Il-Trafiletto
Visualizzazione post con etichetta memoria. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta memoria. Mostra tutti i post

21/09/14

Giornata Mondiale dell'Alzheimer: dieci punti fermi

Oggi 21 settembre è la Giornata Mondiale dell’Alzheimer, la più  temuta forma di demenza neurodegenerativa, che affligge circa 26 milioni di persone in tutto il mondo e quasi 500mila in Italia. Questa malattia è dovuta all’accumulo tra i neuroni di una proteina, la beta-amiloide, che forma delle placche e causa la distruzione delle cellule nervose, con conseguente perdita progressiva di memoria, disfunzioni sensoriali, difficoltà nel linguaggio, confusione, irritabilità e aggressività.


Ecco dieci punti da ricordare bene che riguardano questa grave malattia:

 1. Un membro della mia famiglia ha l’Alzheimer, quindi lo avrò di certo anche io. Sebbene la storia familiare,cioè la predisposizione genetica, abbia un ruolo nell’insorgenza della malattia, solo il 5% di casi ha cause genetiche. La verità, dunque, è che chi ha un parente con disturbo ha solo una probabilità leggermente superiore di svilupparlo.

 2. La sindrome di Alzheimer è una malattia degli anziani. Certo, l’età è il più grande fattore di rischio. Ma questo non vuol dire che tutti sviluppino la malattia in età avanzata. Alcune persone si sono ammalate tra quaranta e cinquant’anni: “Quello che è importante comprendere”, racconta l’Alzheimer SocietyCanada, “non è parte normale dell’invecchiamento”.

 3. Esiste una cura per l’Alzheimer? Purtroppo no: al momento non esiste alcuna cura. Tuttavia, alcuni pazienti possono gestire i sintomi e migliorare la qualità di vita con farmaci che stabilizzano temporaneamente la memoria e le abilità cognitive (la Food and Drug Administration statunitense ne ha approvati quattro). La buona notizia è che la ricerca sta facendo grandi passi in avanti – alcune molecole, attualmente in fase di test clinici, si sono mostrate in grado di agire direttamente contro il processo neurodegenerativo della malattia.

4. Diminuzione o perdita di memoria non vuol dire avere l’Alzheimer. Sebbene molte persone abbiano problemi di memoria, questo non vuol necessariamente dire che abbiano l’Alzheimer. Nel momento in cui i deficit di memoria inficiano la vita quotidiana e sono abbinati a problemi cognitivi o di comunicazione, la cosa migliore da fare è rivolgersi a un neurologo per scoprire le cause dei sintomi.

5. La malattia si può prevenire? No, dal momento che non se ne conoscono esattamente le cause. Si suppone, comunque, che uno stile di vita che mantiene corpo e mente in forma possa aiutare a diminuire il rischio di sviluppare la malattia. Si tratta dei soliti suggerimenti: condurre un’alimentazione ricca di pesce, frutta e verdura; mantenere in allenamento il cervello; ridurre lo stress; tenere sotto controllo la pressione sanguigna, la glicemia e il colesterolo; mantenersi socialmente attivi.

6. Vitamine e integratori possono ridurre il rischio di sviluppare l’Alzheimer? No. O meglio, non lo si sa con certezza. Sono stati effettuati diversi studi per capire se vitamine, integratori e farmaci per la memoria possano prevenire la malattia. I risultati ottenuti finora sono piuttosto nebulosi e non hanno risposto alla domanda.

 7. Il vaccino per l’influenza può provocare l’Alzheimer? Fortunatamente, si tratta di una bufala messa in circolazione da un medico statunitense poi radiato dall’ordine. In realtà, diversi studi  hanno collegato il vaccino per l’influenza e altre vaccinazioni a un rischio ridotto di contrarre la malattia e a un miglior stato di salute generale.

8. Bere da lattine con alluminio o cucinare in pentole che contengono alluminio può provocare l’Alzheimer? Il collegamento tra alluminio e Alzheimer è stato ipotizzato per la prima volta negli anni sessanta. Da allora, però, diversi studi hanno smentito ogni correlazione o, per lo meno, non hanno trovato alcuna prova definita che la dimostri.

9. I colpi alla testa provocano l’Alzheimer? Sebbene alcuni studi abbiano mostrato che la malattia sia leggermente più comune tra persone che hanno subito un forte trauma cerebrale (accompagnato da perdita di conoscenza), è necessaria una ricerca più approfondita per tracciare una correlazione diretta e capire cosa succeda esattamente al cervello dopo tali traumi.

10.  “L’Alzheimer”, spiega Alz.org, un’associazione statunitense, “non lascia sopravvissuti. Distrugge le cellule cerebrali e causa cambiamenti nella memoria, comportamenti confusi e perdita di funzioni corporee. Si porta via lentamente e dolorosamente l’identità di una persona, la capacità di connettersi con gli altri, di pensare, di mangiare, di parlare, di camminare”. È come se il corpo dimenticasse cosa bisogna fare per sopravvivere.

28/08/14

La potenza dei sogni

Quanto sperimentiamo durante il sonno è strettamente legato ai nostri ricordi. Avete mai notato che i sogni possono contenere passate esperienze? 


Alcuni scienziati ipotizzano che l'attività onirica possa effettivamente coincidere con il replay della memoria che avviene mentre dormiamo ed è importante ai fini del consolidamento dei ricordi.
Pare che soltanto una piccola parte della memoria così riprodotta (la punta dell'iceberg) riesca ad affacciarsi alla nostra mente cosciente, manifestandosi appunto come sogni.

Esistono prove a sostegno del legame tra sogni e memoria: per esempio, le persone tendono a migliorare le proprie prestazioni in una particolare attività dopo averla sognata.
Erin Wamsley, professore associato Bob Stickgold e altri colleghi della facoltà di Medicina di Harvard hanno scoperto che gli studenti universitari che avevano sognato un videogioco del tipo a labirinto, con il quale si erano cimentati in precedenza, miglioravano le proprie performance più dei soggetti che avevano dormito senza sognare il gioco.
La potenza dei sogni

Nei sogni, i nostri ricordi generalmente appaiono frammentari: un volto, un luogo, un'immagine. È raro ricreare dormendo uno scenario completo già vissuto. La spiegazione potrebbe essere che soltanto una minima quantità della memoria riprodotta si fa strada fino alla nostra mente cosciente; oppure, è possibile che aspetti specifici della fisiologia del sonno impediscano ai vari elementi di un ricordo di concatenarsi.

Le ricostruzioni più coerenti sono quelle che avvengono nei sogni, particolarmente lineari, sperimentati nel sonno non-REM all'inizio della notte; è in questa fase che gli studenti di Harvard ripercorrevano il videogioco. I ricordi che popolano i sogni vividi della fase REM, più prossima al mattino, sono invece molto più frammentati. Il responsabile potrebbe essere uno steroide, il cortisolo, i cui livelli notturni aumentano gradualmente man mano che passano le ore. Quando la quantità di cortisolo è massima (durante il sonno REM, all'alba), si interrompe la comunicazione tra le aree neocorticali, che memorizzano singoli frammenti di ricordi, e l'ippocampo, che contribuisce a legarli tra loro per ricostruire esperienze complete. Ciò spiegherebbe anche perché i sogni fatti verso mattina sono spesso così bizzarri.(science)

26/08/14

Più intelligenti? | Dormiamoci su!

Se manipolato con attenzione, il sonno può diventare il più efficace strumento di potenziamento cognitivo. Oggi siamo pronti a tutto per avvantaggiarci in un mondo estremamente competitivo. 


"Il sonno può avere un fortissimo impatto sulla nostra capacità di acquisire abilità motorie (come andare in bicicletta o digitare più velocemente su una tastiera)". La lotta per accaparrarsi posti lavoro e promozioni è spietata, ed è in aumento l'uso di farmaci che migliorano le prestazioni. Ironicamente, però, sottovalutiamo parecchio lo strumento di potenziamento cognitivo più efficace e più naturale a nostra disposizione.

Ci fa sentire benissimo se ne abbiamo avuto a sufficienza, mentre la sua mancanza ha effetti devastanti: che cos'è? Il sonno, naturalmente. Dovremmo dedicargli circa un terzo della nostra esistenza, invece, tendiamo a limare ore sia a fine che a inizio giornata e, di conseguenza, ci sentiamo stanchi e la nostra efficienza ne risente. Il sonno, però, non ci rende soltanto vigili e attenti. Si inizia ora ad apprezzarne l'influenza sulla nostra abilità di apprendere nuove competenze (in ogni campo, dall'andare in bicicletta a imparare lo spagnolo), e stiamo imparando a sfruttare il riposo anche per migliorare la memoria.

In realtà, è noto da tempo che sonno e memoria sono correlati. Già nel 1924, due psicologi americani, John Jenkins e Karl Dallenbach della Cornell University, avevano selezionato una coppia di studenti, chiedendo loro di memorizzare sillabe prive di senso compiuto. I ricercatori avevano poi testato gli studenti a distanza di una, due, quattro e otto ore, scoprendo che i soggetti che avevano dormito tra la sessione di apprendimento e quella di verifica avevano imparato più parole rispetto a quelli che erano rimasti svegli.

Il sonno, evidentemente, aveva in qualche modo migliorato la loro capacità di ricordare. Soltanto quando abbiamo iniziato a riconoscere che è suddiviso in diverse fasi, caratterizzate da livelli di profondità e pattern di attività elettrica cerebrale differenti, ci siamo però resi conto di come esattamente il sonno influenzi le nostre prestazioni mnemoniche: è ora chiaro che, durante le diverse fasi, avviene il consolidamento di diversi tipi di memoria.(science)

29/05/14

Il tè. Quali sono i vantaggi di assumere questa bevanda.

Da dove proviene il? Sembra che i cinesi lo conoscessero già 5 mila anni fa, ma alcuni testi riferiscono che in Cina fece la sua comparsa nel III secolo. Un’altra leggenda narra che la scoperta del tè venne attribuita all’imperatore Shen Nung, che nel 2.700 a. C. notò che alcune foglie cadute in acqua bollente emanavano un ottimo aroma profumato e volle assaggiarlo, scoprendone anche la bontà. Furono i monaci buddisti i primi a promuovere il consumo di tè, si espanse durante la dinastia Song e approdò in Giappone, mentre in Europa venne importato presumibilmente dai portoghesi, si espanse in Francia e Paesi Bassi mentre in Gran Bretagna crebbe moltissimo e si impose come costume nazionale. Molti studi e ricerche sono state fatte su questa foglia, derivante dalla pianta “Camellia sinensis”, scoprendone diverse proprietà, se non curative, sicuramente benefiche. Uno studio pubblicato sulla rivista Psychopharmacology il tè, specialmente quello verde, può migliorare alcune funzioni cerebrali compresa la memoria di lavoro. Infatti in questo studio 12 persone hanno ricevuto alcune una bevanda contenente 27,5 grammi di estratto di tè verde, altre la stessa bevanda senza il tè verde. Sottoposte queste persone a dei test di memoria, si è dimostrato come il tè verde ottimizzasse le prestazioni e i collegamenti tra la parte frontale del cervello e le regioni parietali. Un altro studio del 2006 pubblicato sul Journal of American Medical Association dimostra che il tè verde è riduce i casi di malattie cardiovascolari. In questo studio i volontari che hanno bevuto almeno cinque tazze di tè al giorno si sono visti ridurre significativamente il rischio di morire rispetto ai soggetti che bevevano una tazza di tè al giorno. Un altro beneficio di queste foglie è la proprietà di combattere la carie. Infatti alcuni suoi composti minimizzano la crescita di batteri che causano la carie, di conseguenza degli sciacqui con i tè riducono l’accumulo di placca sui denti. Anche il tono muscolare è sensibile ad una buona tazza di tè, riducendo questi lo stress ossidativo dovuto all'età e l'infiammazione che colpisce i muscoli e le ossa. Per dirla tutta, il tè è una bevanda che, se presa senza zucchero, ci dà un apporto calorico pari a zero, mentre se si sceglie il tè verde rispetto a quello nero si ha un’assunzione di caffeina molto minore.

02/05/14

"Che colpa ne ho se mi sono dimenticato"

"Che colpa ne ho se mi sono dimenticato"? E' una colpa dimenticarsi? Possiamo fare qualcosa per migliorare la memoria?

L'importanza della memoria
Senza la memoria non avremmo un'identità, una storia personale, una individualità, in poche parole non saremmo “nessuno”. Senza memoria è impossibile dialogare di conseguenza sono preclusi tutti i canali di comunicazione pur rimanedo attivi la vista il tatto e l'udito. E' lei che ci forma una personalità, ricordando quello che riteniamo importante imparare nella nostra esistenza. Un signore australiano all'uscita da un centro commerciale, non ha più trovato la sua auto. Convinto di aver subito un furto, ha attivato immediatamente la polizia denunciando il furto, la quale si è attivata immediatamente ritrovando la macchina, pochi minuti dopo, nel parcheggio del centro commerciale esattamente dove il proprietario l'aveva parcheggiata. Il Sergente Garry Smith commenta: “A tutti capita una brutta giornata. Io ogni tanto mi dimentico che ci sono due ‘r’ in Garry. In ogni modo, un buon servizio offerto dalla polizia locale”.
Non "cestinare" la memoria

Episodi di dimenticanza ben peggiori possono capitare, come ad esempio la dimenticanza di un figlio sul sedile posteriore della macchina, capitata ad un padre colpevole della morte di suo figlio. Questo capita perchè ci affidiamo alle abitudini. Non faceva parte delle sue abitudini portare il figlioletto all'asilo, e messo in macchina la mattina, il padre abitualmente si recava al lavoro parcheggiando nello stesso parcheggio, chiudendo la portiera e allontanarsi senza neanche dare un'occhiata alla macchina dimenticando ciò che era al di fuori da questa routine. Quante volte ci accorgiamo d'aver fatto un tratto di strada, che abitualmente facciamo ogni giorno, che non abbiamo il ricordo di aver percorso?. Questo avviene perchè ci affidiamo alle abitudini senza usare la memoria. La memoria è importante per vivere la propria personalità, va quindi alimentata, curata, coccolata, e sopratutto allenata. Leggete almeno due libri all'anno, mangiate pesce azzurro almeno una volta alla settimana, allenatevi ad associare immagini a numeri da ricordare , ma sopratutto non affidatevi alle abitudini. Cambiate strada spesso, sia quella che vi porta al lavoro sia quella che vi porta a vivere la quotidianità. Le abitudini uccidono la memoria e la personalità. Dimenticarsi è quindi un colpa.


01/05/14

Intelligenza | Quella degli elefanti è eccezionale!

Elefanti
Gli elefanti sono davvero animali eccezionali sotto ogni punto di vista! Vivono in gruppi affiatati, aiutano i loro simili feriti, portando cibo ed acqua. Avvertono dolore quando un loro membro della famiglia muore e a volte provvvedono anche alla sua sepoltura, coprendolo con delle foglie. Sono davvero intelligenti!

Hanno una memoria eccezionale (da qui il detto: che memoria di elefante!) e mappe mentali complesse, sanno venire a capo di problemi usando rami e pietre come utensili: ad esempio impilano blocchi per poi usarli per raggiungere il cibo! Appare eccezionale e straordinario la loro capacità di comprendere il significato di un gesto che indichi qualcosa, cosa che per noi potrebbe apparire scontato vista l'esperienza con i cani nostri fedeli amici, ma per altre specie, inclusi gli scimpanzè, non è affatto possibile riuscirci.

Ancora più sbalorditiva è la capacità di imitare i suoni di altri elefanti e anche certe parole umane. Possono perfino riconoscersi allo specchio, il che sta ad indicare un livello di coscienza di sè che è riscontrabile soltanto nelle grandi scimmie, nei corvi e nei delfini dal naso a bottiglia.

30/04/14

Sindacato polizia SAP | Standing ovation dei colleghi ai poliziotti condannati per l’uccisione di Federico Aldrovandi.

Tutti hanno dimostrato il loro disappunto per quell’applauso che senza ombra di dubbio si può definire “vergognoso”, dal Premier Renzi che l’ha definita una “vicenda indegna”, al ministro Alfano che l’ha considerato un “gesto gravissimo”, al capo della Polizia Pansa che, stizzito, ha detto “offensivo”, lasciando poi la sala dove si svolgeva il Congresso nazionale del Sap (Sindacato Autonomo di Polizia). Dicevamo tutti tranne loro, i colleghi “poliziotti” degli agenti condannati per l’uccisione del diciottenne Federico Aldrovandi la notte del 25 settembre 2005 mentre rientrava da una serata trascorsa a Bologna. Per questa morte quattro agenti, Paolo Forlani, Luca Pollastri , Enzo Pontani e Monica Segatto, Il 6 luglio 2009 furono condannati in primo grado a 3 anni e 6 mesi di reclusione, per "eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi", ed Il 21 giugno 2012 la corte di cassazione ha confermato la condanna. Ma i quattro poliziotti hanno trascorso solamente qualche mese in carcere, dal momento che tre anni sono stati condonati dall’indulto. Martedi scorso durante il congresso del sindacato di polizia a Rimini è stato
 sufficiente annunciare la presenza in sala di tre dei quattro “condannati” ( mancava l’unica donna, Monica Segatto), per far scatenare una vera e propria standing ovation in loro favore con scroscianti applausi dei loro colleghi. Il Premier Matteo Renzi ha telefonato alla mamma di Federico Aldrovandi, il ragazzo ucciso, manifestandole la solidarietà sua e del governo. Lei ha commentato così: ”La vicinanza di quella parte della politica mi è stata di grande aiuto, ma penso sia giunta l’ora di fare qualcosa, la solidarietà non è più sufficiente.” Anche il Ministro Angelino Alfano ha voluto commentare la vicenda: “E’ stato un gesto gravissimo questo applauso, un gesto che offende la memoria di un ragazzo morto e della sua famiglia.” Il capo della polizia Pansa si è associato alla solidarietà delle alte cariche dello Stato dicendo tra l’altro di non riconoscersi in un gesto altamente offensivo verso la famiglia del ragazzo. E i sindacati di categoria che dicono? Il SAP, sindacato autonomo di polizia si schiera a favore dei poliziotti condannati, a suo parere, ingiustamente, mentre il SIULP, sindacato italiano unitario lavoratori di polizia e il SILP–CGIL, sindacato lavoratori di polizia si dissociano dal vergognoso gesto.                             (foto scaricata dal web)

26/03/14

La nostra memoria: i nostri ricordi reinterpretati in base alle esperienze presenti

Quante volte vi è capitato di dire a qualcuno che ha una "memoria di ferro"? Lo avete detto perchè secondo voi il vostro interolocutore aveva la capacità di ricordare in maniera esatta avvenimenti, nozioni, nomi, persone che invece voi avevate totalmente dimanticato. Avere la memoria di ferro significa avere una capacità di ricordare praticamente inattaccabile. In realtà uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati a febbraio sul  Journal of Neuroscience, mostra come la "memoria" sia in un certo qual modo difettosa, cioè inserisce dei frammenti del presente nelle esperienze passate che vengono richiamate alla mente.
Cervello

Questo studio è stato condotto presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine, mettendo in evidenza che i nostri ricordi sono reinterperetati in base alle esperienze presenti. Non dobbiamo considerare la nostra memoria come l'hard disk di un computer in cui immagazzinare i nostri ricordi in maniera oggettiva. Donna Jo Bridge, ricercatrice in medicina e scienze sociali presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine, che ha condotto lo studio, fa un esempio molto semplice ed efficace: il classico “amore a prima vista” è un trucco della memoria.  “Quando le persone ricordano il momento in cui hanno incontrato il loro attuale partner, associano all’evento sentimenti di euforia e di amore”, spiega. “Ciò avviene perchè si proiettano nel ricordo dell’incontro passato, i sentimenti che si provano attualmente per quella persona”.  Possiamo dire che la nostra memoria è come un viaggiatore del tempo, che prende un treno per tornare nelle vecchie stazioni del passato.  Lo studio mostra il punto esatto nel tempo in cui le nuove informazioni vengono impiantate in una memoria esistente.  Tutto ciò accade nell’ippocampo, il quale svolge una funzione simile ad un tecnico del montaggio di un film.  Ma attenzione, la memoria, dice la Bridge, non è una videocamera. Gli eventi in essa immagazzinati vengono ristrutturati e modificati per creare un filo conduttire con il nostro mondo attuale, perchè esso è in continua mutazione ed evoluzione.   Joel Voss, autore senior dello studio, dimostra che la nozione di una memoria perfetta è un mito. “A tutti piace pensare alla memoria come qualcosa che ci permette di ricordare vividamente la nostra infanzia o quello che abbiamo fatto la settimana scorsa”, ha detto Voss. “Ma la memoria è strutturata per aiutarci a prendere le decisioni giuste nel momento giusto e, quindi, essa deve continuamente essere aggiornata. Le informazioni che sono rilevanti in questo momento vanno a sovrascrivere quelle che c’erano in precedenza”. La Bridge ha sottolineato le implicazioni dello studio per l’utilizzo dei testimoni oculari nei processi. “La nostra memoria è strutturata per cambiare, non per rigurgitare fatti. Quindi, non siamo testimoni molto affidabili”. Tuttavia, la stessa ricercatrice avverte che i risultati della ricerca sono il frutto di esperienze fatte in un contesto sperimentale e controllato. “Anche se il fenomeno è stato registrato in un ambiente di laboratorio, è ragionevole pensare che la memoria si comporti allo stesso modo anche nel mondo reale”, conclude la Bridge.

14/03/14

Mancini e mancinismo: ancora un mistero

Quando iniziai a mangiare da sola da piccola, mamma metteva la forchetta o il cucchiaio esattamente al centro del piatto, praticamente in una posizione neutra. Avevo una scelta. Non ci furono dubbi, per me la mano fonadmentale era la sinistra: ero mancina al massimo. Questo mio modo di essere fu ampiamente confermato dal pediatra, che consigliò ai miei di lasciarmi stare e di non forzarmi ad usare la destra. Tutt'ora mi risulta molto facile scrivere partendo da destra e ancora più facile scrivere alla rovescia. Per me non esiste altra mano, con la destra non sono capace nemmeno di portarmi la forchetta alla bocca. Ma che cosa è il mancinismo?  Tutta questione di funzionamento del cervello, condizione questa di cui però si sa ancora ben poco.
Essere mancini

E' la tendenza a utilizzare in tutto o in parte il lato sinistro del corpo, che riguarda più del 10% della popolazione mondiale.  La vita dei mancini in passato è stata dura, la mano sinistra era considerata la mano del diavolo (le solite idee inopportune e ottuse della Chiesa) e si pensava che fossero predisposti ai peggiori crimini.  E fino a non molti anni fa la scuola imponeva a bambini mancini una sorta di riabilitazione forzata, obbligandoli a scrivere e mangiare con la loro mano più debole. Il mancinismo è legato all’asimmetria del cervello: la distribuzione delle funzioni tra emisfero destro e sinistro è fondamentale per lo sviluppo del linguaggio, della memoria a lungo termine e della creatività. Nei destri tutto ciò che è legato al linguaggio ha sede nell’emisfero sinistro mentre nella maggioranza dei mancini queste funzioni sono distribuite in entrambi gli emisferi, prevalentemente nella parte destra. Si sa inoltre che il mancinismo è ereditario: nel 2007 un gruppo di ricercatori di Oxoford, nel corso di uno studio sulla dislessia, ha scoperto che il gene LRRTM1 ha un ruolo nello sviluppo del mancinismo. Clyde Francks del Max Planck Institute for Psycholinguistic ha evidenziato come questo gene sia correlato anche con lo sviluppo della schizofrenia. Ma ciò non significa che i mancini sono malati psichiatrici: «I geni influiscono sulle modalità di comunicazione tra neuroni» spiega Francks, «ma la correlazione tra queste due condizioni è ancora tutta da approfondire».
Il mancinismo è insomma una questione complessa: «Ha una base genetica ma come molti altri aspetti, per esempio il peso e l’altezza, è influenzato anche da fattori esterni» afferma Daniel Geschwind, genetista e neuropsichiatra all’Università della California. In realtà tra i due estremi dei completamente destri e dei completamente sinistri esiste un ampio spettro di vie di mezzo: c’è per esempio chi mangia con la destra e scrive con la sinistra e vice versa: «In generale» afferma Geschwind «i mancini hanno un cervello meno asimmetrico, con una maggior distribuzione delle funzioni tra i due emisferi. Il modo corretto di pensare a loro è come dei “non destri”» spiega il professore. Il mancinismo sembra dunque essere un’ interessante porta d’accesso allo studio della complessa anatomia del cervello: ecco perchè gli scienziati da anni cercano di metterlo in relazione con le patologie più diverse: dalla schizofrenia alle difficoltà di apprendimento, dalla dislessia alle deficienze immunitarie.Il mancinismo risale alla notte dei tempi: secondo Geshwind l’analisi delle pitture rupestri e dei manifatti preistorici permette di stabilire che migliaia di anni fa, anche tra i nostri progenitori c’era una percentuale consisente di mancini. «Probabilmente l’uso della sinistra offriva qualche vantaggio evolutivo e per questo motivo si è mantenuto fino a noi. Ma quale fosse, non ci è ancora dato saperlo».

08/02/14

Amore a prima vista? | Solo questione di memorie e ricordi passati!

Amore a prima vista? Solo questione di memorie e ricordi passati, con ogni probabilità un ricordo sbiadito della nostra memoria!

Il colpo di fulmine, l'amore a prima vista per l'appunto, pare che sia il risultato ultimo di un determinato momento accaduto in un tempo che fu, degno della trama di un Hollywoodiano film. Almeno cosi pare essere secondo quanto venuto alla luce da uno studio eseguito alla Feinberg School of Medicine della Northwestern University e pubblicato sul Journal of Neuroscience. In base alla ricerca, infatti, la nostra memoria si muoverebbe come un sapiente viaggiatore nel tempo che con dovizia e competenza, raccoglie frammenti del presente inserendoli in ciò che ricordiamo del passato.

images
La memoria presente frutto del nostro passato
“Quando ripensiamo al primo incontro con il nostro partner attuale, ci sembra di ricordare questo sentimento di amore ed euforia” ha spiegato l’autrice dello studio Donna Jo Bridge, “Ma di fatto potremmo semplicemente star proiettando i nostri attuali sentimenti indietro nel tempo, al primo incontro con questa persona.”

E il processo non si limita a questo: i nostri ricordi si adattano a un ambiente in continuo cambiamento per aiutarci a sopravvivere, e ci aiutano ad occuparci di quello che è importante. Per fare questo, la nostra memoria cambia struttura e modifica gli eventi per creare una storia che stia bene con il nostro mondo attuale.

Secondo lo studio, questo continuo processo di editing avviene nell’ippocampo, una parte del cervello situata nel lobo temporale, che svolge un ruolo molto importante per la memoria a lungo termine e la navigazione spaziale. Nell’esperimento, 17 soggetti di ambo i sessi hanno studiato 168 immagini in cui potevano osservare alcuni oggetti con diversi sfondi, come ad esempio una foto scattata sott’acqua o una vista aerea di una zona rurale. Successivamente, quando è stato chiesto ai partecipanti di collocare gli oggetti nella posizione originale, ma su uno sfondo diverso, essi li hanno sempre inseriti nel posto sbagliato. Nella seconda parte dello studio, ai soggetti sono stati mostrati gli oggetti in tre diverse posizioni sullo sfondo originale, ed è stato chiesto loro di scegliere quale fosse la posizione corretta.

“I partecipanti hanno sempre scelto la posizione che avevano scelto nella prima parte dello studio” ha spiegato Bridge, “Questo mostra che il loro ricordo della posizione dell’oggetto era stato modificato per riflettere la posizione che ricordavano sul nuovo sfondo. La loro memoria ha aggiornato l’informazione presente nel vecchio ricordo.” L’intero esperimento è stato effettuato in uno scanner per la risonanza magnetica, in modo che gli scienziati potessero analizzare l’attività del cervello, oltre che tracciare i movimenti degli occhi dei partecipanti.

“A tutti noi piace pensare che la memoria sia questa cosa che ci permette di ricordare chiaramente la nostra infanzia e quello che abbiamo fatto la scorsa settimana” ha commentato Joel Voss, co-autore dello studio “Ma lo scopo della memoria è quello di aiutarci a prendere buone decisioni nel presente e di conseguenza, essa deve essere perennemente aggiornata. Le informazioni che sono rilevanti ora possono sovrascrivere quello che c’era in principio.”




31/01/14

"L’isola del giorno prima"...secondo Henry Gustav Molaison!

"L'isola del giorno prima"...secondo Henry Gustav Molaison! No, non abbiate timore, non preoccupatevi amanti della letteratura, non si tratta di una blasfema rivisitazione del capolavoro del maestro Umberto Eco, ma bensi di una storia che sarebbe stata benissimo al celebre racconto di fama mondiale: "L'isola del giorno prima", o forse a "L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello". Insomma una storia in perfetto stile Memento, quella che riguarda Henry Gustav Molaison, uno dei più famosi pazienti che gli annali storici delle neuroscienze abbiamo mai serbato.

Nel 1953, un intervento chirurgico sperimentale – praticatogli per curarlo da una grave forma di epilessia – lo privò del meccanismo di fissazione delle memorie: Molaison ricordava tutto quello che era successo prima dell’intervento, ma era diventato completamente incapace di memorizzare nuove informazioni. Tanto che, per decenni, continuò a salutare i medici che lavoravano con lui come se li vedesse sempre per la prima volta. Naturalmente, il suo caso ha suscitato profondo interesse nella comunità scientifica, intenzionata a studiarlo per capire come esattamente il cervello creasse le registrazioni di volti, fatti ed esperienze di vita.

images
Henry Gustav Molaison
Alla morte di Molaison, nel 2008, Jacopo Annese, neuroanatomista italiano della University of California, San Diego, e direttore del Brain Observatory, ha congelato il suo cervello in un blocco di gelatina e lo ha tagliato in 2.401 lamelle sottili come fogli di carta. L’operazione, che è durata 53 ore, è stata trasmessa in diretta streaming sul sito di Annese, registrando oltre 400.000 accessi. L’obiettivo di Annese, racconta Wired.com, è di creare un atlante open-access “per la preservazione storica e per lo studio scientifico” del cervello di Molaison. E oggi, a 6 anni di distanza, è stata pubblicata un’analisi preliminare dell’organo, che spiega il deficit di memoria del paziente.

Gli autori dello studio, tra cui Suzanne Corkin, neuroscienziata del Mit che ha lavorato con Molaison per quasi cinquant’anni, hanno scoperto che William Beecher Scoville, il chirurgo che operò Molaison, non rimosse l’intero ippocampo – come aveva intenzione di fare. Ne tagliò solo una porzione, insieme a parte della corteccia entorinale e dell’amigdala. È questo danno, piuttosto che la rimozione dell’ippocampo, che causò il deficit di memoria: “La corteccia entorinale”, spiega Corkin, “contiene tutti i cammini [pathways] che portano informazioni dal mondo esterno, percepite attraverso i cinque sensi, all’ippocampo.

Molaison è stato privato di queste connessioni, e dunque il meccanismo di fissazione delle memorie nell’ippocampo era praticamente inservibile”. Tagliato fuori dal resto del mondo, un po’ come un computer offline. L’esame post-mortem, tra l’altro, ha anche scoperto una piccola lesione nel lobo frontale. Secondo gli scienziati, è possibile che sia successivo all’operazione chirurgica, e potrebbe essere la causa della demenza che colpì Molaison prima della sua morte. “Sono necessari ulteriori studi”, precisa Corkin. “Il nostro studio non è l’ultimo sul cervello di Molaison. Al contrario, è l’inizio di un nuovo capitolo in uno dei casi di studio più lunghi nella storia della scienza”.

01/12/13

Scosse di terremoto in centro Italia | Scosse di paura anche all'Aquila

L'Aquila rivive in queste ore la paura di un evento sismico, che riporta la memoria al 6 aprile 2009.
Scosse in Lazio e Umbria, di magnitudo 3,9 con epicentro nei monti Reatini. Ci sono state segnalazioni e chiamate ai Vigili del Fuoco, e testimoni parlano di un «boato», seguito un minuto dopo da un’altra scossa di magnitudo 3.0. Segnalazioni sono giunte da Terni, Norcia, Spoleto, Foligno.
epicentro del terremoto
Torna la paura all’Aquila, colpita dal terremoto del 6 aprile 2009, dove l’evento sismico è stato avvertito distintamente. In provincia di Teramo le scosse sono state avvertite in diverse località maggiormente a ridosso con l’area reatina. I comuni più vicini all’epicentro sono Cittareale, Amatrice e Accumuli, tutte in province di Rieti. La prima scossa è stata registrata ad una profondità di 11,4 chilometri; la seconda a 13,7. Successivamente si sono riscontrate nella stessa zona altre due scosse di minore entità: rispettivamente magnitudo 2.1 e 2.0. Tante anche le segnalazioni sui social network, Twitter e Facebook in particolare. A quanto riferisce la sala operativa del comando provinciale dei vigili del fuoco di Rieti, non ci sarebbero danni nel capoluogo, mentre nell’amatriciano, epicentro della scossa più forte, sono in corso delle verifiche da parte dei vigili del fuoco. Non si hanno, al momento, notizie di danni a persone o cose. In corso verifiche da parte della Protezione civile. fonte
Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.