Il-Trafiletto
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14/11/14

Nella gionata del diabete beviamo caffè amaro

Uno studio fatto dell'Institute for Scientific information on Coffee, emerge che bere 3 o 4 tazzine di caffè al giorno riduce il rischio di diabete di tipo2. Per la giornata mondiale del diabete (15-16 novembre 2014) l'informazione sul diabete è quantomeno necessaria anche se sarà ripetitiva in queste giornate. 


E' utile ribadire che lo zucchero, nelle 3 o 4 tazzine al giorno di caffè, meglio non metterlo per poter godere appieno della prevenzione che esercita il caffè sul diabete di tipo2. Meglio berlo amaro il caffè, parola mia è anche molto più piacevole, dopo all'impatto iniziale dell'amaro.

Il diabete è una delle patologie più diffuse nel mondo , in Italia colpisce una persona su 12 e entro al 2040 saranno una su 6.  Nel mondo sono 380 milioni di diabetici con un costo economico e sociale di 548 miliardi di dollari. In Italia in soli 25 anni i malati di diabete sono raddoppiati, e non c'è ancora la piena consapevolezza della gravità della malattia. La media dell'età dei malati è di 67 anni, ma si sono ammalati ancora in età lavorativa o va a scuola. Se necessitano di terapia insulinica, le cose si complicano per i ragazzi in età scolastica, e per chi lavora. La scuola o l'ambiente di lavoro crea difficoltà al paziente che bisogna iniettarsi l'insulina. L'età della diagnosi è tra i 50 e i 55 anni, ma  l'aspettativa di vita è molto alta rispetto a qualche decennio fa, anche grazie alle terapie che negli anni sono state messe a disposizione dei pazienti

Proviamo a dare qualche consiglio, con tutta l'umiltà di chi è consapevole di non essere uno specialista ma che ha esperienze dirette:

1) Con il diabete si può condurre una vita normale. Ma non va sottovalutato, non è un banale fastidio. E' una malattia che ha il potenziale di mettere in grande difficoltà il paziente, stiamoci attenti.

2) Alimentazione va controllata, alcuni cibi vanno però consumati con moderazione e se ci viene difficile moderarci, meglio evitarli.. I cibi e le bevande che contengono zucchero possono far salire molto la glicemia, ma piccole quantità non sono tassativamente vietate. Evitiamo i dolcificanti che sappiamo che sono dannosi per la salute, beviamo e mangiamo amaro, tanto è tutta una questione di abitudine.

3) Per un peso corporeo adeguato, seguire una dieta ragionevole che si basi su pochi accorgimenti da applicare con regolarità: un po' meno pasta, un po' meno pane, pesce e legumi come alternativa alla carne, poco formaggio e pochi salumi, molta verdura, sempre la frutta, pochissimi dolci, un bicchiere di buon vino;

4) Facciamo attività fisica, anche poca ma tutti i giorni, senza difficoltà particolari e senza spendere soldi: camminare mezz'ora, un'ora, meglio a passo un po' rapido. Ma se non si riesce a camminare veloci, va bene lo stesso;

5) Controlliamo spesso i piedi, possono essere fonte di problemi molto seri. Cerchiamo di avere una cura giornaliera, e se vediamo anche piccolissime lesioni, rivolgiamoci subito ai sanitari con specifiche competenze. Evitiamo il 'fai da te'.

6)  I farmaci sono importanti, diamo retta ai medici e seguaimo le loro indicazioni assumendoli con  con regolarità e al momento giusto. Evitiamo anche qui il 'fai da te' non diamola vinta al diabete.

7) Impariamo bene a controllarci la glicemia. Anche in questo seguiamo il consiglio del medico, e che siamo fuori casa al lavoro o a scuola, facciamole registriamole e diamone conto a chi ci ha in cura.

8) Facciamo tutti i controlli che non vanno mai trascurati. Altrimenti possono insorgere problemi, anche molto gravi. Per tenere sotto controllo il diabete e le sue complicanze è bene controllare periodicamente esami di laboratorio (per esempio emoglobina glicata) e strumentali (per esempio elettrocardiogramma);

9) Dobbiamo sapere che il diabete non può essere curato da un solo medico ma richiede il lavoro di una grande squadra. Il capitano della squadra è la persona con il diabete:  medico, infermiere, dietista, ecc.

10) Per vincere la partita, il capitano deve ascoltare tutta la squadra. E' bene consultare spesso il medico di famiglia e il team diabetologico.  Le visite dedicate al diabete, incluse quelle dal medico di famiglia, possono andare da un minimo di 3-4 a un massimo di 8-10 volte all’anno ma al giorno d’oggi possono essere integrate con contatti telematici. Il team a volte si allarga ad altri specialisti (cardiologo, oculista, nefrologo, neurologo, eccetera)

04/11/14

3+1x30: la formula per stare bene e combattere il diabete

Il segreto del benessere? Tutto in una semplice formula: 3+1x30! Direttamente dall'American College of sports, i "numeri" che promettono di generare benefici già dopo i primi 15'- 20' di attività. 


Procedere con 3' di corsa lenta, seguiti da 1' di corsa, da ripetere per un totale di 30' ogni giorno, secondo l'opinione di alcuni medici, potrebbe infatti rappresentare la strada migliore per ridurre la quantità di zucchero nel sangue e prevenire e o fronteggiare il diabete, in maniera più efficace rispetto ad una normale passeggiata.

«Questa metodologia di allenamento, nota nell'ambiente come "interval training", consiste nell'altere di sessioni di lavoro di varia intensità e tipologia, per far si di sollecitare ancor di più il metabolismo ed attivare un maggior consumo energetico» chiarisce Andrea Varri, personal trainer munito di certificato di Milano. Infatti l'interval training è oggi utilizzato da tanti atleti a livello professionistico per aumentare la loro personale performance e la condizione fisica in vista di una gara, oltre a spopolare tra gli appassionati del fitness e, più in generale, tra i cultori della forma fisica.

«Nel mentre che i metodi di allenamento più noti, ritenuti da sempre un buon metodo per bruciare grassi, necessitano di un lavoro con movimenti aerobici come corsa o cyclette, ad una frequenza cardiaca continua che si mediamente si dovrebbe attestare tra il 65/75% della FC Max e con un tempo di durata prolungata nel tempo (minimo 30' senza sosta), l'interval training prevede attività caratterizzati da punte ad alta e bassa intensità per una durata totale che non andrà oltre i 20/30', che contribuiranno non soltanto a fare bruciare calorie durante, ma che garantiscono il continuare dei benefici anche durante l'ora seguente e fino a 48 ore dopo il completamento dell'allenamento» evidenzia il personal trainer.

L'interval training di fatto è fondato come principio sulla costante variazione della frequenza cardiaca, attraverso uno step rapido da frequenze moderate a frequenze di alto livello e viceversa, mentre si sta eseguendo lo stesso esercizio. Nel momento in cui si sta svolgendo l'allenamento si svolge in palestra, si utilizzano macchinari cardiofitness comuni come il tapis-roulant, la cyclette, il vogatore, lo stepper, o l'elliptical trainer. «Sono diversi i motivi per cui io stesso consiglio in molte occasioni a tutti coloro che vogliono perdere peso, di accostarsi a questo tipo di approccio inserendolo nella giusta misura all'interno del programma settimanale di training» continua Andrea.
Interval training: contrastare il diabete

Attraverso il suo supporto ne abbiamo intercettati ben 5, che elenco qui sotto:

  • si tratta di un allenamento che richiede tempi contenuti (non più di 20/ 30 minuti in totale)
  • i programmi sono numerosi e vari e non creano monotonia
  • le progressioni, se ben rispettate, garantiscono un ottimo incremento della performance in breve tempo
  • i benefici di adattamento allo sforzo sono sia di natura aerobica che anaerobica (con tutti i vantaggi che ne conseguono a livello fisiologico sull'organismo)
  • attraverso questo metodo si ottiene una diminuzione della percentuale di massa grassa più rapida ed evidente rispetto ai classici programmi cardio ad intensità costante e più moderata.

30/10/14

Scienziati americani hanno creato il primo stomaco umano in 3D

Grande scoperta e grande titolo: Creato il primo stomaco. Il primo pensieri va al trapianto di staminali per ricreare uno stomaco a chi ne ha uno compromesso. Per ora non è così. Il mini-stomaco sarà utile per testare farmaci.

Gli scienziati del Cincinnati Children's Hospital Medical Center descrivono l'eccezionale scoperta su “Nature”. Il team ha creato in laboratorio il primo stomaco umanoin versione mini, facendo crescere cellule staminali pluripotenti, cioè quelle cellule che che possono diventare la cellula di qualsiasi tipo di organo. In collaborazione con i ricercatori della University of Cincinnati, gli studiosi diretti da Jim Well, hanno chiamato la loro creazione "organoidi gastrici" per studiare l'infezione da Helicobacter pylori, il batterio che è una delle principali cause di ulcera peptica e cancro allo stomaco. In questo modo hanno potuto osservare con quanta celerità i batteri hanno attaccato i tessuti epiteliali e innescato cambiamenti biochimici nell'organo.

"Questo tipo di organoidi gastrici in 3D offrono anche preziose opportunità per la scoperta di nuovi farmaci, o «per ricostruire le prime fasi del cancro dello stomaco e per studiare alcuni dei meccanismi fondamentali di diabete e obesità», ha spiegato Wells. E rappresentano un punto di partenza promettente per la “creazione” di altri tessuti di organi come i polmoni e il pancreas".

Individuare i processi necessari per la formazione embrionale di uno stomaco, è stata la chiave della ricerca. Manipolando questi processi in una capsula di Petri, gli scienziati sono stati in grado di “convincere” le staminali pluripotenti a diventare cellule dello stomaco. Nel corso di un mese, questi passaggi hanno portato alla formazione degli "organoidi gastrici" umani in 3D di circa 3 mm di diametro, aprendo una nuova frontiera nello studio e nella sperimentazione per la cura delle malattie.

27/10/14

Il sole: un valido aiuto per dimagrire

Uno studio dell'università di Edimburgo ha scoperto che l'esposizione ai raggi solari rallenta lo sviluppo dell'obesità e del diabete di tipo 2.


Uscire all'aria aperta sotto al sole aiuta a mantenere la linea perchè una moderata esposizione ai raggi UV favorirebbe il rilascio di una proteina chiave che rallenta la produzione di grasso. Lo dice uno studio delle universita' di Edimburgo e Southampton, pubblicato sulla rivista Diabetes. Il sole favorisce la produzione di ossido nitrico nella pelle, che viene rilasciato in circolo, dopo l'esposizione alla luce solare, svolgendo un ruolo chiave nel metabolismo.

Per arrivare a queste affermazioni i ricercatori hanno sperimentato lo studio sui topolini. Le cavie esposte ai raggi UV sono risultati più stabili nei livelli di glucosio e di avere resistenza all'insulina, sintomi tipici del diabete di tipo 2. Secondo i ricercatori, l'ossido nitrico rilasciato dalla pelle avrebbe un ruolo importante nel modo in cui si assimila il cibo, scongiurando condizioni metaboliche nocive come il diabete.

Tuttavia, i ricercatori ritengono che sia necessario approfondire l'argomento con altri studi, visto che per il momento le loro osservazioni sono state effettuate solo sui topi. "Studi come questo - ha detto Richard Weller, uno degli autori dello studio - stanno aiutando a capire come il sole puo' esserci utile nelle cure delle obesità. I consigli sull'esposizione al sole dovrebbero cambiare, il rischio di melanoma (cancro della pelle) non è l'unica malattia mortale, un bilanciamento fra effetti positivi ed effetti negativi è necessario.

03/09/14

Bere tanti caffè porta al diabete

Bere più di tre tazze di caffè al giorno può raddoppiare il rischio per ogni persona di sviluppare il diabete, e diversi ricercatori nel mondo hanno messo in guardia su questo pericolo. 


Regolarmente si beve il caffè e non si sa che questo può aumentare il rischio del prediabete che è la fase iniziale del diabete conosciuto come tipo due, infatti in queste persone che metabolizzano la caffeina lentamente si nota spesso che soffrono di ipertensione, gli scienziati hanno scoperto che: su 1.180 pazienti di età compresa tra i 18 ei 45 anni, che ha subito una fase di ipertensione ossia la pressione alta, ma non il diabete e l’87 per cento di loro beveva da 1 a 3 tazze al giorno, mentre il 13 per cento ne beveva di più.

Lo studio ha trovato che il 42 per cento dei partecipanti erano metabolizzatori veloci di caffeina e il 58 per cento erano lenti.

Nel corso di sei anni, gli scienziati hanno diagnosticato il prediabete nel 24 per cento dei pazienti.
I bevitori di caffè di tipo moderato sono stati trovati ad avere un 34 per cento di aumento del rischio di prediabete mentre i tossicodipendenti della caffeina erano il 50 per cento con maggiore rischio.

Quindi attenzione nell’uso e nell'abuso del caffè.
Caffè e diabete

14/07/14

Uova marce: il loro "profumo" può aiutare molte patologie

Quante volte vi è capitato di sentire quell’odore sgradevole, per il vostro olfatto, di uova marce, e magari maledire il momento in cui siete passati in quel posto? Ebbene, senza saperlo avete imprecato contro una sostanza che potrebbe essere moto utile nel trattamento o la prevenzione di patologie quali l’ictus, l’infarto, il diabete e addirittura la demenza, stiamo parlando del solfuro di idrogeno, o acido solfidrico (formula chimica H2S). Nel nostro organismo quando le cellule sono colpite dalla malattia chiedono aiuto a degli enzimi per produrre piccole quantità di solfuro di idrogeno, il quale ha la caratteristica di aumentare l’attività dei mitocondri e permette alle cellule di vivere, in caso contrario esse muoiono non avendo la capacità di regolare l’infiammazione”. I ricercatori dell’Università britannica di Exeter, in un lavoro pubblicato sul Medicinal Chemistry Communications, hanno prodotto una sostanza a base di solfuro di idrogeno, denominata con la sigla AP39, deputata a prevenire il danno mitocondriale in varie patologie come la demenza e l’ictus. Come dice Mark Wood, docente di Bioscienze all’Università di Exeter, il solfuro di idrogeno può considerarsi quindi un salvavita, basti pensare che in alcuni test effettuati sulle malattie cardiovascolari, la molecola AP39 ha permesso la sopravvivenza dell’80 per cento delle cellule mitocondriali, come riscontrato in studi precedenti dove oltre alle patologie vascolari, erano stati notati risultati anche nelle patologie del sistema nervoso.

07/07/14

Un rimedio asiatico nella cura preventiva del diabete

Il  Panax ginseng asiatico il cui nome etimologico greco, Panax ricorda Panacea, figlia di Esculapio e di Epione, capace di guarire tutti i mali. Il Panax Ginseng è una specie originaria dell’Asia orientale è alta sino a 80 cm, con fusto eretto, foglie verticillate palmato composte, fiori rosa raggruppati in ombrella e frutti rappresentati da bacche rosse. Il Ginseng bianco è costituito dalla radice essiccata, il rosso dalla radice trattata con il vapore.
Alcuni ricercatori hanno esaminato gli effetti dell'azione delle bacche di Panax ginseng nella cura preventiva del diabete e dell'obesità. L'esperimento è stato eseguito su topi adulti colpiti da diabete. Agli animali sono stati somministrati 150 mg di Panax ginseng per chilo di peso corporeo, lungo un periodo di 12 giorni.
Dopo soli cinque giorni i livelli di glucosio nel sangue delle cavie si erano già significativamente abbassati, arrivando al dodicesimo giorno a essere praticamente nella norma, fu oltre la curva di glucosio nel sangue era scesa del 53,4 per cento e le cavie erano diminuite di peso. Questi dati suggeriscono l'idea che l'estratto delle bacche di ginseng possono avere un valore terapeutico nella cura di pazienti diabetici e obesi.

IL PARERE DELL'ESPERTO 
È una scoperta molto interessante. È da notare che non sono state le radici di ginseng a essere utilizzate ma le bacche. Sembrerebbe infatti che queste posseggano un'alta concentrazione di :un composto chimico particolare. Si calcola che nel 2025 ci saranno al mondo 300 milioni di diabetici con tutte le conseguenze che questa malattia comporta (problemi cardiovascolari, disordini epatici, problemi neurologici e disturbi alta vista).

ginseng
Il diabete ha un alto costo sociale e danneggia la qualità della vita, per cui è importante scoprire qualsiasi cosa che possa ripristinare nel paziente un tasso normale di glucosio. Sempre su questo versante, è stato riscontrato che il cardo mariano (Silybum marianum) riduce tutti i vari fattori negativi del diabete, inclusi il tasso di insulina nel sangue, la glicosuria e l'emoglobina glicosilata. Sono risultati ottenuti somministrando per un anno 800 mg giornalieri di un normale estratto di cardo mariano. Dopo circa 60 giorni si sono avuti i primi effetti benefici e nel corso di un anno tutti i livelli diabetici sono migliorati.

Con tutta probabilità possono ridurre le dosi combinando il preparato con altre sostanze. Insieme ad altri integratori una dose di 200-400 mg giornaliera di estratto di silimarina (contenuta nel cardo mariano) dovrebbe aiutare a normalizzare i livelli di glucosio, Nella nostra clinica normalmente usiamo dosi di cromo (1000mcg di cromo picolinato o Gtf) unite alla dieta terapeutica (riduzione di grassi e zuccheri) e a un programma fisico giornaliero (camminare, nuotare, ecc.). Spesso riusciamo in breve tempo a ridurre le medicine (orali e insuliniche).

Comunque si raccomanda sempre al paziente di lavorare a stretto contatto con il proprio medico curante per evitare qualsiasi sgradevole reazione nel caso in cui i tassi di glucosio subiscano un'improvvisa impennata come conseguenza della dieta e della cura. Il medico saprà intervenire.

01/05/14

Cibo poco sano | L'evoluzione dei cibi poco sani | Perchè questa crescita?

Dolciumi
Perchè si è evoluta la predisposizione verso i cibi poco sani? La risposta può apparire complessa e lunga, vasta quanto l'universo, ma in realtà è più semplice e scontata di quanto non si possa immaginare.
Perchè quando ci siamo evoluti non vivevamo in un mondo ricco di zucchero!

Peer i nostri progenitori in Africa, lo zucchero di un frutto maturo o di un prezioso alveare rappresentavano un vera e propria prelibatezza, fondamentale a causa del suo contenuto energetico. Quelli che apprezzavano il gusto dolce e ricco di piacere dello zucchero, mangiandolo potevano godere di un vantaggio e, quindi, hanno trascorso questa debolezza per il dolce tramite i geni.

Oggi lo zucchero è presente in quasi tutti i cibi industriali, oltre che nei dolci, creme, marmellate, biscotti e bevande gassate. Lo zucchero non fa bene, in quanto provoca un aumento dell'ormone insulina nel flussso sanguigno che a sua volta fa si che il corpo passi dal bruciare i grassi al bruciare gli zuccheri depositando i grassi come riserve. Per tale motivo mangiare zucchero fa ingrassare! In elevate quantità altera le funzioni naturali dell'insulina e può condurre anche al diabete.

Ma non finisce qui il danno che provoca lo zucchero, al peggio non c'è mai fine, come si usa dire: ci si adatta velocemente al sapore dello zucchero e ne serve di più per raggiungere lo stesso piacere. Insomma ne diventiamo cosi dipendenti in un modo che per i nostri antenati era semplicemente impossibile che accadesse.

15/04/14

Dieci buoni motivi per camminare almeno 30 minuti al giorno | Forma fisica

Fare sport mi è sempre piaciuto, muovermi e stare all'aria aperta un vocazione. La mia passione era ed è l'equitazione, ma si sa, a volte nella vita possono accadere cose che ti impediscono di fare ciò che ami. Quindi dovendo rinunciare al mio sport preferito, e dopo un intervento chirurgico, mi sono dovuta adattare ad altri tipi di "ginnastica".  E' stato un trauma. Ma mi fu imporsto un obbligo: camminare. Così ho cominciato a camminare con la faccia lunga, perchè mi sembrava di non far nulla. Mi sono dovuta ricredere, perchè camminare almeno 30 minuti al giorno è un vero e proprio toccasana per la salute. Meglio preferire la camminata veloce alla corsa, cambiando percorso, decidendo di farlo in compagnia oppure da soli, ma con quali vantaggi? Ci aiuterà a mantenerci in forma, a perdere peso e a sentirci più giovani. Ecco i principali benefici di una sana camminata all'aria aperta.
Camminare

1) Riduce il rischio di Cancro al seno: camminare un'ora al giorno, magari facendo due passeggiate da 30 minuti, aiuta a prevenire il cancro al seno. Secondo una recente ricerca, le donne che camminano per un'ora al giorno hanno il 14% di probabilità in meno di ammalarsi. A parere degli esperti, la camminata quotidiana di un'ora, anche in assenza di un'attività fisica intensa e più specifica, è già molto significativa per la salute.
 2) Riduce il rischio di Malattie cardiache: camminare a passo veloce riduce il rischio di malattie cardiache. E, a parità di energia, la camminata veloce è più efficace della corsa. Lo rivela uno studio pubblicato dalla American Heart Association. La camminata e la corsa coinvolgono entrambe gli stessi gruppi muscolari e basta una semplice camminata, almeno di 30 minuti al giorno, per stare meglio.
 3) Allunga la vita: quando usciamo a camminare, proviamo a portare con noi un contapassi o a calcolare la distanza percorsa. Fare 5000 passi al giorno, che corrispondono ad una camminata di circa 3 chilometri, aiuta a vivere più a lungo. L'Oms ha messo in evidenza i rischi per la salute di uno stile di vita sedentario e ha ricordato a tutti di concedersi ogni giorno una bella passeggiata di salute.
4) Perdere peso più velocemente: il vero segreto per perdere peso è il movimento. Secondo gli esperti, per mantenersi in forma bastano 30 minuti di attività fisica al giorno. Allenamenti troppo lunghi possono risultare stressanti, mentre lo svolgimento di esercizi moderati incoraggia il calo di peso e la costanza nell'allenamento. Passeggiare a piedi, salire le scale e portare a spasso il cane sono ottimi punti di partenza per non perdere la linea.
5) Prevenire il Diabete: il diabete si previene camminando. Secondo gli esperti bastano 2000 passi al giorno per contribuire ad allontanare il rischio di diabete di tipo 2. Certo, camminare a lungo non basta per prevenire la malattia, ma può essere d'aiuto. Una maggiore attività fisica, infatti, può ostacolare l'aumento di peso, un fattore determinante del rischio di diabete.
6) Stimola la Creatività: quando camminiamo immersi nella natura, la nostra capacità creativa aumenta del 50%. Camminare nel verde è davvero benefico per il cervello, così come lo sono staccare la spina dalle attività quotidiane e fare movimento. L'ambiente naturale, secondo gli esperti, gioca un ruolo fondamentale nel nostro modo di pensare e di comportarci. Il cervello si riposa e si prepara a dare vita a nuovi processi di pensiero creativo.
 7) Aumenta la produttività: avreste mai pensato di poter camminare mentre siete al lavoro alla scrivania? Un esperimento condotto negli Stati Uniti ha evidenziato che gli impiegati che hanno la possibilità di camminare su un tapis roulant posizionato sotto la scrivania migliorano la propria salute e la produttività. Come fare senza un tapis roulant a disposizione? Approfittate della pausa pranzo per fare una bella passeggiata all'aria aperta.
 8) Previene l'obesità infantile: come prevenire l'obesità infantile? Uno studio condotto su oltre 1200 bambini tra i 10 e i 12 anni ha evidenziato che l'abitudine al movimento aiuta a prevenire l'obesità fin da piccoli. Nello specifico, gli esperti hanno notato che i bambini che hanno la possibilità di portare a spasso il cane camminano almeno 30 minuti e ne dedicano 140 in più all'attività fisica ogni settimana rispetto agli altri. Camminare è una garanzia per dire stop alla vita sedentaria e all'obesità fin dall'infanzia.
 9) Aumenta le difese immunitarie: tra i rimedi naturali per non ammalarsi troviamo la camminata veloce. Per mantenersi in buona salute non è sempre necessario correre. Una bella passeggiata di almeno 30 minuti al giorno contribuisce a migliorare l'attività del sistema immunitario e ad allontanare il rischio di ammalarsi. In questo modo potrete fare esercizio fisico con costanza e senza affaticarvi troppo.
10) Risveglia la Tiroide: come risvegliare la tiroide quando è troppo pigra? L'esercizio fisico costante è fondamentale per rendere più regolare l'attività della tiroide. Il consiglio principale consiste nel camminare almeno 30 minuti ogni giorno, calcolando circa 3 ore di attività fisica alla settimana. Il movimento aiuta a risvegliare il metabolismo ed è un vero e proprio toccasana quando al malfunzionamento della tiroide si associa un aumento di peso.

23/03/14

La dieta on-off inganna il metabolismo e fa perdere peso

 Il sovrappeso e l'obesità sono una condizione tipica, anche se non esclusiva, della società del
"benessere". Le diete, diventate un bisness, hanno ormai l'esclusiva delle prime pagine delle riviste del settore. Interessa a tanmtissimi di noi il calo di peso e ad ogni notizia che annuncia una dieta miracolosa, che fa perdere kili senza sacrificio, corriamo a comprare la rivista o il prodotto o clicchiamo il link che ci porta nella notizia miracolosa. Fior fiore di ricercatori sono costantemente allo studio per risolvere il problema, che sarà pure un malessere del benessere ma l'aumento di peso si accompagna quasi sempre a malattie quali diabete, ipertensione, malattie cardiocircolatorie che hanno un costo sulla sanità pubblica. Trovare quindi la dieta perfetta, è il traguardo che spera di raggiungere ogni ricercatore impegnato in questa lotta contro il grasso. Il professore Byrne, dell'Istituto della Salute e dello Sport di Bond nel Queensland, ha fatto un particolare studio e un singolare esperimento, basato sull'inganno al metabolismo.

Mela o ciambella? Quale dilemma!
 La dieta "on-off", che alterna un periodo di dieta strettamente ipocalorica ad uno di riposo dalla dieta. Lo studio è basato sul consumo di calorie che il nostro corpo, in base ad informazioni personali date dal nostro stile di vita, decide di consumare. Quando si mette un soggetto a dieta, il suo metabolismo avverte la mancanza di calorie e stimola il senso di fame e, il metabolismo riduce drasticamente il consumo energetico. In base a queste conoscenze, il prof. Byrne, ha seguito l'iter di 36 uomini obesi che volevano perdere peso. La metà di loro ha seguito una dieta ipocalorica per 30 settimane, e l'altra metà ha alternato due settimane di dieta a due settimane di riposo. Con sorpresa l'esperimento ha dato un esito più che positivo, il gruppo che aveva fatto la dieta "on-off" aveva avuto un calo di peso del 55% in più del gruppo a dieta "non-stop". Questo ha dimostrato che il sistema metabolico, nella dieta "on-off", non avverte il calo di calorie e continua a consumare, al conrario, con la dieta non-stop, per la sopravvivenza avviene un calo di consumo energetico. Ora rimane da provare se a lungo termine il corpo, dei soggetti a dieta internittente, prova a recuperare le calorie perse, in altri modi per esempio acuendo il senso di fame.
Il professore Byrne ha detto: "Dato che la perdita di peso a lungo termine è una sfida che interessa a tutti i ricercatori, trovare il modo di superare gli ostacoli biologici e comportamentali per perdere peso è la strada da percorrere. I risultati del nostro studio sono incoraggianti in quanto suggeriscono che fare "periodi di riposo", si è in grado di superare alcuni dei fattori biologici compensativi che riducono la perdita di peso durante una dieta continua".Ha aggiunto che- "è popolare la dieta, in cui cali drastici di peso, si ottengono tagliando l'apporto calorico due giorni alla settimana. Tuttavia, vi è il rischio che chi segue la dieta on-off, finisca per mangiare troppo nei giorni "on", perché sono liberi di mangiare ciò che vogliono".
Al contrario, la dieta del prof. Byrne, è meno estrema e contiene le istruzioni sia per la fase "on" sia per quella "off". Il professor Byrne è certo che la sua dieta abbia il potenziale per aiutare chiunque voglia calare di peso. Ma Carrie Ruxton, una dietista indipendente, ha messo in dubbio la volontà di chi dovrà tornare a privarsi del cibo preferito e rimettersi a dieta per altri 15 giorni. Inoltre la Dr Ruxton, portavoce del Servizio di Informazione Salute, ha anche avvertito che molti adulti inglesi soffrono già di carenze di vitamine e minerali essenziali come ferro, calcio e vitamina D, e la dieta "on-off" può peggiorare la situazione. Le persone che devono perdere peso, hanno bisogno di essere educate a buone abitudini che possano mantenere negli anni a venire. Si consiglia di pensare ad eliminare vizi come  alcol e cioccolato, per ottenere risultati.Certo che il fattore "volontà" gioca un ruolo determinante in tutte le diete e anche se quella del pof. Byrne lascia due settimane di libertà, la volontà di ritornare a regime deve esercitare la sua forza, altrimenti non si otterranno risultati e si rischierà di aggiungere ulteriori kili.

13/03/14

L'obesità può essere vinta grazie alla scoperta di un nuovo gene.

Scoperto il gene del grasso,il responsabile che dirige la sequenza di eventi genetici, il complice dell'obesità. Si chiama IRX3 e lo hanno individuato scienziati americani e spagnoli in uno studio pubblicato su 'Nature'. Gli studiosi hanno inoltre scoperto che topi Ogm in cui veniva eliminato IRX3 erano molto più magri rispetto ad altri che possedevano tale gene. Pesavano circa il 30% in meno, e a differenza dei loro simili più robusti avevano una massa grassa minore. Non solo: i topi privati di IRX3 erano praticamente immuni dall'obesità, anche se venivano nutriti con una dieta ipercalorica e anche se non facevano movimento. Infine, avevano una maggiore capacità di metabolizzare il glucosio e risultavano protetti dal rischio diabete. La ricerca è stata condotta da Marcelo Nobrega dell'università di Chicago, e Jose Luis Gomez-Skarmeta del Centro andaluso di biologia dello sviluppo di Siviglia. Tale ricerca svela che il gene dell’obesità per eccellenza, “FTO”, scoperto con tanto clamore ormai alcuni anni fa, lavora semplicemente all’ombra di IRX3 e non è di per sé condizionante il peso di un individuo. Si era scoperto il ruolo di FTO nel rischio individuale di obesità in un grosso studio su Science datato 2007. Ma il nuovo lavoro mostra che le cose sono più complesse del previsto e che in realtà FTO è solo una comparsa, mentre il protagonista assoluto è IRX3. Gli scienziati hanno scoperto che IRX3 agisce nell’ipotalamo - centro di controllo di appetito e dispendio energetico - interagendo con molti altri geni tra cui FTO e in questo modo regola la massa grassa di un individuo. L’obiettivo, affermano i ricercatori, è ora quello di capire quali sono i più importanti bersagli molecolari di IRX3 perché alcuni di essi potrebbero divenire degli ottimi bersagli terapeutici di nuovi farmaci antiobesità.

01/03/14

USA | SIRTUINA 1, una proteina che fa vivere meglio e più a lungo.

Uno studio condotto dal Dott Rafael de Cabo del National Insitute on Aging del National Institutes of Health negli Stati Uniti, ha scoperto un nuovo impiego possibile di una proteina, la sirtuina 1. Fino ad oggi si sapeva che questa proteina era fondamentale per mantenere l’equilibrio metabolico dei tessuti umani. Lo studio ha dimostrato che inducendo l’attivazione della proteina sirtuina 1 si estende la durata della vita, ritarda l'insorgenza delle malattie metaboliche correlate all'eta' e migliora la salute generale. Per il momento la sperimentazione è stata fatta su animali, nello specifico topi di laboratorio, ai quali è stata data una integrazione quotidiana corrispondente a 100mg/kg di SIRT1720, una molecola che attiva la SIRT1, per la durata di sei mesi. La somministrazione di tale molecola ha esteso significativamente la vita media dei topi dell'8,8 per cento, oltre a ridurre il peso corporeo e la percentuale di grasso, migliorando la funzione muscolare e la coordinazione motoria. In ulteriori studi incentrati sugli effetti di SRT1720 su diverse variabili metaboliche, i ricercatori hanno trovato che la supplementazione di SRT1720 ha portato alla diminuzione dei livelli di colesterolo totale e di colesterolo LDL, che potrebbero aiutare a proteggere contro le malattie cardiache, e miglioramenti nella sensibilità all’insulina che potrebbero aiutare a prevenire diabete. La dieta particolare ha avuto anche effetti anti-infiammatori in diversi tessuti, un dato importante, perché un basso grado di infiammazione cronica contribuisce contro l’invecchiamento e le malattie legate all’età. Se le ricerche dovessero confermare questa tesi e se la proteina dovesse funzionare anche sull’uomo, si tratterebbe davvero di aver scoperto l’elisir di lunga vita che ci permetterebbe, non solo di raggiungere una età considerevole ma soprattutto di arrivarci nel pieno possesso delle nostre facoltà fisiche e mentali.

20/02/14

La "pancetta" che non piace | Dai disturbi cardiovascolari al diabete fino ad arrivare al cancro!

La "pancetta" che non piace. Dai disturbi cardiovascolari al diabete fino ad arrivare al cancro! Non si tratta soltanto di un mero difetto estetico: per un uomo avere la cosidetta "pancetta", ovvero sia la circonferenza vita superiore a 100 cm, aumenta notevolmente la probabilità di essere colpiti da disturbi gravi come quelli cardiovascolari, diabete e per fino alcuni tipi di cancro.

Come fare allora per ovviare al problema? Semplicemente cambiando certe abitudini alimentari, come suggerisce "Il ritratto della salute", il noto quotidiano on line della Società italiana di medicina generale. Bisogna apportare alcune modifiche a quelle che contribuiscono all'accumulo di grasso.
Ecco quali sono e come sostituirle con scelte più benefiche e salutari:
  • DOLCE MATTINO- La colazione è un pasto importante, ma riempirsi lo stomaco di dolci non garantisce di non avere più fame fino a pranzo e può anche far crescere la pancia
  • GRASSO DELLA CARNE- Quantità, metodi di preparazione e qualità della carne minacciano la salute: meglio scegliere tagli magri come filetto e controfiletto, cucinati anche alla griglia
La "pancetta" che non piace1
  • SPUNTINI- Bastano 15 patatine fritte per introdurre 160 calorie. I pop corn senza grassi e poco sale sono senz'altro una scelta migliore: 6 porzioni corrispondono a 100 calorie.
  • FAST FOOD- Un hamburger maxi può fornire più di 1000 calorie (senza dimenticare le patatine fritte). Meglio non esagerare con le dimensioni e scegliere un'insalata come contorno.
  • PIZZA- A rendere la pizza nemica della salute sono gli ingredienti con cui la si farcisce: se una margherita non basta, meglio aggiungere le verdure piuttosto che i salumi
  • BIBITE Quando c'è bisogno di energia è preferibile affidarsi a una tazzina di caffè: le bibite contenenti caffeina e drink energetici contengono alte quantità di zuccheri aggiunti
  • BIRRA Sono circa 150 le calorie fornite da una bottiglia piccola. L'ideale sarebbe tagliare sulle quantità.

31/01/14

Ritorno al primordiale | I Neanderthal stanno per tornare…anzi sono già “dentro” di noi!

Ritorno al primordiale: ritornano i Neanderthal...anzi sono già "dentro" di noi! Proprio cosi, studi recenti hanno evidenziato la stretta interconnessione con i "Neanderthal", attraverso varianti di geni, strettamente connessi con alcune caratteristiche nostre, come i capelli, unghie e pelle, potrebbero averci dato un bel vantaggio a sopravvivere in un ambiente freddo. Ma la connessione con loro non si limita a quanto detto fin'ora, infatti sono emerse anche varianti correlate al diabete di tipo 2, alla malattia di Crohn, alla cirrosi biliare ed al lupus.

Sarebbe dunque questa l'eredità dei Neanderthal che noi Homo Sapiens ci portiamo dentro a nostra insaputa da almeno 40.000 anni. Sia chiaro, non proprio tutti alla stessa maniera, ma chi più e chi meno il ceppo è lo stesso per tutti: tra i “più” evidenti ci sono le popolazioni europee e dell'Asia orientale; mentre tra i “meno” quelle africane, i cui antenati non hanno avuto occasione di entrare in contatto con gli antichi cugini (che vivevano, per l'appunto, in Europa e in Asia). Si presume che, in media, tra l'1 e il 3% del genoma di ogni essere umano moderno arrivi dai Neanderthal, ma si parla di un 20%, forse di un 30%, se invece si considera complessivamente tutto il materiale genetico che potrebbero averci tramandato.

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I Neanderthal dentro noi
Non si tratta di vere e proprie novità, quanto di conferme. A fare il punto sulla questione scientifica del se e del quanto i Neanderthal sopravvivano ancora in noi sono due studi pubblicati in contemporanea su Nature e Science. Il primo, condotto dal laboratorio di David Reich dell'Harvard Medical School di Boston (e in cui compare anche la nota firma di Svante Pääbo, direttore del dipartimento di genetica del Plank Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, a capo del Neandertal Genome Project), è andato a guardare dove, all'interno del genoma umano, si sono conservate le sequenze genetiche che con un'alta probabilità derivano dagli incroci, avvenuti tra gli 80.000 e i 40.000 anni fa, tra Neanderthal e sapiens.

In uno studio precedente, Reich aveva già mostrato che nel Dna delle attuali popolazioni non africane vi sono tracce di geni neandertaliani, in una quantità che si aggira intorno al 2%. Da allora altri team hanno individuato alcune varianti genetiche. La nuova ricerca fa ora un passo avanti, andando a indagare il significato adattativo di questa eredità. Come? I ricercatori hanno cercato le varianti neandertaliane nei genomi di 1004 persone (846 non africane e 176 sub-sahariane) sequenziati grazie al 1000 Genome Project, e li hanno poi comparati con quello di un Homo neanderthalensis di 50.000 anni, sequenziato (e pubblicato) nel 2013.

Sono stati così individuati dei tratti del genoma ricchi di queste varianti e altre zone “deserte”. Queste ultime – espresse in particolare nei testicoli e concentrate nel cromosoma sessuale X – sono molto interessanti perché, ipotizzano gli autori dello studio, potrebbero riguardare geni inizialmente ereditati e successivamente rimossi attraverso la selezione naturale: geni magari non vantaggiosi o risultati pericolosi per i sapiens, forse a causa della parziale incompatibilità riproduttiva tra le due specie.
In oltre il 60% dei 1004 genomi analizzati i ricercatori hanno inoltre trovato la variante di un gene che regola le funzioni della cheratina, la proteina che aiuta la pelle, i capelli e le unghie a resistere meglio al freddo.

L'ipotesi degli autori è che la variante sia risultata vantaggiosa per chi viveva in un ambiente nordico. Probabilmente arrivano dai Neanderthal altre 9 varianti genetiche note per essere associate a funzioni del sistema immunitario o che sembrano in grado di influenzare alcuni comportamenti (per esempio la facilità con cui si smette di fumare).Veniamo allo studio pubblicato su Science a firma di due genetisti dell'Università di Washington, Joshua M. Akey e Benjamin Vernot. Qui i ricercatori hanno messo a punto un nuovo metodo per andare alla ricerca delle sequenze neandertaliane nel genoma di 600 persone, sempre provenienti dall'Europa e dall'Asia dell'Est.

Le conclusioni a cui giungono sono in linea con quelle dello studio su Nature, e confermano quanto emerso nelle ricerche precedenti, condotte su un numero inferiore di persone: le varianti in comune sembrano riguardare principalmente le caratteristiche della pelle. E i conti tornano anche sulla “quantità di genoma” tramandato, che si conferma tra l'1 e il 3% in media per essere umano. Secondo i ricercatori però, se si sommano tutte le varianti individuate, la percentuale di genoma neandertaliano sopravvissuto fino ai giorni nostri potrebbe arrivare al 20% se non al 30%. Chissà che le prossime ricerche non mandino definitivamente in pensione certi vecchi stereotipi.



18/01/14

Nel futuro prossimo Google ci aiuterà a misurare i livelli di glucosio nelle lacrime con una lente a contatto | VIDEO

Google sta testando prototipi di una lente a contatto "intelligente" che renderà più facile per i pazienti affetti da diabete di monitorare i loro livelli di zucchero nel sangue e rimanere in buona salute.

I responsabili del progetto Brian Otis e Babak Parviz, hanno riferito nel blog ufficiale, che la lente utilizza un ''piccolo chip'' e un sensore di glucosio ''miniaturizzato'' inserito all'interno di due strati di materiale. Il progetto è stato ispirato da quello che Otiz e Parviz visto il grave problema delle tecniche di cura attuali per i pazienti diabetici: "Le persone con diabete devono pungere il dito per le gocce di prova di sangue per tutto il giorno", hanno detto. "E 'dirompente, ed è doloroso, e di conseguenza, molte persone con diabete controlla la glicemia meno spesso di quanto dovrebbero. " La nuova lente a contatto potrebbe aiutare i pazienti a controllare la glicemia più regolarmente, rendendo il processo meno disagievole e invasivo.

Dal blog di Google
La società ha riferito che sta lavorando anche sull'integrazione di piccoli led che possano illuminarsi quando i livelli di glucosio hanno superato determinate soglie. Mountain View ha però aggiunto che c'è ancora ''molto lavoro'' da fare perché questa tecnologia sia pronta per un uso quotidiano.
 "È ancora presto per questa tecnologia ma abbiamo completato più studi di ricerca clinica che stanno aiutando a perfezionare il nostro prototipo" , si legge nel blogpost. "Speriamo che un giorno questo possa portare a un nuovo modo per le persone con diabete di gestire la loro malattia", è l'auspicio espresso.

02/01/14

Bastano cinquemila passi per mantenersi in forma e risparmiare

Facciamo una vita sedentaria, sia per motivi di lavoro, sia per pigrizia, e sempre più è necessario cercare di mantenersi in forma facendo del movimento e mangiando sano. Se non si ha tempo e modo di frequentare una palestra, ma se l'aria aperta fa per noi, qualunque sia la stagione dell'anno, allora camminate!  Fare 5.000 passi ogni giorno, ovvero una passeggiata di circa 3 chilometri, aiuta a mantenersi in salute e a dimezzare il rischio di morte! A riferirlo è l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha messo in evidenza le conseguenze e i rischi per la salute di uno stile di vita sedentario. Secondo gli ultimi dati infatti, la sedentarietà provoca ogni anno 600 decessi solo in Europa e rappresenta una delle dieci cause di morte e disabilità in tutto il mondo.
Camminare

In particolare, vanno ricordati i danni derivanti dalle patologie cardiovascolari: la sola ipertensione provoca circa 240.000 morti l’anno, è responsabile del 47% delle cardiopatie ischemiche e del 54% degli ictus cerebrali. Camminare dunque è un vero e proprio elisir di benessere fisico, ma anche un modo per risparmiare denaro: lasciare l’auto a casa, per usare i mezzi pubblici e percorrere alcuni tratti a piedi, fa’ risparmiare mediamente 700 euro l’anno. Un fattore non da poco visto il tempo di crisi! Per capire esattamente quali regole seguire e con quale frequenza effettuare l’attività fisica in base all’età si può consultare l’opuscolo a vignette, dal titolo "Una passeggiata di salute", presentato al Senato in occasione del Convegno nazionale "Il ritratto della salute e la medicina dei sani: modelli di sviluppo e strategie di comunicazione", promosso dalla Simg (Società Italiana di Medicina Generale) e dall'Associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione. “Diabete, cardiopatie, ipertensione, cancro, osteoporosi – ha detto Claudio Cricelli, presidente della Simg - sono le malattie croniche che colpiscono in massa gli italiani, legate proprio a stili di vita sbagliati”. Per prevenire tutte queste patologie e mantenersi in salute quindi basta percorrere appena tre chilometri, una passeggiata a passo sostenuto, ma costante. “La prevenzione è un diritto per ciascun cittadino ed è un obiettivo del nostro Sistema Sanitario Nazionale, tra i migliori al mondo – ha aggiunto Antonio Tomassini, Presidente della Commissione “Igiene e Sanità” del Senato e Presidente dell’Associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione – È necessario promuovere interventi per ridurre i principali fattori di rischio per le grandi malattie: fumo di sigaretta, alimentazione scorretta, sedentarietà e abuso di alcol. Per i danni diretti e indiretti che derivano da stili di vita sbagliati lo Stato spende circa 60 miliardi di euro ogni anno”. Ma oltre al movimento, bisogna prestare attenzione anche all’alimentazione: “La salute, infatti, si conquista e si conserva soprattutto a tavola, sin da bambini – ha aggiunto il dottor Cricelli – Il tradizionale modello alimentare mediterraneo è ritenuto oggi in tutto il mondo fra i più efficaci per la prevenzione ed è anche uno dei più vari e bilanciati. Dobbiamo rivolgere ai cittadini messaggi chiari, senza chiedere loro di stravolgere drasticamente le loro abitudini ma con consigli pratici da attuare nella vita quotidiana”. Insomma, ancora una volta, per mantenersi in salute è opportuno scegliere una dieta equilibrata e fare movimento con regolarità! Che aspettiamo a lasciare a casa più spesso l'auto?

23/12/13

Perchè il gelato mette sete?

Il gelato ha un altissimo contenuto di zucchero e di glucosio. Dopo averlo mangiato, questi zuccheri, che sono a rapido assorbimento, innalzano moltissimo la glicemia, causando così un senso di arsura immediato e quindi di sete. Non a caso i diabetici, che hanno alti valori di glicemia dovuti al malfunzionamento dell'insulina, hanno sempre molta sete. E' opportuno però fare una distinzione tra gelato artigianale o industriale e gelato fatto a casa: nel primo si usano moltissimi additivi e conservanti, fra i quali la farina di carruba che causano una immediata sete non appena queste sostanze vengono ingerite. Nel secondo non si mettono tutti questi prodotti chimici, di conseguenza un sorbetto fatto in casa mette meno sete. Teniamo quindi presente che il gelato, compreso il ghiacciolo, non è fatto per dissetare: ti rinfresca momentaneamente poi aumenta la sensazione di sete.

04/12/13

Meglio il sapore di cipolla in bocca che ipertensione e diabete

Sono molti coloro che non mangiano la cipolla perchè rende l'alito pesante, soprattutto se viene mangiata cruda. Non si può negare che sia così, ma in ogni caso, possiamo poi rinfrescare il nostro alito con l'aiuto del mentolo. Cerchiamo di mettere da parte i preconcetti che si hanno e andiamo a mettere sul piatto della bilancia le proprietà benefiche che essa contiene e che sono strarodinarie per la nostra salute. Il che dovrebbe farci mettere da parte la reticenza dovuta al suo acuto odore e sapore a favore della salute che possiamo trarne.
Cipolla

La cipolla è una pianta erbacea biennale originaria dell’Asia e più precisamente della Persia (Allium cepa L.) che, come l’aglio, appartiene alla famiglia delle liliacee. La cipolla viene raccolta allo stato selvatico nei mesi tra maggio e agosto e viene lasciata essiccare all’aria; il suo odore è molto forte e pungente. Gli studi effettuati ad oggi sulla cipolla non sono molti, ma è noto che abbia una funzione depurativa e rigenerativa delle cellule sanguigne e linfatiche, stimolando anche reni e vescica in modo splendido. La cipolla ha anche altre virtù terapeutiche come la stimolazione a livello epatico e biliare oltre che quella della funzionalità pancreatica; come l’aglio ha una meravigliosa funzione antibatterica e antisettica delle vie aeree e della parte alta del sistema digerente e in generale è un fantastico aiuto del sistema immunitario. 100g di cipolle gialle forniscono 35 calorie, fattore questo che rende la cipolla un alimento ipocalorico, ma allo stesso tempo molto ricco di fibre, sia insolubili che solubili con alto valore prebiotico e quindi favorente la flora intestinale buona. La cipolla contiene elevate quantità di zolfo (elemento che la può rendere indigesta ad alcune persone) e di selenio, minerale che favorisce le difese immunitarie e combatte i radicali liberi del corpo; inoltre nella cipolla troviamo anche altri oligoelementi come il manganese, il cobalto e il fluoro (utile per denti e ossa). I rimedi naturali che troviamo abbinati all’uso della cipolla sono molti: un pezzo di cipolla sotto al cuscino favorisce il sonno, viene utilizzata contro il dolore da puntura d’ape o contro le emorragie nasali; è utile contro le infiammazioni e le infezioni intestinali, emorroidi, mal di gola, ecc. Curiosità: la cipolla consumata cruda in una insalata combatte e inibisce la crescita dei batteri che causano le carie dei denti e grazie al suo contenuto di solfuro di allile è una grande alleata nel mantenere funzionali e in salute le vostre articolazioni. La cipolla è molto utile come rimedio naturale per ipertensione, grazie al suo contenuto di prostaglandina A e per le malattie cardiovascolari, grazie all’adenosina che ostacola la formazione delle placche favorendo lo scioglimento dei coaguli; per queste sue proprietà in molte zone del mondo è ritenuto un vero e proprio “farmaco” cardiovascolare. Ultimamente si stanno facendo studi sull’effetto ipoglicemico e coleretico della cipolla con risultati davvero buoni a detta degli studiosi. In antichità la cipolla era usata come cura per il diabete grazie ai suoi agenti ipoglicemici, cioè capaci di ridurre la glicemia; in Egitto è stata scoperta la difenilammina, una sostanza contenuta nella cipolla molto più efficace del tolbutamide per la riduzione dello zucchero nel sangue. Alcuni studi sembrano inoltre dimostrare le sue proprietà antitumorali. La cipolla ha pochi effetti collaterali: per alcune persone è di difficile digestione, specialmente quella cruda; i composti dello zolfo tendono a far lacrimare gli occhi quando si taglia ancora cruda; il suo odore forte può rimanere in bocca dopo il pasto. In conclusione la cipolla è un ottimo alimento che migliora la glicemia, favorisce la salute di cuore e sistema circolatorio, aumenta le difese immunitarie, stimola la diuresi e favorisce la flora intestinale buona. Non dimentichiamoci inoltre che la cipolla è un alimento che previene l’invecchiamento e che è un ottimo antiossidante, nato per combattere i radicali liberi grazie alla presenza di flavonoidi e selenio.

03/12/13

Piccoli semi aromatici di sesamo: contro colesterolo, trigliceridi e altro ancora

Da bambina amavo gustare delle barrettine di semi di sesamo e miele, che trovavo assolutamente deliziose al palato, croccanti e dolci, ma mai stucchevoli. Le avevo assaggiate presso un'erboristeria antica, il cui titolare, colpito dalle mie curiosità, me ne aveva regalate un paio per farmele provare. Divenni una sua cliente affezionata.
I semi di sesamo possono essere considerati come una delle fonti vegetali di calcio principali. 100 grammi di semi di sesamo contengono infatti contenere dagli 800 ai 1000 milligrammi di calcio. Nella stessa quantità di semi di sesamo sono presenti circa 470 mg di fosforo, 815 mg di magnesio e 20,1 mg di ferro, oltre al 18,7% di proteine.
Semi di sesamo

Altre fonti vegetali di calcio sono rappresentate dai semi di chia, dalla quinoa, dai fichi secchi e dalle mandorle, oltre che da verdure come spinaci e broccoli. Essi rappresentano inoltre una fonte di manganese, zinco e selenio. Sono inoltre ricchi di acidi oleici, che contribuiscono a ridurre i livelli di colesterolo LDL nel sangue e ad incrementare la presenza di colesterolo "buono" HDL. 100 grami di semi di sesamo contengono il 25% della dose giornaliera raccomandata di acido folico. Tra le vitamine del gruppo B, contengono niacina, nella quantità di circa 4,5 mg ogni 100 grammi, il 28% del fabbisogno quotidiano. Ai semi di sesamo sono state attribuite proprietà antiossidanti e anticancro. Essi inibirebbero lo sviluppo del cancro al colon, per via del loro contenuto di acido fitico. Il loro contenuto di lignani permette il controllo della pressione sanguigna, con effetti anti-ipertensivi. Il consumo di semi di sesamo può contribuire a prevenire la formazione di placche sulle pareti delle arterie. L'assunzione di semi di sesamo è benefica per le ossa, migliora le funzioni del fegato, è efficace nella rimozione dei vermi intestinali, riduce i reumatismi e i dolori articolari, stimola la circolazione e contribuisce a migliorare la digestione. L'olio di sesamo, ricavato dai semi, viene impiegato per la cura della pelle, per effettuare massaggi rinvigorenti, contro la forfora e per contrastare la congestione nasale. La medicina occidentale utilizza massicciamente i farmaci per controllare colesterolo e trigliceridi e c’è voluta la rivista medica Archives of Iranian Medicine a pubblicare uno studio che dimostra come i semi di sesamo riescano a regolare i trigliceridi e lipidi nei pazienti diabetici.   Il tahini, noto anche in Italia come la tahina (un alimento ottenuto dai semi di sesamo bianco), riesce ad arrecare grandi benefici nei diabetici nella regolazione del metabolismo dei lipidi. Non si tratta certo della panacea per tutti i mali , ma questo alimento è riuscito a ridurre i markers delle malattie cardiovascolari del 39% in sole sei settimane. Lo studio è stato condotto su 41 pazienti con diabete di tipo 2 che sono stati assegnati in maniera randomizzata a due gruppi. Ad un gruppo sono stati somministrat 28 grammi di Tahini (nota cone Ardeh in persiano) a colazione, mentre l’altro gruppo faceva colazione normalmente. Dopo sei settimane il gruppo che aveva mangiato Tahini mostrava una diminuzione del colesterolo totale, di quello LDL e di altri parametri lipidici aterogenici oltre a un lieve aumento del colesterolo buono, HDL.
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