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21/02/14

Il 2013 la Ferrari lo chiude a...tutto gas!

Il 2013 la Ferrari lo chiude a...tutto gas! La casa del Cavallino decide di ridurre il numero di vetture vendute a favore del mantenimento dell'alta l'esclusività per incrementarne il valore nel tempo, rafforzando le performance dei risultati economici.

Mai strategia di mercato fu più azzeccata: dinanzi ad una riduzione delle vendit, il 2013 la Ferrari l'ha chiuso con fatturato, utili e posizione finanziaria da record. Questo è quanto emerge durante il Consiglio d'Amministrazione dell'Azienda, riunitosi a Maranello sotto la Presidenza di Luca di Montezemolo per esaminare i dati di chiusura. Le vetture omologate che sono state consegnate alla rete sono calate a 6.922 unità (-5.4%) e il fatturato è cresciuto del 5%, fino ad arrivare alla cifra mai raggiunta prima di 2,3 miliardi di Euro.
Un primato anche per quel che riguarda l'utile della gestione ordinaria, giunto a quota 363,5 milioni € (+8,3%), così come per l'utile netto che supera i 246 milioni € (+5,4%).

Il RoS (Return on Sales) sale al 15,6%, un livello che appartiene soltanto alle migliori aziende del settore del lusso.
Lo scenario positivo è poi completato dai significativi investimenti effettuati negli ultimi dodici mesi che, includendo la Ricerca e Sviluppo portata a conto economico, raggiungono complessivamente la cifra di 337 milioni € (erano 324 nel 2012): quasi il 15% del fatturato.
Luca di Montezemolo presidente della Ferrari

Si tratta di un valore totalmente autofinanziato anche grazie alla grande capacità di generare cassa, tendenza in atto da tempo e confermata nel 2013 con la migliore posizione finanziaria netta della storia dell'azienda: 1,36 miliardi €.
"E' un risultato molto importante ottenuto con un grande lavoro di tutti. Abbiamo voluto mantenere alta l'esclusività realizzando prodotti straordinari come LaFerrari, la 458 Speciale o la California T appena presentata, frutto di ingenti investimenti in prodotto e in tecnologie innovative" – ha detto il Presidente Luca di Montezemolo – "Abbiamo preso anche importanti decisioni strategiche sulle attività legate al Brand che daranno un contributo sempre maggiore al successo dell'azienda. Grande motivo di soddisfazione per tutti noi è essere considerati, ancora una volta, il marchio più forte al mondo: è una conferma che abbiamo saputo valorizzare questo incredibile brand".

Oggi il 100% delle vetture è personalizzato, con il programma Tailor Made in forte sviluppo. Molto bene il Dipartimento delle Classiche che aumenta costantemente le attività e la redditività.
La strategia delle consegne alla rete definita durante l'anno prevedeva un riduzione generalizzata dei volumi facendo però attenzione a gestire quei mercati dove, in funzione di una forte domanda, si voleva evitare un eccessivo allungamento delle liste di attesa.
In tal senso è da leggere la performance record degli USA con 2.035 consegne, con un incremento del 9% sull'anno precedente.

La Gran Bretagna con 677 vetture omologate consegnate alla rete batte i precedenti primati di vendite e diventa il primo mercato europeo superando la Germania, dove invece le consegne sono state ridotte di circa un centinaio per un totale di 652 unità. Nel resto dell'Europa spicca ancora una volta – una costante da diversi anni – il dato negativo dell'Italia, un Paese diventato marginale per il settore delle auto di lusso: con 205 consegne rappresenta ormai meno del 3% delle vendite Ferrari a livello mondiale.
Nella Grande Cina (Repubblica Popolare Cinese, Hong Kong e Taiwan) bene le vendite al cliente finale: con 700 vetture si conferma il secondo mercato più importante. Il dato delle consegne rete scende invece di circa un quarto ma è frutto non dell'andamento del mercato ma dalla scelta della Ferrari di avere uno stock più leggero.

Nell'area Medio Oriente e Africa prosegue il trend positivo, con un incremento dell'8% che fa arrivare a quota 599 il numero di vetture omologate consegnate alla rete.
In Estremo Oriente si segnala anche nel 2013 il Giappone, che chiude con 380 vetture, una crescita di oltre il 20%. Molto buoni i risultati delle attività legate al Brand (Retail, Licensing ed E-commerce) che da quest'anno saranno gestite da una società separata, posseduta al 100% da Ferrari, con sede a Maranello; complessivamente hanno registrato un incremento del margine operativo del 3,6% raggiungendo i 54 milioni di Euro. Il Retail diretto è cresciuto del 19,3% a pari perimetro e del 30% con le nuove aperture, grazie anche all'innovativo concept di arredo che sarà implementato nei prossimi progetti e alle nuove categorie merceologiche introdotte.

Il Licensing mantiene il trend positivo, per merito dei nuovi accordi siglati e delle brillanti performance dei principali partner strategici, tra i quali: Puma, Hublot, Movado e Microsoft.
Per quanto concerne l'E-commerce sono stati raggiunti gli obiettivi di crescita prefissati, con un fatturato che nel 2013 si attesta ad oltre 8,4 milioni di Euro. Eccellente la presenza Ferrari sui canali web e sui social network. Il sito ufficiale ha registrato oltre 40 milioni di visite, mentre il brand è uno dei protagonisti dei social media a livello globale: su Facebook è stato raggiunto il traguardo di 12,5 milioni di fan con un +25% rispetto al 2012.

Sul fronte delle sponsorizzazioni della Formula 1 vanno evidenziati due importanti accordi: con UPS, azienda leader nella logistica, e Oakley che, oltre ad apparire sui caschi dei piloti della Scuderia, svilupperà anche una linea di occhiali. Lo scorso anno sono stati poi estesi alcuni dei contratti di sponsorizzazione, in particolare quello con Weichai Power, azienda del gruppo industriale Weichai, uno dei più importanti in Cina.
Da Londra intanto Brand Finance la società leader nella valutazione del marchio, certifica Ferrari come il brand più forte al mondo con una AAA+, davanti a marchi di grande notorietà e tradizione nel settore del largo consumo. Il riconoscimento non è legato solo a indicatori economici come il fatturato per cliente e investimenti ma a una complessa griglia di criteri che includono anche la notorietà, la gestione dei clienti, la qualità delle risorse umane.

Da segnalare infine che oggi, nell'anniversario della nascita del fondatore Enzo Ferrari, l'azienda inizia una nuova sfida imprenditoriale quale la gestione del Museo Casa Natale di Modena. Il Museo, nel cuore della città, sarà complementare a quello di Maranello, protagonista di un anno da record con i 320.000 visitatori che lo rendono una delle strutture museali più visitate d'Italia.

26/11/13

Dipendenti Amazon trattati come fossero "robot"! La Bbc attacca duramente il colosso dell' e-commerce!

Si intravede tra un alluvione ed una tempesta di vento, il Natale spuntare all'orizzonte, così come migliaia di consumatori europei che come ormai capita da tempo, avranno, oppure staranno già ordinato online il regalo per i rispettivi coniugi, figli, figliastri e amici! Risultato, nei magazzini di Amazon è scattato il periodo di allerta massimo per le consegne. Bene, dira qualcuno, in tempi di crisi che si parli pure di lavoro, consegne, regali etc etc etc saremo dunque tutti contenti? Ma certo che... No!
Perchè ad affliggere l'azienda di Seattle condotta da Jeff Bezos sono venute fuori nelle ultime ore situazioni che riguardano strettamente il portafoglio e più di tutto la salute dei suoi dipendenti. Indovinate in quali Nazioni Europee? Germania e Regno Unito!
La questione che riguarda il rinnovo del contratto.
Centinaia di lavoratori tedeschi del colosso dell'e-commerce, impiegati presso i centri di distribuzione a Bad Hersfeld e Lipsia, sono infatti in sciopero e dal sindacato Ver.di è arrivato un avvertimento esplicito: "non sarà la prima volta che i dipendenti incroceranno le braccia prima di Natale se non saranno aumentati i salari". La richiesta avanzata ad Amazon è altrettato chiara, e riguarda l'equiparazione del contratto a quello dei lavoratori occupati nell'area delle vendite.
Dipendenti Amazon come robot
La società nordamericana, scrivono le agenzie, ha subito accettato di pagare i bonus di Natale, ma a quanto pare la concessione non è stata ritenuta sufficiente dalle parti sindacali (Ver.di rappresenta nel complesso oltre 5mila lavoratori fra il centro di Lipsia e quello di Bad Hersfeld) per chiudere la vicenda.

L'azienda, da parte propria, non sembra disposta ad ulteriori provvedimenti, convinta del fatto che i dipendenti in attività presso i suoi magazzini siano già pagati con il massimo della paga prevista dal contratto di settore.

Spedizionieri come fossero robot.
Ancora più problematica, per molti versi, la situazione scoppiata in mano ad Amazon in terra britannica. Il personale addetto allo smistamento di libri, Dvd, giocattoli e tutti gli altri prodotti dell'immenso catalogo del retailer americano sarebbe infatti a rischio di "problemi mentali e fisici" per l'eccessivo carico di stress a cui è sottoposto. Lo dice, con estrema dovizia di particolari, un'inchiesta condotta dalla Bbc , che ha infiltrato un suo giornalista (Adam Littler) fra le file degli addetti alle spedizioni.

Detto che Amazon arriva ad impiegare complessivamente fino a oltre 20mila persone nei suoi centri logistici nel periodo di massima punta qual è quello di Natale, nei centri inglesi e in particolare in quello di Swansea (in Galles) dove ha preso lavoro per sette settimane il giovane reporter i magazzinieri sono chiamati a prestazioni da super atleta: 11 miglia (oltre 15 chilometri) da percorrere a piedi nel corso del proprio turno di lavoro all'interno del gigantesco deposito da 75mila metri quadrati per trovare gli oggetti da inviare ai clienti, gestendo ogni singolo ordine in un tempo medio di 33 secondi.
 Il tutto sotto il controllo costante di uno scanner che guida gli addetti (2mila quelli impiegati in questo periodo) al "pick up" degli articoli a scaffale e ne registra tutta l'attività inviando apposita reportistica ai diretti responsabili. "Siamo macchine, siamo robot", queste le parole usate dall'inviato della Bbc per descrivere lo stato di alienazione a cui i dipendenti, a suo dire, sono sottoposti. A condizioni economiche, oltretutto, non particolarmente entusiasmanti: 8,25 sterline l'ora per il turno notturno (esteso fino a 10 ore e mezza) e 6,50 sterline per quello diurno.
La difesa di Amazon.
La denuncia della Bbc ha avuto estremo risalto nel Regno Unito anche grazie al parere di uno dei maggiori esperti britannici in materia di stress sul posto di lavoro, Michael Marmot, secondo cui "le caratteristiche di questo lavoro evidenziano un rischio di malattie mentali o di natura fisica". La difesa di Amazon, che nel Regno Unito ha investito circa un miliardo di sterline e creato circa 5mila posti di lavoro permanenti, è stata lapidaria: "la salute dei lavoratori è la nostra priorità numero uno", così recita lo statement ufficiale, "aderiamo a tutte le normative materia di lavoro e le ispezioni condotte nelle nostre sedi non hanno dato alcun riscontro negativo".

Gli standard prestazionali raggiunti dalla forza lavoro, fanno notare ancora dall'azienda nordamericana, sono alla base degli obiettivi di produttività cui sono chiamati i dipendenti assunti part time per affrontare il picco delle spedizioni natalizie. Direttamente contattati dal Sole24ore.com, i portavoce di Amazon Uk hanno di fatto respinto tutte le osservazioni mosse dalla Bbc, rifiutando "con forza l'accusa che l'azienda sfrutta i suoi dipendenti in alcun modo".

Sulla questione salari ci viene detto che a stipendi competitivi si aggiungono benefit in grado di far aumentare in media del 12 %, negli ultimi cinque anni, la paga base annuale. E precisato come un dipendente con due anni di servizio (non è quindi il caso dei lavoratori stagionaliù) guadagna 8,98 sterline all'ora per i turni di giorno e 10,78 sterline per un turno di notte (all'indirizzo www.amazon.co.uk /fcpractices c'è il dettaglio).

Quanto al rischio di malattie fisiche e mentali, Amazon ha pagato un esperto indipendente che ha visitato edifici e collaboratori e considerato simile ad altri ambiente lavorativi e non nocivo il sistema di raccolta delle informazioni delle attività degli addetti. E a supporto di tale tesi i portavoce hanno messo l'accento sul "tasso di sicurezza molto favorevole rispetto alle aziende dello stesso settore". Da aprile 2012 a novembre 2013, l'indice Riddor (Reporting of Injuries, Diseases and Dangerous Occurrences Regulations, parametro definite dalla UK Health and Safety Executive) è stato inferiore dell 40% rispetto alla media delle imprese appartenenti alla stessa industria.

10/11/13

Amazon ed il suo cloud! I maggiori utilizzatori in Italia e nel mondo

Amazon ed il suo cloud! I maggiori utilizzatori in Italia e nel mondo.
Nella settimana passata è stata per la prima volta in Italia, presentata durante l'occasione di un evento svoltosi a Milano che ha inaugurato anche il lancio di un nuovo canale tematico gratuito, esclusivamente dedicato ad essa con contenuti interamente in lingua italiana. Sto parlando di Amazon Web Services, meglio conosciuta con l'acronimo di Aws, ovvero la piattaforma di cloud computing del colosso di Seattle. Non si tratta di un servizio ma bensì di una classe intera di servizi proposti e gestiti attraverso un'interfaccia comune e accessibile facilmente online. Nella sudetta piattaforma sono inclusi soluzioni di tipo Iaas (la principale è EC2, acronimo che sta per Elastic Computing Cloud), alfine di mettere a disposizione delle aziende un intera infrastruttura Web di macchine virtuali del tutto personalizzabili, e applicativi cloud di tipo Paas (Platform as a service).

La piattaforma, nata nel 2006, è usata da decine di migliaia di aziende nel mondo. dalle più piccole alle più grandi. In Italia, fra le referenze note, ci sono nomi prestigiosi come Lamborghini e Gucci, colossi del settore bancario come UniCredit e realtà manifatturiere di medie dimensioni come la piemontese Imperia (produttrice di macchine per la pasta).
Colud Amazon

Negli States le realtà che si sono affidate ad Aws sono le più disparate, dalle start up della Silicon Valley alla Cia, che di recente ha firmato con Amazon un contratto di 600 milioni di dollari della durata di 10 anni, passando naturalmente per Amazon stessa (il sito di e-commerce). Su scala internazionale sono clienti di Aws realtà di classe enterprise come Shell e Schneider Electric e media ed entertainment company come Spotify e News Corporation. Nella vision di Amazon, il computing a nuvola non è soltanto uno strumento tecnologico atto ad ottimizzare l'uso delle risorse informatiche, è molto di più: un modo per mettere in relazione diversi soggetti.

Il programma Aws Activate for Start-ups che opera in sinergia con start up, incubatori e acceleratori d'impresa, va esattamente nella direzione di mettere in contatto le aziende con la comunità tecnologica e finanziaria. Andando cioè oltre i vantaggi rappresentati dai crediti sui servizi erogati da Amazon e sul supporto tecnico.
Steve Midgley, Head of Amazon a livello Emea, ha confermato al Sole24ore.com come per fare innovazione grazie al cloud non è necessario sborsare cifre esorbitanti, prova ne sia il gradimento mostrato per Aws da tante piccole realtà e giovani imprese appena nate, anche italiane e come il cloud sia avviato a diventare una tecnologia "mainstream" in tutta Europa e anche in Italia.
Il manager ha quindi spiegato come la società non abbia paura della concorrenza per via delle qualità intrinsiche della piattaforma, qualità che in parole povere si possono riassumere in elevati attributi di affidabilità e sicurezza ("è una priorità per Aws ed è una responsabilità di tutti, provider e utenti") e scalabilità potenzialmente infinita.

Il punto di forza aggiuntivo che Amazon mette in gioco, oltre alle capacità prestazionali, è la formula di pagamento a consumo in modalità "pay as you go": un'azienda avvia un progetto a costi di ingresso limitati, ne verifica i riscontri sotto il profilo del business ed è libera di abbandonarlo in caso di insuccesso. Aws, questo il concetto che stressano da Amazon, è un "ambiente" capace di rispondere a tutte le esigenze di un'azienda che affronta progetti di virtualizzazione delle risorse fisiche o che nasce da zero con l'idea di operare in modo sistematico nella nuvola.
Non è, in buona sostanza, un problema di modello di cloud implementato o desiderato; il punto focale della questione è quello di plasmare l'infrastruttura informatica rispetto alle specifiche esigenze di elaborazione richieste. "Ogni azienda, afferma infatti Midgley, ha un proprio ambiente ideale per operare in cloud". Guardando avanti, ai prossimi 3/5 anni, cosa dobbiamo aspettarci in termini di evoluzione dei servizi cloud? A questa domanda Midgley risponde innanzitutto con un sorriso (alludendo, probabilmente, all'impossibilità di descrivere sommariamente lo scenario tecnologico che ci aspetta in futuro) e quindi allargando il discorso ai Big Data e all'Internet delle cose, alla consumerizzazione dell'It (il cosiddetto byod, Bring your own device) e all'e-commerce.
"Le aziende, spiega il manager, avranno una quantità di dati da gestire e processare realmente enorme e devono affrontare subito questa sfida. Vi sarà, lato piattaforme, un significativo aumento dei requisiti di sicurezza e delle capacità e dei servizi on demand per gestire i picchi di elaborazione. Per questo il fattore chiave per le infrastrutture sarà la scalabilità".
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