Un “
passo importante” viene segnato da due nuove
ricerche italiane che potrebbero dare una svolta fondamentale in futuro verso la ricerca di
cura per
l'Nbia (meglio conosciuta come
neurodegenerazione con
accumulo cerebrale di
ferro)!
L’
Nbia è una
grave sindrome neurodegenerativa di origine
genetica e ad oggi non c’è ancora una
terapia efficace per poterla combattere. Nelle due
ricerche realizzate grazie ai finanziamenti di
Telethon, e pubblicati sulle riviste
Brain e
The American Journal of Human Genetics, i
ricercatori dell'
Istituto Neurologico “
Carlo Besta” di Milano hanno rivelato come un nuovo
gene che potrebbe provocare alcune forme della
malattia, evidenziando oltretutto l'efficacia
terapeutica della
pantetina, un
integratore alimentare già approvato ed utilizzato negli
Stati Uniti.
L'
Nbia in sostanza altro non è che un insieme di diverse
patologie accomunate da un innaturale
accumulo di ferro nel cervello. Si tratta dunque di
malattie genetiche che colpiscono in
età precoce, causando
disfunzioni neurologiche e
muscolari estremamente gravi, che in poco tempo riducono i giovani sfortunati ad essere incapaci di
alimentarsi e di
camminare normalmente.
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Sindrome Nbia |
Sino a oggi sono stati identificati 9
geni responsabili delle malattie
Nbia, ma nel 30% dei casi l’
alterazione che le causa rimane sconosciuta, impedendo così di avere una
diagnosi. È per questo che
l’Istituto Neurologico Besta ha deciso di avviare un progetto in collaborazione con
l’Istituto di Genetica Umana di Monaco di Baviera, basato sul
sequenziamento della parte codificante del
Dna (
Esoma) di
pazienti con
Nbia ancora senza una
diagnosi genetica.
I risultati, pubblicati
sull'American Journal of Human Genetics, hanno permesso di identificare un nuovo
gene, denominato
Coasy, responsabile della produzione di una
proteina chiamata
coenzima A, che nei
pazienti con
Nbia risulta alterata. Si tratta di un
passo in avanti
importante perché rafforza la convinzione che il
coenzima A giochi un ruolo nell’insorgere di queste
patologie: anche
Pank2 infatti, il
gene che causa il tipo più comune di
sindromi Nbia, è coinvolto nella produzione di questa
proteina. Il prossimo passo, spiegano i
ricercatori, sarà indagare il legame tra la sintesi alterata del
coenzima A e
l'accumulo di ferro in regioni specifiche del
cervello.
Nel
secondo studio, apparso su
Brain, i
ricercatori del
Besta hanno dimostrato invece la possibilità di un approccio
terapeutico sperimentale per le forme di
Nbia causate
dall'alterazione del gene Pank2. Utilizzando la
pantetina, una sostanza coinvolta nella sintesi del
coenzima A e gia approvata
dall'Fda come integratore alimentare, sono infatti riusciti a contrastare significativamente i sintomi clinici della malattia, ottenendo il recupero della normale attività motoria e una sostanziale riduzione della
neurodegenerazione su topi colpiti dalla versione animale dell'
Nbia.
Nonostante l'importanza della loro scoperta, i ricercatori ricordano però che è ancora presto per pensare ad una possibile applicazione clinica. “Si tratta di importanti passi in avanti nella conoscenza di queste
gravi malattie e nell’elaborazione di una cura”, commenta Valeria Tiranti, ricercatrice
dell’Istituto Neurologico Besta che ha coordinato entrambi gli studi. “E’ importante tuttavia precisare che si tratta ancora di esperimenti di laboratorio, e che per arrivare a un’applicazione nella pratica clinica saranno necessari alcuni anni”.