Il-Trafiletto
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30/06/14

Filmata l'attività cerebrale

Attività cerebrale
del pesce zebra
Potrebbe sembrare un'immagine dall'alto delle luci di una città: invece la foto qui a sinistra mostra il cervello di un pesce zebra allo stadio larvale, con l'attività elettrica dei singoli neuroni bene in evidenza.

Il fermo.immagine è stato ricavato dalle primissime riprese di un cervello completo di vertebrato al lavoro, che mostra in dettaglio che cosa accade a livello neuronale. Realizzato da Philipp J. Keller dell'Howard Hughes Medical Institute, in Virginia, insieme al collega Misha Arens, il video consente di visualizzare le modalità di interazione di diverse aree cerebrali. E' stato possibile riprenderle grazie a pesci zebra geneticamente ingegnerizzati, le cui cellule cerebrali sintetizzano una proteina che diventa fluorescente durante la trasmissione di segnali neuronali.

Il filmato mostra 80% dei 100mila neuroni del pesce: fino a oggi, era stato possibile visualizzare solo poche migliaia di neuroni per volta. Il video è disponibile all'indirizzo http://bit.Iy/ZhFMhp. (science)






13/03/14

Conseguenze maggiori per le donne dopo un ictus | Sono molto più gravi i danni di un ictus nelle donne rispetto agli uomini.

Conseguenze maggiori per le donne dopo un ictus | Sono molto più gravi i danni di un ictus nelle donne rispetto agli uomini.

Dopo circa un'anno di tempo trascorso da un attacco di ictus, la qualità della vita delle donne è peggiore rispetto a quella degli uomini. Ormai è stato accertato che l'ictus lascia più danni permanenti di una importanza rilevante nella vita delle donne rispetto a quella degli uomini.

A prova di quanto deto ci sono i risultati di una ricerca eseguita al Wake Forest Baptist Center di Winston-Salem (Stati Uniti): in base ai risultati pubblicati sulla rivista di Neurology la qualità della vita delle donne scampate a questo attacco cerebrovascolare è peggiore rispetto a quella degli uomini sia in termini di capacità motorie, sia per il dolore i fastidi e i problemi di ansia o depressione con cui devono convivere.

Gli autori dello studio, coordinati dalla docente di neurologia Cheryl Bushnell, hanno valutato la qualità della vita di 1.370 pazienti di età compresa tra i 56 e i 77 anni 3 mesi e 1 anno dopo l'ictus o l'attacco ischemico transitorio da cui sono stati colpiti.
“Abbiamo scoperto – ha spiegato l'esperta - che le donne hanno una qualità della vita peggiore rispetto agli uomini fino a 12 mesi dopo un ictus, anche dopo aver tenuto conto di importanti differenze nelle variabili sociodemografiche, nella gravità dell'ictus e nella disabilità”.
Danni maggiori dopo un ictus nelle donne

I problemi sono particolarmente evidenti nelle donne che hanno superato i 75 anni di età, ma come ha precisato Bushell anche se le donne incluse nello studio erano più anziane rispetto agli uomini “l'età ha davvero un effetto molto limitato sulla qualità della vita”. “Dato che sempre più persone sopravvivono all'ictus ha concluso Bushnell i medici e gli altri operatori sanitari dovrebbero fare attenzione i problemi riguardanti la qualità della vita per mettere a punto strategie d'intervento migliori, inclusi strumenti di screening genere-specifici, per migliorare le vite dei pazienti”.

20/02/14

Video istruttivi e attività celebrale

Un team di ricercatori italiani dell'Ospedale San Raffaele di Milano, guidati da Massimo Filippi, professore associato di neurologia, ha individuato come l'osservazione di video istruttivi ovvero i "come fare a..." associati ad un'attività manuale, possa stimolare il cervello e favorire un miglioramento delle capacità motorie.
Lo studio è stato condotto su 36 volontari (senza problemi di salute) divisi un due gruppi, a cui è stato richiesto di svolgere ogni giorno per quaranta minuti, tre diversi tipi di attività. Ad un gruppo (gruppo A), sono stati "somministrati" dei filmati istruttivi, relativi allo svolgimento di semplici attività; all'altro (gruppo B), invece, filmati rappresentativi, mostranti cioè paesaggi, città, etc. Dopo questa prima fase, si sono eseguiti dei test per valutare le funzioni sia motorie sia manuali dei soggetti e e le variazioni di volume del cervello. Dai risultati è emerso che i soggetti del primo gruppo (gruppo A) mostravano un miglioramento delle prestazioni motorie undici volte maggiore rispetto i soggetti del secondo gruppo ( gruppo B). Questi risultati possono essere attribuiti ai neuroni specchio, quei neuroni che si attivano quando osserviamo un'azione compiuta da altri e la ripetiamo.  Inoltre lo studio dimostra che "Anche da adulti il nostro cervello è in grado di apprendere meglio le abilità solo guardando l'attività che si deve svolgere" come sostiene il professore Paolo Preziosa, autore dello studio.
La ricerca pone le basi per studi futuri, specialmente sui soggetti affetti da sclerosi multipla, dal momento che i ricercatori ritengono che i risultati ottenuti avvalorino l'ipotesi che la ricerca possa contribuire a migliorare le prestazioni motorie dei soggetti in riabilitazione e ridurre la disabilità, laddove l'attività motoria è compromessa.

27/12/13

Commozioni cerebrali: che ruolo svolge l’Alzheimer?

Commozioni cerebrali, traumi cranici e rischio malattie degenerative, come l'Alzheimer. Già da qualche tempo nei “salotti” competenti si parla di questo probabile legame, infatti nel settembre scorso correva la notizia che i giocatori professionisti di football fossero esposti al rischio di sviluppare malattie neurodegenerative come Alzheimer e Sla fino a 3/4 volte in più rispetto a quello presente nella popolazione in generale.
Tra le tante ipotesi proposte dagli studiosi per dare una spiegazione a tutto ciò, ne spicca una in particolare non confermata, che all'origine di quanto detto sopra, potesse esserci una maggior frequenza nei giocatori di football di commozioni cerebrali. Oggi uno studio pubblicato su Neurology aggiunge nuovi dettagli sul possibile legame tra danni cerebrali e malattie neurodegenerative.

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Scansioni cerebrali
Per la loro ricerca gli scienziati guidati da Michelle Mielke del Mayo Clinic di Rochester hanno analizzato le scansioni cerebrali di quasi 600 persone, 141 dei quali con problemi di memoria e difficoltà cognitive (una condizione generalmente definita di deterioramento cognitivo lieve), registrando anche quanti di loro avevano avuto dei danni cerebrali con perdita di coscienza o memoria.

Analizzando i risultati, gli scienziati hanno trovato più placche amiloidi solo nel gruppo di persone con problemi cognitivi. In particolare quelli con problemi di memoria e che avevano riferito storie di trauma cranici passati avevano circa il 18% in più di placche amiloidi di quelli che non avevano avuto traumi. Dati che se da una parte "aggiungono valore all'idea che la commozione cerebrale e l'Alzheimer possano essere correlate", ha commentato Mielke, dall'altro non chiariscono che tipo di legame ci sia, come precisa la ricercatrice: "Il fatto che non abbiamo trovato un legame in quelli senza problemi cognitivi o di memoria suggerisce che qualsiasi associazione tra trauma cranico e placche amiloidi è complessa."
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