Il-Trafiletto
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02/09/14

Il tempo | Scritto tra le stelle

Una supernova esplodendo
può dare luogo alla creazione
di buchi neri
L'Universo è efficiente nella produzione di buchi neri, che potrebbero generare nuovi universi.
Quando le stelle giganti esauriscono il loro combustibile nucleare, collassano sotto la loro stessa gravità, scatenando l'esplosione di una supernova. 


Se la massa rimanente è relativamente scarsa, si trasforma in una cosiddetta stella di neutroni. Ma se è sufficientemente pesante, nulla può impedire alla gravità di trasformare ciò che rimane in un buco nero, un oggetto infinitamente denso. Il fisico teorico statunitense Lee Smolin ritiene che i buchi neri generino nuovi universi e che molti di questi "figli" - tra cui il nostro Universo - siano particolarmente adatti alla creazione di ulteriori buchi neri.

Secondo le attuali teorie sulla formazione dei buchi neri, ciò significherebbe che al nostro Universo dovrebbero bastare resti di supernova di appena il doppio della massa del nostro Sole per formare buchi neri. Possiamo quindi formulare una previsione: se si trovano resti con una massa maggiore di questa che ciò nonostante formano una stella di neutroni e non un buco nero, sarà dimostrazione del fatto che il nostro Universo non è ottimizzato pa¬la creazione di buchi neri, confutando così la teoria di Smolin. Gli astronomi non hanno mai scoperto una stella di neutroni che violi il limite di Smolin... finora, almeno.
L'equazione di Wheeler-DeWitt
che uccide il tempo.
 

L'equazione di Wheeler-DeWitt che uccide il tempo. 

1 Secondo la teoria quantistica, il comportamento di qualsiasi cosa, da una particella subatomica all'intero Universo, si può estrarre dalla conoscenza della funzione d'onda Psi. E per conoscerla occorre risolvere l'equazione dì Wheeler-DeWitt.

2 Il fattore di scala cosmico cioè, grosso modo, il raggio dell'Universo. Curiosamente, malgrado si sappia che l'Universo si espande, e quindi il fattore di scala deve crescere nel corso del tempo, l'equazione non menziona da nessuna parte il tempo stesso.

3 Un fattore che ha a che fare con la cosiddetta scala di Planck, circa 100 miliardi di miliardi di volte più piccola di un protone. A questa scala persino le "maglie" che formano il tessuto dello Spazio sarebbero identificabili.

4 II campo scalare, un misterioso "campo di forze" che si ritiene esistesse all'inizio dell'Universo. Le sue origini sono ignote, ma si pensa che abbia svolto un ruolo fondamentale durante il Big Bang.

5 Il potenziale scalare, che dà una misura dell'entità del campo scalare, e quindi della sua capacità di far espandere l'Universo. Mentre un tempo si pensava che dop il Big Bang fosse calato fino a zero, forse ha tuttoi un effetto sul Cosmo.(science)


23/12/13

Il bello della…matematica!

Sapete il perché le particelle prediligono essere espresse da equazioni belle anziché brutte? Come mai la matematica va d’amore e d’accordo con tutto ciò che è “bello”? Ci pensa il premio Nobel per la fisica Paul Dirac a provare a dare una risposta, anzi…ha provato a darla molto tempo fa, visto che è vissuto nel secolo scorso, con il suo libroLa bellezza come metodo”. Il manoscritto detiene i più importanti scritti e conferenze dell’illustre scienziato, tra i maggiori fondatori della meccanica quantistica e della fisica moderna.
Narrando una parte della propria vicenda scientifica, l’autore prova a spiegare come l’idea di bellezza sia il fondamento della matematica e della fisica. In senso lato, la matematica è lo strumento per indagare il mondo fisico, dunque la “Natura”: questa efficacia della matematica nella fisica è la conseguenza di una corrispondenza – o addirittura di una coincidenza – delle due discipline, che tenderanno ad unificarsi. In tale prospettiva, la bellezza diventa il metodo con cui lo scienziato deve procedere: da un lato essa è una sorta di guida nella ricerca scientifica, dall’altro un criterio di valutazione delle teorie.

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"La Bellezza del Mondo" di Dirac
Un esempio del legame tra la matematica, la fisica e la bellezza? In fisica non tutti i fenomeni possono essere rappresentati mediante equazioni semplici: la teoria della relatività di Einstein sviluppa un’elaborazione complessa della gravitazione. Sebbene manchi di semplicità, la teoria viene resa accettabile per tutti. E questo è possibile grazie alla sua bellezza, che si manifesta, ad esempio, nella rivoluzione del concetto di spazio-tempo: le tre dimensioni spaziali e la dimensione temporale sono unificate in un’unica realtà quadridimensionale.

In generale, Dirac preferisce cercare le leggi della Natura partendo dalla matematica astratta, piuttosto che dai fenomeni con cui essa si manifesta. Uno dei due limiti che individua nella meccanica quantistica, infatti, è la “sconfitta” del determinismo, sostituito dalla visione probabilistica. Così la natura è sottoposta alle leggi della probabilità e in qualche modo non più a quelle della matematica: proprio per questo Dirac, raggiungendo le vette del suo ‘matematicismo’, sospetta che i fondamenti della meccanica quantistica non siano ancora definitivi.

Nel libro, lo scienziato premio Nobel racconta come è arrivato alla famosa “equazione di Dirac” (iγ·∂ψ = mψ) - che da lui prende il nome -, la quale descrive il comportamento dell’elettrone tenendo conto sia della meccanica quantistica che della relatività einsteiniana. C’è un problema però: nella meccanica quantistica, e dunque anche nel modo in cui essa descrive le particelle, sono presenti alcuni “infiniti”: si tratta di quantità infinitamente grandi, che di fatto violano i principi fisici. Questi infiniti sono espressione di un’imperfezione, che rende la teoria “brutta”: in questo caso, è un po’ come se dicessimo che anche l’elettrone ‘insegue la bellezza’ (dato che è come se ‘non accettasse’ questa violazione). I fisici perciò pongono riparo al problema mediante altre teorie, come quella della rinormalizzazione, un metodo che cancella queste quantità enormi.

Un altro problema riguarda il valore di “α”, una delle costanti più usate in fisica (che al suo interno contiene un parametro elettromagnetico fondamentale, la carica elettrica elementare); la domanda è: perché il rapporto 1/α vale proprio 137 e non un altro numero? Si tratta di un quesito sondato a lungo che non ha avuto una risoluzione significativa. Dunque, ecco un altro esempio di come la mancanza di bellezza corrisponda all’assenza di una spiegazione matematica (almeno per il momento): a conferma dell’ipotesi dell’autore, secondo cui la bellezza è il fondamento di questa disciplina.

L’autore racconta anche un episodio legato al fisico Schrödinger, il quale non pubblicò l’equazione relativistica sul comportamento dell’elettrone nell’atomo di idrogeno: essa era esteticamente bella, ma non era confermata dagli esperimenti. L’equazione originale di Schrödinger fu riscoperta in seguito da Klein e Gordon, che la pubblicarono. “Credo che ci sia una morale in questa storia”, afferma Dirac nel suo libro. “È più importante che le equazioni siano belle piuttosto che in accordo con gli esperimenti”.



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