"L'isola del giorno prima"...secondo
Henry Gustav Molaison! No, non abbiate timore, non preoccupatevi amanti della
letteratura, non si tratta di una
blasfema rivisitazione del
capolavoro del
maestro Umberto Eco, ma bensi di una
storia che sarebbe stata benissimo al celebre racconto di fama mondiale: "
L'isola del giorno prima", o forse a "
L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello". Insomma una
storia in perfetto
stile Memento, quella che riguarda
Henry Gustav Molaison, uno dei più famosi
pazienti che gli
annali storici delle
neuroscienze abbiamo mai serbato.
Nel 1953, un
intervento chirurgico sperimentale – praticatogli per
curarlo da una grave forma di epilessia – lo privò del
meccanismo di fissazione delle memorie:
Molaison ricordava tutto quello che era successo prima dell’
intervento, ma era diventato completamente
incapace di
memorizzare nuove
informazioni. Tanto che, per decenni, continuò a salutare i
medici che lavoravano con lui come se li vedesse sempre per la prima volta. Naturalmente, il suo
caso ha suscitato
profondo interesse nella comunità scientifica, intenzionata a
studiarlo per capire come esattamente il
cervello creasse le
registrazioni di volti,
fatti ed
esperienze di
vita.
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Henry Gustav Molaison |
Alla
morte di
Molaison, nel 2008,
Jacopo Annese,
neuroanatomista italiano della
University of California, San Diego, e
direttore del
Brain Observatory, ha congelato il suo
cervello in un
blocco di gelatina e lo ha tagliato in
2.401 lamelle sottili come fogli di carta. L’
operazione, che è durata 53 ore, è stata
trasmessa in
diretta streaming sul
sito di Annese, registrando oltre 400.000 accessi. L’
obiettivo di Annese, racconta
Wired.com, è di creare un
atlante open-access “per la
preservazione storica e per lo
studio scientifico” del
cervello di Molaison. E oggi, a 6 anni di distanza,
è stata pubblicata un’analisi preliminare dell’
organo, che spiega il
deficit di memoria del paziente.
Gli
autori dello
studio, tra cui
Suzanne Corkin,
neuroscienziata del
Mit che ha lavorato con
Molaison per quasi cinquant’anni, hanno
scoperto che
William Beecher Scoville, il
chirurgo che
operò Molaison, non rimosse l’intero
ippocampo – come aveva intenzione di fare. Ne tagliò solo una
porzione, insieme a parte della
corteccia entorinale e dell’
amigdala. È questo
danno, piuttosto che la
rimozione dell’
ippocampo, che causò il
deficit di memoria: “La
corteccia entorinale”, spiega
Corkin, “contiene tutti i cammini [
pathways] che portano
informazioni dal mondo esterno, percepite attraverso i cinque
sensi, all’
ippocampo.
Molaison è stato privato di queste
connessioni, e dunque il
meccanismo di fissazione delle memorie nell’
ippocampo era praticamente inservibile”. Tagliato fuori dal resto del mondo, un po’ come un
computer offline. L’
esame post-mortem, tra l’altro, ha anche scoperto una piccola
lesione nel
lobo frontale. Secondo gli
scienziati, è possibile che sia successivo all’
operazione chirurgica, e potrebbe essere la causa della
demenza che colpì
Molaison prima della sua
morte. “Sono necessari ulteriori studi”, precisa
Corkin. “Il nostro
studio non è l’ultimo sul
cervello di Molaison. Al contrario, è l’inizio di un nuovo capitolo in uno dei casi di
studio più lunghi nella
storia della scienza”.