Il-Trafiletto
Visualizzazione post con etichetta aziende. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta aziende. Mostra tutti i post

18/10/14

Cambia pure il "paradiso fiscale" irlandese

Cambia pure il paradiso fiscale irlandese! I benefici goduti dalle cosiddette aziende "over the top", sarebbero ormai destinate a mutare, almeno per quel che concerne l'Europa. 


C'era una volta il paradiso fiscale irlandese.
Prima d'ora, l'Irlanda era stata preferita da molte aziende per insediarvi la propria sede amministrativa. Il motivo è semplice, infatti il Governo di Dublino mette a disposizione le agevolazioni generate da una tassazione agevolata differentemente quanto capita di trovare in altri Paesi dell'Unione Europea, garantendo alle società più celebri e meglio strutturate notevoli risparmi.

Tassazione da record.
A tal proposito, gli introiti appartenenti alle società irlandesi, sono soggetti ad una tassazione davvero minimale, equivalente al 12,5% e usufruendo del cosiddetto meccanismo fiscale ovvero sia il "Double Irish", le aziende avranno modo di muovere i loro profitti generati in Paesi dove le tasse sono più pesanti verso l'Irlanda. Negli anni '80 Apple è stata l'azienda che ha svolto un'azione che ha fatto storia per ciò che riguarda l'utilizzo a proprio vantaggio del "Double Irish".

Il paradiso chiude.
A seguito le recriminazioni che sono giunte in maniera copiosa dalle altre nazioni europee e non (Il Senato USA muove accuse ad Apple: non paga le tasse; per non parlare degli inglesi con Facebook: il social network paghi le tasse; Out out su Google e sugli altri colossi in materia di tasse?; Tasse: il Parlamento inglese richiama Google ed Amazon), l'Irlanda ha maturato la decisione di non voler più rimanere il "paradiso fiscale" delle multinazionali. Michael Noonan, il ministro delle finanze irlandese, a provato che il meccanismo del "Double Irish" non potrà più essere adottato dalle aziende che decideranno di aprire una sede in Irlanda, a partire dal prossimo anno.

Tutte le altre società (si pensi quindi a Google, Apple, Microsoft, Oracle & C.) avranno invece tempo fino al 2020 per riorganizzarsi.


26/04/14

Windows 8.1 | Ad agosto termina il supporto per la versione del OS di Microsoft.

La fine del supporto a Windows 8.1, detronizzato da Windows 8.1 Update, è stata prorogata da Microsoft per il mese di agosto.

Dopo le tante e sentite proteste da parte delle imprese interessate, Microsoft proroga fino ad agosto, fornendo altri 3 mesi e mezzo di supporto ulteriore per Windows 8.1, l’aggiornamento della versione Windows 8 del sistema operativo, che pian piano sta andando sparendo per fare posto a Windows 8.1 Update.

Microsoft aveva dato comunicazione che nessun aggiornamento (particolarmente di sicurezza) sarebbe stato più fornito per Windows 8.1 dopo la metà di maggio. Unica possibilità per ovviare a questa decisione, era di installare d’urgenza Windows 8.1 Update oppure restare con Windows 8 (che continua da parte sua ad essere aggiornato). Un periodo inaccettabile per la grandi aziende e le grandi organizzazioni che avevano iniziato ad aggiornare e hanno fatto sentire il loro disappunto a Microsoft.
Windows 8.1 Update

Sono sul banco degli imputati i problemi evidenziati per l’installazione di Windows 8.1 Update con lo strumento di aggiornamento Windows Server Update Services (WSUS) e con la migrazione verso Windows 8.1. Passare alla versione Update in corso d’opera necessita altri test e nuovi processi di validazione. La fine del supporto a Windows 8.1 si prevede ora per il 12 agosto.

Microsoft ha dunque dismesso con la sua stessa politica sul ciclo di vita del software che prevedeva una durata di 2 anni prima della fine del supporto della versione RTM di un sistema operativo o di un service pack. Windows 8.1 ha esordito ad ottobre 2013 e quindi il supporto è durato soltanto 10 mesi. Gli esperti poi continuano a segnalare che è prevista una seconda versione di Windows 8.1 Update.

ITnet | Il public cloud per sviluppatori e startup proposto d Dell.

ITnet: il public cloud per sviluppatori e startup. Al centro della strategia ITnet si collocano Joyent e l’infrastruttura hardware Dell con a disposizione di opportuni software e servizi Intel.

In base alle stime Idc, a partire dal 2013 fino ad arrivare al 2020 la spesa globale per il cloud computing, toccherà il tetto massimo di 241 miliardi di dollari, e il 66% della banda usufruita dai datacenter, sarà già nel 2016, consumata alfine di erogare servizi cloud. Probabilmente diventa ancora più impressionante il fatto che già il 50% dei dati delle aziende, sono fuori dalla portata aziendale. Quelli di IDC sono dati sicuri che si adattano bene allo scopo che anima la strategia cloud di ITnet, appartenente al gruppo Italiaonline, e nello specifico per gli sviluppatori, con l’offerta di un’infrastruttura di servizio messa a disposizione alfine di puntare del tutto sulle soluzioni Dell.

Fabrizio Garrone, Solutions Manager Dell, apre l'argomento, esattamente mettendo in evidenza come il cloud possa dare una accellerata allo sviluppo delle applicazioni, mettendo in condizioni le piccole realtà aziendali di accedere a risorse di computing importanti, senza paralizzare il proprio capitale, in un contesto generale in cui, mentre la spesa IT cala, non diminuiscono invece gli investimenti in risorse cloud. E alle grandi realtà aziendali che parte l'azione di offrire servizi pronti all’uso a realtà più piccole che prediligono demandare del tutto le problematiche cloud.

Dell ha due approcci al cloud, uno innovativo (tipo Cloud in e Box con VRTX), ed uno tradizionale, dove le applicazioni non vengono manipolate ma semplicemente virtualizzate, per poi venire gestite o in public cloud oppure con un approccio misto, una sorta di cloud ibrido, nell'arco di una prospettiva sostanzialmente Iaas. L'argomento però richiede una sorta di prefazione riguardo l’approccio rivoluzionario dell’offerta cloud di Dell, fondamentalmente fondato sull’offerta di piattaforme, e che va proprio a toccare le applicazioni, sviluppate in cloud. Questo tipo di approccio ha un impatto maggiore sull’evoluzione aziendale, ma quando si va a scrivere applicazioni per il cloud, conviene partire già in questa prospettiva.
IT.net

E’ quindi il Paas (in modalità ibrida e come cloud pubblico) l’approccio più rivoluzionario secondo Garrone, la proposta Dell a questo livello si chiama Boomi, mentre per quanto riguarda la proposta di cloud pubblico essa si propone su doppio binario: Dell/Joyent e Dell/Microsoft Azure.
Ma andiamo alla proposta di Joyent ITnet.

E’ proprio Joyent il fulcro della proposta utilizzata da ItaliaOnLine (che gestisce Libero e Virgilio e la concessionaria pubblicitaria online) e, più nello specifico per il nostro tema, da ITnet (al 100 percento di Iol) che si occupa di soluzioni Internet per le aziende e fornisce soluzioni tipiche dei data center, servizi di hosting, soluzioni cloud.

Matteo Giampaolo, direttore marketing ITnet, afferma: “Gestiamo tutta l’attività di Iol, e ci confrontiamo con le richieste delle imprese in cloud con un duplice approccio. Quello Public, con un servizio disponibile online, per i developer – più vicino al mass-market – e soluzioni di Private Cloud che sfruttano Joyent come soluzione di partenza cui stiamo aggiungendo (per il private cloud) altre soluzioni di virtualizzazione, da Vmware a Hyper-V, utilizzando come strato appena sopra la virtualizzazione OpenStack a supporto per il cloud ibrido”. La partnership ITnet con Joyent nasce dal fatto che è la stessa proprietà di Iol ad avere sposato Joyent entrando nel capitale della società con il 30 %.

Secondo Giampaolo “stiamo vivendo un momento di riscoperta dell’importanza dello sviluppo, con uno spostamento su fasce di età molto più giovani, a cui è importante offrire soluzioni per lo sviluppo di applicazioni mobile e di infotainment”. Da qui anche il progetto Starthappy, il progetto partito nel 2013, per cui viene offerto alle Startup, selezionate con i partner, l’infrastruttura di sviluppo e la visibilità dei servizi sviluppati, tra queste anche Sportsquare Game una realtà piemontese che ha sviluppato giochi sugli sport di squadra (calcio e pallavolo), tra le prime a entrare sulla piattaforma e utilizzare le applicazioni di cloud di ITnet. Sportsquare Game conta 80mila utenti registrati, due giochi, 3,9 milioni di partite. Sportsquare Game puntava ad avere leggerezza lato client, scarso utilizzo di banda (client/server), computazione in cloud, per concentrarsi sull’aspetto grafico e puntare a un utilizzo di CSS “spinti”.

E infatti il public cloud di Joyent offre gli strati Iaas e Paas, ITnet ha spinto poi per l’utilizzo di NodeJS, il framework ampiamente utilizzato proprio per lo sviluppo di applicazioni mobile, con computazione però sui server remoti. La piattaforma poi si basa completamente su hardware Dell (preferito da ITnet anche per il private cloud). Giampaolo vede come fattore primario di preferenza di Joyent la velocità con cui un developer può costruire la propria piattaforma, e la velocità con cui si possono reperire risorse nel caso di picchi operativi. Joyent inoltre permette la virtualizzazione del sistema operativo SmartOS e offre supporto ai principali linguaggi di programmazione. Infine, è già supportato anche il db Hadoop.

La soluzione cloud con abbinata Joyent/Dell con i PowerEdge e i processori Intel Xeon è sfruttata dallo stesso portale Iol, che la utilizza per alcune applicazioni, anche mission critical per esempio per i canali tematici e la parte mobile. Anche Intel a sua volta, a parte fornire tutta la parte hardware relativa ai processori e ai server, sta indirizzando la propria offerta cloud per abilitare e facilitare l’attività di sviluppo in cloud. Spiega Andrea Toigo, Enterprise e Technology Specialist per Intel: “Negli ultimi anni sono state acquisite due aziende specializzate proprio nell’ambito dell’API management, la visione di Intel è di semplificare la creazione di API da parte di chi fornisce servizi per abilitare lo sviluppatore alla creazione di app accedendo a queste API specifiche.

Il problema è riuscire a rendere fruibili all’esterno la propria infrastruttura in modo sicuro, ed è questo un ambito specifico per cui Intel si sta spendendo direttamente, in modo specifico Intel si sforza affinché, soprattutto quando si parla di cloud ibrido, si possano trasferire informazioni mantenendone la riservatezza; la divisione Datacenter Software Division, infine, è focalizzata sulla creazione e sulla distribuzione di soluzioni software per il dc e Dell le utilizza. (techweekeurope.it)

08/04/14

Via di corsa | Robot...come corrono su due zampe!

Via di corsa: robot...come corrono su due piedi! Riconoscendo la difficoltà del problema, una decina d'anni fa potenti aziende del settore tecnologico come Honda e Sony, hanno raccolto il "guanto" di sfida e hanno sviluppato determinati robot a due gambe, tra cui Asimo (che abbiamo già avuto modo di osservare nei post precedenti) e QRIO (si pronuncia "curio").

L'obiettivo di questi prototipi, per i quali sono stati spesi milioni di dollari, era di mettere in mostra la capacità tecnologica dei loro creatori, raggiungendo l'agognata meta e di fatto trovando la soluzione al problema della loro locomozione su due gambe. In una certa misura possimo affermare che hanno avuto successo, in quanto che hanno avuto l'abilità di creare robot in grado di salire e scendere le scale, percorrere superfici instabili, correre, ballare e perfino praticare il tai chi.

Nonostante tutto però, per quanto queste dimostrazioni siano sbalorditive, vanno prese con una certa quanto dovuta riserva. Questi robot erano fondamentalmente progettati per restare sempre stabili, il che voleva dire che se venivano fermati in qualsiasi instante, teoricamente dovevano rimanere in piedi. A questo fine sia Asimo che il suo coetaneo QRIO erano progettati per camminare in posizione rannicchiata, ovvero sia con le ginocchia piegate, per mantenere basso il loro baricentro, il che conferiva loro un aspetto bizzarro. Ma di recente sono giunte nuove fonti di ispirazione con un approccio più vicino a quello biologico!
Cheetah della Boston Dynamics

Gruppi di ricerca e aziende come la Boston Dynamics hanno fatto ottimi progressi nell'emulare la maniera dinamica con cui si muovono gli animali. Gli esseri umani, per esempio si trovano raramente in una posizione verticale davvero stabile, perfino quando stanno fermi in piedi: quasi del continuo ci si muove leggermente per mantenerci in posizione eretta, per non parlare di quando camminiamo oppure corriamo, ci si ritrova quasi costantemente nella condizione di cadere in avanti e riprenderci subito dopo.
In parte ciò si può riprodurre introducendo innumerevoli sensori per consentire a un robot di applicare le correzioni e gli spostamenti necessari in tempo reale.

Ma la Boston Dynamics ha scoperto altri vantaggi derivanti da un'osservazione attenta del modo dinamico in cui si muovono gli esseri viventi. Nel 2012 il suo robot quadrupede Cheetah ha tenuto fede al proprio nome che vuol dire "ghepardo", stabilendo il primato mondiale di velocità per un robot munito di zampe. Correndo a una velocità di 28 km/h, stabilito nel 1989. Questo è stato reso possibile grazie alla collaborazione con esperti alfine di indentificare le caratteristiche che consentono ai veri ghepardi di raggiungere velocità elevate in particolare grazie a una spina dorsale flessibile che permette all'animale di aumentare la falcata senza bisogno di zampe più lunghe.

05/04/14

Robot come noi | Presto guideranno veicoli e svolgeranno mansioni domestiche!

Inizieranno presto, più di quanto non si possa immaginare, ad aprire porte, pilotare veicoli e a svolgere le mansioni domestiche più comuni. Queste le nostro controparti meccaniche, questi Robot!

Chi fosse capitato a dicembre scorso all'autodromo di Homestead, in Florida, avrebbe potuto pensare di essere finito sul set di un film di George Lucas. In mezzo alla pista si era radunata un'immensa folla per osservare robot dall'aspetto futuristico, mentre affrontavano una serie di prove sotto i riflettori delle telecamere che ne riprendevano ogni movenza.

I robot erano riuniti li per competere nei DARPA Robotic Challenge Trials. Le squadre di istituzioni prestigiose e blasonate come la NASA e il MIT si affrontavano in una serie di gare pensate specificatamente per mettere alla prova le capacità dei loro robot: salire su una scala, collegare un tubo a una bocchetta e aprire il rubinetto, guidare un veicolo, usare un utensile per praticare un foro in un murodi cemento e classico tra i classici, aprire una porta per entrare in un edificio.
DARPA Robotic Challenge Trials

Anche se forse per noi sono banali, prove come quelle delle gare DARPA (l'agenzia statunitense per i progetti di ricerca avanzata per la difesa) presentano enormi difficoltà per i robot e per i loro progettisti. L'obiettivo di competizioni come queste è di riuscire un giorno a mandare i robot in ambienti pericolosi, per svolgere i compiti che metterebbero a repentaglio le vite umane.
Ma non solo: l'altro scopo è quello di renderli capaci di ortarci in auto a fare shopping, stiraci il bucato o riposndere la telefono.

E' per tal motivo che la DARPA ha dato vita alla competizione, prospettando un premio di due milioni di dollari alla 8 squadre giunte alle finali, che si disputeranno quest'anno. Ed è per lo stesso motivo che partecipano aziende tecnologiche innovative come Google, che di recente ha acquisito la Boston Dynamics, una start-up con sede nel Massachusetts che ha sviluppato alcuni robot più sofisticati del mondo, tra i quali BigDog e Atlas.

20/11/13

Il telefono squilla,ma dall’altra parte c’è solo il silenzio.

Il telefono squilla, pronto chi è, ma dall’altra parte c’è solo il silenzio. Il motivo è semplice. Dalle indagini del Garante risulta che le aziende di call center, per ottimizzare la forza lavoro, impostano i propri sistemi per avviare un numero di telefonate più alto degli operatori in effetti disponibili. Queste chiamate, una volta ottenuta risposta, possono essere mantenute in attesa silenziosa finché non si libera un operatore. Il risultato è appunto una "chiamata muta". Serve a eliminare i tempi morti tra una chiamata e l’altra, secondo le aziende, e a tormentare gli utenti, secondo il Garante. Le nuove regole decise sono cinque piccoli principi di buon senso. I call center dovranno tenere precisa traccia delle "chiamate mute", che dovranno comunque essere interrotte trascorsi 3 secondi dalla risposta dell'utente; non potranno verificarsi più di 3 telefonate "mute" ogni 100 andate "a buon fine. Tale rapporto dovrà essere rispettato nell'ambito di ogni singola campagna di telemarketing.

L'utente non potrà più essere messo in attesa silenziosa, ma il sistema dovrà generare una sorta di rumore ambientale (ad es. con voci di sottofondo, squilli di telefono, brusio) per dare la sensazione che la chiamata non provenga da un eventuale molestatore. L'utente disturbato da una chiamata muta non potrà essere ricontattato per una settimana e, al contatto successivo, dovrà essere garantita la presenza di un operatore. I call center saranno tenuti a conservare per almeno due anni i report statistici delle telefonate "mute" effettuate per ciascuna campagna, così da consentire eventuali controlli. Le regole non scattano subito, perché il Garante ha preferito scriverle in uno schema di provvedimento che sarà in consultazione pubblica per 60 giorni. Tra poco più di due mesi quindi dovrebbe scattare la tagliola sulle chiamate mute, che il Garante paragona a una forma di stalking. "E' importante garantire la massima produttività dei call center, ma i costi della loro attività non possono essere scaricati sugli abbonati inermi. Se alcune pratiche di marketing telefonico – ha dichiarato il Presidente dell'Autorità, Antonello Soro – vengono vissute dagli utenti addirittura come una forma di stalking, significa che l'impresa non sta facendo bene il suo lavoro. E' prioritario per le stesse società di telemarketing che le cosiddette "chiamate mute" vengano drasticamente ridotte". Se si legge lo schema di provvedimento si scopre che il Garante si era già occupato del fenomeno, contro due aziende specifiche colpevoli di telefonate mute: Enel e Reitek. È il provvedimento del Garante n.474 del 6 dicembre 2011 "con il quale l'Autorità ha prescritto a Enel Energia S.p.A. e Reitek S.p.A. l'adozione di una serie di misure per rendere, tra l'altro, le modalità del trattamento dei dati personali dei destinatari di iniziative di telemarketing conformi ai principî di correttezza e liceità, anche in relazione all'effettuazione di chiamate cosiddette mute". Le due aziende si sono opposte, ma il Tribunale di Roma a settembre ha dato loro torto e ragione al Garante. Che quindi ha avuto la strada spianata per estendere l’azione, contro le telefonate, mute, a tutto il settore.
fonte

10/11/13

Amazon ed il suo cloud! I maggiori utilizzatori in Italia e nel mondo

Amazon ed il suo cloud! I maggiori utilizzatori in Italia e nel mondo.
Nella settimana passata è stata per la prima volta in Italia, presentata durante l'occasione di un evento svoltosi a Milano che ha inaugurato anche il lancio di un nuovo canale tematico gratuito, esclusivamente dedicato ad essa con contenuti interamente in lingua italiana. Sto parlando di Amazon Web Services, meglio conosciuta con l'acronimo di Aws, ovvero la piattaforma di cloud computing del colosso di Seattle. Non si tratta di un servizio ma bensì di una classe intera di servizi proposti e gestiti attraverso un'interfaccia comune e accessibile facilmente online. Nella sudetta piattaforma sono inclusi soluzioni di tipo Iaas (la principale è EC2, acronimo che sta per Elastic Computing Cloud), alfine di mettere a disposizione delle aziende un intera infrastruttura Web di macchine virtuali del tutto personalizzabili, e applicativi cloud di tipo Paas (Platform as a service).

La piattaforma, nata nel 2006, è usata da decine di migliaia di aziende nel mondo. dalle più piccole alle più grandi. In Italia, fra le referenze note, ci sono nomi prestigiosi come Lamborghini e Gucci, colossi del settore bancario come UniCredit e realtà manifatturiere di medie dimensioni come la piemontese Imperia (produttrice di macchine per la pasta).
Colud Amazon

Negli States le realtà che si sono affidate ad Aws sono le più disparate, dalle start up della Silicon Valley alla Cia, che di recente ha firmato con Amazon un contratto di 600 milioni di dollari della durata di 10 anni, passando naturalmente per Amazon stessa (il sito di e-commerce). Su scala internazionale sono clienti di Aws realtà di classe enterprise come Shell e Schneider Electric e media ed entertainment company come Spotify e News Corporation. Nella vision di Amazon, il computing a nuvola non è soltanto uno strumento tecnologico atto ad ottimizzare l'uso delle risorse informatiche, è molto di più: un modo per mettere in relazione diversi soggetti.

Il programma Aws Activate for Start-ups che opera in sinergia con start up, incubatori e acceleratori d'impresa, va esattamente nella direzione di mettere in contatto le aziende con la comunità tecnologica e finanziaria. Andando cioè oltre i vantaggi rappresentati dai crediti sui servizi erogati da Amazon e sul supporto tecnico.
Steve Midgley, Head of Amazon a livello Emea, ha confermato al Sole24ore.com come per fare innovazione grazie al cloud non è necessario sborsare cifre esorbitanti, prova ne sia il gradimento mostrato per Aws da tante piccole realtà e giovani imprese appena nate, anche italiane e come il cloud sia avviato a diventare una tecnologia "mainstream" in tutta Europa e anche in Italia.
Il manager ha quindi spiegato come la società non abbia paura della concorrenza per via delle qualità intrinsiche della piattaforma, qualità che in parole povere si possono riassumere in elevati attributi di affidabilità e sicurezza ("è una priorità per Aws ed è una responsabilità di tutti, provider e utenti") e scalabilità potenzialmente infinita.

Il punto di forza aggiuntivo che Amazon mette in gioco, oltre alle capacità prestazionali, è la formula di pagamento a consumo in modalità "pay as you go": un'azienda avvia un progetto a costi di ingresso limitati, ne verifica i riscontri sotto il profilo del business ed è libera di abbandonarlo in caso di insuccesso. Aws, questo il concetto che stressano da Amazon, è un "ambiente" capace di rispondere a tutte le esigenze di un'azienda che affronta progetti di virtualizzazione delle risorse fisiche o che nasce da zero con l'idea di operare in modo sistematico nella nuvola.
Non è, in buona sostanza, un problema di modello di cloud implementato o desiderato; il punto focale della questione è quello di plasmare l'infrastruttura informatica rispetto alle specifiche esigenze di elaborazione richieste. "Ogni azienda, afferma infatti Midgley, ha un proprio ambiente ideale per operare in cloud". Guardando avanti, ai prossimi 3/5 anni, cosa dobbiamo aspettarci in termini di evoluzione dei servizi cloud? A questa domanda Midgley risponde innanzitutto con un sorriso (alludendo, probabilmente, all'impossibilità di descrivere sommariamente lo scenario tecnologico che ci aspetta in futuro) e quindi allargando il discorso ai Big Data e all'Internet delle cose, alla consumerizzazione dell'It (il cosiddetto byod, Bring your own device) e all'e-commerce.
"Le aziende, spiega il manager, avranno una quantità di dati da gestire e processare realmente enorme e devono affrontare subito questa sfida. Vi sarà, lato piattaforme, un significativo aumento dei requisiti di sicurezza e delle capacità e dei servizi on demand per gestire i picchi di elaborazione. Per questo il fattore chiave per le infrastrutture sarà la scalabilità".

31/10/13

In diciotto mesi ha dissipato 34,8 miliardi di dollari. Eike Batista

In diciotto mesi ha dissipato 34,8 miliardi di dollari. Eike Batista era l’ottavo uomo più ricco del mondo nelle classifiche della rivista americana Forbes.
Voleva diventare il più ricco del mondo, ora il suo impero è sull'orlo del fallimento. Dopo essere stato a lungo l'imprenditore simbolo del successo e della potenza economica verde oro, in un anno e mezzo l'ambizioso tycoon ha perso oltre  il 90% del suo patrimonio.
Eike Batista era l’ottavo uomo più ricco del mondo

l’inizio dell’anno scorso il Brasile era in pieno boom economico e il simbolo del successo verde-oro era incarnato da Eike Batista.  All’epoca il magnate brasiliano prometteva che entro il 2015 sarebbe diventato «il numero uno planetario», ma oggi le sue aziende sono sull’orlo della bancarotta e il suo patrimonio attuale vale solo 300 milioni di dollari. Un miracolo al contrario, insomma, quello dell’ormai ex «soldato del Brasile», come lui stesso amava definirsi.

Della quindicina di aziende che possiede, e che fanno capo alla holding Ebx, sei sono quotate alla Bovespa, la borsa di San Paolo: la Ogx, il «gioiello» che si occupa di petrolio e gas, la Mpx, che pure opera nell’energia, la Llx (logistica), la Mmx, un’azienda mineraria, i cantieri navali della Osx e la Imx, organizzatrice di show. La Ogx non ha rispettato le ambiziose promesse (i pozzi dei suoi campi petroliferi estraggono il 75 per cento meno dei barili previsti) e non è stata in grado di pagare i 45 milioni di dollari di debiti scaduti a inizio ottobre, preannunciando di fatto quella che potrebbe diventare la maggiore bancarotta di un’azienda mai verificatasi in America Latina. Come conseguenza i titoli in borsa (sul mercato ci sono anche obbligazioni per 3,6 miliardi di dollari) hanno subito un tracollo, con le quotazioni precipitate a 0,41 reais, rispetto ai 20 reais di quando Eike prometteva di diventare l’uomo più ricco del mondo.

«Eike crede nel Brasile e investe i suoi denari qui, spero venga imitato dai nostri imprenditori» ripeteva il presidente brasiliano Dilma Rousseff sino all’anno scorso. «È una brava persona ma racconta troppe bugie» si è lasciato invece sfuggire l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva.

Figlio di Eliezer Batista, presidente della Vale do Rio Doce che trasformò negli anni Sessanta la compagnia mineraria brasiliana in un leader mondiale del settore, Eike del padre non sembra possedere lo stesso tocco magico. «Sono più fortunato di lui, che con la Vale industrializzò il Giappone, io farò lo stesso con la Cina» prometteva, confermando di voler competere persino con il padre. «Puntate a essere sempre i migliori, fosse anche solo del vostro quartiere» diceva l’Eike sulla cresta dell’onda del 2012 agli studenti della Usp, l’università simbolo di San Paolo, «non fate come quella banda di culi flaccidi che sono i nostri imprenditori». E ancora: «Manca una cultura del rischio in Brasile» ripeteva ovunque come un mantra. Una frase che oggi suona beffarda.

Fallimento alle porte, dunque? «È il momento di acquistare» è invece la voce di ambienti vicini al partito di Lula. Partito che oggi sembra avere scaricato Eike, dopo averlo appoggiato per un decennio. «Lui è stato tagliato fuori, tutti i soldi che recupererà d’ora in avanti per salvare le sue aziende andranno ai suoi creditori, a cominciare dal Bndes, la banca pubblica che lo ha finanziato molto in passato. La Ogx non fallirà però passerà di mano» prevedono questi stessi ambienti. A chi? Forse alla Petrobras, la compagnia petrolifera brasiliana che Batista aveva sfidato, illudendosi di poter competere con lei. Ipotesi, indiscrezioni, comunque il mito è crollato.

Quando, 35 anni fa, Eike apparve sulla scena brasiliana dopo una gioventù passata all’estero, la voce più ricorrente era che il padre gli avesse lasciato in eredità dalla Vale la mappatura dei principali giacimenti auriferi del Brasile. Invenzione o meno, sino all’inizio degli anni Novanta di Batista jr a Rio si sapeva solo che era un amante della bella vita, che guadagnava con l’oro e che amava i bolidi della motonautica. Soprattutto era noto per essere l’uomo di Luma de Oliveira, reginetta del Carnevale carioca e coniglietta di Playboy.

Per lei perse la testa e nel 1991 la sposò contro il volere del padre, annullando appena una settimana prima il matrimonio già programmato da tempo con una donna meno appariscente. La fama per Eike arrivò però una domenica quando, in diretta sulla Globo, la principale tv del Brasile, finirono all’asta le mutandine di Luma. Eike fece irruzione negli studi della seguitissima trasmissione (una sorta di Domenica in) e ricomprò furente la biancheria della moglie.

L’amore è finito nel 2004, Luma nel frattempo gli ha dato due figli, ma la psicologia di Batista è rimasta la stessa: «Alternare euforia e depressione nello spazio di poco tempo è la caratteristica che più mi colpisce del suo carattere» dice a Panorama un imprenditore suo amico che sottolinea anche la sua «ingenuità nello scegliersi i collaboratori». Di certo c’è che le Unità di polizia pacificatrice che Rio sta usando per normalizzare le favelas in vista delle Olimpiadi sono state finanziate quasi interamente da questo ex miliardario ossessionato dal simbolo della moltiplicazione x, inserito nei nomi di tutte le sue aziende perché a suo dire «la ics accelera la creazione della ricchezza». Chi finanzierà ora la pacificazione in favela non si sa, ma «sostituire la x col segno della divisione (:) sarebbe un atto dovuto» si sfoga un azionista che aveva creduto in Eike.
Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.