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02/10/14

E' pericolosa l'acqua in bottiglia? Sì in taluni casi

In generale l'acqua in bottiglia non è pericolosa, ma vi sono taluni  casi è necessario stare molto attenti. Se l'acqua conservata in bottiglie di plastica viene lasciata al caldo diviene pericolosa. Sono stati alcuni scienziati dell Università della Florida a giungere a questa conclusione, infatti il team ha studiato i materiali con i quali vengono create le bottiglie. 

A conclusione dello studio ecco i risultati: bisogna tenersi lontani dai contenitori di acqua in plastica tenuti sotto al sole. La conservazione in luoghi freschi e non assolati non nasce da un vanesio tentativo di preservare l’integrità delle etichette, ma dalla necessità di evitare che il liquido possa prendere strani sapori ed assorbire molecole di sostanze nocive prima dell’utilizzo.

Acqua in bottiglia
immagine presa dal web

Il problema è da considerare anche per quanto riguarda l’esposizione al sole dei bancali di bottiglie, ma anche nel loro trasporto in camion stipati e privi di aerazione. Secondo le analisi condotte dai ricercatori, infatti, le bottiglie di plastica comuni sono realizzate con l’utilizzo di tereftalato che a contatto con fonti di calore rilascia bisfenolo A. Questa sostanza è la stessa dalla quale si tenta di tenere lontani i bambini piccoli realizzando materiali e tettarelle libere da ftalati.

Questa sostanza è molto pericolosa perchè può causare problemi sia all’apparato riproduttivo che al sistema nervoso. Lo studio ha preso in considerazione  16 marche di acqua in bottiglia. Esse sono state tenute a 65-70 °C per circa 4 settimane. Una situazione limite, necessaria per stabilire un eventuale modus operandi per limitare i danni. Dopo tale trattamento, l’antimonio e il bisfenolo A contenuti nell’acqua sono saliti a livelli altissimi.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista  Environmental Pollution, e suggerisce di evitare, ovviamente, il consumo di acqua rimasta troppo tempo esposta al calore (può capitare con bottiglie rimaste in auto, o mal conservate in supermercato) suggerendo ai consumatori di verificare che alle stesse condizioni non siano stati sottoposti anche latte, caffè e succhi di frutta.

04/08/14

L'enigmatico oleandro

Quante volte vi siete soffermati ad ammirare  le  belle e colorate piante di oleandro? Suppongo spesso, io da bambina le contavo mentre si viaggiava in autostrada, lungo la quale si susseguivano come tanti soldatini. Al tempo però non sapevo che queste belle piante erano altamente velenose.

Il Nerium Olenader è un arbusto sempreverde e  ha una funzione prettamente ornamentale ma, contemporaneamente,  ingenera ansie e timori per la sua pericolosità, sentita ancor più nel caso di bambini e animali. Fiorisce in estate e alla fine dell’autunno con fiori viola, bianchi, giallo, arancio o rosa, a seconda delle specie; quando si maneggia l’oleandro, è necessario fare molta attenzione alla sua tossicità perciò, l’ideale sarebbe utilizzare guanti usa e getta o, in alternativa guanti che possano essere poi lavati.
L'enigmatico oleandro
immagine presa dal web

E' pericoloso sia per l’uomo che per gli animali (cani, gatti, bovini...) che possono farne le spese, in particolare i cavalli possono, in seguito alla sua ingestione, riportare lesioni e morire per arresto cardio-circolatorio; da notare che anche essiccato mantiene inalterate le sue caratteristiche e, ugualmente pericoloso è utilizzare i rami per preparare cibo alla brace perché anch’essi rilasciano le tossine responsabili della sua pericolosità. Nel caso in cui lo si bruciasse, si dovrà aver cura di non sostare presso i fumi, anch’essi tossici.

La sua pericolosità è da attribuirsi ai glucosidi cardioattivi che, se ingeriti, agiscono sul cuore; se a basse dosi hanno una funzione terapeutica, questo non accade nel caso in cui le dosi superino una certa soglia e, nell’oleandro, la loro presenza non può che essere definita elevata. La sua ingestione può provocare sintomi che partendo dall’aritmia, possono condurre alla morte; non necessariamente le manifestazioni della sua interazione con l’organismo si manifestano immediatamente, è infatti possibile che trascorrano molte ore (fino a un giorno), prima che ci si renda conto del danno.

E’ possibile che si producano disturbi gastrici con nausea, vomito e mal di stomaco, cardiologici con alterazione del ritmo cardiaco, ipotensione, coma e, nei casi più gravi morte ma, anche il sistema nervoso può essere “attaccato” e portare dall’assopimento, all’atassia, allo shock. Enigmatico il film “White oleander” in cui Michelle Pfeiffer uccide l’amante proprio tramite l’estratto di oleandro bianco (come dice il titolo), fu protagonista non molto tempo fa di un fatto di cronaca: una donna cercò di uccidere il marito con un infuso preparato con le sue foglie.

 Il tentativo non è andato a buon fine ma il marito, nel periodo in cui ha bevuto l’intruglio, ha avuto problemi sempre più gravi (da disturbi gastrici, fino ad aritmie) che lo hanno condotto, in breve, al ricovero in rianimazione. Nel caso in cui abbiate in casa o in giardino un oleandro fate perciò attenzione a come lo maneggiate e, nel caso in cui vi siano bambini, tenetelo alla larga dai luoghi in cui giocano, il pericolo che questa pianta porta con sé è infatti molto elevato.

03/08/14

Dolore intenso e vescicole: ecco il Fuoco di Santantonio.

L’Herpes Zoster, chiamato comunemente “Fuoco di Sant’Antonio ( si dice perché all’epoca chi fosse stato colpito da questa malattia si rivolgeva pregando a sant'Antonio abate, ritenuto grande taumaturgo), è una patologia virale che colpisce sia la pelle che le terminazioni nervose. Tale malattia è provocata dall’herpes virus varicella-zoster, il virus che è anche responsabile della varicella, infatti l’eruzione cutanea è simile a quella della varicella con le classiche vesciche piene di liquido. Tale eruzione compare generalmente sul torace o sulla schiena, sul viso, ma non è rara la sua presenza attorno agli occhi, all'interno della bocca, su un braccio o su una gamba, in genere sempre su un solo lato del corpo, ed è sempre accompagnata da un dolore molto intenso. Il decorso dello Zoster va da un periodo minimo di dieci giorni a circa tre mesi e spesso si risolve con la completa guarigione, mentre in diversi casi si cronicizza nella nevralgia post erpetica, ovvero un dolore persistente, anche per mesi o sine die. Tuttavia il virus della varicella non viene eliminato dall’organismo, esso rimane generalmente dormiente per tutto il corso della vita all’interno delle radici nervose spinali e in una percentuale non proprio trascurabile ( 15-20% e sopra i 50 anni) il virus si risveglia, provocando l’herpes zoster. Ne sono immuni i soggetti che non si sono mai ammalati di varicella. Questo perché negli individui normali la risposta immunitaria riesce a neutralizzare l’assalto del virus, generando un equilibrio tra le parti, mentre nei soggetti immunodepressi, avendo le difese immunitarie molto basse, prevale l’attacco virale e di conseguenza il manifestarsi nuovamente della patologia. Quali sono le cure. Spesso la risoluzione è spontanea dopo un certo lasso di tempo, ritenendo necessario solo il trattamento del dolore. Tra i farmaci vengono prescritti gli antivirali ( aciclovir ed altri) per via orale o endovenosa, per il trattamento riduttivo dell’ eruzione cutanea e dolore e a scopo preventivo. Il trattamento va protratto per almeno una decina di giorni e iniziato non oltre il terzo giorno dal manifestarsi della patologia. Altra categoria di farmaci sono gli antiepilttici (gabapentin), atti a normalizzare l’attività elettrica del sistema nervoso causata dai nervi danneggiati. Vengono usati generalmente come antalgici anche gli antidepressivi come l’amitriptilina, mentre la stimolazione elettrica (tens) sembra dia risultati poco soddisfacenti. L'herpes zoster è contagioso solo nel caso in cui avviene il contatto diretto con il liquido contenuto nelle vescicole, quindi solo durante i primi giorni della malattia. Non ci sono vaccini contro il fuoco di Santantonio, per lo meno in Italia, dal momento che quello sperimentato negli USA negli anni novanta, e con buoni risultati, non è mai stato disponibile nel nostro paese. (immagine presa dal web)

19/07/14

IL nucleo della Terra | Se si dovesse raffreddare? | Il cervello | Quanti neuroni contiene?

Nucleo estremo delle Terra
Che cosa succederebbe se il nucleo della Terra si raffreddasse?
Il nucleo della Terra ha una porzione interna solida, circondata da un nucleo estremo liquido dello spessore di 2266 chilometri.

Le correnti convettive nel nucleo esterno sono responsabili della generazione del campo magnetico terrestre, per cui, se il nucleo si raffreddasse e solidificasse, il campo magnetico sparirebbe quasi del tutto, e le particelle cariche del vento solare riuscirebbero a colpire l'atmosfera superiore, spazzando via lo strato di ozono ed esponendoci a livelli letali di raggi ultravioletti. Potreste essere sorpresi nello scoprire che, in effetti, il nucleo esterno si sta congelando, anche se il tasso è di solo circa 1 millimetro all'anno, per cui ci vorranno 2,2 miliardi di anni perché si congeli completamente.

Quanti neuroni abbiamo nel cervello?
Come sappiamo quanti neuroni contiene cervello umano? 
L'unico modo per calcolare il numero di neuroni è osservare al microscopio un campione di tessuto cerebrale.

Poiché contarli uno a uno risulterebbe poco pratico, la valutazione si basa su estrapolazioni fatte da piccoli prelievi da aree diverse del cervello. Convenzionalmente, si dice che disponiamo di 100 miliardi di neuroni e un trilione di cellule gliali (anch'esse componenti del sistema nervoso). Uno studio del 2009, però, ha concluso che la presenza numerica di ciascuna tipologia di cellule varia considerevolmente da una regione cerebrale all'altra: in realtà, abbiamo dunque circa 86 miliardi di neuroni e una quantità analoga di cellule gliali.(science)


08/07/14

Attenzione, una sostanza cancerogena in agguato nei cibi fritti, grigliati, al forno e tostati.

L'Acrilammide, detta così, è una parola praticamente anonima, senza alcun significato, se non per qualcuno con conoscenze chimico-biologiche-mediche. Eppure con questa sostanza abbiamo a che fare tutti i giorni, soprattutto in ambienti culinari. L’acrilammide è una sostanza  chimica che si forma per idrolisi dei grassi negli alimenti durante la cottura a temperatura molto elevata, che sia questa frittura, cottura al forno, alla griglia o tostatura. La sua presenza quindi viene riscontrata  in diversi prodotti quali patatine, patate fritte a bastoncino, pane, biscotti e caffè, e grazie a questa sostanza questi prodotti assumono la classica doratura. L'EFSA, (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha lanciato un preoccupante allarme contro questa sostanza, dopo diversi studi effettuati negli ultimi anni su animali. L'acrilammide risulta essere una sostanza cancerogena e, una volta nell'organismo, viene ampiamente metabolizzata diffondendosi in tutti gli organi, aumentando quindi il rischio di formare neoplasie maligne e di causare polineuropatie dovute alla tossicità per il sistema nervoso, sia centrale che periferico. Anche la fertilità maschile non è indenne da questa tossicità.  In attesa di ulteriori studi e conferme su questa sostanza, è bene e soprattutto salutare diminuire i rischi  associati al suo consumo, limitando i cibi fritti e tostati, cibi che andrebbero centellinati nelle nostre tavole a prescindere dall'acrilammide. (immagine presa dal web)

06/03/14

Il dolore | Dopo decenni di studi scoperta la molecola che fa...male!

Il dolore: dopo decenni di studi scoperta la molecola che fa...male!
Se sessant’anni fa Aldous Huxley, desiderava dare via libera “alla percezione”, oggi la scienza potrebbe essere sul punto di compiere l’esatto contrario.

Proprio cosi: finalmente, dopo decenni trascorsi a compiere ricerche e studi, gli scienziati della University of California di San Francisco sono riusciti nell'impresa di immortalare un’immagine ad altissima risoluzione della Trpv1, ovvero sia la proteina ritenuta responsabile della trasmissione delle sensazioni dolorose dalla pelle al sistema nervoso! Venendo così a conoscenza che la molecola è un vero e proprio portale capace di modificare la sua struttura, cioè dare via libera per l’appunto a reazione a stimoli, come bruciature o contatto con sostanze urticanti.

Molecola del dolore
Lo scorso dicembre, gli scienziati hanno pubblicato su Nature i dettagli della loro scoperta. La ricerca in realtà, era iniziata nei primi anni '90, quando il biologo David Julius si interessò alla capsaicina, la molecola che conferisce al peperoncino il tipico gusto piccante.

All’epoca non se ne sapeva granché: non era chiaro quale recettore vi si legasse e trasmettesse la sensazione al sistema nervoso. Il colpaccio arrivò nel 1997, quando l’équipe di Julius individuò un membro “piuttosto misterioso” di una famiglia di recettori i canali ionici Trp.
Nel corpo dei mammiferi sono disseminati circa 30 diversi canali di questo tipo: i ricercatori scelsero di concentrarsi sulla Trpv1, localizzata nelle fibre nervose sotto la pelle e la lingua e ne scoprirono le caratteristiche fondamentali. “Quando si morde un peperoncino, per esempio”, spiega Quanta Magazine, “la capsaicina si lega al canale Trpv1 e ne modifica la struttura, aprendo le porte per l’interno del neurone. A questo punto, gli ioni entrano nella cellula e innescano l’attività elettrica che invia segnali di dolore al cervello”.

Accade lo stesso quando si sorseggia una tazzina di caffè bollente, ma in quel caso è il calore ad aprire la strada verso il neurone. Da allora a oggi, gli scienziati hanno compreso molte altre caratteristiche del recettore, soprattutto grazie allo sviluppo di nuove tecniche di imaging (in particolare la microscopia crioelettronica) che hanno permesso di fotografarlo con estremo livello di dettaglio.
La Trpv1 a quanto pare, non è un semplice sensore, ma un vero e proprio computer in grado di raccogliere informazioni sul mondo circostante ed elaborarle per proteggerci da danni ulteriori. Funziona più o meno come una manopola del volume che regola l’intensità del dolore: quando è a contatto con la capsaicina per esempio, abbassa la soglia della tolleranza al calore (ecco perché un cibo bollente sembra ancora più caldo dopo aver morso un peperoncino).

Allo stesso modo, rende i neuroni più sensibili a bruciature e sostanze urticanti dopo una scottatura solare. Ma c’è di più. La struttura della Trpv1, secondo gli scienziati, è simile all’airlock delle navicelle spaziali. Sono presenti in realtà due porte – una che dà all’esterno e una che affaccia sul neurone – ed entrambe devono essere aperte perché gli ioni possano fluire e innescare l’attività elettrica. E non tutte le sostanze agiscono allo stesso modo: la capsaicina fa sì che le porte si aprano più frequentemente (dando luogo all’effetto che descrivevamo in precedenza), mentre il veleno del ragno, per esempio, è una specie di fermaporta e luogo a sensazioni di dolore più costanti e prolungate nel tempo. La scoperta, sostengono gli scienziati, aiuterà a mettere a punto nuovi antidolorifici, possibilmente più efficaci con meno effetti collaterali rispetto agli oppiacei attualmente utilizzati: “Più si agisce a livello periferico”, dice Julius, “meglio si può intercettare il dolore senza interferire con in sistema nervoso centrale”. Diamo il benvenuto al dolore nell’era molecolare.
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