Il-Trafiletto
Visualizzazione post con etichetta antico. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta antico. Mostra tutti i post

13/08/14

Canicola | Da dove viene il termine | Onde | Cos'è che le causa?

La canicola, antico termine dell'emisfero settentrionale
Da dove deriva il termine "canicola" ? 

Questo antico termine si riferisce al periodo di caldo che, nell'emisfero settentrionale, si verifica comunemente a luglio e agosto.

Il nome viene dal fatto.che in questo periodoca stella Sirio (detta in. latino canìcula cioè "cagnetta" appartenente alla costellazione del Cane maggiore) sorge contemporaneamente, o "poco prima del Sole. Gli antichi astronomi immaginarono erroneamente'che la comparsa simultanea della luce maggiore del giorno (il Sole) e della.stella più luminosa della notte (Sirio) fosse responsabile del calda estremo di quei giorni.
Che cosa causa le onde del mare?

Che cosa è che causa le onde?

Le onde si formano prevalentemente quando il vento soffia sulla superficie del mare e solleva una parte dell'acqua.

Questo movimento, poi, si propaga anche a grandi distanze ed è per questo che a volte si vedono le onde anche in assenza di vento. La loro altezza dipende dall'intensità di quest'ultimo, dalla sua durata, dalla velocità e dal fetch, lo spazio di mare lungo il quale soffia. Nel Mediterraneo ci sono fetch limitati quindi sono rare onde alte più di qualche metro. Nell'oceano, invece, che è più aperto, possono raggiungere anche i 15-20 metri.(science)




29/03/14

TREBBIANO: «Nemo propheta in patria est»

Il Trebbiano: la sua storia antica risale al primo secolo dopo Cristo

Il trebbiano romagnolo diffuso anche in territorio internazionale
Noto col suo nome
"Trebulanus" fin dall'epoca classica, menzionato da Plinio il Vecchio
Le sue uve sono adoperate addirittura per i prestigiosi e sopraffini cognac francesi

Il Trebbiano è un vino a maggior diffusione a livello nazionale e internazionale, ma nella sua terra è forse il meno amato. «Nemo propheta in patria est», ammonisce d'altronde un antico adagio. È indubbio però che se una simile situazione fosse reale, se davvero cioé i romagnoli snobbassero il loro Trebbiano, meriterebbero come minimo di esser tacciati quali irriconoscenti. E già perché il Trebbiano, al di là di apprezzamenti soggettivi (che comunque merita in termini assai positivi), è di estrema resa, garantendo una produzione elevata e un'offerta che più di altre risulta commercialmente vincente. Come vino da tutto pasto, col suo gusto discreto che mai stona in tavola abbinandosi con le più disparate pietanze, sa farsi spesso preferire infatti anche a vini ben più nobili e prelibati. Il Trebbiano dunque è sì umile, ma solo nel senso migliore della parola: non si dà arie da .«grandeur» (nonostante le sue uve siano adoperate addirittura per i prestigiosi e sopraffini cognac francesi; tali in pratica sono quelle del vitigno «Saìnt-Emilion»), non pretende che lo si aspetti maturare (lo è fin da subito e va bevuto giovane) e non chiede di veders
i abbinato su misura il cibo: lo affianca esso stesso senza problemi e senza mai sfigurare. E poi è sempre più che gradevole, col suo modo d'essere ben asciutto ed equilibrato.

Aggiungi didascalia














Fra i suoi estimatori più illustri, va citato Alessandro Tassoni, il poeta modenese de «La secchia rapita», vissuto a cavallo fra '500 e '600. Il Trebbiano ha saputo aspettare con pazienza il meritato riconoscimento delle sue qualità: ha ottenuto la Doc nel 1973, buon ultimo della triade dei vini romagnoli nonostante sia di questa il più antico. Già era noto col suo nome fin dall'epoca classica, se è vero che Plinio il Vecchio (grande naturalista e scrittore romano del I secolo dopo Cristo) nella sua «Naturalis Hìstoria » già parla del «Trebulanus» coltivato in Campania, vino prediletto dai legionari nelle loro spedizioni (e in tale veste è raffigurato in un bassorilievo romano di Treviri). Non era certo quello di oggi, secco e deciso, quanto piuttosto un vino ben più aromatizzato, ma il ceppo è sempre lo stesso. In Romagna furono però gli etruschi ad introdurlo, come suggerisce un altro dotto latino, Terenzio Varrone, quando ricorda l'arrivo di questo popolo nella terra romagnola, dove bonificò terre, fondò città e introdusse nuove piante fra cui l'Albana, il Trebbiano e la Canina. Da «Trebulanus» (parola derivata forse dalla città osca di Trebula, l'attuale Treglia in provincia di Caserta) a «Trebìanum» scorre un passo di oltre un millennio. Dopo le antiche citazioni in lingua classica, una delle prime in latino medievale risale al 1364, data di pubblicazione dell'elenco dei vini ammessi alle cantine di Palazzo della Signoria. A quel tempo lo storico edificio fiorentino era la sede dei priori, i signori della città. L'inserimento in un simile elenco significa che il Trebbiano era degno di far capolino nei pranzi di maggior prestigio. Il bolognese De' Crescenzi aveva però già scritto nel 1305 di un'uva detta trìbiana; e in quel secolo la parola, più o meno storpiata a seconda dei gerghi locali, era nota dalla Sicilia fino al Friuli, chiaro segnale che lo era anche il vino da esso prodotto. Fin da allora in Romagna questo sarà il «tarbian», con la lettera A finale dal suono cupo e nasale. Da circa 700 anni il Trebbiano è quindi conosciuto, con la sua attuale dizione, in terra romagnola, quella terra che lo ha finalmente elevato al rango di vino importante, seppur sempre nell'ambito di una discrezione che gli è propria sia per indole delle sue uve, che per qualità del nettare che ne scaturisce. Il vitigno romagnolo, per le caratteristiche sfumature deì, suoi acini e - come disse Aldo Spallicci - «dal biondo acceso de' suoi chicchi» è detto «della fiamma». A questo, definito anche «Trebbiano romagnolo», si contrappone quello «Montanaro», dal caratteristico colore ambrato. Va detto che quello della fiamma, a differenza delle altre uve da vino romagnole che poco amano le pianure verso il mare, trova terra feconda anche e soprattutto ad est della via Emilia, colorando con filari di viti i campi della Bassa Romagna. Il vino che se ne ricava è secco ed asciutto, leggero e sapido, brioso nella sua versione spumante, sia secca che amabile; e sempre grato e fragrante, come lo apostrofò l'abate Piolanti nel suo famoso ditirambo «Bacco in Romagna» dove lo considera «meglio del nettare, per verità».

26/02/14

Vecchio che di più non si può| Lo zircone il materiale più antico sulla Terra!

Vecchio che di più non si può. Lo zircone il materiale più antico sulla Terra! Tutto sommato, pare che lo Zircone possa proprio essere il materiale più antico che sia stato rinvenuto sulla Terra.

Gli scienziati della University of Madison-Wisconsin, infatti, hanno recentemente catalogato in un datario un piccolo frammento di zircone, venuto alla luce nel 2001 nelle Jack Hills, colline dell’Australia occidentale, scoprendo che il frammento di roccia ha circa 4 miliardi e mezzo di anni. Poco più vecchio del nostro pianeta stesso, che all’epoca ne aveva soltanto 160 milioni. Lo studio, pubblicato su Nature Geoscience, conferma la cosiddetta teoria della cool early Earth (Terra primordiale fredda), in base alla quale non tanto tempo dopo la solidificazione della crosta del pianeta le temperature erano già abbastanza basse per avere oceani liquidi e un’idrosfera.

Lo zircone, spiegano gli scienziati, è straordinariamente resistente a cambiamenti chimici e rappresenta quindi una vera e propria macchina del tempo che può aiutare a determinare la storia geologica e termica della Terra. L’analisi sul frammento è stata condotta usando una tecnica innovativa, detta tomografia a sonda atomica, combinata con la spettrometria di massa, che ha permesso di determinare la distribuzione degli atomi di piombo all’interno del microscopico campione, largo poco più di un millimetro. Anziché essere sparpagliati casualmente nel frammento, come previsto, gli atomi erano raggruppati insieme “come uvetta in un budino”, spiega John Valley, uno degli autori del lavoro.
Lo zircone: la materia più antica della Terra

Questi ammassi di atomi, secondo gli scienziati, si sarebbero formati un miliardo di anni dopo la cristallizzazione dello zircone (circa tre miliardi e mezzo di anni fa, dunque), in virtù del lento decadimento radioattivo di quest’ultimo: “Grazie a questa scoperta, possiamo leggere una nuova pagina del libro della storia termica del nostro pianeta”, dice ancora Valley. “La Terra si è assemblata a partire da materiali eterogenei del Sistema Solare.

Poi c’è stato un periodo di intenso bombardamento da meteore, compresa una collisione con un oggetto delle dimensioni di Marte circa 4 miliardi e mezzo di anni fa”. Secondo molti, fu quest’impatto a dare origine alla Luna. “I nostri campioni si sono formati dopo il raffreddamento del materiale fuso prodotto dalla collisione e ci consentono di datare esattamente questi eventi”. L’idrosfera terrestre, insomma, ha almeno 4 miliardi e mezzo di anni. Un’informazione indispensabile per capire anche quando sono apparse le prime forme di vita sul nostro pianeta.
Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.