Il-Trafiletto
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05/07/14

Il telescopio per i buchi neri

Un telescopio grande come la Terra ci avvicinerà a Sagittarius A* come mai prima d'ora. Un'occasione imperdibile per gli astronomi! 

È impossibile osservare l'interno di un buco nero. Ma gli astronomi puntano a fare del loro meglio, costruendo un telescopio che possa ingrandire i dettagli dei suoi dintorni in un modo mai visto. L'obiettivo è di creare uno strumento tanto potente da poter osservare che cosa accade all'orizzonte degli eventi, il punto al di là del quale nulla, che siano stelle, una nube di polvere o persino la luce, può sfuggire.

Dovrebbe avere una risoluzione maggiore di tutti i telescopi che osserveranno l'imminente collisione tra una nube di gas e il buco nero Sagittarius A*. L'Event Horizon Telescope (EHT) non sarà un nuovo osservatorio a sé stante costruito su qualche montagna remota. Il consorzio che lo sta progettando intende invece unire le capacità dei radiotelescopi già esistenti in tutto il mondo, facendo in modo che funzionino collettivamente con il potere risolvente di un singolo osservatorio grande come il nostro Pianeta. Questo potere permetterà agli astronomi di vedere dettagli come l'anello di luce emesso dalla materia che è riuscita a evitare di essere attratta nel buco nero.

Venti osservatori in tutto il mondo hanno accettato di far parte di questa schiera di telescopi che potrebbe cominciare a operare già nel 2015. Oltre a Sagittarius A*, un altro obiettivo sarà un'enorme galassia ellittica chiamata M87 che si trova a 53 milioni di anni luce di distanza. Ospita un buco nero centrale molto più grande, circa sei miliardi di volte la massa del Sole.(science)



23/06/14

Scoperti altri mondi | Rinvenuti altri pianeti simili alla Terra

Pianeti simili al nostro per dimensioni potrebbero essere idonei a ospitare forme di vita. E' recentissima la scoperta di due pianeti risultati i più simili alla Terra per dimensioni tra quelli finora rilevati nella zona abitabile delle rispettive stelle madri, ovvero nella regione in cui potrebbe esistere l'acqua allo stato liquido, potenziale culla della vita.

Per quanto affascinante, però, quest'ipotesi potrebbe non venire mai nè confermata nè smentita. Entrambi i nuovi mondi sono in orbita intorno a Kepler-62, una stella che si trova a 1200 anni luce da noi, Kepler-62e, tra i due l'esopianeta più vicino al suo sole, è di dimensioni superiori del 60 per cento alla Terra, mentre il suo fratellino minore 62f è più grane del nostro Pianeta di appena il 40 per cento. "Si tratta di due tra i più interessanti pianeti extrasolari mai scoperti", dice William Borucki, scienziato che si occupa di Kepler presso il Centro Ricerche Ames della NASA, in California, e che ha diretto la ricerca, annunciando la scoperta sulla rivista Science.
Pianeti extrasolari

Il telescopio spaziale Kepler, dal quale la stella ha preso il nome, ha rilevato la presenza dei pianeti grazie a lievi fluttuazioni dell'intensità luminosa, causate dai corpi celesti durante il transito di fronte alla stella madre. Un terzo esopianeta, leggermente più grande, situato in un'altra zona abitabile stellare, è stato recentemente individuato grazie alla stessa tecnica: Kepler-62c supera la massa terrestre di circa il 70%.
La NASA ritiene che Kepler-62e e 62f siano pianeti rocciosi o ghiacciati, Un'analisi indipendente degli esiti delle ricerche, svolta da astronomi tedeschi e americani, ipotizza che 62f sia interamente ricoperto d'acqua. La composizione di Kepler-69c risulta poi ancora più misteriosa. Per stabilire se sia possibile che su questi "mondi" esista la vita, è fondamentale conoscerne la composizione atmosferica. "Se ci fossero anidrite carbonica e acqua, il quadro sarebbe promettente.

Se ci fosse ossigeno, la presenza di vita sarebbe molto probabile", spiega Borucki. Siamo, però, ancora molto lontani da questa scoperta: potremmo addirittura non riuscire a farla mai. I nuovi pianeti sono di dimensioni troppo ridotte e sono troppo lontani per consentirci di determinare se siano dotati o no di atmosfera. La stessa composizione degli esopianeti è poco più che un'arbitraria speculazione, basata sui limiti dati disponibili, tra i quali le dimensioni. Oggi il progresso però, della tecnica ha permesso ai "cacciatori di pianeti" di scoprire anche corpi celesti più piccoli. "non ci limitiamo più a individuare un gran numero di pianeti: oggi siamo in grado di trovarli dove ci interessa, cioè nella zona abitabile" dice Borucki. "E' una conquista straordinaria: nel giro di un paio d'anni, ne scopriremo di ancora più piccoli".(science)



05/05/14

Telescopi | ISERV | L'eccezione che sbarca nella Stazione Spaziale internazionale.

Di certo la Stazione Spaziale internazionale non è il luogo migliore per potere ospitare o usare un telescopio. ISERV prova a fare l'eccezione sbarcando nella Stazione Spaziale internazionale per monitorare meteo e avvenimenti straordinari.

A causa della sua elevata velocità, pensate che riesce a completare un'orbita attorno alla Terra ogni 90', la Stazione Spaziale internazionale non è per nulla il posto migliore per calibrare un telescopio e potere osservare le stelle, ma al contrario è il posto più idoneo per osservare la Terra.
Quindi, a tal proposito agli inizi del 2013, gli astronauti hanno deciso di installare un telescopio chiamato ISERV (International Space Station Environmental Research and Visualisation System), il cui utilizzo sarà quello di monitorare le catastrofi naturali ed i cambiamenti climatici.
ISERV (immagine dal web)

Per la precisione questo particolare telescopio, è in realtà chiamato ISERV Pathfinder, perché l'idea è quella di servire come banco di prova per i futuri strumenti più importanti che potrebbero essere  installati nella parte esterna della stazione per una vista migliore e di maggiore qualità.

Si tratta dunque più nello specifico di un telescopio del genere Celestron, ovvero sia uno strumento che chiunque può acquistare in un negozio, ma idonemante modificato per potere essere controllato direttamente dalla Terra. Lo scopo è quello di riuscire a stabilire una finestra del laboratorio Destiny della Stazione Spaziale Internazionale.

L'idea avuta di installare il telescopio ISERV sulla Stazione internazionale è quella dunque di poter monitorare la qualità dell'aria, condizioni meteorologiche estreme, la biodiversità, e cambiamenti del suolo terrestre per osservare come riscono ad influenzare il nostro pianeta, e le decisioni che prendiamo riguardo ad esso. (microservios.com)

01/04/14

Una nuova mappa cosmica ridisegna un Universo infinito.

Per mappare con estrema precisone l'Universo, sarebbe necessario avere a disposizione il buon vecchio regolo ma di proporzioni titaniche! Ebbene pare che gli scienziati siano riusciti a trovarlo.

E' stato infatti possibile determinare la posizione di 1,2 milioni di galassie vicine con una precisione pari al 1%, grazie a onde di pressione primordiali ora "congelate", utilizzate appunto come un "righello" cosmico. Le misurazioni sono state effettuate dal programma BOSS (Baryon Oscillation Spectroscopic Survey, o Idagine spettroscopica sulle oscillazioni barioniche) con il super-telescopio della Sloan Foundation, nel New Mexico.

"Su scala universale, una precisione del 1% corrisponde alla misurazione più esatta mai realizzata", spiega il ricercatore responsabile del BOSS, David Schlegel. "Vent'anni fa, gli astronomi discutevano di valori che divergevano anche del 50%. Cinque anni fa, quel margine di incertezza è stato abbassato al 5%, e ancora l'ano scorso era, del 2%. Una precisione del 1% resterà lo standard di riferimento per molto tempo".
Mappa cosmica

Per eseguire le misurazioni, l'equipe ha sfruttato il fenomeno delle oscillazioni acustiche barioniche, o BAO. Si tratta di onde di pressione che si producevano nella materia visibile e si propagavano a intervalli regolari. L'omogeneità delle fluttuazioni di densità ha fornito la possibilità di fare uso delle BAO per fissare un valore standard di lunghezza nota (490 milioni di anni luce nell'attuale universo), da potere utilizzare nella determinazione della distanza tra galassie e altri corpi celesti. I dati ottenuti hanno permesso anche di calcolare, con un valore di approssimazione tra i migliori di sempre, la curvatura spaziale.

Sembra che, nonostante tutto, tale curvatura non sia cosi evidente: questo fatto avrà profonde ripercussioni su tutti i tentativi futuri di approfondire la vera natura dell'Universo.
"Questa scoperta è importante anche perchè l'Universo piatto ha delle implicazioni per l'eventuale carattere di finitezza del nostro mondo", dice Schlegel. "In altre parole, anche se non possiamo affermare con certezza he non finirà mai, il nostro Universo si espande senza limiti spaziali e temporalmente, continuerà per sempre. I nostri risultati sono dunque coerenti con l'ipotesi di un Universo infinito". (science)

16/02/14

Buon compleanno Galileo | 450esimo anniversario di nascita

 Compie 450 anni Galileo e non li dimostra affatto. I suoi studi e le sue scoperte sono la base della scienza moderna. Anche se un quarto della popolazione americana non sa chi sia, a noi italiani Galileo ci riempie d'orgoglio.


La scienza gli sarà per sempre debitrice. A lui si devono, per esempio, il perfezionamento del telescopio, l’introduzione del metodo scientifico e una serie di fondamentali studi sul moto. Galileo Galilei, di cui il 15 febbraio ricorre il 450° anniversario della nascita, “La conoscenza della realtà inizia e finisce con l’esperienza”, diceva di lui Albert Einstein, uno dei suoi più grandi fan, “e le affermazioni cui si arriva con la sola logica sono completamente vuote rispetto alla realtà.
Galileo capì questo concetto e per primo lo portò nel mondo scientifico, e per questo è il padre della fisica moderna – anzi, di tutta la scienza moderna”.

Galileo Galilei
Cento anni dopo la morte di Galileo, quando il suo corpo fu spostato per una nuova sepoltura, un ammiratore ne tagliò il dito medio della mano destra. La reliquia è ora esposta al Museo della Storia della Scienza di Firenze. Ottimo scienziato, ma incapace di insegnare. L’Università di Pisa diede una cattedra di matematica a Galileo, ma non gliela riconfermò. Era troppo difficile lavorare con lui (per i colleghi) e seguire le sue lezioni (per gli studenti). Lo scienziato era ben conscio dei rischi di plagio. E quindi era solito occultare le sue scoperte sotto forma di curiosi anagrammi. Per esempio: smaismrmilmepoetaleumibunenugttaurias che, opportunamente risolto, vuol dire altissimum planetam tergeminum observavi ossia “Ho osservato che il più alto dei pianeti (Saturno) è trigemino (cioè ha due satelliti).  È arcinoto che Galileo si convinse dell’assurdità del sistema eliocentrico e abbracciò la teoria geocentrica di Copernico. Sulle maree, invece, prese un abbaglio, ritenendo errata la teoria kepleriana secondo la quale la Luna era responsabile dell’innalzamento e abbassamento del mare. Nel 1992 il Vaticano cancellò formalmente, con quattro secoli di ritardo, tutte le accuse formulate contro Galileo. Meglio tardi che mai. Grazie Galielo.


28/10/13

La galassia più lontana adesso dista solo 13.1 miliardi di anni luce!

La galassia più lontana adesso dista solo 13.1 miliardi di anni luce! L'almanacco dei traguardi dell'universo si arricchisce di un nuovo ed importante risultato! La galassia più lontana nel cosmo è ora z8_GND_5296, a circa 13.1 miliardi di anni luce. La scoperta è stat fatta da un team di ricerca internazionale di astrofisici con a capo Steven Finkestein, Università del Texas di è membro anche il nostro connazionale Adriano Fontana, dell' Osservatorio di Roma, uno specialista in questo complesso campo di investigazione della fisica.
A parte il nome obbrobrioso, la galassia di cui sopra è un fenomeno oltre modo interessante, dal momento che è stata "fotografata" mentre era in attività dopo solo 700 milioni di anni di distanza dal Big Bang, che si pone oggi a 13.8 miliardi di anni fa. Troppo poco il tempo trascorso, su base astronomica naturalmente, ma nonostante ciò pare essere in piena attività e anzi da vita del continuo a stelle con una velocità 150 volte superiore a quella che possiamo vedere oggi dalle nostre parti.
Per trovarla si è dovuto impiegare i migliori mezzi disponibili nello spazio, il telescopio spaziale Hubble, e a terra, i due telescopi gemelli da 10 metri di apertura dell'osservatorio Keck alle Hawaii. Con il telescopio spaziale il team ha evidenziato, in un programma denominato Candels, ben 100.000 galassie potenziali in carica ad essere fra le più lontane.
La galassia più antica dell'universo: z8_GND_5296

Da queste, secondo il loro colore, ne sono state poi estratte soltanto 43, che sono state esaminate dettagliatamente una per una con i potenti telescopi a terra, analizzando la loro luce. Il criterio di selezione, molto restrittivo, è stato un estremo spostamento della radiazione luminosa verso il rosso, il cosiddetto red shift, che gli astrofisici dano la colpa all'espansione costante, e anzi addirittura accelerata, dell'Universo. Più la galassia appare rossa rispetto a quel che dovrebbe essere e più pare sia lontana e, in questo senso, la luce di z8_GND_5296 è rossa come nessun altra.
«La scoperta è importante e ci serve a piantare un altro paletto nel campo della conoscenza della formazione delle galassie subito dopo il Big Bang», ci dice Adriano Fontana, «anzi questa è la più vicina al Big Bang che conosciamo eppure è sorprendentemente ricca di elementi pesanti». In pratica la sorpresa è dovuta al fatto che dopo "solo" 700 milioni di anni si erano evidentemente formate in questa galassia varie generazioni di stelle che avevano prodotto, una dopo l'altra, gli elementi chimici più complessi dell'idrogeno. All'inizio dei tempi, infatti, si ipotizza che ci sia stato soltanto l'idrogeno, e poco elio, e tutti gli elementi chimici successivi, di cui anche noi siamo composti, sarebbero stati per cosi dire "fabbricati" nel cuore delle stelle grazie alle reazioni di fusione nucleare. Il nostro Sole, solo per fare un esempio, è molto, molto più lento: si è formato oltre 4 miliardi di anni fa e si spegnerà fra altri 4. Tutti i record sono destinati a essere battuti e pure questo prima o dopo lo sarà. «Fra i dati che dobbiamo ancora analizzare potrebbe esserci anche una galassia più lontana e quindi più antica di questa», conclude Fontana che è già ripartito alla caccia dei nuovi candidati, e da primavera prossima lo faranno anche con LBT, il Large Binocular Telescope italo-tedesco-americano. È il maggior binocolo esistente con due specchi da 8 metri e passa di apertura, posto in cima a una montagna in Arizona. Un vero e proprio gioiello della tecnologia e meccanica italiana, stiamo a vedere se farà il nuovo record.

21/10/13

Ecco cosa accade ad una galassia che crescendo si...spegne!

Ecco cosa accade ad una galassia che crescendo si...spegne! L’enigmatico interrogativo che è generato delle “galassie spente”, cioè il loro continuo crescere illusorio anche a formazione stellare ultimata, ha trovato una risposta grazie alla survey COSMOS del telescopio spaziale Hubble. Fra gli autori della scoperta, che verrà presto pubblicata su The Astrophysical Journal, figurano Marcella Carollo dell’ETH di Zurigo e Alvio Renzini dell’INAF, Osservatorio Astronomico di Padova. Esistono galassie, che durante il loro evolversi, arrivano ad uno stadio in cui il processo di formazione stellare finisce: in parole semplici, si spengono. Esiste un aspetto che da sempre lascia dubbiosi gli astronomi: le galassie spente visibili nel lontano passato, appaiono essere molto più piccole delle galassie spente dell’universo attuale. Come possono crescere, le galassie, se la loro formazione stellare si è conclusa? facendo uso di un’enorme raccolta d’osservazioni realizzata con il telescopio spaziale Hubble di ESA e NASA, un team internazionale di astronomi è adesso riuscito a dare una risposta a dir poco sorprendentemente semplice a questo enigma cosmico di lunga data.
Fino al giorno d'oggi si consideravano le grandi galassie spente vicine a noi, dunque anche più recenti, fossero la conseguenza della crescita di quelle più piccole, anch’esse per cosi dire "morte", osservabili nel passato del cosmo. Trattandosi però di galassie nelle quali non si sta avendo più la formazione di nuove stelle, la loro crescita si credeva fosse dovuta a processi di collisione e fusione con altre galassie spente più piccole, di massa fra le cinque e le dieci volte inferiore.
Galassia spenta

Simili processi di fusione compoterebbero però la presenza d’una enorme quantità di queste piccole galassie, per dar modo alla popolazione delle galassie inattive di pasteggiare, presenza che però non si riscontra.
«L'apparente lievitare delle galassie inattive è stato per molti anni uno fra i più grandi quesiti irrisolti dell’evoluzione galattica», afferma Marcella Carollo dell’ETH di Zurigo, prima autrice di un articolo su queste galassie in corso di pubblicazione su The Astrophysical Journal. «Prima della survey COSMOS di Hubble, nessuna fra le raccolte d’immagini disponibili era ampia a sufficienza da permetterci di studiare un grande numero di galassie esattamente allo stesso modo», aggiunge uno dei coautori, Nick Scoville del Caltech (USA). Ora per la prima volta, grazie alle osservazioni realizzate nel corso della survey COSMOS con il telescopio spaziale Hubble, gli astronomi sono stati in grado di identificare e conteggiare le galassie inattive lungo ben otto miliardi di anni di storia cosmica. Il team ha utilizzato l'ampia raccolta d’immagini di COSMOS, integrandola con osservazioni realizzate con i due telescopi Canada-France-Hawaii e Subaru, entrambi alle Hawaii, per dare uno sguardo indietro nel tempo fino a quando l'universo aveva meno della metà della sua età odierna. La porzione di cielo studiata si estende su un’area pari a quasi nove volte quella della Luna piena.
Le galassie inattive risalenti a quell’epoca appaiono piccole e compatte, e sorprendentemente sembrano rimanere tali. Invece di lievitare e crescere attraverso fusioni nel corso del tempo, queste piccole galassie mantengono per lo più le dimensioni che avevano quando la formazione stellare si era conclusa. Ma allora perché pareche con il passare del tempo diventino sempre più grandi?
«Abbiamo scoperto che molte delle galassie più grandi, in realtà, si sono spente tardi, in epoche successive, andando poi a raggiungere le sorelle inattive più piccole e dando così l’impressione, erronea, d’una crescita delle singole galassie nel corso del tempo», nota Simon Lilly, anch’egli dell’ETH di Zurigo.
«È stato un po’ come accorgersi che l’aumento della dimensione media degli appartamenti d’una città non era dovuto all’aggiunta di nuove stanze ai vecchi edifici, bensì alla costruzione d’interi nuovi appartamenti più grandi di quelli precedenti», spiega Alvio Renzini dell'INAF, Osservatorio Astronomico di Padova. Questo ci dice molto su come le galassie si sono evolute nel corso degli ultimi otto miliardi di anni di storia dell'universo. «La risposta all’enigma offerta dal nostro studio è sorprendentemente semplice e ovvia. Ed è ogni volta una grande soddisfazione riuscire a cogliere la semplicità in mezzo all’apparente complessità della natura», conclude Carollo.
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