha permesso quindi di identificare delle molecole che potrebbero essere utilizzate in futuro per migliorare l’efficacia delle terapie cellulari per il trattamento delle distrofie muscolari. “Ovviamente siamo ancora lontani dalla prospettiva di una sperimentazione a livello clinico – precisa Elisabetta Dejana - ma i risultati sono incoraggianti e lo studio è un chiaro esempio di come la ricerca di base sia fondamentale per il miglioramento delle strategie terapeutiche. ”Lo sviluppo di questi risultati – continua la ricercatrice – potranno fornirci anche degli elementi conoscitivi preziosi anche per lo studio delle patologie tumorali, in particolare per le metastasi. La modulazione di JAM-A si potrebbe rivelare strategica nel bloccare la disseminazione tumorale attraverso le pareti dei vasi sanguigni”.

02/02/14

Terapia genica contro il cancro | Partita la sperimentazione al San Raffaele di Milano!

Terapia genica contro il cancro: parte la sperimentazione al San Raffaele di Milano!
Si tratta di una terapia genica che si sta sperimentando al San Raffaele di Milano, e consiste in una serie di attacchi attraverso delle "bombe ad orologeria", celate in un "Cavallo di Troia": un “vettorevirale che le condurrà a destinazione per poi farle "esplodere" nel cuore del tumore. Quel'è il target da annientare? Alcune cellule del sangue, i macrofagi, che sono necessarie proprio ai tumori per garantirsi la crescita.

Uno studio dell’Irccs Ospedale San Raffaele coordinato da Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica, ha dimostrato che introducendo un gene terapeutico in queste cellule si può riuscire a dare vita ad una sorta di infezione creando un ambiente ostile alla crescita del tumore.
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Terapia genica contro il cancro
Il metodo è simile a quello utilizzato per due studi di terapia genica in bambini affetti da gravi malattie genetiche (la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich) condotti sempre da Naldini e pubblicati su Science: “In questo nuovo lavoro abbiamo adattato – spiega Naldini - la tecnica di trasferimento genico e ingegnerizzazione delle cellule del sangue al trattamento dei tumori".

Nel caso delle malattie genetiche, gli scienziati del San Raffaele hanno "riparato" le staminali del sangue con "pezzi di ricambio" di Dna funzionante, in modo ripristinare una funzione originariamente difettosa. "Nel nuovo lavoro - continua Naldini - abbiamo inserito nelle cellule staminali, con lo stesso metodo, un gene che svolge attività anti-tumorale nella loro progenie”.
Il nuovo studio, pubblicato su Science Translational Medicine, ha selezionato come arma anti-tumorale l’interferone alpha, una molecola prodotta normalmente dall'organismo in risposta alle infezioni.

Somministrato come in altri casi sotto forma di iniezioni, flebo, pastiglie causa problemi di tollerabilità ed effetti collaterali. Quale era l'alternativa? Un vettore virale, un vero “Cavallo di Troia”, sicuro e già sperimentato, modificato in laboratorio. Viene “caricato” con il gene pronto alla produzione della molecola terapeutica e “spedito” verso cellule differenziate del sangue, i monociti/macrofagi, che sono normalmente richiamati dal circolo sanguigno ai tumori dove svolgono un’azione che ne favorisce la crescita. Si tratta di una popolazione di cellule normalmente poco frequenti nel sangue, ma e qui sta l’originalità della strategia - fortemente arricchita nei tumori. In questo modo l’interferone
si accumula solo nel tumore dove può esercitare la sua funzione anti-tumorale, evitando gli effetti tossici della somministrazione sistemica sull’organismo.

Allo studio, condotto in questa fase sui topi, hanno preso parte Roberta Mazzieri, ricercatrice del San Raffaele recentemente trasferitasi all’Università del Queensland in Australia, è stato pubblicato il 1 Gennaio sulla prestigiosa rivista internazionale, ha come primo autore Giulia Escobar, dottoranda presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, ed è stato realizzato nell’Unità di Angiogenesi e Targeting Tumorale e nell’Istituto San Raffaele Telethon di Terapia Genica (Tiget), anche grazie ai finanziamenti dell’European Research Council (ERC), dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.

13/01/14

I guai sembrano non finire mai per Davide Vannoni | In arrivo tre nuove batoste per lui e il suo metodo Stamina.

I guai sembrano non finire mai per Davide Vannoni: in arrivo tre nuove batoste per lui e il suo metodo Stamina
Dai risultati che il rapporto degli scienziati nominati dal Ministero della Salute, sembra che, il controverso trattamento dell’imprenditore torinese conterrebbe dosi minime di cellule staminali mesenchimali (quelle che, a detta di Vannoni, si trasformerebbero in neuroni), e non esisterebbe nessuna prova di differenziazione cellulare. 
Davide Vannoni

Questa novità, resa nota dall'Ansa, si va a sommare a quanto finora è stato già detto: nessun rispetto dei criteri di sicurezza nella produzione e nella conservazione delle cellule, alti rischi di infezione, nessun protocollo standard, mancanza di un razionale scientifico.
Ma non è tutto: l’Università di Udine ha appena revocato a Davide Vannoni la cattedra di professore associato “per incompatibilità con le altre sue attività, a partire dalla presidenza di Stamina Foundation”. E, ciliegina sulla torta, l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha emanato una diffida per il trasporto di materiale biologico al di fuori degli Spedali Civili di Brescia: non sembra possibile, quindi, almeno per il momento, portare il preparato di Vannoni a Miami, da Camillo Ricordi, che si era offerto per eseguire test sulle colture.

Secondo gli scienziati, la dose utilizzata per trapianti cellulari nell’essere umano è di circa due milioni di cellule per chilogrammo di peso corporeo. Nel composto di Vannoni, invece, ci sarebbero due milioni di cellule in totale, e l’adeguamento al peso corporeo non sarebbe indicato come una dose esatta. Si tratta di una conferma alle indiscrezioni che già trapelavano durante il dicembre scorso: nei campioni analizzati ci sono solo pochissime tracce (o non ci sono del tutto) di cellule staminali mesenchimali.

È per questo che la miscela di Vannoni è stata accostato ai trattamenti omeopatici (che prevedono un’infinita diluizione del principio attivo, fino a renderlo praticamente inesistente nella soluzione) e a “dosi adatte a topi e non agli esseri umani”. Ammesso che il metodo funzionasse (cosa tutta da dimostrare!), spiegano gli esperti, in queste dosi sarebbe del tutto inefficace. Un po’ come se assumessimo degli antibiotici in quantità pari a un trentesimo rispetto a quella prescritta. Paradossalmente, comunque, forse è meglio che sia così: con quantità così piccole di cellule, per lo meno, c’è un rischio minore di effetti collaterali e infezioni. Revoca della cattedra. “Il ruolo universitario di Davide Vannoni non è più compatibile con le altre sue attività, a partire dalla presidenza di Stamina Foundation”. Lo ha dichiarato in una lettera l’Università di Udine, dove Vannoni teneva il corso di psicologia generale. La sua pagina sul sito web dell’ateneo è scomparsa (“La persona che hai richiesto di visualizzare non esiste”, si legge ora), ma, racconta La Stampa, Vannoni “non s’è perso d’animo e ha già trovato un altro lavoro didattico. Dallo scorso novembre, ha infatti deciso di trasferirsi all’Università telematica di Roma Niccolò Cusano”, un istituto privato. In ogni caso, sulla pagina Facebook di Vannoni si legge ancora “professore associato Università di Udine”.

La terza novità fa riferimento alla diffida dell’Aifa per lo spostamento del materiale biologico da Brescia. La rivista scientifica Adnkronos Salute, infatti, aveva pubblicato un articolo riguardo al fatto che quattro scienziati avevano fatto delle richieste d’accesso alle cellule prodotte da Vannoni: Camillo Ricordi (che, come noto, si era offerto di caratterizzare il preparato a Miami), Michele de Luca (Università di Modena e Reggio Emilia), Paolo Bianco (Sapienza – Università di Roma) e Umberto Galderisi (Seconda Università di Napoli). Dopo un vertice per esaminare tali richieste, che naturalmente prevedono che le mesenchimali siano portate fuori dagli Ospedali Civili, è arrivato il no dell’Aifa.

Il materiale biologico deve restare dov’è: “Non si ravvisano i presupposti per l’affidamento delle attività oggetto di tali richieste, in quanto non hanno avuto avvio né dall’Aifa né da competenti soggetti pubblici/istituzionali bensì da terzi, per i quali non si riscontra alcun tipo di interesse diretto a caratterizzare o definire biologicamente il prodotto cellulare”, scrive l’Aifa, precisando comunque che quest’attività “avrebbe dovuto essere effettuata prima dell’avvio dei trattamenti sui pazienti”. Dal canto loro, gli Ospedali Civili hanno preso atto della diffida, mentre Vannoni ha contrattaccato duramente: “L’Aifa ha paura di sapere cosa viene iniettato ai pazienti e la diffida al trasporto delle cellule fuori dagli Spedali Civili di Brescia chiude le porte anche a Camillo Ricordi e ai test del metodo Stamina a Miami. È una vera e propria caccia alle streghe se anche al numero uno al mondo della ricerca sul diabete, come Ricordi, si impedisce di dare risposte su un protocollo di cui noi siamo sicuri”.

23/12/13

2013: un anno ricco di scoperte scientifiche.

Ricorderemo il 2013 nel campo della scienza per avere portato cosa? La rivista Science e il suo editore, l’American Association for the Advancement of Science, non nutrono dubbi: il vero passo in avanti nel panorama scientifico è stato effettuato quest’anno dall’immunoterapia del cancro, cioè da quei trattamenti che fanno uso delle cellule e le armi del sistema immunitario per contrastare i tumori. Altro non è che, scrive la rivista, un paradigma del tutto innovativo e unico nella lotta ai tumori, che non ha come obbiettivo le cellule cancerogene ma chi dovrebbe invece fare da sentinella all’omeostasi del corpo e proteggerlo dai pericoli: ovvero il sistema immunitario.

L’ipotesi ha origini agli inizi degli anni ‘80, quando James Allison, ora alla University of Texas MD Anderson Cancer Center di Houston, rintracciò nel recettore CTLA-4 dei linfociti T (Cytotoxic T-Lymphocyte Antigen 4) un ostacolo all’attività di queste cellule, prevenendone il pieno attacco verso gli invasori o le cellule maligne. Negli anni ‘90 i ricercatori dimostrarono che bloccando questo recettore (con anticorpi contro il CTLA-4) le cellule T scatenavano la loro risposta contro i tumori nei topi, contrastandoli. Storia simile per un’altra molecola espressa dalle cellule T: il PD-1.
 

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Rivista "Science"
Entrambi gli anticorpi diretti contro queste molecole negli anni 2000 sono stati testati in trial clinici, dando i primi incoraggianti risultati, tanto che nel 2011 la Food and Drug Administration ha approvato l’anticorpo monoclonale ipilimumab (diretto contro il CTLA-4) per il trattamento del melanoma metastatico e risultati incoraggianti si sono avuti anche negli ultimi tempi per anticorpi contro PD-1 nel caso di tumori al rene, al polmone e al melanoma. E ancora positivi sono stati i risultati ottenuti quest’anno dalla combinazione dei due anticorpi monoclonali per i pazienti con melanoma.  

L’immunoterapia contro il cancro è stata scelta da Science come breakthrough dell’anno anche per un altro promettente approccio: l’ingegnerizzazione delle cellule T, al fine di renderle più aggressive nei confronti dei tumori (la cosiddetta chimeric antigen therapy, o CAR). Una terapia sperimentale che sta dando risultati incoraggianti nel campo dei tumori del sangue. Ma il 2013 verrà ricordato anche per altri importanti traguardi scientifici. Ecco la lista completa della top ten stilata da Science allora.

La chirurgia molecolare con CRISPR
Si dice CRISPR (clustered regularly inter- spaced short palindromic repeats) ma si legge microchirurgia genetica. Si tratta infatti di una tecnica di gene-editing che sfrutta un meccanismo scoperto nei batteri ma che permette di manipolare, in modo mirato, i genomi di piante, animali e colture cellulari.

Il cervello trasparente con ClarityNel panorama scientifico del 2013 abbiamo conosciuto anche una nuova tecnica di imaging, che ha permesso di rendere trasparente un organo come cervello, facilitandone lo studio. Per il momento limitata a piccole quantità di tessuto (come quello corrispondente al cervello di un topo).

Staminali da embrioni clonatiUtilizzando la tecnica analoga a quella usata per la clonazione della pecora Dolly i ricercatori guidati da guidati da Shoukhrat Mitalipov (tra gli scienziati dell’anno secondo Nature) sono riusciti a clonare degli embrioni umani e a utilizzarli come fonte di cellule staminali, dopo anni di tentativi.

I mini-organiCome capire lo sviluppo, l’evoluzione di un organo, e soprattutto le malattie che lo colpiscono? Un approccio è riprodurre lo stesso organo in laboratorio, in scala, come hanno fatto i ricercatori dell’Istituto di biotecnologie di Vienna (Imba) ricreando un cervello in miniatura grazie alle cellule staminali.

L’origine dei raggi cosmiciDa dove vengono i raggi cosmici? Quest’anno, dopo un secolo dalla loro scoperta, uno studio ha mostrato che queste particelle energetiche originano dall’onda d’urto generata dall’esplosione di una supernova.

La fisiologia del sonnoPerché dormiamo? La ragione principale secondo i neuroscienziati che hanno risposto alla domanda è che con il sonno il cervello si ripulisce. Come? Espandendo dei canali tra i neuroni attraverso il cervello e aumentando il flusso del liquido cerebro-spinale, come hanno mostrato alcuni studi condotti sui topi. Così anche i metaboliti di scarto vengono allontanati.

Tutti i nostri microbiQuest’anno la ricerca ha anche fatto passi avanti nel comprendere in che modo i nostri numerosi inquilini – i microbi che convivono con noi – contribuiscono al nostro stato di salute. Per esempio, degli scienziati hanno mostrato che alcune terapie per essere efficaci hanno bisogno dei batteri dell’intestino, visto che questi aiutano il sistema immunitario a rispondere al trattamento. O ancora, i ricercatori hanno scoperto come alcuni microrganismi rispetto ad altri migliorino il profilo metabolico nei topi obesi.

Il design dei vacciniQuest’anno i ricercatori hanno anche dimostrato in che modo l’analisi strutturale delle configurazioni proteiche, dei meccanismi di legame tra anticorpi ai virus, e in generale delle molecole, può aiutare lo sviluppo di vaccini molto selettivi. Un caso è quello attualmente allo studio per il Virus respiratorio sinciziale umano.

La perovskite per le celle solariIl 2013 per Science va ricordato infine anche per le innovazioni in campo tecnologico. In particolare per l’utilizzo dell’economica, facile da produrre, perovskite, in grado di convertire più del 15% dell’energia della luce solare in energia elettrica. Sebbene non ancora efficiente come le celle solari tradizionali al silicio le sue performance continuano a migliorare.










20/10/13

Il Regno Unito ospita il primo hamburger di carne artificiale!

Servito il primo hamburger di carne artificiale nella capitale del Regno Unito. Cotto e mangiato in diretta in uno studio televisivo di Londra il primo hamburger creato facendo uso delle cellule staminali di un mucca, sviluppate in vitro fino ad ottenere i 140 grammi di manzo, "sintetico" ma del tutto indistinguibile, chiaramente non il sapore, da un hamburger originale. Alfine di produrre la carne, lo scienziato olandese Mark Post è partito da cellule staminali prelevate da un manzo, per poi farle moltiplicare e crescere in un liquido di coltura di origine animale, ma già si sta cercando un alternativa per poi spingerle ad evolversi in tessuto muscolare. Tale procedimento è durato tre mesi.
L'esperimento ha dato vita a carne sufficente per un hamburger, cucinato con aggiungendo soltanto un pizzico di sale e pepe. Adesso i palati fini della tavola faranno valere le loro ragioni, denunciando che il sapore non è affatto piacevole, dato che è stato prodotto soltanto da tessuto muscolare, e che gran parte del gusto della carne è dovuto al grasso e al sangue.
Al momento, oltretutto, la carne artificiale non presenta affatto nessuna convenienza economica: per crearla sono stati spesi infatti ben 250.000 Euro, forniti da un anonimo finanziatore, il che ne fa probabilmente l'hamburger più costoso della storia. Con questa esibizione chiarmente Mark Post spera di trovare nuovi fondi per le sue ricerche.
Lo scienziato ritiene che, dopo avere dimostrato che esiste la possibilità di produrre carne commestibile artificialmente , il prezzo di produzione calerà rapidamente fino a divenire più basso di quello della carne vera. 
Hamburger di carne artificiale

Lo scienziato Olandese sta già studiando il modo di generare anche cellule adipose e persino ossee (per chi vuole rosicchiare una braciola artificiale), nonché di equipaggiare la sua carne di un sistema circolatorio che consenta di produrla in grossi tranci, perchè al momento cresce in sottili striscioline, in quanto che il liquido nutriente non riuscirebbe a raggiungere le cellule.
La produzione di carne è attualmente sotto accusa per la sua scarsa sostenibilità: allevare bovini e suini occupa una quantità di suolo coltivabile sproporzionata rispetto alla quantità di cibo ottenuta, e produce in abbondanza gas che contribuiscono al riscaldamento globale. Secondo Post la carne artificiale risolverebbe questo problema, soddisfacendo le tendenze carnivore di molti esseri umani con un consumo di risorse che, secondo le prime stime, sarebbe molto inferiore di quello della carne autentica (dal 60% al 90% in meno). E senza far soffrire alcun essere vivente.

19/10/13

Scoperta sensazionale negli Stati Uniti: trovati i geni "killer" del cancro!

Scoperta sensazionale negli Stati Uniti: trovati i geni "killer" del cancro! Un decisivo passo avanti nella infinita sfida contro il cancro, grazie alla scoperta dei geni necessari per leberare e alimentare la malattia. Questo è un risultato, che apre in maneira evidente nuovi orizzonti alle cure anticancro personalizzate, in particolar modo al più comune e devastante tumore del cervello, ovvero il glioblastoma multiforme, ed è stato peraltro pubblicato sulla rivista Nature Genetics. La ricerca è stata condotta dal gruppo della Columbia University di New York con a capo della stessa l'Italiano Antonio Iavarone, che ha lasciato la nostra Nazione molti anni fa denunciando un gravissimo caso di nepotismo.
Ormai da tempo si era in possesso della mappa genetica di varie forme di tumore, come quelli che colpiscono il polmone, intestino, seno e prostata, ma soltanto adesso per la prima volta nella storia della medicina diventerà possibile individuare, all'interno di queste mappe, i geni davvero pericolosi, quelli necessari al cancro per potere sopravvivere: averli scoprirti vuol dire essere in possesso dei bersagli sensibili contro i quali utilizzare i farmaci e fare un passo decisivo verso cure personalizzate. «Nel nostro studio abbiamo scoperto che, grazie alla comprensione delle alterazioni genetiche presenti in un singolo tumore, per circa il 15% dei pazienti potrebbero essere disponibili farmaci già esistenti», ha detto all'Ansa Iavarone, che ha condotto la ricerca con un'altra italiana, Anna Lasorella. «Ricerche come queste - ha aggiunto - sono tanto più importanti in quanto si concentrano su tumori per i quali non ci sono terapie efficaci, come i tumori maligni del cervello».
Geni "killer" del Cancro

La scoperta conferma l'appello recentemente lanciato negli Stati Uniti dagli oncologi per cancellare la parola "tumore". «È una richiesta - ha proseguito Iavarone - che parte dal fatto che ogni caso di tumore è diverso dall'altro e può avere una possibilità terapeutica in alcuni casi immediatamente possibile». Non esiste più quindi "il tumore", ma una miriade di malattie causate da altrettante alterazioni genetiche dalle quali dipendono completamente. «Non basta avere la lista dei geni legati a un tumore: bisogna individuare quelli dai quali la malattia dipende come da una droga» ha osservato il ricercatore. «Colpirli - ha aggiunto - significa far collassare il tumore» e per ognuno di essi è possibile sperimentare un farmaco diverso, fra quelli già disponibili sul mercato. Ciò significa anche poter abbreviare i tempi della sperimentazione, poiché i farmaci sul mercato hanno già superato le prove relative alla sicurezza.
Gli strumenti per andare a caccia dei geni killer arrivano dalla bioinformatica, grazie all'algoritmo progettato da Raul Rabadan, sempre della Columbia University. Una volta individuati, la loro funzione viene studiata nelle cellule staminali tumorali prelevate dal paziente. Questo permette di sperimentare farmaci antitumorali oggi disponibili contro i bersagli giusti, una volta trasferite nei topi le staminali tumorali prelevate dai pazienti.
In questo modo è possibile verificare se la terapia individuata è davvero efficace. Tutto è ancora ad un livello sperimentale e la strada appena all'inizio, ma di sicuro è stata aperta una via nuova, una «roadmap» nella lotta ai tumori, come la definiscono gli stessi ricercatori.
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