Il-Trafiletto
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27/10/14

Un sistema che inverte la paralisi

Dopo 4 anni da un incidente motociclistico che lo aveva paralizzato dal petto in giù, il 5 dicembre 2011, Andrew Meas si mosse per la prima volta. 


In una settimana, cominciò a stare in piedi. Il prodigioso recupero (seppur parziale) di Meas è avvenuto grazie all'uso di un innovativo apparato di elettrodi impiantati sopra il suo midollo spinale. Per decenni, i ricercatori hanno cercato modi per aiutare milioni di persone con lesioni al midollo spinale a riprendere il controllo dei loro arti, ma con scarsi risultati.

Gli scienziati dell'Università di Louisville, nel Kentucky, del Spinai Cord Injury Research Center, dove Meas e altri tre pazienti hanno ricevuto i loro impianti, ipotizzano che la stimolazione potrebbe risvegliare le connessioni tra il cervello e la parte inferiore del corpo. "C'è una circuitazione residua che possiamo recuperare e che nessuno mai aveva pensato di usare", spiega Reggie Edgerton, direttore del Neuromuscular Research Laboratory dell'Università della California, a Los Angeles. Alcuni benefici come un migliore controllo degli sfinteri e una migliore pressione sanguigna, rimangono anche quando il dispositivo è spento. La stimolazione elettrica non è, però, una cura.

I pazienti non possono ancora camminare e la stimolazione deve essere personalizzata per ogni individuo, il che richiede tempo. Ma è comunque un enorme progresso che "apre un nuovo meccanismo di recupero" conclude Edgerton.

COME FUNZIONA (FIG.1)

  • A Quando una persona con lesioni al midollo vuole muovere le dita dei piedi, l'impulso va dal cervello al midollo, ma non raggiungere la sua destinazione. 
  • B I sei elettrodi impiantati sul midollo spinale inferiore stimolano il circuite che controlla la parte inferiore del corpo, risvegliando i neuroni dormienti che trasportano il messaggio. 
  • C Un filo collega l'apparato di elettrodi all'elettrostimolatore, un dispositivo ricaricabile grande come un cercapersone, impiantato sull'addome nel sottocute. 
  • D Lo stimolatore avvia i vari circuiti neurali e diverse frequenze, tensioni e combinazioni di elettrodi consentono movimenti differenti.
  • E Un telecomando palmare permette all'utente di selezionare quali circuiti stimolare per esempio, le dita del piede sinistro e la gamba destra.

Fig.1


21/09/14

Scoperta la crema che toglie le rughe da un team di scienziati

La storia ci insegna che da sempre le donne, ed oggi anche gli uomini, inseguono il mito dell'eterna giovinezza. Creme, unguenti, balsami miracolosi, hanno promesso l'elisir di giovinezza, ma il mezzo miracolo lo ha fatto la chirurgia estetica, e fino a ora nessuna crema o cura ha raggiunto lo stasso risultato. 

Ma ora uno studio condotto dal team di Antonino Di Pietro, direttore scientifico dell'Istituto Dermoclinico Vita Cutis, e pubblicato recentemente sul "Journal of Plastic Dermatology", ha dimostrato che sebbene l'invecchiamento della pelle sia inevitabile puo' essere efficacemente contrastato nutrendo la pelle delle sostanze che stimolano le cellule cutanee a produrre piu' collagene, elastina e acido ialuronico: " I glicani e fosfolipidi", acquisendo così la capacità di reagire meglio agli stress ambientali. Forse questa volta la crema "miracolosa" è stata scoperta.Lo studio dell'invecchiamento cutaneo, presentato al congresso dell'American Academy of Dermatology di Chicago, ha rilevato quanto il ruolo degli zuccheri sia importante per il benessere della pelle.

Il livello degli zuccheri (glicani) si riduce di circa il 50% dai 30 ai 60 anni di età e quelli che restano subiscono dei cambiamenti che non permettono più un ottimale funzionamento di cellule e proteine di sostegno. La pelle, con il passare del tempo, perde progressivamente la capacità di sintetizzare il collagene, la più importante proteina strutturale, e l'elastina, responsabile dell'elasticità cutanea. Contemporaneamente diminuisce anche la quantità di acido ialuronico che è il maggiore componente dei tessuti connettivi del derma.
|"Lo studio condotto dal mio team - spiega Antonino Di Pietro - ha arruolato 160 pazienti trattati con applicazioni sul viso una volta al dì per 30 giorni, di un composto costituito da fosfolipidi estratti dalla soia e glucosamina (uno zucchero) ottenuta da idrolisi di gusci di crostacei. Il complesso, che prende il nome di fospidin, favorisce la sintesi delle fibre di collagene ed elastina, e la glucosamina, veicolata in profondita' dai fosfolipidi, favorisce la sintesi di acido ialuronico in quanto ne e' il precursore". 
Nelle valutazioni successive, aggiunge l'esperto, "si e' osservato un miglioramento evidente di tutti i parametri osservati: l'elasticita' cutanea e' aumentata fino all'8,1%, si e' avuto un aumento dell'8,9% della quantita' d'acqua presente sulla superficie cutanea (indice di maggiore idratazione superficiale), l'evaporazione dell'acqua attraverso la pelle (segnale di idratazione profonda) e' diminuita nel 93% dei casi e si e' avuta una diminuzione del 9,2% del numero totale delle rughe e del 12,3% della profondita' media", conclude l'esperto.

14/09/14

Lato B snello per essere belle....o grosso per essere intelligenti?

Il famoso Lato B non finisce mai di stupire. E’ da sempre croce e delizia di molte donne, alcune delle quali ne hanno fatto un trampolino per il successo mentre altre cercano di combatterlo con stancanti sedute di palestre o affidandosi nelle mani di esperti chirurghi estetici. E’ di stampo inglese la notizia che gli scienziati della University of Oxford e del Churchill Hospital, in una loro ricerca hanno scoperto che le donne che tendono ad accumulare grasso sul sedere e sulle cosce sono quelle dotate di più intelligenza e salute. Sembra che il responsabile di questa peculiarità sia un eccesso di grassi Omega 3, i quali aiutano ad accelerare lo sviluppo della mente. Non solo, gli scienziati inglesi avrebbero scoperto anche che le donne con il lato B più pronunciato oltre ad essere più intelligenti potrebbero anche partorire figli aventi la stessa caratteristica, i quali sarebbero, quindi, più furbi di bambini nati da donne magre. Gli omega 3, sono fondamentali per il corretto funzionamento del nostro organismo; sono degli acidi grassi polinsaturi, contenuti nel pesce e in particolar modo nel salmone, nella trota, nel pesce spada, nello sgombro e nelle acciughe, ed ancora nei legumi, nelle verdure a foglia larga (broccoli, cavoli, lattuga), noci e cereali (30 grammi di noci, forniscono 2 grammi di omega 3).(immagine presa dal web)

01/09/14

L’incredibile verità sul tempo | Di Robert Matthews.

Alcune teorie scientifiche sostengono che non esiste, ma una nuova ipotesi afferma che sia stato lui a creare l’Universo. E anche noi… 


Il tempo governa la nostra vita e tutti vorremmo averne di più. Oggi gli scienziati lo sanno misurare con precisione sbalorditiva. All'inizio di quest'anno, infatti, un gruppo di ricercatori statunitensi ha presentato un orologio atomico che non sgarrerebbe di oltre un secondo nel corso dei 14 miliardi di anni trascorsi dal Big Bang. Ma che cos'è esattamente il tempo?
L’incredibile verità sul tempo

Comprendere la natura del tempo è in assoluto il problema più importante con cui si confronta la scienza. Nonostante ci sia più che familiare, la sua ineffabilità ha messo in difficoltà i più grandi pensatori. Più di 1600 anni fa il filosofo Agostino di Ippona ammise la sconfitta esprimendosi in un modo in cui ci riconosciamo tuttora: "Quando nessuno me lo chiede, lo so; ma se qualcuno me lo chiede e voglio spiegarglielo, non lo so". Eppure, secondo il fisico teorico Lee Smolin, è arrivato il momento di risolvere questo antico enigma: "Comprendere la natura del tempo è in assoluto il problema più importante con cui si confronta la scienza".

Come cofondatore del Perimeter Institute for Theoretical Physics nell'Ontario, in Canada, specializzato nell'affrontare problemi riguardanti i fondamenti della fisica, Smolin ha trascorso più di chiunque altro a studiare questioni profonde. E quindi come mai ritiene che la natura del tempo sia così importante? "Perché", spiega Smolin, "è al centro dei tentativi atti alla comprensione della realtà in sé". A molti potrebbe sembrare una grande esagerazione: visto che la realtà in tutte le sue forme, dal Big Bang all'arrosto della domenica, dipende dal tempo, non è ovvio che esso vada preso sul serio? E gli scienziati non ne hanno svelato i misteri già da secoli?(science)


19/08/14

Urina per fare ricrescere i denti

Un giorno, i dentisti potrebbero essere in grado di far ricrescere denti sostitutivi utilizzando un materiale di partenza piuttosto originale: l'urina del paziente. 

Ricercatori cinesi hanno trasformato cellule di scarto espulse dalla vescica in staminali in grado di trasformarsi in strutture dentali. Questa tecnica potrebbe consentire di creare neo-denti ricavandoli dal materiale cellulare dei pazienti stessi.

Gli scienziati, diretti da Duanqing Pei, esperto di medicina rigenerativa presso l'Accademia Cinese delle Scienze, a Pechino, ha prelevato cellule da urina umana riconvertendole in staminali pluripotenti (cellule con il potenziale per evolvere in qualsiasi altra forma cellulare). Le staminali sono poi state miscelate con tessuto molare dentario ottenuto da embrioni di topo e quindi trapiantate nel tessuto renale di un diverso gruppo di topi. Dopo tre settimane, è stata osservata la crescita di microstrutture somiglianti a denti all'interno del tessuto renale delle cavie.

Particolarmente interessante è il fatto che si tratta di strutture affini a denti umani, comprendenti una parte centrale (polpa), uno strato tra la polpa e lo smalto (dentina) e un rivestimento esterno duro (smalto). I ricercatori sostengono che se nel processo di sviluppo venisse utilizzato tessuto dentale umano invece che di topo, la tecnica consentirebbe in teoria di produrre un germe dentario interamente umano, da trapiantare nell'osso mascellare del paziente. E vero, però, che la percentuale di successo dell'esperimento sfiora appena il 30 per cento e che i denti artificiali non erano comparabili a quelli umani in termini di durezza. "A oggi, gli studiosi sono riusciti a far crescere soltanto minuscoli denti in topi sperimentali", dice Anthony Hollander, Direttore della Facoltà di Medicina Cellulare e Molecolare dell'Università di Bristol.

"Per essere funzionali, i denti umani devono essere correttamente dimensionati e maturi". Per il momento, dunque, meglio fare una corretta igiene orale e proteggere la dentatura che già abbiamo in dotazione.(science)

03/08/14

Meccanismi olfattivi

Meccanismi olfattivi
Strano ma vero: la dinamica seguita per percepire e riconoscere gli odori non è ancora perfettamente nota. 

Nel 2004, gli scienziati Richard Axel e Linda Buck hanno vinto il premio Nobel per le loro scoperte in questo campo: hanno concluso che sono ben 1000 i geni impegnati a codificare per i recettori olfattivi nasali, quasi il 3 per cento del nostro patrimonio genetico totale. Ma non tutti concordano con la loro teoria del meccanismo chiave-serratura...

L'ipotesi accettata. Teorìa della forma
Questa teoria rappresenta ormai da 60 anni l'ortodossia di pensiero nel mondo del riconoscimento olfattivo. Secondo questa ipotesi, una parte di molecola olfattiva (la "chiave") combacia con un recettore localizzato nella parte superiore del nostro naso (la "serratura"). Questa interazione chimica viene poi convertita in segnale elettrico, che viaggia fino a raggiungere il bulbo olfattivo cerebrale. Diversi recettori, tutti corrispondenti allo stesso odore, inviano segnali a una sola localizzazione nel bulbo. Le informazioni provenienti da diverse aree sono poi ritrasmesse ad altre parti del cervello e combinate per formare un modello. I premi Nobel Richard Axel e Linda Buck sono stati i principali sostenitori della teoria della forma, e hanno scoperto come i recettori nasali comunicano con il cervello.

Una nuova ipotesi. Teoria della vibrazione molecolare
La teoria della forma sembra plausibile: molti elementi in biologia, compreso il nostro senso del gusto, si basano su un principio del tipo chiave-serratura. C'è però un problema: perché molecole di forma sostanzialmente identica, per esempio Cis-3-exene-1-ol (erba tagliata) e Cis-3-exene-1-thiol (uovo marcio) hanno odori diversi? I difetti della teoria della forma sono stati evidenziati dal carismatico ed eclettico scienziato Luca Turin: "Il meccanismo chiave-serratura non spiega tutta la casistica. Deve esserci qualcos'altro", ha detto. Tutte le molecole vibrano ad una frequenza estremamente specifica e Turin ritiene che ciò che rileviamo sia la vibrazione, e non la forma, molecolare. Sostiene di avere le prove che molecole con frequenze vibrazionali simili abbiano lo stesso odore.(science)


30/07/14

Metamateriali per l'invisibilità

DEVIARE LE ONDE LUMINOSE PER FAR SPARIRE GLI OGGETTI. 
Le incredibili proprietà dei metamateriali non derivano dalle numerose parti che li compongono, ma dai modi complessi in cui queste parti formano un tutto. 

È questa complicata architettura che conferisce loro proprietà che non si trovano in natura: i metamateriali sono strani per definizione. "Di solito chi si occupa di scienza dei materiali studia una sostanza, ne determina le proprietà e poi trova un modo per usarla. Ma i metamateriali funzionano all'inverso", spiega lo scienziato dei materiali Costas Soukoulis dell'lowa State University.

Uno dei principali obiettivi della scienza dei materiali è una copertura che renda invisibili, che avrebbe innumerevoli usi militari e civili. Per farne una sorta di "mantello", il metamateriale deve contenere nanostrutture che gli diano un indice di rifrazione negativo, che devierebbe in modo innaturale la luce e la farebbe passare completamente attorno a un oggetto. Se ci si riuscisse, l'oggetto, che fosse un aereo o anche un essere umano, sarebbe invisibile. Per quanto possa suonare incredibile, non è fantascienza. Gli scienziati hanno già mostrato dei prototipi.
Metamateriali  per l'invisibilità

Finora, però, hanno avuto più successo nel deviare le microonde che la luce visibile, e questa deviazione è stata ottenuta con grandi apparati in grado di far sparire solo oggetti con dimensioni specifiche. Nel novembre 2012, però, i ricercatori dell'Università Yonsei a Seul, in Corea del Sud, e della Duke University negli USA hanno annunciato di aver messo a punto una copertura di un metamateriale in grado di adattarsi alle variazioni nella forma dell'oggetto. Ciò detto, le variazioni non possono essere di più di 10 millimetri e funziona ancora solo per luce nella frequenza delle microonde.

Quindi per ora dai nostri cieli non spariranno gli aerei, ma presto potrebbe accadere...(science)

APPLICAZIONI
• Dispositivi di occultamento
• Computer ottici
• Schermature dall'infrarosso e dalle radiazioni cosmiche per veicoli spaziali
• Tecniche diagnostiche

27/07/14

Scienza grafica | Una diversa visione della ricerca

VISO PULITO BARBA DI POCHI GIORNI  DIVERSI GIORNI   FOLTA
Stavate pensando di radervi quella barbetta che vi tormenta da qualche giorno? Non fatelo. 

Perlomeno, se vi interessa l'opinione femminile: uno studio svolto da scienziati australiani ha stabilito che le donne intervistate giudicano una barba di 10 giorni più attraente di un viso completamente "pulito".

Ricercatori dell'Università di New South Wales, a Sydney, hanno mostrato a 350 soggetti femminili foto di uomini con diverse quantità di peluria facciale, chiedendo loro di attribuire punteggi suddivisi in quattro categorie: attrattiva, competenze parentali. salute e virilità. Gli uomini con una barba di 10 giorni sono risultati i più attraenti. Le conclusioni dello studio, pubblicate sulla rivista Evolution an Human Behaviour, sono state che "può esistere una certa soglia di densità e distribuzione oltre la quale la barba esercita un'attrattiva estetica".(science)



23/07/14

Il cervello compassionevole

Come percezioni, emozioni e conoscenza possono trasformare le nostre capacità intellettive Gerald Huther Castelvecchi, 16,50 euro (170pp, 2013) CAPITA CHE DI FRONTE a certe stoltezze umane si possa esclamare: "Sei proprio senza cervello!". 

In realtà, secondo le ultime ricerche scientifiche, si dovrebbe dire: "Non fai funzionare bene i tuoi circuiti neuronali!". Infatti, come scrive il neuroscienziato Gerald Huther: "Per decenni si è partiti dall'idea che i circuiti interni, formati durante lo sviluppo, fossero immutabili, ma ora si sa che il cervello è in grado, per tutta la vita, di modificare e riorganizzare i circuiti installati in precedenza, e che la loro genesi e la loro stabilizzazione dipendono in modo decisivo da come e perché noi usiamo il cervello".
Il cervello compassionevole

In buona sostanza, la nostra materia grigia è strutturalmente elastica e si plasma con l'esperienza. I nostri passatempi, il nostro lavoro, le nostre abitudini culturali, letterarie, cinematografiche, televisive, tutto, insomma, concorre a migliorare o peggiorare le nostre prestazioni. Ma come queste esperienze vengono ancorate nel cervello? Come si può modificare uno stato emozionale e sostituirlo o sovrapporne uno nuovo? Negli ultimi anni, questi interrogativi hanno prodotto un grande fermento tra gli scienziati. Il libro di Huther ci guida in un viaggio nei meccanismi segreti dell'organo degli organi, e ci spiega come e perché i nostri comportamenti possono influenzare in maniera tutt'altro che irrilevante le nostre capacità intellettive. Anche leggere quest'opera porterà il suo contributo.

Alla fine della lettura, intima Huther: "È probabile che niente rimanga come prima. Neanche il vostro cervello".(science)


15/04/14

Mal di testa | puntuale come un orologio svizzero: viene il lunedì mattina alle 10.

Sul Journal of Medical Internet Research è stata pubblicata una ricerca svolta da alcuni scienziati dell’Univeristà del Michigan su una patologia tra le più comuni al mondo: il mal di testa. I ricercatori, Raccogliendo ed esaminando 21.741 tweet di persone sofferenti di emicrania negli Stati Uniti e in Europa, hanno dimostrato che i risultati di questo studio sul social media sono sostanzialmente sovrapponibili a quelli ottenuti dalla ricerca scientifica tradizionale: il mal di testa arriva puntuale il lunedì mattina intorno alle 10. Poi ricompare la sera verso le 22. Durante il weekend, invece, è più facile che arrivi verso le 12. Infine, a farne le spese sono soprattutto le donne. L'emicrania, dunque, colpisce circa il 12% degli adulti nel mondo: ne soffre circa il 18% delle donne e il 6% negli uomini. La maggior parte, ovvero il 90%, denuncia di avere un dolore serio, il 75% di soffrire talmente da non riuscire a fare quasi nulla, il 30% di avere bisogno addirittura di riposarsi a letto. Inoltre, il mal di testa è soprattutto un problema femminile: il 74% dei tweet è inviato, infatti, da donne che in quel momento ne soffrono. Questa ricerca, dunque, dimostra ancora una volta che Twitter non è soltanto un mezzo per pubblicare notizie o condividere emozioni e punti di vista, ma è utile come termometro della salute dei suoi utenti ed è da tempo usato per misurare la felicità del mondo. Quello che la ricerca americana non dice è che proprio i social media possono essere una delle cause principali delle cefalee: è il cosiddetto mal di testa dei "sempre connessi". Secondo una recente indagine Doxa, un italiano su tre ritiene infatti che il mal di testa sia conseguenza dell’abuso di computer e smartphone. Ma attenzione: questa ricerca è da prendere con le pinze per due motivi: non è scientifica (non indaga il rapporto causa-effetto) e si basa solo sulle opinioni di un campione; e soprattutto è commissionata da una casa farmaceutica che produce farmaci contro... il mal di testa.

01/03/14

Elettricità | Sveglia per chi dorme in...coma?

Elettricità! Sveglia per chi dorme in...coma? La nuova idea scientifica riguarda dunque la stimolazione elettrica transcraniale diretta, cioè l’applicazione di una leggera corrente sul cranio attraverso una serie di elettrodi innestati sul cuoio capelluto.

Si tratta di una tecnica innovativa che ultimamente sta trovando sempre di più il suo impiego nel settore medico. La nuova tecnica dunque, ovvero sia la stimolazione elettrica transcraniale diretta è stata utilizzata con successo dai ricercatori della University of Oxford per aumentare le abilità matematiche di alcuni studenti, anche se in quella circostanza non si erano risparmiati certi detrattori, secondo cui gli introiti avuti da tale innovazione, avrebbero dato luogo ad un deficit importante in altri settori. Comunque sia, gli scienziati dell'Università di Liegi, coordinati da Steven Laureys, dichiarano oggi di aver raggiunto un obiettivo ancora più ambizioso: usare la tDSC per svegliare pazienti in stato minimamente cosciente o vegetativo!
tDSC
stimolazione elettrica transcraniale diretta

Attenzione! Per svegliare, specificano i ricercatori, s’intende semplicemente recuperare alcune funzioni di base che si credevano perdute per sempre. Ed inoltre per un tempo assai limitato: “Non voglio dare false speranze alle famiglie dei malati”, dice Laureys a NewScientist. “Le persone che abbiamo sottoposto a stimolazione elettrica transcraniale diretta non si sono alzate né hanno iniziato a camminare. La tecnica però mostra buone potenzialità per un lieve recupero, anche anni dopo il danno”.

L’équipe di Laureys ha lavorato con 55 pazienti che a causa di gravi danni cerebrali o mancanza di ossigeno al cervello, come dicevamo, erano in stato vegetativo (cioè in cui sono presenti le fasi di sonno e veglia e i riflessi, ma non c’è alcuna consapevolezza) o di minima coscienza (in cui si avverte il dolore e si provano alcune emozioni, ma si è impossibilitati a comunicare). Gli scienziati hanno posto degli elettrodi sulla corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra dei pazienti, l’area del cervello coinvolta nella memoria, nei processi decisionali e nella coscienza. Hanno quindi eseguito venti minuti di stimolazione su metà di loro e un trattamento placebo sull’altra metà.

“Durante e subito dopo le stimolazioni”, racconta ancora NewScientist, “13 persone in stato minimamente cosciente e 2 persone in stato vegetativo hanno mostrato segni di consapevolezza mai osservati prima. Nel gruppo trattato con placebo non si sono osservati gli stessi miglioramenti”. Alcuni pazienti erano addirittura in grado di rispondere a semplici domande muovendo la testa o gli occhi e stringendo le mani. I risultati completi dello studio non sono ancora disponibili, ma saranno presto pubblicati sulla rivista Neurology per un vaglio più approfondito.

Anche perché, ammettono gli scienziati, non è chiaro come funzioni esattamente il trattamento: l’ipotesi più probabile è che agisca su un’attività cerebrale precedentemente soppressa, innalzandola al di sopra di una certa soglia. L’effetto, purtroppo, è durato soltanto un paio d’ore, dopo le quali i pazienti sono scivolati di nuovo nello stato di incomunicabilità in cui si trovavano prima. Nessuno può dire con certezza cosa sia successo in quelle due ore: “I pazienti potrebbero aver provato la stessa sensazione che abbiamo quando dormiamo in un hotel e ci svegliamo all’improvviso senza sapere dove siamo”, spiega Laureys. Gli scienziati stanno ora lavorando per allargare il più possibile questa finestra temporale, magari aumentando la durata della stimolazione cerebrale che specificano, non ha alcun effetto collaterale.

Attenzione agli scontrini fiscali, sono dannosi per la salute.

La carta degli scontrini fiscali sembra sia dannosa per la salute umana. Secondo uno studio effettuato nel Centro Medico dell’Ospedale Pediatrico di Cincinnati, negli Stati Uniti, su 24 volontari, sembra che il composto della carta sia pericoloso per la salute dell’uomo. I volontari che hanno partecipato allo studio hanno tenuto in mano le ricevute stampate su carta termica ininterrottamente per 2 ore senza protezione. Ebbene dopo due ore nelle urine si è registrato un aumento di bisfenolo A (BPA) sostanza contenuta nella carta degli scontrini, rispetto a quando avevano indossato i guanti protettivi. E sembra accertato che l’esposizione umana a tale sostanza sia associata a vari problemi di salute, tra i quali alcuni problemi riproduttivi negli adulti e ritardi nello sviluppo neurologico nei bambini. Il bisfenolo A, è presente nel 94% degli scontrini che riceviamo. Gli unici che non contenevano BPA erano quelli giapponesi perché ne è stato sospeso l'utilizzo nel 2001. Secondo gli scienziati, riciclare questi scontrini è una fonte di contaminazione. Il resoconto, che potrebbe avere risvolti molto importanti per tutti coloro che quotidianamente hanno a che fare con ricevute in carta termica, è pubblicato su ACS’ journal Environmental Science & Technology. Nel modo vengono prodotti più di 3,6 miliardi di Kg. di BPA all'anno, ed i ricercatori lo ritengono una sostanza molto pericolosa per la salute. Il BPA è usato nelle bottiglie di plastica per l'acqua, nei rivestimenti di confezioni di cibo ed in molti altri prodotti. Inoltre è presente nella maggior parte degli altri prodotti di carta con le più alte concentrazioni in biglietti, giornali e volantini pubblicitari. Ma questi livelli erano minimi se comparati con quelli di scontrini e ricevute termiche che vengono ritenuti responsabili di più del 98% dell'esposizione del consumatore al BPA, da carta. Attenzione quindi a maneggiare questa carta.

26/02/14

Vecchio che di più non si può| Lo zircone il materiale più antico sulla Terra!

Vecchio che di più non si può. Lo zircone il materiale più antico sulla Terra! Tutto sommato, pare che lo Zircone possa proprio essere il materiale più antico che sia stato rinvenuto sulla Terra.

Gli scienziati della University of Madison-Wisconsin, infatti, hanno recentemente catalogato in un datario un piccolo frammento di zircone, venuto alla luce nel 2001 nelle Jack Hills, colline dell’Australia occidentale, scoprendo che il frammento di roccia ha circa 4 miliardi e mezzo di anni. Poco più vecchio del nostro pianeta stesso, che all’epoca ne aveva soltanto 160 milioni. Lo studio, pubblicato su Nature Geoscience, conferma la cosiddetta teoria della cool early Earth (Terra primordiale fredda), in base alla quale non tanto tempo dopo la solidificazione della crosta del pianeta le temperature erano già abbastanza basse per avere oceani liquidi e un’idrosfera.

Lo zircone, spiegano gli scienziati, è straordinariamente resistente a cambiamenti chimici e rappresenta quindi una vera e propria macchina del tempo che può aiutare a determinare la storia geologica e termica della Terra. L’analisi sul frammento è stata condotta usando una tecnica innovativa, detta tomografia a sonda atomica, combinata con la spettrometria di massa, che ha permesso di determinare la distribuzione degli atomi di piombo all’interno del microscopico campione, largo poco più di un millimetro. Anziché essere sparpagliati casualmente nel frammento, come previsto, gli atomi erano raggruppati insieme “come uvetta in un budino”, spiega John Valley, uno degli autori del lavoro.
Lo zircone: la materia più antica della Terra

Questi ammassi di atomi, secondo gli scienziati, si sarebbero formati un miliardo di anni dopo la cristallizzazione dello zircone (circa tre miliardi e mezzo di anni fa, dunque), in virtù del lento decadimento radioattivo di quest’ultimo: “Grazie a questa scoperta, possiamo leggere una nuova pagina del libro della storia termica del nostro pianeta”, dice ancora Valley. “La Terra si è assemblata a partire da materiali eterogenei del Sistema Solare.

Poi c’è stato un periodo di intenso bombardamento da meteore, compresa una collisione con un oggetto delle dimensioni di Marte circa 4 miliardi e mezzo di anni fa”. Secondo molti, fu quest’impatto a dare origine alla Luna. “I nostri campioni si sono formati dopo il raffreddamento del materiale fuso prodotto dalla collisione e ci consentono di datare esattamente questi eventi”. L’idrosfera terrestre, insomma, ha almeno 4 miliardi e mezzo di anni. Un’informazione indispensabile per capire anche quando sono apparse le prime forme di vita sul nostro pianeta.

12/02/14

Sono davvero protette le aree marine?

Sono davvero cosi protette le aree marine? Per la precisione le aree marine protette, meglio conosciute come marine protected areas, o Mpa, sono uno degli strumenti più importanti con cui si cerca di preservare la biodiversità degli ecosistemi marini, sempre più in pericolo per via della pesca esagerata e dell'inquinamento.

Pare che non tutti siano convinti dell'efficacia delle strategie che sono ad oggi adottate. In un articolo su Nature, un gruppo di ricerca internazionale, coordinato da Graham J. Edgar, dell'Università della Tasmania, lancia infatti l'appello, evidenziando che in parecchi casi le Mpa non sono adeguatamente cautelate per fare fronte al progressivo impoverimento dei nostri mari. Stando ai loro risultati, la chiave per proteggere efficacemente la biodiversità marina sarebbe non tanto nella quantità di aree protette istituite, quanto nelle loro caratteristiche.

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Aree marine ( Mpa )
In linea con la Convenzione sulla Diversità Biologica (o Cbd), trattato firmato nel 1992 da 193 paesi al fine di preservare la biodiversità del pianeta, negli ultimi due decenni il numero di aree marine protette è infatti aumentato velocemente in tutto il mondo. Le Mpa presentano però notevoli differenze riguardo a fattori come le quote di pesca permesse, le misure messe in campo per contrastare la pesca illegale, o la loro dimensione, parametri che secondo il team di Edgar possono influenzarne profondamente l'efficacia. Per questo gli scienziati hanno deciso di monitorare lo stato della biodiversità marina in 87 Mpa di tutto il mondo, verificandone l'efficacia in relazione a cinque caratteristiche chiave: quanto pesce si permette di pescare, il livello dei controlli da quanto tempo esiste l'area, la sua dimensione, e il suo livello di isolamento.

Dalla loro analisi è emerso che il 59% delle aree presentava caratteristiche soddisfacenti (divieto totale di pesca, molti controlli, ampie dimensioni, buon isolamento e lunga durata) in non più di uno o due dei cinque parametri presi in esame. Esaminando la biodiversità in questi siti i ricercatori hanno scoperto inoltre che risulta assolutamente indistinguibile da quella delle aree in cui la pesca è permessa. Nelle zone definite invece “efficaci” con almeno tre o quattro dei parametri in positivo, le analisi hanno dimostrato la presenza di una biodiversità praticamente doppia, una quantità di esemplari di pesci di taglia medio grande cinque volte maggiore, e un numero quattordici volte superiore di squali, tutti indicatori che dimostrano le strategie di ripopolamento e protezione della biodiversità stanno funzionando.

Utilizzando le aree efficaci come paragone i ricercatori hanno potuto stabilire inoltre che nelle aree di pesca e nelle Mpa non efficaci, la biomassa totale (il numero di creature marine presenti) è diminuita di circa due terzi rispetto ai periodi precedenti all'inizio della pesca intensiva. Secondo gli autori serve dunque un maggiore impegno internazionale per raggiungere gli standard di efficacia richiesti in tutte le Mpa esistenti. Se non si interverrà presto, l'incremento della pesca intensiva previsto per i prossimi anni rischia infatti di aumentare drammaticamente il numero di specie marine a rischio di estinzione.

28/01/14

E se fosse possibile riportare in vita i dinosauri?

Ho ancora "I quindici, i libri del come e del perchè", la mia prima enciclopedia di bambina. Ogni libro era dedicato ad un argomento specifico. Il mio libro preferito era il libro sugli animali, in cui vi era una parte dedicata ai dinosauri. Ne rimasi letteralmente affascinata, avrei voluto tornare indietro nel tempo per vederli dal vivo questi rettili giganti nel loro mondo preistorico:il Tirannosauro, il Triceratopo, il Dimetrodonte... E non possiamo dunque non ricordare alcuni film dedicati, che naturalmente non mi sono persa: Jurassik Park, in cui si traduceva in realtà  il sogno di un miliardario: riportare in vita i dinosauri.
T-Rex

Cosa pensereste se gli scienziati riuscissero davvero a riportarli in vita? Sembra che non sia poi così difficile,  ma come? Riportarli in vita sembrerebbe essere più facile di quanto si possa pensare perché bisognerebbe solo prendere il dna degli uccelli che sono i diretti discendenti dei dinosauri. Pare che nel dna degli uccelli  potrebbe essere presente anche quello di alcune antiche creature come i dinosauri appunto. Sarebbe un risultato incredibile e ci sarebbe da discutere sull'etica di questa ricerca.  Non so sinceramente cosa proverei a vedermi davanti un T-Rex. Pare che questa nuova scoperta abbia fatto molto scalpore in tutto il mondo, in verità riportare alla vita i dinosauri non sarà così semplice. Noi non possiamo far altro che aspettare ulteriori sviluppi.

25/01/14

Addio cesio | Bentrovato stronzio! Inizia una nuova era per gli orologi atomici.

Addio cesio: benvenuto stronzio! Calma, non è nessuna forma di ribellione o grido liberatorio dall'oppressione di alcun personaggio politico o istituzionale, nemmeno una rivincita verso il nostro "nemico secolare" ( per chi ce l'ha, ma sono certo che nessuno di voi ha nemici vero? ), è soltanto l'inizio di una nuova era per gli orologi atomici!

A quanto pare, da un'articolo pubblicato su Nature dai ricercatori del National Institute of Standard and Technology (Nist), possiamo dedurre che stiamo dinanzi alla nascita di una nuova era nel campo degli orologi atomici: gli scienziati hanno realizzato e messo a punto un dispositivo, a base di atomi di stronzio, che ha stabilito nuovi record mondiali in termini di accuratezza e stabilità.
Si tratta, in sostanza, dell'orologio più preciso che sia mai stato costruito, circa il 50% di precisione in più rispetto al suo predecessore che ne deteneva il record (anch'esso costruito nei laboratori del Nist): secondo l'opinione gli scienziati, non perde né guadagna un solo secondo nemmeno in 5 miliardi di anni – ammesso che potesse funzionare così a lungo, dato che si tratta di un periodo di tempo superiore all'età della Terra, stimata in 4,5 miliardi di anni.

Orologio atomico allo stronzio

Nel dispositivo, poche migliaia di atomi di stronzio sono incolonnati in circa cento trappole per formare una struttura reticolare, e vengono colpiti da luce laser estremamente stabile che innesca il passaggio degli elettroni da un livello energetico all'altro.

Ciascuna di queste oscillazioni elettroniche430 bilioni al secondo – rappresenta un ticchettìo dell'orologio. Per verificare le prestazioni del dispositivo, l'équipe lo ha confrontato con due versioni precedenti, una costruita nel 2005 e l'altra l'anno scorso, scoprendo che il nuovo orologio è addirittura più stabile e preciso di quanto ci si aspettava. E non è che l'inizio, come spiega Jun Ye, a capo del gruppo di ricerca: “Il lavoro che abbiamo pubblicato è una specie di rapporto di medio termine.

Ci aspettiamo nuove scoperte importanti nel giro di cinque o dieci anni”. L'attuale definizione internazionale di unità di tempo si basa sui vecchi orologi al cesio, una tecnologia degli anni novanta. Ma i progressi scientifici, spiegano gli autori della ricerca attuale, permetteranno di migliorare ulteriormente gli standard, usando dispositivi allo stronzio per definire precisamente gli intervalli temporali. È tempo di cambiare, insomma.

23/01/14

Ma basterà una semplice pillola per aumentare il nostro apprendimento?

Ma bastera mai una semplice pillola per aumentare il nostro apprendimento? Le ricerche fatte da medici e psicologi alla British Columbia da un team internazionale dicono di sì.

Il tutto pare almeno in parte trovare fondamento per quel che riguarda il cosiddetto orecchio assoluto, ovvero la capacità di identificare note musicali senza ascoltare nessun suono di riferimento. I ricercatori, infatti, hanno dimostrato che la somministrazione di un farmaco, l'acido valproico, pare sia in grado di riaprire il periodo critico di apprendimento, cioè quel periodo in cui si è in grado di acquisire l'abilità di riconoscere le note. Basandosi sui risultati ottenuti in studi condotti a partire dalla fine degli anni '60 si è rafforzata l'idea che l'orecchio assoluto non sia innato, ma piuttosto che a giocare un ruolo fondamentale sia l'educazione musicale compiuta in età precoce: fra i 4 e i 6 anni, infatti, gli esseri umani sono particolarmente predisposti all'acquisizione di questa capacità.
Pillola per apprendimento

È un'età caratterizzata da una spiccata plasticità sinaptica, cioè da una grande capacità di modificare le connessioni neuronali – le cosiddette sinapsi –, eliminandone alcune e instaurandone di nuove. Finora, tuttavia, si credeva che non fosse possibile acquisire l'orecchio assoluto una volta superato questo periodo critico. Gli scienziati, come si legge su Frontiers in Systems Neuroscience, sono invece riusciti a mostrare che un farmaco può indurre l'abilità di distinguere le note anche in soggetti più in avanti con gli anni. Nel loro esperimento, i ricercatori hanno somministrato gradualmente dell'acido valproico ad alcuni volontari e poi hanno fatto loro ascoltare dodici toni musicali.

Successivamente, i soggetti hanno effettuato degli esercizi di "allenamento" e infine un test di riconoscimento delle note, in cui hanno conseguito risultati migliori rispetto al gruppo di controllo che aveva assunto un placebo. Sebbene non sia ancora disponibile una descrizione dettagliata del meccanismo fisiologico alla base dell'effetto, secondo gli scienziati sarebbe dovuto all'azione di un enzima dell'acido valproico, l'istone deacetilasi, che già in precedenti esperimenti aveva mostrato benefici nei topi affetti da ambliopia, un disturbo della vista.

La possibilità di agire farmacologicamente sulla plasticità sinaptica e migliorare così le risposte percettive e cognitive tramite l'allenamento, secondo gli scienziati, potrà trovare applicazioni nel trattamento delle malattie neuro-degenerative. E forse, in un prossimo futuro, con la combinazione giusta di farmaci e apprendimento potremo, come Eddie Morra in The Dark Fields, imparare nuove lingue in un lampo, trovare ispirazione per la scrittura, diventare geni della finanza.

17/01/14

Rivoluzione nell'illuminazione: la pianta che si illumina al buio si chiama Starlight Avatar

Finalmente l'impegno degli scienziati ha prodotto qualcosa di utile e totalmente naturale, senza uso di sostanze chimiche solo con la modificazione genetica. Si tratta di un metodo alternativo per illuminare stanze e in futuro anche giardini, evitando l'uso di elettricità, evitando sprechi e permettendoci di essere buoni con la nostra benevola Terra.
La pianta che si illumina si chiama Starlight Avatar e brilla nel buio, grazie ad un progetto di Bioglow, che si basa sulla sinergia tra mondo vegetale e batteri marini. La piccola pianta è stata progettata per produrre luce senza ricorrere a lampadine.  In verità è la tecnica utilizzata per ottenere un risultato tanto sorprendente, lascia stupefatti.
Nicotania alata

Le piante auto-illuminanti non richiedono raggi UV o additivi chimici per emettere luce, ma sono frutto di modificazioni genetiche effettuate in laboratorio. L'esperimento riuscito si è svolto a partire da una pianta ornamentale, la Nicotania alata. All'interno del suo genoma sono stati introdotti degli elementi provenienti da batteri marini, che la rendono in grado di illuminarsi. L'illuminazione automatica di una pianta esposta al buio non rappresenta di certo un fenomeno naturale. Al momento, la pianta geneticamente modificata produce una luce di colore verde-azzurro. Può essere utilizzata a scopo decorativo, ma non dà vita all'illuminazione che sarebbe necessaria, ad esempio, per leggere. Non è dunque possibile paragonarla ad una comune lampada. Bioglow spera comunque di migliorare le proprie tecniche e di rafforzare la capacità delle piante di emettere luce. L'obiettivo consiste nell'utilizzare sempre di più le piante, in un futuro non troppo lontano, per l'illuminazione notturna e come luci decorative, così da ridurre le emissioni dovute al ricorso all'energia elettrica. Le stesse piante, infine, secondo Bioglow, potrebbero essere trasformate in sensori naturali per rilevare i livelli di inquinamento.

03/01/14

“Hei Glass dimmi se sono stanco oppure no”!

Hei, Glass, dimmi se sono pronto per riprendere a lavorare oppure no”!
Potrebbe essere questo il modus operandi con cui potremo interpellare in futuro gli  occhiali di Google, se il lavoro dell’équipe di Don Afergan, della Tufts University di Medford, Massachusetts, dovesse concludersi positivamente. Infatti gli scienziati hanno creato un dispositivo che utilizzando la luce potrà essere in grado di  misurare il livello di concentrazione di chi lo sta indossando, giudicando se è sufficientemente attento per continuare con il proprio lavoro oppure se è il caso che si prenda una piccola pausa relax.
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Glass: occhiali di Google
Come racconta il NewScientist, il sistema invia degli impulsi di luce, 12 al secondo per la precisione, alla corteccia prefrontale, misurando i fotoni riflessi dall’emoglobina ossigenata e deossigenata presente nel sangue. Attività cerebrali più complessi, infatti, fanno in modo che arrivi più sangue ossigenato al cervello, variando di fatto l’assorbimento e la riflessione della luce. Un software messo a punto dagli scienziati, a questo punto, interpreterà i segnali e farà in modo di riferire al soggetto, in tempo reale, qual è il suo livello di concentrazione. La tecnica prende il nome di spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso (fNirs).

Il sistema, che nella versione prototipale è abbastanza ingombrante, si tratta per ora di un insieme di fibre ottiche connesse a una matrice di led posti sulla fronte del soggetto da monitorare e un aggeggio che converte gli impulsi luminosi in segnali elettrici, non è destinato a poltrire in laboratorio ancora per molto tempo, assicurano i suoi creatori. Afergan e colleghi, infatti, stanno cercando di integrare il loro dispositivo all’interno degli occhiali di Google: “Sono perfetti”, racconta lo scienziato. “Non c’è bisogno di molta fantasia per immaginare di incorporare un chip fNirs nelle stanghette degli occhiali”. L’applicazione più intrigante sembra essere un sistema di navigazione per le automobili in grado di adattarsi al livello di attenzione del guidatore.

Quando questi è massimamente concentrato, il sistema gli mostra solo le informazioni base tramite avvisi sonori; nei momenti di distrazione, il dispositivo potrebbe intervenire per svegliarlo e fornirgli più istruzioni.
L’équipe ha in mente anche di adattare Google Now, l’assistente digitale messo a punto da Big G, in modo tale che invii notifiche all’utente solo quando la sua mente è abbastanza sgombra.



27/12/13

Commozioni cerebrali: che ruolo svolge l’Alzheimer?

Commozioni cerebrali, traumi cranici e rischio malattie degenerative, come l'Alzheimer. Già da qualche tempo nei “salotti” competenti si parla di questo probabile legame, infatti nel settembre scorso correva la notizia che i giocatori professionisti di football fossero esposti al rischio di sviluppare malattie neurodegenerative come Alzheimer e Sla fino a 3/4 volte in più rispetto a quello presente nella popolazione in generale.
Tra le tante ipotesi proposte dagli studiosi per dare una spiegazione a tutto ciò, ne spicca una in particolare non confermata, che all'origine di quanto detto sopra, potesse esserci una maggior frequenza nei giocatori di football di commozioni cerebrali. Oggi uno studio pubblicato su Neurology aggiunge nuovi dettagli sul possibile legame tra danni cerebrali e malattie neurodegenerative.

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Scansioni cerebrali
Per la loro ricerca gli scienziati guidati da Michelle Mielke del Mayo Clinic di Rochester hanno analizzato le scansioni cerebrali di quasi 600 persone, 141 dei quali con problemi di memoria e difficoltà cognitive (una condizione generalmente definita di deterioramento cognitivo lieve), registrando anche quanti di loro avevano avuto dei danni cerebrali con perdita di coscienza o memoria.

Analizzando i risultati, gli scienziati hanno trovato più placche amiloidi solo nel gruppo di persone con problemi cognitivi. In particolare quelli con problemi di memoria e che avevano riferito storie di trauma cranici passati avevano circa il 18% in più di placche amiloidi di quelli che non avevano avuto traumi. Dati che se da una parte "aggiungono valore all'idea che la commozione cerebrale e l'Alzheimer possano essere correlate", ha commentato Mielke, dall'altro non chiariscono che tipo di legame ci sia, come precisa la ricercatrice: "Il fatto che non abbiamo trovato un legame in quelli senza problemi cognitivi o di memoria suggerisce che qualsiasi associazione tra trauma cranico e placche amiloidi è complessa."
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