Il-Trafiletto
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10/10/14

Vive otto mesi come nell'Alto Medioevo: l'esperimento di un ragazzo di ventiquattro anni

Come ci troveremmo se improvvisamente fossimo trasportati nell'Alto Medioevo? Sapremmo adattarci allo stile di vita di quell'epoca, senza tutte le comodità di cui usufruiamo oggi, isolati dal resto del mondo, e con il pensiero di dover lavorare duramente per procurarci di che sopravvivere? Le implicazioni socio-psicologiche sarebbero davvero incredibili.

Ma qualcuno ha pensato bene di fare questo straordinario esperimento, Pavel Sapozhnikov, un ragazzo ventiquattrenne che ha vissuto per ben otto mesi come le popolazioni che abitavano la sua regione intorno al XI secolo. In pratica Pavel ha condotto uno stile di  vita ascetico e ha ridotto al minimo ogni contatto umano per tutta la durata dell'esperimento. 

Pavel Sapozhnikov
nei panni di contadino dell'Alto Medioevo
immagine presa dal web
Scopo dell’esperimento era vivere nella replica di un’antica fattoria, evitando ogni comodità moderna: “Vivo da solo nel passato”, ha sintetizzato significativamente Pavel. L’idea è venuta a Pavel in collaborazione con Alexei Ovcharenko, titolare di una società che si occupa di ricostruzioni storiche e insieme hanno preparato l'esperimento, impiegando circa un anno per metterlo a punto, a partire dal determinare la durata ideale, alla fine fissata in otto mesi (da settembre 2013 a maggio 2014) perché consentiva loro di sperimentare diverse teorie, ma senza essere di una lunghezza tale da fare rischiare a Pavel conseguenze psicologiche permanenti.

 Le regole cui ha dovuto attenersi Pavel erano piuttosto stringenti, poteva usare solo strumenti ed attrezzi esistenti nel periodo, evitando accuratamente di usare oggetti di cui non disponevano i contadini di quei tempi, e doveva pescare e cacciare nella foresta per procurarsi il cibo (gli unici motivi per cui gli era consentito lasciare la fattoria). In più gli era concessa una quantità prefissata di cibo coltivato. Rigorosamente vietato ogni contatto con l’esterno, eccetto per le visite del team di ricerca una volta al mese. Pavel non aveva precedenti esperienze di vita a così stretto contatto con la natura: per prepararsi ha dovuto studiare molto e allenarsi per diverse attività: “Non è certo una vita comoda, per gli standard moderni, ma per una persona allenata è abbastanza fattibile”, racconta Pavel.

Pavel con la capra all'interno della fattoria












10/09/14

Sensazionale esperimento:Telepatia provata scientificamente

Questa è una prova che gli esseri umani hanno poteri telepatici? Due uomini, 4.600 miglia di distanza, si scambiano messaggi usando solo le loro menti


Con una benda che copre gli occhi, tappi per le orecchie e cancellando quasi tutti i suoni, il dottor Michel Berg, seduto in un laboratorio di state-of-the-art presso l'Università di Strasburgo, in Francia nord-orientale, incomincia a pensare. Quasi 5.000 chilometri di distanza, in un centro di ricerca nella città indiana del Kerala, un giovane spagnolo chiamato dottor Alejandro Riera con un casco in tesata a tenuta ermetica, davanti ad un computer portatile su un tavolo bianco, anche lui inizia a pensare. Il 28 marzo di quest'anno, dottor Berg (51enne) e il suo omologo lontano 5.000 chilometri, avrebbero tentato qualcosa che era accaduto in precedenza solo nei regni esotici della fantascienza.

L'esperimento dei due scienziati era finalizzato ad inviare un messaggio semplice, tra l'altro, attraverso i continenti, senza utilizzare nessuno dei cinque sensi che gli esseri umani  - e in effetti anche gli animali - hanno per millenni utilizzato per comunicare. Speravano di ottenere ciò che gli scienziati chiamano "mind-to-mind direct technological communication" (comunicazione tecnologica diretta da mente a mente) che il resto del mondo conosce in una stuzzicante parola: telepatia

L'esperimento della trasmissione del pensiero è avvenuta in condizioni di assoluta segretezza. Fino a poco tempo fa, solo una piccola squadra di dodici ricercatori (tra cui il dottor Berg e il dottor Riera) erano a conoscenza della sua esistenza. Ma pochi giorni fa un un sito web poco conosciuto, al di fuori del mondo accademico, ha pubblicato un articolo scientifico, in anteprima, con i dettagli sull'esito dell'esperimento. La relazione è lunga e scritta con linguaggio tecnico. Per un profano, le sue conclusioni sembreranno poco sensazionali, ma in quel pomeriggio di marzo, il dottor Berg e il dottor Riera sono effettivamente riusciti ad ottenere una "comunicazione consapevole mente-a-mente".

Questo, in parole povere, significa che hanno effettuato la prima conversazione telepatica scientificamente documentata nella storia umana. Il duo ha condiviso solo due parole: il saluto 'hola' spagnolo, e il 'Ciao' italiano. Eppure l'esperimento, anche se manca di complessità, è sicuramente costituito dalla potenziale importanza storica. "Abbiamo dimostrato che è possibile inviare un messaggio mentale tra due persone, senza usare la vista, il tatto, il suono, il gusto o l'odore", ha detto il Dr Berg. "Questo è naturalmente è un piccolo passo, ma la scoperta potrebbe alla fine avere un profondo impatto sulla civiltà". Le possibilità di telepatia sono, infatti, infinite.

Un impiego nel campo della medicina: potrebbe aprire la possibilità di essere in grado di comunicare con  le persone in coma". Il Dr Berg ritiene che nei prossimi decenni la loro ricerca potrebbe essere utilizzata per aiutare le vittime di ictus, paraplegici che potrebbero trasmettere istruzioni agli arti artificiali, e per chi soffre di sindromi che bloccano la parola e il movimento.

Nel campo militare: i soldati potrebbero un giorno essere in grado di usare la telepatia per parlare attraverso un campo di battaglia rumorosa, senza dover contare sulla radio o apparecchiature satellitari che potrebbe rompersi, o essere intercettati dai loro nemici.

Le famiglie potrebbero usarlo per avere conversazioni senza bisogno di un telefono. In un regno vagamente orwelliano, che solleva profonde questioni etiche, i poliziotti potrebbero utilizzarlo per leggere le menti dei potenziali criminali, e giuridicamente potrebbe garantire testimoni che dicono la verità. Potremmo anche essere in grado di comunicare con i morti (se viene trovato un modo per mantenere i loro cervelli "vivo"). "Questo è un primo passo verso l'apertura di un nuovo modo di comunicare direttamente da un cervello all'altro", dice il dottor Carles Grau, professore presso l'Università di Barcellona, ​​che ha lavorato al progetto. "Nuovi protocolli legali saranno ovviamente necessari un giorno per regolamentare la complessità di una futura civiltà che comunica con il cervello".
Due scienziati si sono scambiati un messaggio semplicemente
usando il potere delle loro menti. La ricerca potrebbe avere
iplicazioni sconcertanti per il futuro dell'umanità.


24/08/14

Hano fatto...cosa? | Un'adulto può tornare bambino


Adulti in corpi virtuali infantili. 

Che cosa hanno fatto? 
Grazie a uno schermo fissato alla testa e a una tuta per rilevamento corporeo, è stato consentito ad alcuni adulti di sperimentare, in un sistema di realtà virtuale, che cosa significa avere il corpo di un bambino di quattro anni, o più precisamente, un corpo adulto di dimensioni pari a quello di un bambino.

Che cosa è successo?
I volontari hanno riferito ai ricercatori (psicologi dell'Università di Barcellona) di sentirsi padroni dei loro corpi virtuali, anche se l'illusione si è presto dissolta se le immagini computerizzate non riflettevano esattamente i movimenti compiuti nella realtà. I volontari tendevano a sovrastimare la dimensione di oggetti vicini, soprattutto se il corpo loro assegnato era quello di un bambino.

Che cosa significa? 
Scopo dell'esperimento era verificare se modificando l'autopercezione si altera anche la valutazione dello spazio circostante effettuata dal soggetto. La risposta è sicuramente affermativa: questo risultato si rivelerà particolarmente utile per gli sviluppatori di giochi di realtà virtuale.(science)

27/05/14

La tavola periodica | Come abbiamo fatto a scoprire la sua struttura.

La tavola periodica degli elementi è conosciuta a gran parte degli studenti di tutto il mondo, ma c'è voluto un secolo di progressi scientifici per completarla.

Al grande fisico Ernest Rutherford è attribuita la celebre frase "Le uniche scienze sono fisica o filatelia", con irritazione degli studiosi di tutte le altre discipline scientifiche delle generazioni successive. Nonostante tutto, quando gli venne assegnato nel 1908 il premio Nobel per un esperimento di fisica, il riconoscimento fu per la chimica. Rutherford la prese con spirito, commentando sulla sua "trasmutazione istantanea da fisico a chimico".

Rutherford svolse un ruolo fondamentale nella determinazione che sarebbe proseguita nel corso del XX secolo di una legge periodica che governa gli elementi chimici; oggi la nostra comprensione degli elementi si deve sia alla fisica che alla chimica.
I cinque elementi platonici
(immagine dal web)

La legge fu scoperta esattamente 145 anni fa, nel febbraio del 1869, da Dmitrij Mendeleev e da altri chimici come lui. Anche se viene considerato un chimico, Mendeleev trascorse pochissimo tempo in laboratorio alla ricerca degli elementi. Che cosa sia effettivamente un elemento è stato oggetto di un lungo dibattito e in qualche misura è tuttora un problema aperto.

Il concetto di elemento risale agli antichi filosofi greci, che nel nostro mondo ne riconoscevano solo quattro: aria, acqua, fuoco, terra. Gli elementi corrispondevano ai quattro solidi platonici studiati dai matematici, ovvero sia il cubo, l'icosaedro, l'ottaedro e il tetraedro. Cosi la fluidità dell'acqua si riteneva dovuta alla forma relativamente poco spigolosa dell'icosaedro con le sue venti facce, mentre il dolore provocato dal contatto con il fuoco era spiegato dai vertici aguzzi del tetraedro. Quando poi fu scoperto il quinto elemento solido platonico, il dodecaedro con 12 facce, Aristotele propose l'esistenza di un quinto elemento: la "quintessenza", l'etere dei cieli.(science)

24/01/14

Il primo fascio non si scoda mai...di anti-protoni | Dall'esperimento al Cern di Ginevra nasce il primo fascio anti-protoni!

Il primo fascio non si scorda mai...di anti-protoni! Dall’esperimento Asacusa al Cern di Ginevra per la prima volta si è riusciti a sviluppare il primo fascio di atomi di anti-idrogeno. Il traguardo raggiunto è stato presentato in un articolo pubblicato su Nature Communications, dove la collaborazione scientifica ci spiega in maniera esaustiva come si è giunti a lanciare 80 atomi di anti-idrogeno 2,7 metri a valle della sorgente.

“Il risultato appena pubblicato", spiega Luca Venturelli dell’INFN di Brescia e dell’Università di Brescia che coordina il gruppo italiano della collaborazione "rende molto più concreta e vicina la possibilità di realizzare misure di precisione con gli atomi di anti-idrogeno. E sondare le caratteristiche dell’antimateria", prosegue il ricercatore "può aiutare a risolvere uno dei grandi misteri della fisica moderna: la prevalenza di materia rispetto all’antimateria nell’universo visibile”.
Fascio anti-idrogeno

Il risultato è stato ottenuto grazie a una tecnica innovativa. Oggi è possibile produrre quantità significative di anti-idrogeno mescolando antielettroni (detti anche positroni) e antiprotoni a bassa energia prodotti dal deceleratore di antiprotoni del Cern. La difficoltà però sta nel mantenere gli antiatomi prodotti lontano dalla materia ordinaria, per evitare che annichilino (materia e antimateria, infatti, quando entrano in contatto si annichilano vicendevolmente). Per fare ciò gli esperimenti hanno sfruttato finora le proprietà magnetiche dell’anti-idrogeno utilizzando campi magnetici fortemente non uniformi per “intrappolare” gli antiatomi abbastanza a lungo per studiarli.

Tuttavia, i campi magnetici perturbano questi sistemi di anti-atomi compromettendo così la precisione delle misure e quindi lo studio del loro comportamento. Per consentire una spettroscopia pulita ad alta risoluzione, la collaborazione Asacusa ha sviluppato una tecnica innovativa: produrre un fascio di antiparticelle in modo da studiare gli antiatomi “in volo”, lontano dai campi magnetici. A 2,7 metri di distanza dalla sorgente, infatti, l’influenza dei campi magnetici utilizzati inizialmente per produrre gli antiatomi è piccola, quindi lo stato del sistema subisce perturbazioni minime.

Ma perché studiare l’antimateria?
Al momento del Big Bang, materia e antimateria si sono prodotte in uguali quantità. Ma noi oggi viviamo in un mondo fatto di materia e dell’antimateria primordiale non è mai stata trovata traccia. La materia ha quindi prevalso sull’antimateria e l’origine di questa asimmetria non è nota. Essendo composto da un singolo protone e un singolo elettrone, l’idrogeno è il più semplice atomo esistente e uno dei sistemi investigati con maggior precisione e meglio compreso nella fisica moderna. Così confrontare atomi di idrogeno e anti-idrogeno costituisce uno dei modi migliori per eseguire test di alta precisione sulla simmetria tra materia e antimateria. Gli spettri di idrogeno e anti-idrogeno sono previsti essere identici: ogni piccola differenza tra loro potrebbe aiutare a risolvere il mistero dell’asimmetria e aprire una finestra sulla “nuova fisica”.

27/12/13

Vivere fino a 400 anni! Forse si sa come fare.

Riuscire a prolungare la propria vita ( chissà mai perchè dovremmo poi farlo!? ) fino a 400 anni: forse sapremo come fare! Pare che gli scienziati del Buck Institute in California abbiano eseguito degli studi davvero incredibili su di un verme, riguardo al prolungamento della vita. Non ci crederete ma i risultati ottenuti sono a dir poco sbalorditivi! Ogni essere umano o quasi, vorrebbero vivere di più dell’età prevista, ma forse è stata trovata la strada che potrebbe allungare la vita, fino ad arrivare a circa 400 anni.

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vermi geneticamente modificati
Lo studio è stato effettuato su un verme di laboratorio che è stato geneticamente modificato, riuscendo dunque ad ottenere un risultato di vita allungata a quasi mezzo millennio! Pure sui topi sono stati fatti degli esperimenti similari: al momento l’aumento della vita di questi animali è stata ampliata del 30/40%, ma gli studiosi sono convinti che a breve riusciranno ad aumentare la percentuale.

Gli scienziati e ricercatori del Buck Institute in California, importante istituto di ricerca americano, hanno provato la manipolazione di due geni sui vermi, tra cui uno sente quanta insulina c’è a disposizione nel corpo e l’altro, invece, sente la quantità di aminoacidi.

Per dirla tutta i ricercatori si aspettavano un’estensione del 130% manipolandoli entrambi, invece l’esito ha dato un risultato del 500%, questo vorrebbe dire che se accadesse una cosa del genere su un corpo umano, la vita arriverebbe a 400 anni: pazzesco vero? Per poter provare questo esperimento sull’uomo, i ricercatori avrebbero bisogno di farmaci che diminuiscano i forti effetti collaterali che, questi studi provocano, perchè la strategia che vogliono provare è quella della limitazione calorica.

23/12/13

Il bello della…matematica!

Sapete il perché le particelle prediligono essere espresse da equazioni belle anziché brutte? Come mai la matematica va d’amore e d’accordo con tutto ciò che è “bello”? Ci pensa il premio Nobel per la fisica Paul Dirac a provare a dare una risposta, anzi…ha provato a darla molto tempo fa, visto che è vissuto nel secolo scorso, con il suo libroLa bellezza come metodo”. Il manoscritto detiene i più importanti scritti e conferenze dell’illustre scienziato, tra i maggiori fondatori della meccanica quantistica e della fisica moderna.
Narrando una parte della propria vicenda scientifica, l’autore prova a spiegare come l’idea di bellezza sia il fondamento della matematica e della fisica. In senso lato, la matematica è lo strumento per indagare il mondo fisico, dunque la “Natura”: questa efficacia della matematica nella fisica è la conseguenza di una corrispondenza – o addirittura di una coincidenza – delle due discipline, che tenderanno ad unificarsi. In tale prospettiva, la bellezza diventa il metodo con cui lo scienziato deve procedere: da un lato essa è una sorta di guida nella ricerca scientifica, dall’altro un criterio di valutazione delle teorie.

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"La Bellezza del Mondo" di Dirac
Un esempio del legame tra la matematica, la fisica e la bellezza? In fisica non tutti i fenomeni possono essere rappresentati mediante equazioni semplici: la teoria della relatività di Einstein sviluppa un’elaborazione complessa della gravitazione. Sebbene manchi di semplicità, la teoria viene resa accettabile per tutti. E questo è possibile grazie alla sua bellezza, che si manifesta, ad esempio, nella rivoluzione del concetto di spazio-tempo: le tre dimensioni spaziali e la dimensione temporale sono unificate in un’unica realtà quadridimensionale.

In generale, Dirac preferisce cercare le leggi della Natura partendo dalla matematica astratta, piuttosto che dai fenomeni con cui essa si manifesta. Uno dei due limiti che individua nella meccanica quantistica, infatti, è la “sconfitta” del determinismo, sostituito dalla visione probabilistica. Così la natura è sottoposta alle leggi della probabilità e in qualche modo non più a quelle della matematica: proprio per questo Dirac, raggiungendo le vette del suo ‘matematicismo’, sospetta che i fondamenti della meccanica quantistica non siano ancora definitivi.

Nel libro, lo scienziato premio Nobel racconta come è arrivato alla famosa “equazione di Dirac” (iγ·∂ψ = mψ) - che da lui prende il nome -, la quale descrive il comportamento dell’elettrone tenendo conto sia della meccanica quantistica che della relatività einsteiniana. C’è un problema però: nella meccanica quantistica, e dunque anche nel modo in cui essa descrive le particelle, sono presenti alcuni “infiniti”: si tratta di quantità infinitamente grandi, che di fatto violano i principi fisici. Questi infiniti sono espressione di un’imperfezione, che rende la teoria “brutta”: in questo caso, è un po’ come se dicessimo che anche l’elettrone ‘insegue la bellezza’ (dato che è come se ‘non accettasse’ questa violazione). I fisici perciò pongono riparo al problema mediante altre teorie, come quella della rinormalizzazione, un metodo che cancella queste quantità enormi.

Un altro problema riguarda il valore di “α”, una delle costanti più usate in fisica (che al suo interno contiene un parametro elettromagnetico fondamentale, la carica elettrica elementare); la domanda è: perché il rapporto 1/α vale proprio 137 e non un altro numero? Si tratta di un quesito sondato a lungo che non ha avuto una risoluzione significativa. Dunque, ecco un altro esempio di come la mancanza di bellezza corrisponda all’assenza di una spiegazione matematica (almeno per il momento): a conferma dell’ipotesi dell’autore, secondo cui la bellezza è il fondamento di questa disciplina.

L’autore racconta anche un episodio legato al fisico Schrödinger, il quale non pubblicò l’equazione relativistica sul comportamento dell’elettrone nell’atomo di idrogeno: essa era esteticamente bella, ma non era confermata dagli esperimenti. L’equazione originale di Schrödinger fu riscoperta in seguito da Klein e Gordon, che la pubblicarono. “Credo che ci sia una morale in questa storia”, afferma Dirac nel suo libro. “È più importante che le equazioni siano belle piuttosto che in accordo con gli esperimenti”.



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