Il-Trafiletto
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15/10/14

Nuova fonte di raggi gamma nell'universo

Una nuova fonte di raggi gamma nell'universo, questa è la nuova scoperta di un team di scienziati pubblicata sulla rivista Science.  Sembra dunque che anche le brevi eruzioni stellari possano produrre questi fenomeni che sono tra più violenti che si conoscano. I raggi gamma sono una radiazione fortemente energetica che nel caso qui descritto sono stati scoperti durante l'osservazione di quattro novae, cioè brevi eruzioni stellari, compiute dal 2010 al 2013 con telescopio spaziale Fermi della Nasa-Esa per raggi gamma.

Raggi gamma
immagine presa dal web

Alla scoperta,  ha collaborato anche Steven Shore, professore di astrofisica dell'Università di Pisa che ha spiegato: "Prima delle osservazioni con il telescopio spaziale Fermi,  nessuno sospettava che queste esplosioni, per altro abbastanza comuni nell'Universo, fossero in grado di produrre raggi gamma di solito associati a ben più potenti esplosioni cosmiche". Il primo rilevamento, denominato V407 Cygni, del telescopio spaziale Fermi è avvenuto nel marzo 2010. L'esplosione proveniva da un raro tipo di sistema stellare in cui una "nana bianca", cioè è una stella di piccole dimensioni, con una bassissima luminosità, interagiva con una "gigante rossa", ovvero una stella grande e fredda.

 Nel 2012 e nel 2013, il telescopio spaziale ha rilevato altre tre novae classiche, che si verificano in situazioni più comuni in cui una nana bianca interagisce con una stella simile al Sole. "Inizialmente abbiamo pensato che V407 Cygni fosse un caso speciale",  ha aggiunto Steven Shore, "perché l'atmosfera di una gigante rossa si disperde nello spazio producendo un ambiente gassoso che interagisce con l'onda d'urto dell'esplosione della nana bianca. Ma questo non può spiegare le altre rilevazioni dove non erano presenti giganti rosse".

L'ipotesi degli scienziati per l'emissione di raggi gamma è che l'esplosione di una nova crei vari tipi di onde d'urto che si espandono nello spazio a velocità leggermente diverse. Le scosse più veloci potrebbero interagire con quelle lente, accelerando le particelle portandole a velocità prossime a quelle della luce: queste particelle, in ultima analisi, produrrebbero i raggi gamma. Insieme a Steven Shore dell'Università di Pisa hanno partecipato allo studio anche C-C. Cheung (Naval Research Labs, Washington), Pierre Jean (Institut de Recherche en Astrophysique et Planétologie, Toulouse France) e ricercatori della sezione pisana dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Pisa.

09/09/14

Una storia in divenire

La caccia ai pianeti ha riservato molte sorprese e ha spesso portato a conclusioni erronee sulla formazione dei mondi. 


Ecco tre scoperte che hanno cambiato il nostro modo di pensare ai pianeti.

Giove caldi 
I primi pianeti extrasolari scoperti si rivelarono molto diversi da quelli del nostro Sistema Solare. Erano grandi almeno come Giove e distavano dalla loro stella appena pochi milioni di chilometri. Era cosi in tutta la galassia? No di certo; anzi, i "Giove caldi" sono piuttosto rari, ma dato che producono i maggiori e più rapidi spostamenti nella rispettiva stella, spiccano nelle osservazioni astronomiche. Si ritiene che in realtà essi siano molti meno delle loro controparti rocciose.

Metalli pesanti 
Una decina d'anni fa sembrava che le stelle con una percentuale relativamente elevata di "metalli" (termine che in astronomia indica gli elementi più pesanti dell'idrogeno e dell'elio) nei loro strati esterni avessero una probabilità maggiore di essere circondate da pianeti. Ovviamente una stella ricca di metalli deve essere accompagnata da un disco ricco di metalli, pieno di materiale di costruzione per pianeti, no? In realtà ciò è vero solo per le stelle che ospitano "Giove caldi". Ora gli astronomi sanno che possono esistere pianeti attorno a stelle con quantità molto disparate di metalli.

Sistemi solari 
Finora non è stato scoperto nessun sistema esoplanetario particolarmente somigliante al nostro Sistema Solare. Ma ciò non vuol affatto dire che siamo unic nell'Universo. Il fatto è che i sistemi con pianeti piccoli nelle regioni interne ed enon in quelle più lontane sono eccezionalmente difficili da rilevare con gli strumenti e le tecniche disponibili oggi. Potrebbero però essercene a milioni, in attesa di esser scoperti con gli apparecchi e i telescopi spaziali del futuro.(science)


02/09/14

Il tempo | Scritto tra le stelle

Una supernova esplodendo
può dare luogo alla creazione
di buchi neri
L'Universo è efficiente nella produzione di buchi neri, che potrebbero generare nuovi universi.
Quando le stelle giganti esauriscono il loro combustibile nucleare, collassano sotto la loro stessa gravità, scatenando l'esplosione di una supernova. 


Se la massa rimanente è relativamente scarsa, si trasforma in una cosiddetta stella di neutroni. Ma se è sufficientemente pesante, nulla può impedire alla gravità di trasformare ciò che rimane in un buco nero, un oggetto infinitamente denso. Il fisico teorico statunitense Lee Smolin ritiene che i buchi neri generino nuovi universi e che molti di questi "figli" - tra cui il nostro Universo - siano particolarmente adatti alla creazione di ulteriori buchi neri.

Secondo le attuali teorie sulla formazione dei buchi neri, ciò significherebbe che al nostro Universo dovrebbero bastare resti di supernova di appena il doppio della massa del nostro Sole per formare buchi neri. Possiamo quindi formulare una previsione: se si trovano resti con una massa maggiore di questa che ciò nonostante formano una stella di neutroni e non un buco nero, sarà dimostrazione del fatto che il nostro Universo non è ottimizzato pa¬la creazione di buchi neri, confutando così la teoria di Smolin. Gli astronomi non hanno mai scoperto una stella di neutroni che violi il limite di Smolin... finora, almeno.
L'equazione di Wheeler-DeWitt
che uccide il tempo.
 

L'equazione di Wheeler-DeWitt che uccide il tempo. 

1 Secondo la teoria quantistica, il comportamento di qualsiasi cosa, da una particella subatomica all'intero Universo, si può estrarre dalla conoscenza della funzione d'onda Psi. E per conoscerla occorre risolvere l'equazione dì Wheeler-DeWitt.

2 Il fattore di scala cosmico cioè, grosso modo, il raggio dell'Universo. Curiosamente, malgrado si sappia che l'Universo si espande, e quindi il fattore di scala deve crescere nel corso del tempo, l'equazione non menziona da nessuna parte il tempo stesso.

3 Un fattore che ha a che fare con la cosiddetta scala di Planck, circa 100 miliardi di miliardi di volte più piccola di un protone. A questa scala persino le "maglie" che formano il tessuto dello Spazio sarebbero identificabili.

4 II campo scalare, un misterioso "campo di forze" che si ritiene esistesse all'inizio dell'Universo. Le sue origini sono ignote, ma si pensa che abbia svolto un ruolo fondamentale durante il Big Bang.

5 Il potenziale scalare, che dà una misura dell'entità del campo scalare, e quindi della sua capacità di far espandere l'Universo. Mentre un tempo si pensava che dop il Big Bang fosse calato fino a zero, forse ha tuttoi un effetto sul Cosmo.(science)


01/09/14

Fisica senza tempo | Il tempo non esiste.

Il tempo non esiste

Preparatevi a un duro colpo. Gli scienziati si sono effettivamente confrontati con il mistero del tempo, ma hanno raggiunto una conclusione stupefacente: secondo loro, le teorie fisiche più valide dimostrano che il tempo non esiste. 


Ma adesso Smolin ha qualcosa da dire a questi scienziati: ritiene che ciò che li ha spinti ad accantonare la realtà del tempo sia un misto di opinioni radicate e di matematica esoterica. E nel suo nuovo e discusso libro Time Reborn descrive i rischi di persistere in questa follia e le speranze date dall'accettazione della fondamentale importanza del tempo. Se ha ragione, significa che il tempo non solo non è irrilevante, ma è invece di cruciale importanza per spiegare come funziona l'Universo ed è persino responsabile della nostra stessa esistenza.

Smolin non si fa illusioni su quello a cui va incontro. "Le argomentazioni scientifiche a favore del fatto che il tempo sia un'illusione sono formidabili", spiega. "Il cuore di queste argomentazioni contro il tempo si basa sul concetto di che cos'è una legge fisica". Ciò che pensa non è che queste leggi siano sbagliate, ma solo che gli scienziati non ne comprendono la vera natura. "Secondo l'opinione prevalente, tutto ciò che accade nell'Universo è determinato da leggi. Esse sono assolute e non cambiano con il tempo". E questa proprietà che rende le leggi così preziose per prevedere il futuro: inseriamo oggi la posizione della Terra nella legge di gravitazione universale ed essa ci darà un'indicazione piuttosto precisa della sua posizione tra un milione di anni.

Sembra che le leggi rivelino anche la vera natura del tempo: "Fanno pensare che il flusso del tempo sia solo una comoda illusione che si può sostituire con i calcoli", secondo Smolin. In altre parole, il tempo è solo un trucco per far sì che le equazioni diano le risposte corrette. Incoraggiati dalla potenza apparentemente oa illimitata delle leggi e del concetto di tempo, u i fisici hanno cercato di capire le proprietà g di ogni cosa, compreso l'Universo nel suo complesso, in tutta la sua infinita maestà. Ma più e più volte, provandoci, sono incorsi  in qualche problema.

Più di 300 anni fa Isaac Newton cercò di applicare la sua legge della gravitazione universale all'intero Universo, con l'unico  risultato di vederla sfasciarsi cercando di affrontare l'estensione infinita dello Spazio. Un secolo fa Albert Einstein applicò la propria teoria della gravità, la ben più potente Relatività Generale, al Cosmo, ma anch'essa smetteva di funzionare quando si trattava di spiegare il Big Bang.(science)


L’incredibile verità sul tempo | Di Robert Matthews.

Alcune teorie scientifiche sostengono che non esiste, ma una nuova ipotesi afferma che sia stato lui a creare l’Universo. E anche noi… 


Il tempo governa la nostra vita e tutti vorremmo averne di più. Oggi gli scienziati lo sanno misurare con precisione sbalorditiva. All'inizio di quest'anno, infatti, un gruppo di ricercatori statunitensi ha presentato un orologio atomico che non sgarrerebbe di oltre un secondo nel corso dei 14 miliardi di anni trascorsi dal Big Bang. Ma che cos'è esattamente il tempo?
L’incredibile verità sul tempo

Comprendere la natura del tempo è in assoluto il problema più importante con cui si confronta la scienza. Nonostante ci sia più che familiare, la sua ineffabilità ha messo in difficoltà i più grandi pensatori. Più di 1600 anni fa il filosofo Agostino di Ippona ammise la sconfitta esprimendosi in un modo in cui ci riconosciamo tuttora: "Quando nessuno me lo chiede, lo so; ma se qualcuno me lo chiede e voglio spiegarglielo, non lo so". Eppure, secondo il fisico teorico Lee Smolin, è arrivato il momento di risolvere questo antico enigma: "Comprendere la natura del tempo è in assoluto il problema più importante con cui si confronta la scienza".

Come cofondatore del Perimeter Institute for Theoretical Physics nell'Ontario, in Canada, specializzato nell'affrontare problemi riguardanti i fondamenti della fisica, Smolin ha trascorso più di chiunque altro a studiare questioni profonde. E quindi come mai ritiene che la natura del tempo sia così importante? "Perché", spiega Smolin, "è al centro dei tentativi atti alla comprensione della realtà in sé". A molti potrebbe sembrare una grande esagerazione: visto che la realtà in tutte le sue forme, dal Big Bang all'arrosto della domenica, dipende dal tempo, non è ovvio che esso vada preso sul serio? E gli scienziati non ne hanno svelato i misteri già da secoli?(science)


31/08/14

Big Bang | Sicuro che sia stato solo uno? | Crisi finanziarie | Possibile prevederle?

Big Bang: sicuro che sia stato solo uno?
È possibile che ci sia stato più di un Big Bang? 
Si ritiene spesso, erroneamente, che il tempo stesso sia cominciato con il Big Bang. In realtà non c'è un motivo fisico per pensarlo; alcuni scienziati hanno così postulato che l'Universo possa essere infinitamente grande e infinitamente vecchio. Secondo una teoria la materia e l'energia si reintegrano continuamente in un ciclo di infiniti Big Bang. Anche se queste teorie danno spunti entusiasmanti per alcuni dei problemi della cosmologia moderna, dimostrarle con le osservazioni è difficilissimo, se non impossibile.

Si possono prevedere le crisi finanziarie? 
Le crisi finanziarie avvengono quando gli investitori decidono improvvisamente che i prezzi sono troppo lontani dal vero valore di un bene. Nel corso dei secoli ci sono state crisi in tutti gli ambiti, dal mercato azionario al prezzo dei tulipani. Considerando che persino Isaac Newton perse una fortuna non prevedendo una crisi del mercato nel 1720. è chiaro che anticiparle è tutt'altro che semplice. Eppure un gruppo di ricerca diretto da Didier Somette del Politecnico federale di Zurigo afferma di aver trovato un segno rivelatore. Si tratterebbe di cercare uno schema a onde nel prezzo crescente del bene, con i picchi sempre più ravvicinati secondo una certa legge. Sornette e i suoi collaboratori hanno usato questa periodicità cosiddetta log-normale per prevedere alcune famose crisi, tra cui la crisi finanziaria globale del 2008.(science)


27/08/14

L'Universo | A che velocità si espande?

A che velocità
si espande l'Universo?

Nelle spiegazioni sull'espansione dell'Universo spesso si ricorre a un'analogia con un palloncino che si sta gonfiando, sulla cui superficie sono attaccate delle monetine per rappresentare ammassi di galassie tenuti insieme dalla gravità. 


Anche se questo fa capire che è lo spazio tra i grumi di materia a espandersi, non cattura il modo peculiare in cui si svolge questa espansione. Il Cosmo si espande "isotropicamente", mantenendo lo stesso aspetto in tutte le direzioni. Quindi, sulle scale più ampie, ogni punto si allontana da ogni altro secondo una legge semplice che afferma che la velocità relativa tra due punti è proporzionale alla loro distanza. Il rapporto è dato dalla costante di Hubble, che è stata determinata osservando la velocità delle galassie che si allontanano da noi, in funzione della loro distanza.

Il risultato mostra che su larga scala ogni punto dell'Universo si allontana da ogni altro punto alla velocità di 1 km/h per ogni 13 anni luce di distanza.(science)


29/07/14

La nemesi della materia oscura

Rilevatore di WIMP
Situato nelle viscere della Terra, a circa 1,5 chilometri di profondità sotto il Gran Sasso, in Abruzzo, questo strumento potrebbe finalmente smascherare la materia oscura, sfuggente sostanza che si ritiene costituisca 85% della massa dell'Universo.

Dopo la sua attivazione, avvenuta alla fine del 2013, un rilevatore posto all'interno di questa camera è stato dedicato alla ricerca delle WIMP (Weakly Interacting Massive Particles, particelle massive debolmente interagenti), che secondo i fisici potrebbero costituire la materia oscura. Il rilevatore DarkSide-50 è stato collocato al centro di questa sfera metallica e riempito di argon liquido.

Gli scienziati sperano in una collisione tra una WIMP e un atomo di argon, evidenziata da un'emissione luminosa. Anche un'altra particella subatomica, però, il neutrone, attraversando il rilevatore produrrebbe lampi di luce analoghi. Per questo motivo, la camera esterna sarà riempita di un'altro liquido particolarmente sensibile ai neutroni, drogato con molecole di boro che scintilleranno se colpite. Queste scintillazioni saranno rilevate da fotomoltiplicatori inseriti nella parete della camera. Se si verificherà un'emissione di luce all'interno del rilevatore e non nel boro circostante, la causa sarà con tutta probabilità una WIMP.

"Per capire come si è evoluto l'Universo, o come evolverà in futuro, dobbiamo sapere di che cosa è fatto", dice Chamkaur Ghag, fisico dell'University College di Londra che collabora all'esperimento.(science)

30/04/14

Il più grande nell'Universo | "Hercules-Corona Borealis Great Wall" il più grande oggetto nell'Universo!

"Hercules-Corona Borealis Great Wall".
La struttura più grande mai rinvenuta nell'Universo è un filamento galattico chiamato "Hercules-Corona Borealis Great Wall".

Si tratta di un vasto gruppo di galassie, legate insieme dalla gravità, e dista all'incirca 10 miliardi di anni luce.
Questo filamento galattico, fu scoperto qualche mese fa, per la precisione nel novembre del 2013, si tratta, come detto, di un'ammasso di galassie ed è largo circa 10 miliardi di anni luce, molto più del doppio del precedente detentore del record di oggetto più grande dell'Universo.

Nella realtà, questo oggetto, "Hercules-Corona Borealis Great Wall", è talmente grande che induce quasi ad una "noia" dal punto di vista scentifico per gli astronomi, infatti la cosmologia moderna ha come fondamento il pricipio che la materia debba apparire in maniera uniforme e ben distribuita, se vista ad una scala alquanto vasta. Gli astronomi per l'appunto, non sono concordi su quanto per l'esattezza dovrebbe essere grande questa scala, ma è di certo di gran lunga più piccola delle dimensioni del "Hercules-Corona Borealis Great Wall". L'immensa distanza, crea anche la condizione che questo oggetto potesse esistere soltanto 4 miliardi di anni dopo il Big-Bang.

05/04/14

Scoperti neutrini altamente energetici proveniential di fuori del nostro Sistema Solare.

Sono stati scoperti 28 neutrini altamente energetici provenienti al di fuori del nostro Sistema Solare!
IceCube, il gigantesco osservatorio di neutrini situato presso la stazione Amundsen-Scott, al Polo Sud, dove la temperatura può arrivare a 80° gradi sotto lo zero, a rinvento la presenza di neutrini altamente energetici.

La scoperta risale allo scorso novembre ed è stata effettuata dal team di scienziati che lavora nella sudetta stazione. "Per la prima volta, abbiamo le prove della presenza di neutrini altamente energetici provenienti dall'esterno del nostro Sistema Solare", ha affermato Olga Botner di IceCube.
"Studiandoli, potremo finalmente vedere l'Universo sotto una 'luce' diversa".
IceCube osservatorio di neutrini

IceCube, visto dall'esterno, ha un aspetto alquanto dimesso, ma sotto la su superficie ghiacciata a 2,4 km di profondità, si nascondono sofisticatissimi apparecchiature elettroniche del valore di oltre 200 milioni di euro.

04/04/14

La tavola periodica sopravviverà alla nostra stessa specie | Buon compleanno Dmitri Mendeleev!

La tavola periodica sopravviverà alla nostra stessa specie! Avremmo potuto brindare per commemorare il 180° compleanno di Dmitri Mendeleev lo scorso 8 febbraio, il grande chimico ed inventore russo nato nel 1834.

Durante gli anni ’60 dell’ottocento, egli stesso formulò la prima tavola periodica degli elementi che da allora adorna le pareti delle aule di chimica nelle scuole di tutto il mondo. Mendeleev fu autore di un’impresa a dir poco straordinaria, ovvero sia mettere ordine in un ambito naturale ancora relativamente inesplorato, ambito la cui evoluzione accompagna, inevitabilmente, quella del Cosmo stesso. Un elemento è una sostanza che non può essere scomposta chimicamente in altre sostanze più semplici. Tutti gli atomi di un certo elemento hanno lo stesso numero di protoni all’interno del nucleo, il cosidetto “numero atomico” e la tavola periodica è fondamentalmente un elenco degli elementi ordinati per numero atomico.
Dmitri Mendeleev

Ad esempio, tutti gli elementi di una stessa colonna, detta gruppo sono, accomunati dalla stessa configurazione elettronica esterna che conferisce loro proprietà chimiche uguali. Gli elementi del “Gruppo I” che includono sodio, potassio e litio, sono tutti metalli altamente reattivi. La tavola periodica dunque con la sua struttura estremamente semplice, ci apre una finestra sui meccanismi naturali più occulti.

Alcuni elementi come il rame, il piombo e l’oro sono noti sin dalla Preistoria. Il fosforo è stato il primo elemento scoperto con le tecniche della chimica moderna nel 1669. L’idrogeno, il più semplice e abbondante tra gli elementi, è stato isolato chimicamente da Cavendish nel 1766. Vale la pena ricordare un fatto straordinario a questo punto: soltanto tre elementi nacquero con il Bing Bang, l’idrogeno, l’elio e il litio in tracce. Non esisteva ancora il carbonio, ne l’ossigeno.

La nostra Galassia, gigantesca fucina di stelle, arricchisce costantemente gli spazi interstellari di nuclei pesanti, determinando una variazione costante del nostro Universo. Il processo forse si concluderà tra 100 trilioni di anni, con l’esaurimento di tutto l’idrogeno del Bing Bang e la risultante impossibilità di far nascere nuovi corpi siderali. A quel punto la materia sarà formata da una successione di elementi esotici, irriconoscibili rispetto alla terna idrogeno-elio-litio che era emersa dal Bing Bang.

Nonostante ciò, anche quegli elementi di un lontanissimo futuro troveranno uno spazio logico nella tavola disegnata per la prima volta da un chimico di umili origini, nato in un giorno d’inverno nella Russia del XIX secolo. Buon compleanno Dmitri!

30/03/14

E se fosse possibile viaggiare nel tempo?

Nel nostro universo c’è un limite invalicabile per il viaggio nel passato, chiamato causalità. Se vogliamo tornare indietro nel tempo, dobbiamo trovare un modo per impedire di violare la causalità

A chi di noi non piacerebbe fare un viaggetto nel tempo? Io fantasticavo su questo concetto quando ero una vispa bimbetta, sognando di poter passeggiare nel tempo, soprattutto nel passato, per incontrare alcuni personaggi di mio interesse (Alessandro Magno, Giulio Cesare, Tutankhamon...). Crescendo poi, il concetto di viaggio nel tempo è andato oltre la curiosità storica: si è concentrato sulla possibilità di poter tornare indietro nel tempo per evitare qualche errore o cambiare il corso della vita. Ma tutto questo sarebbe davvero possibile? Possiamo inviare messaggi temporali?Per quanto possano sembrarci strambe, queste domande sono al centro di molti dibattiti che coinvolgono gli scienziati.
Tempo

“Il tempo è una dimensione, ma è così inusuale in questo senso, che sarebbe possibile viaggiare solo nel futuro”, spiega l’astrofisico Charles Liu. “Nel nostro universo c’è un limite invalicabile per il viaggio nel passato, chiamato causalità. Se vogliamo tornare indietro nel tempo, dobbiamo trovare un modo per impedire di violare la causalità”. Il più grande problema teorico del viaggio nel tempo è il paradosso. Se qualcuno viaggiasse indietro nel tempo e facesse qualcosa per evitare la propria esistenza, allora come sarebbe possibile viaggiare nel tempo? L’esempio classico è quello del viaggiatore del tempo che uccide suo nonno prima che suo padre venga concepito. E’ senza dubbio un argomento controverso e, secondo molti scienziati, quello del viaggio nel tempo è uno di quei temi della fisica destinato a rimanere nell’ambito della teoria. Tuttavia, ci sarebbe una possibilità molto più realistica: piuttosto che spedire noi stessi indietro nel tempo o avanti nel futuro, potrebbe essere possibile inviare dei messaggi e instaurare una sorta di comunicazione temporale. Il dottor John Cramer, professore emerito di fisica presso l’Università di Washington suggerisce di approcciarsi al viaggio nel tempo compiendo piccoli passi. Secondo la sua teoria,  una prima possibilità sarebbe quella di cominciare a spedire messaggi nel passato o nel futuro. Nei suoi esperimenti, il dottor Cramer sta cercando di ricevere un messaggio spedito nel passato da se stesso nel futuro, così da poterlo ricevere pochi millisecondi prima di spedirlo! A questo punto io sono già confusa. Il fisico sta conducendo i suoi esperimenti nel seminterrato dell’Università con alcune apparecchiature a raggi laser che dovrebbero, prima o poi, provare ciò che Einstein aveva chiamato azione spettrale a distanza. L’obiettivo è quello di spaccare i fotoni attraverso una serie di cristalli sintetici e dimostrare che la non-località quantistica potrebbe essere utilizzata per comunicare. Il principio di località afferma che oggetti distanti non possono avere influenza istantanea l’uno sull’altro: un oggetto è influenzato direttamente solo dalle sue immediate vicinanze. Nella fisica quantistica, invece, tale principio sembra non essere più valido. Il fenomeno più vistoso di non-località quantistica è rappresentato dall’entanglement, che lega due particelle nate da uno stesso processo. L’entanglement fa si che ciò che accade a una particella abbia degli effetti istantanei anche sull’altra particella, indipendentemente dalla distanza che le separa. In parole povere, quello che sta cercando di fare il professore è di creare una coppia di fotoni nello stesso momento e verificare che la modifica di un fotone causa la modifica istantanea anche dell’altro, anche se ci dovessero essere due galassie di distanza tra loro. Questo significherebbe che la comunicazione subspaziale è in grado di viaggiare più veloce della luce anche su distanze astronomiche. “Si potrebbe ottenere la comunicazione in tempo reale con dispositivi presenti su altri pianeti”, spiega Cramer. “Potremmo mettere un casco di realtà virtuale sulla nostra testa e guidare il nostro rover tra le dune di Marte”. In altre parole, la tecnica darebbe alle agenzie spaziali di tutto il mondo la possibilità di comunicare con le proprie navicelle in tempo reale. Secondo la Teoria delle Stringhe, esisterebbe una particella priva di massa chiamata Tachione, che viaggia più veloce della velocità della luce. Queste particelle “strane” sono di solito un segno che la teoria ha un difetto intrinseco. Ma cosa succederebbe se i tachioni esistessero realmente? Potrebbero fornirci un modo per viaggiare nel tempo? In breve, la risposta è che non si sa. La presenza dei tachioni in una teoria manda in tilt i principi della fisica classica, ed è per questo che sono considerati dai fisici come un segno di instabilità fondamentale della teoria. Tuttavia, solo per il fatto di rovinare i costrutti matematici dei fisici, non vuol dire necessariamente che i tachioni non esistano. E’ possibile che i fisici non abbiano ancora sviluppato gli strumenti matematici adatti per affrontarli in modo che abbiano un senso all’interno della teoria. Se i tachioni esistono, sarebbe possibile, almeno in teoria, spedire messaggi a velocità superiori a quella delle luce. Inoltre, sempre in linea di principio, tali particelle potrebbero effettivamente viaggiare indietro nel tempo ed essere rilevate. “Se è possibile comunicare in modalità non-locale, è possibile comunicare anche indietro nel tempo”, dice Cramer. “Certo, spaventano un pò le implicazioni di una possibilità così bizzarra”. Purtroppo, il dottor Cramer è alle prese non solo con le difficoltà tecniche che richiede l’esperimento, ma anche con problemi finanziari. Sembra essere particolarmente difficile ottenere finanziamenti per una ricerca così esotica. “Servono apparecchiature in grado di rilevare in modo efficiente i fotoni entangled prima di poter effettuare qualsiasi misura reale che non siamo stati ancora in grado di fare”, conclude Cramer.

18/03/14

Le galassie spente | Quale mistero si cela dietro la loro scomparsa.

Le galassie spente | Quale mistero si cela dietro la loro scomparsa. Il tempo trascorre inesorabile nel suo interminabile continum, e nulla può esimersi dal terminare, nemmeno le galassie! Anche loro sono destinate a spengnersi.

Giunge per l'appunto una fase del loro evolversi in cui termina il processo di formazione di nuove stelle, e diventano di fatto inattive. Fin qui pare filare tutto nel rigore della migliore logica scientifica, se nonchè un aspetto di tale fenomeno lascia da che venne alla luce, perplessità e più di un dubbio gli astronomi!
Infatti le galassie cosi dette spente che possono essere osservate nel loro ormai remoto passato sembrano molto più piccole delle galassie spente dell’universo attuale.

Ma allora la domanda nasce spontanea: come possono continuare a crescere se la formazione stellare ha avuto fine? La risposta in realtà è più semplice di quanto non si creda, infatti giunge proprio da un team internazionale di astrofisici, ed è stata scoperta grazie alle prestazioni del telescopio spaziale Hubble di Esa e Nasa.
Lo studio che è stato pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal, pone enfasi sul fatto che fino ad oggi si considerava che le grandi galassie spente a noi vicine, quindi anche più attuali, fossero il risultato ultimo della crescita di quelle più piccole, osservabili nell'universo del passato.
Galassie spente

Ma dal momento che si tratta di galassie nelle quali non si sta più avendo formazioni di nuove stelle, la loro crescita era attribuita a processi di collisione e fusione con altre galassie spente più piccole, con una massa fra le cinque e le dieci volte inferiore. Tali processi di fusione comporterebbero altresi la presenza d’una considerevole quantità di queste piccole galassie, per dar modo alla moltitudine di galassie inattive di "pasteggiare", una presenza di cui però non si ha alcun riscontro.

“L'apparente lievitare delle galassie inattive è stato per molti anni uno fra i più grandi quesiti irrisolti dell’evoluzione galattica”, dice Marcella Carollo, dell’Eth di Zurigo, prima autrice dell'articolo. Ora per la prima volta, grazie alle osservazioni realizzate nel corso della survey COSMOS con il telescopio spaziale Hubble, gli astronomi hanno avuto a disposizione un'enorme raccolta d'immagini, che gli hanno permesso di identificare e contare le galassie inattive lungo ben otto miliardi di anni di storia cosmica. Integrando i dati forniti da Cosmos con osservazioni realizzate utilizzando i due telescopi Canada-France-Hawaii e Subaru (entrambi alle Hawaii), sono infatti riusciti a sbirciare indietro nel tempo fino a quando l'universo aveva meno della metà della sua età attuale. La porzione di cielo studiata si estende su un’area pari a quasi nove volte quella della Luna piena.

Le galassie inattive risalenti a quell’epoca sono piccole e compatte, e sorprendentemente sembrano rimanere tali. Invece di lievitare e crescere attraverso fusioni nel corso del tempo, queste piccole galassie mantengono per lo più le dimensioni che avevano quando la formazione stellare è terminata. Ma allora perché sembra che con il passare del tempo diventino sempre più grandi? “Abbiamo scoperto che molte delle galassie più grandi, in realtà, si sono spente tardi, in epoche successive, andando poi a raggiungere le sorelle inattive più piccole e dando così l’impressione – erronea – d’una crescita delle singole galassie nel corso del tempo”, spiega Simon Lilly, anch’egli dell’ETH di Zurigo.
“La risposta all’enigma offerta dal nostro studio è sorprendentemente semplice e ovvia. Ed è ogni volta una grande soddisfazione riuscire a cogliere la semplicità in mezzo all’apparente complessità della natura", conclude Carollo. (galileonet)

03/03/14

L'origine e la natura dell'Universo | L'idea del Big Bang di Einstein confusa con una bozza di un'altro progetto!

L'origine e la natura dell'Universo | L'idea del Big Bang di Eistein confusa con una bozza di un'altro progetto!

Come capita sempre il miglior posto per nascondere qualcosa di segreto è quello di farlo, sotto gli occhi di tutti, proprio cosi, in bella vista! Capita agli Albert Einstein Archives di Gerusalemme, addirittura consultabile in maniera gratutia sul sito web del museo. Nonostante ciò, finora nessuno si era ancora accorto della sua importanza.

Si tratta di un manoscritto autografo di Albert Einstein, in cui il fisico mette a disposizione la sua soluzione al problema cosmologico per eccellenza: l’origine e la natura dell’Universo. Il documento risale al 1931 e dimostra in maniera chiara ed inconfutabile la reticenza di Einstein ad accettare la teoria del Big Bang in virtù di una spiegazione alternativa in cui l’Universo fosse in eterna e stabile espansione. La cosiddetta idea dello stato stazionario. Il manoscritto, racconta Davide Castelvecchi su Nature, era stato erroneamente classificato come prima bozza di un altro lavoro del fisico, ma in realtà non è così: a scoprirlo è stato Cormac O’Raifeartaigh, fisico del Waterford Insitute of Technology irlandese, che racconta di “essere quasi caduto dalla sedia” per lo stupore, quando si è reso conto del vero contenuto del documento.
Albert Einstein

Assieme alla sua équipe, O’Raifeartaigh ha analizzato attentamente lo scritto di Einstein e ne ha pubblicato una traduzione in inglese sul sito di pre-print arXiv.
“È ben noto”, scrive lo scienziato, “che durante gli anni '50 e '60 ci fu una grande battaglia di idee tra i teorici dello stato stazionario e quelli che invece sostenevano l’idea del Big Bang”. In realtà, le prime evidenze sperimentali della grande esplosione erano state già raccolte negli anni '20, quando l’astronomo Edwin Hubble scoprì che le galassie si stavano allontanando l’una dall’altra e che lo Spazio stesso fosse in espansione.

Osservazioni che implicavano un momento passato in cui tutta la materia dell’Universo fosse compressa in un “brodo primordialedenso e caldissimo. Nonostante ciò, negli anni '40 il fisico Fred Hoyle propose, insieme ai colleghi Hermann Bondi e Thomas Gold, una teoria alternativa, secondo la quale l’Universo sarebbe stato da sempre e per sempre in fase di espansione (una sorta di espansione stazionaria, donde il nome della teoria). Affinché in uno scenario simile la densità di materia restasse costante, Hoyle pensò che le particelle elementari spuntassero spontaneamente nello Spazio, fondendosi poi per formare stelle e galassie e riempire i buchi generati dall’espansione continua.

La teoria di Hoyle e colleghi, comunque, non trovò troppo credito nella comunità scientifica (lo scienziato ne ha proposto una versione rivisitata negli anni novanta, il cosiddetto modello quasi-stazionario, che ha avuto sorte più o meno simile). Viene da chiedersi cosa sarebbe successo se il fisico avesse dato un’occhiata al manoscritto di Einstein, che proponeva un’idea molto vicina alla sua ed era stato scritto dieci anni prima. Racconta O’Raifeartaigh che il documento non fu mai pubblicato perché “il modello non funzionava, cioè conteneva un errore che porta a una soluzione nulla, cioè a un Universo privo di materia. All’inizio dovette sembrare credibile al suo autore, che non si accorse di una svista nei calcoli”.

Dopo qualche tempo, comunque, Einstein dovette ricredersi, come testimoniano le correzioni sul manoscritto, eseguite con una penna di colore diverso. Resosi conto dell’errore, il fisico accantonò l’idea e si dedicò ad altro, tanto che nei lavori successivi non si trova alcuna menzione della teoria dello stato stazionario. Anche se, comunque, continuò sempre a dubitare dell’idea del Big Bang e del suo accenno implicito a un momento quasi mistico di creazione.

27/12/13

Perchè si dice "salire al settimo cielo"?


Dante, Paradiso
Qualcuno di sicuro si ricorderà "Tre metri sopra il cielo" ma è il titolo di un film, che in ogni caso ci fa capire come ci si sente quando siamo felici.
Salire al settimo cielo, provare una grande gioia, impazzire per la contentezza. La locuzione deriva dalla vecchia suddivisione dell'universo, prevista dal sistema tolemaico, in sette cieli, uno per ogni pianeta allora conosciuto: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno. Poi c'entra un ottavo cielo, quello delle stelle fisse, e, infine, il Primo Mobile, dove risiedeva Dio con i beati. In pratica, la suddivisione dei cieli come la riporta, all'incirca, Dante nel Paradiso. Secondo la concezione di allora, l'essere umano poteva raggiungere, con le sue spoglie mortali, solo il settimo cielo. Locuzioni simili: Toccare il cielo con un dito, Andare in visibilio.

22/12/13

“Gaia” dicci come è fatta la nostra Galassia!

Puntuale con l'orario di partenza previsto, Gaia, il satellite tutto europeo è partito dalla Guaiana francese, e dopo soli 40 minuti di tragitto parte l'applauso liberatorio degli addetti ai lavori. Gaia dunque, il satellite ideato e realizzato interamente in continente europeo, costato ben 1 miliardo di euro, ci dirà come è fatta la nostra Galassia con un precisione mai ottenuta prima fino ad oggi. Il decollo è avvenuto alle 10.12 ora italiana del 19 corrente mese ed entrato in un orbita sicura che lo condurrà al suo posto di lavoro, a circa 1.5 milioni di chilometri dalla Terra.

Un punto strategico, scoperto sulla carta da un grandissimo e celebre fisico, Lagrange, di cui quest'anno a Torino si celebrano i 250 anni dalla nascita. Lì, in quel determinato punto nello spazio le forze di attrazione di Sole e Luna e Terra si equivalgono e il satellite potrà in tutta tranquillità trascorrere i prossimi 5 anni a prendere le misure di un miliardo di stelle, 1.000.000 galassie, sperando di potere scoprire almeno 10.000 nuovi pianeti extrasolari: un'impresa ritenuta impossibile quando partì l'idea di Gaia nel 1991.

L'estrema complessità del satellite, due telescopi con sei specchi, un rivelatore di 106 ccd a mosaico per complessivi 1 miliardo di pixel, il più grande mai lanciato nello spazio, che produrranno un catalogo di un petabye , comparabile ai maggiori database esistenti come complessità, , anche perché deve essere creato in modo sincrono, ossia tenendo presente allo stesso tempo tutti i dati, vari miliardi.

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Satellite europeo "Gaia"
Gaia una volta raggiunta la posizione in L2 agirà come un faro che continuamente, nel nostro caso per 5 anni, ruota e illumina una parte di galassia, rubando contemporaneamente posizione e luminosità delle stelle che incontra. La precisione di queste misure è difficile da dare in numeri, per visualizzare gli scienziati dicono che Gaia è capace di misurare lo spessore di un capello a 1.000 chilometri di distanza e oltre.

Nel 2019 il satellite finirà il suo lavoro e 4 anni dopo, 2023 sarà pronto il catalogo di Gaia che riporterà posizione e luminosità di un miliardo di stelle. Come geometri cosmici gli scienziati inizieranno a ricostruire la vera forma della nostra Galassia, che ci dirà molte cose su dove siamo, come sono fatti i nostri vicini, come evolvono le stelle, quale è la fisica che governa le stelle, queste gigantesche fucine con un'inesauribile fonte di energia, la fusione nucleare che qui sulla terra inseguiamo da 50 anni.

Gaia è uno dei principali progetti dell'Agenzia Spaziale Europea, i cosiddetti cornerstone per la loro importanza scientifica, tecnologica e industriale, nato da un enorme sforzo industriale guidato dal Consorzio francese di Astrium, con 70 aziende di 16 paesi. L'Italia partecipa in modo molto attivo, è il secondo Paese dopo la Francia ed anche uno dei progetti in cui lavorano più ricercatori giovani, con un entusiasmo che alla diretta del lancio seguita a Padova all'Università e Torino alla Altec, era palpabile e culminato in un liberatorio appaluso dopo i fatidici 40 minuti in cui un satellite può ancora fallire l'entrata in orbita. E' andato tutto bene, lasciamo il lavorare il geometra cosmico, sapremo nel 2023 meglio quale è il nostro posto nell'Universo.


02/11/13

Kepler, satellite americano, ha trovato il fratello della Terra, ma è troppo rovente

Una delle eterne domande dell'uomo che osserva l'universo, è chiedersi se siamo soli, o se ci sono altre forme di vita e pianeti simili alla terra dove la vita sia possibile. Beh un pianeta molto simile al nostro è stato ossevato dai ricercatori dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), il suo nome è Kepler-78b e dista 700 anni luce, è roccioso e ha dimensioni, massa e densità molto simili a quelle della Terra.
Kepler-78b

Questo fratello della Terra senza precedenti ha un nucleo di ferro e orbita intorno alla stella Kepler-78. Purtroppo è troppo caldo per poter ospitare forme di vita. La sua orbita è infatti strettissima: un periodo di rivoluzione della durata di sole 8,5 ore e distante un centesimo di Unità Astronomica (poco più di un milione di chilometri) dalla sua stella che, sebbene abbia circa il 70% di massa del nostro Sole, a quella distanza rende la superficie decisamente rovente.
Il pianeta è uno dei circa mille candidati individuati dal satellite americano Kepler, progettato per trovare pianeti simili alla Terra all'esterno del Sistema Solare e che per questo si è guadagnato la fama di 'cacciatore di pianeti'. Purtroppo dallo scorso maggio è fuori uso a causa di un malfunzionamento dei suoi giroscopi. ''È un risultato straordinario'', ha detto il presidente dell'Inaf, Giovanni Bignami. ''Mai - ha aggiunto - si era arrivati così vicini ad individuare un pianeta di massa e densità simili a quelli della Terra. Una dimostrazione di come la caccia agli esopianeti si stia affinando.

28/10/13

La galassia più lontana adesso dista solo 13.1 miliardi di anni luce!

La galassia più lontana adesso dista solo 13.1 miliardi di anni luce! L'almanacco dei traguardi dell'universo si arricchisce di un nuovo ed importante risultato! La galassia più lontana nel cosmo è ora z8_GND_5296, a circa 13.1 miliardi di anni luce. La scoperta è stat fatta da un team di ricerca internazionale di astrofisici con a capo Steven Finkestein, Università del Texas di è membro anche il nostro connazionale Adriano Fontana, dell' Osservatorio di Roma, uno specialista in questo complesso campo di investigazione della fisica.
A parte il nome obbrobrioso, la galassia di cui sopra è un fenomeno oltre modo interessante, dal momento che è stata "fotografata" mentre era in attività dopo solo 700 milioni di anni di distanza dal Big Bang, che si pone oggi a 13.8 miliardi di anni fa. Troppo poco il tempo trascorso, su base astronomica naturalmente, ma nonostante ciò pare essere in piena attività e anzi da vita del continuo a stelle con una velocità 150 volte superiore a quella che possiamo vedere oggi dalle nostre parti.
Per trovarla si è dovuto impiegare i migliori mezzi disponibili nello spazio, il telescopio spaziale Hubble, e a terra, i due telescopi gemelli da 10 metri di apertura dell'osservatorio Keck alle Hawaii. Con il telescopio spaziale il team ha evidenziato, in un programma denominato Candels, ben 100.000 galassie potenziali in carica ad essere fra le più lontane.
La galassia più antica dell'universo: z8_GND_5296

Da queste, secondo il loro colore, ne sono state poi estratte soltanto 43, che sono state esaminate dettagliatamente una per una con i potenti telescopi a terra, analizzando la loro luce. Il criterio di selezione, molto restrittivo, è stato un estremo spostamento della radiazione luminosa verso il rosso, il cosiddetto red shift, che gli astrofisici dano la colpa all'espansione costante, e anzi addirittura accelerata, dell'Universo. Più la galassia appare rossa rispetto a quel che dovrebbe essere e più pare sia lontana e, in questo senso, la luce di z8_GND_5296 è rossa come nessun altra.
«La scoperta è importante e ci serve a piantare un altro paletto nel campo della conoscenza della formazione delle galassie subito dopo il Big Bang», ci dice Adriano Fontana, «anzi questa è la più vicina al Big Bang che conosciamo eppure è sorprendentemente ricca di elementi pesanti». In pratica la sorpresa è dovuta al fatto che dopo "solo" 700 milioni di anni si erano evidentemente formate in questa galassia varie generazioni di stelle che avevano prodotto, una dopo l'altra, gli elementi chimici più complessi dell'idrogeno. All'inizio dei tempi, infatti, si ipotizza che ci sia stato soltanto l'idrogeno, e poco elio, e tutti gli elementi chimici successivi, di cui anche noi siamo composti, sarebbero stati per cosi dire "fabbricati" nel cuore delle stelle grazie alle reazioni di fusione nucleare. Il nostro Sole, solo per fare un esempio, è molto, molto più lento: si è formato oltre 4 miliardi di anni fa e si spegnerà fra altri 4. Tutti i record sono destinati a essere battuti e pure questo prima o dopo lo sarà. «Fra i dati che dobbiamo ancora analizzare potrebbe esserci anche una galassia più lontana e quindi più antica di questa», conclude Fontana che è già ripartito alla caccia dei nuovi candidati, e da primavera prossima lo faranno anche con LBT, il Large Binocular Telescope italo-tedesco-americano. È il maggior binocolo esistente con due specchi da 8 metri e passa di apertura, posto in cima a una montagna in Arizona. Un vero e proprio gioiello della tecnologia e meccanica italiana, stiamo a vedere se farà il nuovo record.
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