Il-Trafiletto
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23/04/14

Ce lo dirà un’analisi del sangue se avremo l’Alzheimer.

Dai risultati di uno studio dell'Università Cattolica di Roma e dell'ospedale Fatebenefratelli di Roma e Brescia e pubblicato sulla rivista scientifica "Annals of Neurology" si è scoperto che da un esame del sangue possiamo sapere se corriamo il rischio di ammalarci di Alzheimer, misurando la concentrazione di rame libero nel plasma, concentrazione che, se elevata, triplica il rischio di malattia. "La prospettiva è di prevenire la malattia abbassando i valori di rame nel sangue di soggetti a rischio", spiega Rosanna Squitti, del Fatebenefratelli di Roma."Negli ultimi anni diversi studi hanno confermato che il rame gioca un ruolo importante nei processi patologici della malattia nel 60% circa dei pazienti", spiega il coordinatore del lavoro Paolo Maria Rossini del Policlinico Gemelli. "Il rame libero, circolante nel sangue - che è in grado di raggiungere il cervello esercitando un'azione tossica - potrebbe divenire, dunque, un bersaglio preferenziale di terapie preventive almeno per i casi correlati appunto al rame". Nello studio gli esperti hanno seguito per 4 anni pazienti con lieve declino cognitivo e quindi ad alto rischio di Alzheimer. Su questi pazienti è stato eseguito il test del rame all'inizio dello studio. È emerso che con concentrazioni plasmatiche elevate di rame libero si ha un rischio triplicato di ammalarsi di Alzheimer. E’ di un mese fa l'annuncio di esperti della Georgetown University (negli Stati Uniti) circa un test del sangue con un'accuratezza del 90% per diagnosticare l'arrivo della patologia nell'arco di tre anni, misurando i livelli di 10 molecole. Il test italiano riguarda quei casi di Alzheimer che si possono considerare "rame-correlati" e potrebbe portare in pochi anni a terapie preventive volte ad abbassare i livelli di rame nei soggetti a rischio ed evitare così una caduta precoce nella patologia dell’Alzheimer.

26/03/14

poca quantità di omega 3 e omega 6 nella nostra alimentazione.

Gli "omega-6 e omega-3" sono due classi di acidi grassi polinsaturi che hanno un ruolo protettivo per la salute dell'uomo. In uno studio AGE-IM, condotto da Nutrition Foundation of Italy con il supporto di 5 UTIC (Unità di terapia intensiva coronarica) distribuite sul territorio nazionale (Bologna, Cremona, Ancona, Napoli e Palermo) è stata misurata in una popolazione italiana, la correlazione tra livelli ematici di questi acidi (omega-6 e omega-3) e il rischio di un evento acuto coronarico (infarto miocardico). Pubblicato su Atherosclerosis, lo studio (abstract), confrontando soggetti infartuati e sani (gruppo di controllo) mette in luce una riduzione del rischio di infarto miocardico fino all’85% associata ai livelli ematici più elevati di omega-6, e del 65% per i livelli più elevati di omega-3. “Nonostante gli studi caso-controllo come questo non possano dimostrare una relazione di causalità tra i parametri considerati” - precisa Salvatore Novo, direttore di Cardiologia al Policlinico Giaccone di Palermo, a nome dei cardiologi che hanno partecipato alla ricerca - i risultati suggeriscono l’esigenza di aumentare l’apporto alimentare di fonti di omega-6 (oli di semi, frutta con guscio e vegetali in generale) e omega-3 (soprattutto pesce) nella popolazione ad alto rischio” cardiovascolare. "L’integrazione farmaco-dieta rappresenta uno strumento fondamentale nella riduzione del rischio infarto”, aggiunge lo specialista. Il nuovo studio conferma invece come, nella dieta tipo degli italiani, non siano presenti concentrazioni sufficienti di acidi grassi omega-3 e omega-6. Infatti dalla ricerca è emerso che i consumi totali di acidi grassi polinsaturi erano pari a circa il 5% delle calorie, mentre le raccomandazioni internazionali suggeriscono, per gli omega-6, un apporto pari al 5-10% delle calorie totali. “In realtà – chiarisce Andrea Poli, direttore scientifico di Nfi – queste due famiglie di acidi grassi” cosiddetti ‘essenziali’, ossia non producibili dall’organismo, ma da introdurre con la dieta, “svolgono ruoli diversi e complementari. E ambedue sono consumati mediamente in quantità insufficienti nella dieta italiana moderna. Le evidenze disponibili – conclude – suggeriscono che dobbiamo aumentare sia l’apporto alimentare di omega-6 sia quello di omega-3″. ALIMENTI RICCHI DI OMEGA 3: Tonno fresco, salmone, sgombro, acciughe sott'olio, noci. ALIMENTI RICCHI DI OMEGA 6:Arachidi, olio di oliva, olio di girasole, noci.
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