Il-Trafiletto
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15/05/14

Se fumi rischi un invecchiamento cerebrale precoce, smetti e ti torna il buonumore.

“Perché fumo? A cosa serve fumare?” Quante volte ci siamo posti queste domande, dandoci anche delle risposte abbastanza scontate, ma senza mai prendere una drastica decisione e dare un taglio netto alla sigaretta. “Lo so, non serve a niente, ma fumare mi rilassa, mi dà sicurezza con gli altri, non ne posso fare a meno, e poi posso smettere quando voglio”, ci giustifichiamo. Senza pensare a quanti e quali danni possiamo avere a breve o a lungo termine. Uno studio durato 25 anni, effettuato dai ricercatori dell’University College di Londra (apparso su Archives of General Psychiatry) condotto su 7.236 uomini e donne di mezza età (dipendenti del Servizio civile inglese), ha dato come risultato un’accelerazione del rischio di demenza ed invecchiamento precoce del cervello, a cominciare dai 45 anni di età. Ai volontari di questo studio è stato chiesto di svolgere alcuni prove cognitive a tre età diverse: tra i 44-69 anni, tra i 50 e i 74, e tra i 55 e gli 88, e si è arrivati alla conclusione che i fumatori mostravano un declino cognitivo più veloce, di circa 10 anni, rispetto ai non fumatori. E più numerose erano le sigarette fumate, maggiori erano i danni neurologici. Ma c’è un altro studio condotto dai ricercatori dell’Università di Nottingham e pubblicato sulla rivista medica British Medical Journal dove si è studiata la salute psicologica di circa 1500 partecipanti a dei corsi contro il fumo, misurandola sei settimane prima del corso e poi ricalcolandola dopo altre sei settimane senza aver fumato. I risultati hanno dimostrato che dopo un primo momento di variazione di umore, dovuto probabilmente allo stop drastico del fumo di sigaretta, nella totalità dei volontari è stato notato un evidente calo dei sintomi ansiosi e depressivi, lasciando spazio all’ottimismo e alla voglia di programmazione. Smettere di fumare quindi non può che fare bene alla salute dell’uomo (e della donna), dal momento che sono sufficienti poche settimane per riscontrare effetti positivi sull’apparato cardiocircolatorio per arrivare, a 10 anni dopo lo stop al fumo di sigaretta, a un rischio di malattie cardiovascolari e tumorali pari a quelle di un soggetto che non ha mai fumato. E non è poco.

23/04/14

Ce lo dirà un’analisi del sangue se avremo l’Alzheimer.

Dai risultati di uno studio dell'Università Cattolica di Roma e dell'ospedale Fatebenefratelli di Roma e Brescia e pubblicato sulla rivista scientifica "Annals of Neurology" si è scoperto che da un esame del sangue possiamo sapere se corriamo il rischio di ammalarci di Alzheimer, misurando la concentrazione di rame libero nel plasma, concentrazione che, se elevata, triplica il rischio di malattia. "La prospettiva è di prevenire la malattia abbassando i valori di rame nel sangue di soggetti a rischio", spiega Rosanna Squitti, del Fatebenefratelli di Roma."Negli ultimi anni diversi studi hanno confermato che il rame gioca un ruolo importante nei processi patologici della malattia nel 60% circa dei pazienti", spiega il coordinatore del lavoro Paolo Maria Rossini del Policlinico Gemelli. "Il rame libero, circolante nel sangue - che è in grado di raggiungere il cervello esercitando un'azione tossica - potrebbe divenire, dunque, un bersaglio preferenziale di terapie preventive almeno per i casi correlati appunto al rame". Nello studio gli esperti hanno seguito per 4 anni pazienti con lieve declino cognitivo e quindi ad alto rischio di Alzheimer. Su questi pazienti è stato eseguito il test del rame all'inizio dello studio. È emerso che con concentrazioni plasmatiche elevate di rame libero si ha un rischio triplicato di ammalarsi di Alzheimer. E’ di un mese fa l'annuncio di esperti della Georgetown University (negli Stati Uniti) circa un test del sangue con un'accuratezza del 90% per diagnosticare l'arrivo della patologia nell'arco di tre anni, misurando i livelli di 10 molecole. Il test italiano riguarda quei casi di Alzheimer che si possono considerare "rame-correlati" e potrebbe portare in pochi anni a terapie preventive volte ad abbassare i livelli di rame nei soggetti a rischio ed evitare così una caduta precoce nella patologia dell’Alzheimer.
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