Il-Trafiletto
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02/07/14

Burqa e niqab: la Corte europea dei diritti dell'uomo dà ragione al divieto, in pubblico, imposto dalla Francia.

Era l'11 aprile 2011 quando la Francia approvò la legge con la quale si vietava il velo integrale nei luoghi pubblici, resa definitiva nel settembre dello stesso anno, sanzionando le infrazioni alla stessa legge con una pena pecuniaria di 150 euro o di una frequenza ad uno stage di "educazione civica". Ora la Corte europea dei diritti dell'uomo ha respinto il ricorso contro il divieto al velo integrale presentato da una donna musulmana. L'autrice del ricorso, una francese di origini pachistane, sosteneva come quella legge che impedisce di indossare il burqa e il niqab rappresentasse un'azione discriminatoria e minasse la libertà di culto e della sua vita privata. Nelle motivazioni definitive della sentenza i giudici della Corte europea hanno stabilito che tale legge "persegue lo scopo legittimo di proteggere i diritti e le libertà altrui e di assicurare il rispetto dei minimi requisiti del vivere insieme", accettando di fatto la tesi sostenuta dal Governo francese secondo la quale il volto è una pedina molto importante nei rapporti sociali. Di contro, la stessa Corte ha riconosciuto nella sentenza che un Paese come la Francia che dà il via a leggi di questo tipo "corre il rischio di contribuire al consolidamento degli stereotipi che colpiscono gruppi specifici di persone e di incoraggiare espressioni di intolleranza quando al contrario ha il dovere di promuovere tolleranza".(immagine presa dal web)

13/06/14

Secondo articolo del voto

E noi entriamo qui nel secondo articolo del voto: "Di assumerci la corresponsabilità della giustizia nell'Ordine, di riparare la colpa del nostro compagno se rifiuta di riconoscerla e di correggersene".
E il punto più originale della nostra Regola, ne è il seme. Questo mi fu detto in quella notte di San Giovanni del 1937 in cui ebbi la prima visione dell' Arca, a Nàrendranàgar. Mi è capitato, in seguito, di vedere delle persone sconvolte convertirsi per aver sentito queste parole. Però sappiamolo bene: la Corresponsabilità non è invenzione nostra. La Corresponsabilità è nella natura delle cose. Esiste allo stato più o meno latente nella famiglia come nella nazione. 
Accade costantemente che il figlio dell'imbroglione, dell'usuraio, del fallito, faccia fatica ad alzare il capo; che una figlia svergognata getti nella vergogna un' onesta famiglia; che il pacifico straniero che passeggia tra di noi sia considerato un nemico mortale se si guastano le relazioni diplomatiche col suo paese. 
Noi vediamo nella Bibbia Dio stesso colpire con la peste e con la guerra un popolo intero, per la colpa del suo capo. Qui la Regola dunque non fa altro che trascrivere in termini di coscienza il comportamento naturale dell'uomo che si appella a una comunità viva. Tuttavia l'obbligo preciso che ne risulta non ha più nulla di una relazione naturale. 
Se sorprendo in colpa il mio compagno, che devo fare? Riferire la cosa al mio capo con lo zelo di un fedele spione? Denunciare il colpevole in pubblico con nobile indignazione? No, devo andare da lui per chiedergli che pena intende applicarsi. Se fa la sua penitenza, e questa è ragionevole e sufficiente, l'incidente è chiuso. 
Se si rifiuta, s'irrita e si giustifica, non devo precipitarmi nella disputa, so quello che mi resta da fare: prendere su di me il castigo che a mio giudizio egli meritava*. 
Può accadere che, vedendomi digiunare, vegliare o faticare al suo posto, egli si penta. lo posso sia lasciargli compiere finalmente il suo dovere, sia, per amicizia, accompagnarlo. Così l'aguzzino, lo spione, il giudice, l'avvocato, il carnefice scompaiono dalla scena della Giustizia dove per secoli recitano una sinistra commedia, e anche il colpevole, perché si corregge. Un Compagno: Mi sembra di aver letto da qualche parte nella Bibbia: "Tu correggerai il colpevole, ma non prenderai su di te la sua colpa". 
Come conciliare questo con la nostra Regola? Risposta: Bisognerebbe esaminare il testo nella lingua originale, per scoprire il senso esatto di quel ma. Quel ma pare presupporre un sottinteso: Se non agisci così prenderai la colpa su di te, ma l'eviterai riportando il colpevole all'obbedienza. E almeno quello che afferma Ezechiele in un versetto che non lascia dubbi: "Tu li avvertirai da parte mia. Quando dirò al malvagio 'Tu morirai!' se tu non l'avverti, se non gli parli per esortarlo a distogliersi dalla sua vita malvagia, per salvare la sua vita ti chiederò conto del suo sangue!" (Ez. 111, 18). D'altra parte la nostra Regola ha le sue radici proprio nella" Legge e i Profeti", ma maggiormente (come tutto quello che riguarda la nonviolenza) in quel "Complemento della Legge" portato dal Vangelo. "Gli Antichi vi hanno insegnato che... ma io vi dico ..." Ed essa inserisce la sua giustizia nell' economia dell' amore, della libertà e della grazia. 
Un altro Compagno: Sta scritto, infatti: "Porterete i pesi gli uni degli altri". La Regola ce ne fa un obbligo preciso e ce ne indica il momento opportuno e il modo. 
Una Compagna: È mediante la Corresponsabilità che il cristiano pratica l'imitazione di Gesù Cristo nel miglior modo possibile. Il Cristo è venuto" a prendere su di sé i peccati del mondo" ed è così che ci salva. Ogni volta che facciamo lo stesso con un nostro fratello, partecipiamo al riscatto in modo attivo e cosciente. 
Risposta: È vero e bellissimo, purché un'impercettibile presunzione non guasti questo lavoro di salvezza. Ricordiamo sempre che il Cristo viene da Dio, e che egli è Dio e impeccabile, e da questo deriva il suo potere di salvare. Noi siamo stati tratti dal nulla e siamo mezzo affondati nel peccato. Non possiamo mai espiare per gli altri non essendo sicuri di essere noi stessi esenti dal peccato. Sarebbe come fare dei regali con denaro rubato. Eppure la parabola dell'economo infedele lascia intendere che il Padrone ci feliciterà per questa mistica frode. 
Quello che importa richiamare è che la distinzione tra il tuo e il mio in materia di peccato è meno netta di quanto non sembri al giudizio del mondo, che era più grande di quel che sembrava. la mia partecipazione alla colpa di noi tutti. Non è dunque così straordinario che io soffra al suo posto, la sola cosa straordinaria è che io lo sappia e lo voglia, ed è quello che la nostra Regola insegna. 
Un Compagno: Non esiste da nessuna parte del mondo un'istituzione di giustizia conforme alla nonviolenza? 
Risposta: Il Taglione dell' Antica Legge fu dettato da Mosè alla sua gente "a causa della durezza del loro cuore", per mettere un limite alle vendette, per impedire il loro prolungarsi all'infinito. La procedura penale delle nazioni civilizzate è una macchina per raffreddare la vendetta: mediante un sistema di ritardi, di sostituzioni, di controlli, essa la comprime in forme dall'apparenza logica, togliendole una parte del suo furore, e nello stesso tempo la sua ragion d'essere, la trasforma in qualcosa che non è né natura, né morale, né utilità. I disgraziati cadono nei suoi ingranaggi come la mosca nella ragnatela. No, la nonviolenza non ha nessuna parte nei cavilli, la condanna, la detenzione, l'esecuzione, in breve nella giustizia ufficiale e negli oscuri concetti da cui essa deriva: questa "Giustizia" è da riporre, con la Guerra, tra le superstizioni barbare come la Schiavitù e l'Antropofagia. 
Ma tra le opere e le vittorie della nonviolenza, bisogna contare gli sforzi compiuti per l'umanizzazione della Giustizia: quelli di Voltaire per l'abolizione della tortura, di Victor Hugo e di Beccaria per la soppressione della pena di morte, di Lombroso per lo studio del delitto come infermità mentale e di conseguenza per la trasformazione delle "Case di Pena" in Case di Cura e di Rieducazione. La soppressione degli infernali bagni penali nelle isole tropicali o glaciali, la soppressione della palla al piede, delle catene e della frusta. L'addolcimento del regime penitenziario. Gli ambiti di accoglienza per chi esce di prigione. Le opere per la redenzione dei minorenni delinquenti. 
Un altro Compagno: Perché nella vecchia versione è detto: " di riparare le nostre colpe o di compensarle, di punircene da noi", ma nella nuova soltanto" di riparare e di correggerei?". 
Risposta: Per semplificare, anche per evitare la "penitenza", sgradevole per i nostri fratelli protestanti. La distinzione dei tre termini dell'antica formula è la seguente: la penitenza riguarda Dio e me stesso, la riparazione o compensazione riguarda il prossimo. Si dimentica troppo spesso che questo viene prima di ogni perdono. Troppo spesso il devoto si confessa e si crede a posto, e il confessore assolve senza esigere che quello che è riparabile venga riparato. 
Se mi pento di aver derubato il mio prossimo e penso di ottenere il perdono pur conservando il denaro, vuol dire che inganno me stesso e mi faccio beffe di Dio. So che riparare non è sempre facile e a volte si rivela impossibile. Le buone parole e il rimpianto sincero non cancellano tutti gli effetti dell'ingiuria o della calunnia. Che possiamo rendere a colui cui abbiamo infranto la felicità, a colei che mori di dolore dopo il nostro abbandono? Allora si ricorre alla Compensazione. 
Il beneficio ricevuto da uno sconosciuto al quale non ho neanche potuto dire "grazie", lo devo a qualcun altro, e gli devo anche di non farmi conoscere da lui. Se volete sapere perché colmo di attenzioni quel vecchio al quale non devo niente, sappiate che è a causa di mio padre che ho perso da molti anni e al quale non ho reso nulla di quello che gli dovevo! 
Una Compagna: Parlateci del Sacramento della Penitenza. 
Risposta: Considerate il "Tribunale della Penitenza" così come viene chiamato: Eccola, la giustizia piena perfettamente nonviolenta, davanti alla quale uno si dichiara sempre colpevole, e che non emette mai altra sentenza che il perdono! 
La stessa Compagna: In che rapporto con il Sacramento è questo articolo della nostra Regola? 
Risposta: Lo prepara e poi lo continua traducendo in concreto i suoi effetti. 
Un Novizio: Poiché tutto sta nell'Insegnamento, quale rapporto ha la pratica della Corresponsabilità da una parte con i nostri esercizi quotidiani, dall'altra con la lotta nonviolenta? 
Risposta: La pratica della Corresponsabilità è l'esercizio quotidiano della nonviolenza. Perché la corresponsabilità ci mette in lotta con i nostri fratelli, e ci abitua a questa virile carità. Combattendo bene il nostro fratello (o piuttosto il male che sta in lui) acquisteremo la forza di riconciliare a noi i nostri nemici, e, con l'aiuto di Dio, di convertirli. L'esercizio è il lavoro su di sé in vista del risveglio della coscienza. La lotta nonviolenta è lavoro sull' altro in vista di provocare in lui il risveglio. da "Azione nonviolenta" giugno 1984
scritto da Lanza del Vasto

  *Questo nel caso che non ci sia alcun dubbio sulla sua colpa e sulla sua ostinazione. Se l'accusato trova il rimprovero ingiusto, o eccessivo, o fondato su un malinteso, e ne segue una discussione, i due potranno, su richiesta dell'uno o dell' altro, presentarsi insieme davanti al Patriarca e sottomettere la questione al suo giudizio. Ma nessuno andrà a lamentarsi o a protestare dal Capo, e meno ancora da un'altro. Ogni sera, prima della preghiera (tranne che nei giorni di festa), i Compagni e i Novizi si riuniscono per la Colpa. Ognuno si accusa delle colpe della giornata e annuncia la penitenza fatta o da fare, o chiede perdono a quello che teme di aver offeso o danneggiato. Nessuno accusa qualcun altro.
Primo articolo: IL GIOIELLO DELLA REGOLA

12/06/14

IL GIOIELLO DELLA REGOLA

IL GIOIELLO DELLA REGOLA 
ALLA COMUNITÀ DELL 'ARCA 
di Lanza del Vasto 
Lanza del Vasto, fondatore della Comunità dell'Arca in Francia e continuatore dell'opera di Gandhi in Occidente, con questo scritto smonta e stravolge la teoria della pena. Il concetto della corresponsabilità della Giustizia e la convinzione di non dover "infliggere" la pena, ma piuttosto, di "assumerla" su di sé, sono gli originali punti che costituiscono il sovvertimento dell'agire della Giustizia ufficiale. I criteri esposti in questo articolo sembrano frammenti di utopia ma, alla Comunità dell'Arca, costituiscono una Regola che quotidianamente trova applicazione. 
  • Assumere la responsabilità delle nostre azioni, riconoscere i nostri torti, ripagare i nostri misfatti, correggercene da noi, sotto il controllo dei nostri compagni se il misfatto è conosciuto, in segreto se siamo soli a conoscerlo. 
  • Assumerei la corresponsabilità della giustizia dell'Ordine, ripagare l'errore del nostro compagno se rifiuta di riconoscerlo e di correggersene. 

Noi abbiamo fatto voto "di assumere la responsabilità delle nostre azioni" ... questo significa che, un bel giorno, abbiamo preso la decisione di essere uomini liberi. 
I filosofi si dilettano di discutere sulla libertà umana, gli uni affermandola in assoluto, gli altri negandola, come se per gli uni tutta la specie si trovasse esente da determinazioni esterne, come se per gli altri le azioni di qualsiasi uomo non potessero essere altro che il risultato delle pressioni e degli urti subiti.
 È libero l'uomo che si sviluppa secondo la sua propria legge, e inserisce la sua azione nell'armonia del tutto. Ma chi si lascia andare alle sue inclinazioni non è più libero della pietra che cade e dell' acqua che scorre chi si presta agli incitamenti, eccitazioni, agitazioni, sollecitazioni del mondo non è più libero dell' onda spinta dal vento. "Chiunque si abbandona al peccato è schiavo del peccato" (Gv 8, 34) e l'ignorante è prigioniero delle tenebre. 
Per liberarsi occorre dunque, uscendo dal gregge comune, seguire la propria strada, e per questo conoscerla, cioè conoscere se stesso: "Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi" (Gv 8, 32). 
Conoscersi significa unificarsi nello spirito, e anche nel tempo. L'azione allora risponde alle convinzioni e concezioni, e l'uomo diventa responsabile delle sue azioni e delle conseguenze logiche delle sue azioni. 
La parola responsabile è della stessa famiglia della parola spontanea che designa "quello che sgorga da fonte interiore", della stessa famiglia della parola sposa, colei il cui amore sgorga dal di dentro e che risponde allo sposo e gli corrisponde. La libertà è la nobiltà della vita spirituale inaccessibile e perfino incomprensibile a chi vive e ragiona secondo il mondo, e la responsabilità è il dovere, il peso, il prezzo di quest' onore. 
Assumere la responsabilità delle proprie, azioni, vuol dire collegare il di fuori col di dentro e il presente col passato. E l'effetto del lavoro su se stessi ed è già un lavoro su se stesso, lavoro di unificazione e di risveglio della coscienza che non può limitarsi a qualche mezz'ora di esercizio mattutino, ma prosegue in tutte le ore della giornata, e congiuntamente a ogni altro lavoro. 
Va da sé che in più noi dobbiamo, per obbedienza, assumere le responsabilità che ci vengono date. 
Perché è uno dei metodi del nostro insegnamento di accordare, per un certo tempo, dei compiti, delle sorveglianze, dei comandi a un dato compagno o anche a un dato novizio, e poi a un altro, perché il punto sul quale aveva mostrato una certa indifferenza, una reticenza più o meno inconscia, s'imponga adesso alla sua attenzione e l'esperienza vinca il suo impedimento meglio dei rimproveri o delle esortazioni. 
La pratica della responsabilità è un buon rimedio a quello che la vita comunitaria comporta di abitudinario, di pecoresco, all'infantile passività che, sotto l'aspetto dell'umiltà fiduciosa, finisce col depositarsi sulle anime, e non è un pericolo minore di quello dell'orgoglio e delle rivolte, sebbene meno apparente. 
Com'è conciliabile la disciplina con la libertà? 
Questa domanda si pone da quando ci sono uomini e città. Per non averle saputo dare una corretta soluzione l'avvilimento della schiavitù si alterna con la ribellione e l'effusione di sangue, e in tutte le civiltà la Legge oppone alla malvagità degli uomini obblighi a volte insopportabili, minacce umilianti e atrocità senza fine. 
L'Ordine civile non può essere mantenuto senza il Potere costituito, questo potere è il potere di maneggiare le "Forze dell'Ordine", che hanno lo scopo di soggiogare tutti quanti, d'intimidire quelli che esitano, di abbattere i recalcitranti, di vendicare i delitti, cui si aggiunge quello di difendersi contro le potenze straniere mediante la guerra, e di aumentare se stesse grazi alle conquiste. 
Il "diritto di guerra e di giustizia" che è il privilegio del Potere inclina alla licenza di usare la violenza a piacimento. Nella pace come nella guerra, i delitti perpetrati dal Potere restano i soli impuniti, e, in tutti i regimi, superano in numero quelli dei privati. Il Potere offre il suo arbitrato ai privati nelle loro dispute che tronca secondo il diritto, ma nelle sue dispute con un altro potere non riconosce che il diritto del più forte e la legge della giungla. Esso reprime gli eccessi dei privati, ma nessuno può reprimere i suoi. Il Potere comporta il potere di abusare del potere. 
Le istituzioni democratiche hanno la funzione di sopprimere gli abusi del Potere di servirgli da controllo e da freno, ma hanno quasi inevitabilmente l'effetto d'introdurre la divisione in seno all'unità, il discredito delle persone dei capi, l'imbarazzo e il ritardo in ogni esecuzione. Ne risulta un potere diminuito, ma sussiste la possibilità di abusarne. 
Così dunque, in regime autocratico, il soggetto si trova privato di ogni responsabilità, mentre il Sovrano è responsabile solo davanti a Dio (verità sublime in apparenza, ma, di fatto, negativa); in democrazia, regna l'irresponsabilità generale. Il rimedio a tutto questo è di assumere la responsabilità delle nostre azioni invece di eluderla o di buttarla addosso agli altri e di esercitare l'autorità su di sé prima che sugli altri. 
Si ha. ancora più urgenza di buttare sugli altri la responsabilità quando si tratta di colpe. E per questo che il testo continua: " ...di riconoscere i nostri torti, di riparare i nostri misfatti, di correggercene da noi, sotto il controllo dei nostri compagni se il misfatto è conosciuto, in segreto se siamo soli a conoscerlo". 
Che non si lasci passare questo paragrafo senza rilevare la cruciale e tragica questione alla quale porta risposta. 
Quella della giustizia degli uomini, legame del crimine e della punizione. 
La punizione è un male che si oppone al male; è buona e salutare si dice perché purga, corregge, riscatta il colpevole; ma noi vediamo piuttosto che lo segna, l'avvilisce e a volte l'uccide. 
Sì, ma se è un male fare del male al cattivo, è tuttavia "il male minore" 
Come, minore poiché la pena deve essere uguale alla colpa! Diciamo piuttosto che s'aggiunge al male e lo raddoppia! 
E però il modo migliore per proteggere i buoni dalle imprese dei malvagi e assicurare il loro bene. 
È poi sicuro? No, e tanto meno quanto più il supplizio è spaventoso e pubblico. 
Sì, la Legge è dura, ma è la Legge. In questo basso mondo, bisogna accettarla come una necessità, - Questa necessità è del tutto artificiale e immaginaria. Gli uomini vi s'incatenano in ragione della paura e dell'accecamento. 
Davvero bisogna essere ciechi per non notare che mai la pena di morte applicata a un omicida ha reso la vita alla vittima dell'omicidio ma che vi aggiunge un nuovo omicidio. 
Tale è la logica del male reso per il male, la catena sanguinosa della violenza legittima (giustizia vendicativa e guerra giusta). 
E' compito speciale dei nonviolenti quello di rompere la catena della violenza legittima, ben più che quello di opporsi alla brutalità alla collera o alla crudeltà criminale fa capire perché non hanno mai per nemici i briganti e gli assassini (li incontrano nelle prigioni e fraternizzano), i loro nemici sono generalmente le persone oneste e le autorità costituite. Ma allora, la non violenza, lasciando libero il campo ai violenti non assicura forse il trionfo del suo contrario? Ricordiamoci la definizione della nonviolenza: "La forza della verità" "per fermare gli eccessi, per riparare i torti, per risolvere i conflitti" e ricordiamoci che è lotta contro il male e difesa della giustizia. ' Ma lotta contro il male mediante il bene e difesa della giustizia con le armi della giustizia.
E adesso, che cos'è dunque la giustizia non violenta? 
Gandhie
Lanza 
E' riparare il male opponendogli un bene, quanto possibile uguale e della medesima natura, un bene o un sacrificio.
Per quel che riguarda i delitti e le pene, è una giustizia esente da punizioni? 
No, ma punizioni esenti da violenza. 
Com'è possibile questo? 
Facendo penitenza invece di subire una punizione. 
La punizione è sempre più o meno violenta, perché dipende dal giudizio di un altro, e quest' altro, per superiore che sia, non può entrare né nei disegni di Dio né nei suoi moventi intimi. ("Non giudicate", dice il Vangelo). La nonviolenza è mettere il colpevole davanti al suo stesso giudizio e affidargli l'esecuzione della sentenza. 
La punizione è qualcosa che taglia. Se mi è applicata dal di fuori, mi taglia via dall'insieme dei miei simili. Ma se sono io ad applicarla a me stesso, mi separa solo dalla mia colpa, e così mi libera e mi vivifica. 
Così in questa casa non si mette al passo nessuno, né si mette al bando, non c'è sevizia per l'esempio, né rimprovero pubblico, eppure non ci deve essere né indulgenza, né compiacenza, né rilassatezza . 
Il Capo deve chieder conto della sua condotta a chi è in colpa (ed è capo chiunque "richiami all'obbedienza" in nome della Regola), deve invitarlo, esortarlo al rigore regolare. Ma non può mai né forzare né minacciare nessuno. 
E se il colpevole si ostina? 
Allora il capo deve assumersi la responsabilità di quella sua colpa, che è l'incapacità di farsi ascoltare. 
[alla prossima.....per il secondo articolo del voto]


06/05/14

La falsa libertà e il pensiero atrofizzato

Vi siete mai soffermati anche solo un momento a pensare quanto siete consapevoli delle scelte che fate? Siamo immersi fino al collo in un volgare conformismo, un conformismo che forse noi scambiamo per buon senso, per saper vivere, per fede. In realtà siamo tutti inquadrati e in un certo senso "obbligati" a seguire una certa linea di condotta. Se ce ne discostiamo, siamo fuori dal gruppo.
Siete davvero sicuri di essere indipendenti nelle vostre scelte? Cosa comprate al supermercato? Che cosa guardate attraverso le vetrine dei negozi? Quali smartphone desiderate? Su che auto orientate il vostro desiderio? Avete mai pensato che i nostri pensieri e le nostre scelte siano indotte? In realtà è così, diciamo che c'è qualcuno che pensa e decide per tutti, sì perchè pensare è difficile, stancante, e come diceva Kant nel suo scritto  "Che cos'è l'illuminismo?":
Immagine presa dal web

L'illuminismo è l'uscita dell'uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza esser guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza - è dunque il motto dell'illuminismo. La pigrizia e la viltà sono le cause per cui tanta parte degli uomini, dopo che la natura li ha da lungo tempo affrancati dall'eterodirezione (naturaliter maiorennes), tuttavia rimangono volentieri minorenni per l'intera vita e per cui riesce tanto facile agli altri erigersi a loro tutori. E' tanto comodo essere minorenni! Se ho un libro che pensa per me, un direttore spirituale che ha coscienza per me, un medico che decide per me sulla dieta che mi conviene, ecc., io non ho più bisogno di darmi pensiero per me. Purché io sia in grado di pagare, non ho bisogno dì pensare: altri si assumeranno per me questa noiosa occupazione. A far si che la stragrande maggioranza degli uomini (e con essi tutto il bel sesso) ritenga il passaggio allo stato di maggiorità, oltreché difficile, anche molto pericoloso, provvedono già quei tutori che si sono assunti con tanta benevolenza l'alta sorveglianza sopra costoro. Dopo averli in un primo tempo instupiditi come fossero animali domestici e aver accuratamente impedito che queste pacifiche creature osassero muovere un passo fuori dei girello da bambini in cui le hanno imprigionate, in un secondo tempo mostrano ad esse il pericolo che le minaccia qualora tentassero di camminare da sole. Da ciò  deriva uno stile di vita che rifugge la complessità dei problemi. Tutto è semplice, tutto ha una soluzione, purchè non si pensi e non si dica a nessuno che la vita è difficile, rischiosa, impegnativa, è un progetto per realizzare insieme qualcosa di bello e sensato. Sbandieriamo tanto il termine libertà, ma cosa significa essere liberi?  Se guardiamo alla libertà come quella condizione nella quale non si è costretti da niente e da nessuno a fare o non fare qualcosa, poniamo l’accento  sugli ostacoli esteriori che spesso limitano l’azione della persona e ne mortificano l’autonomia.  E certo il poter fare senza ostacoli ciò che si desidera costituisce una condizione necessaria della libertà. Ma è anche sufficiente? In realtà, c’è da chiedersi se una persona realizzi veramente la sua libertà quando può fare ciò che desidera. E’ possibile, infatti, chiedersi se questa persona sia libera di desiderare quello che desidera. In una società come la nostra, dominata dai meccanismi della pubblicità, la questione si impone con particolare evidenza: è veramente libero chi, subendo un bombardamento quotidiano di messaggi più o meno subliminali, si trova a desiderare un prodotto di cui non avrebbe alcun reale bisogno, anche a costo del sacrificio di altre cose più utili? Chi è realmente a desiderare? Il desiderio,  è facilmente condizionabile dall’esterno. Esso dipende dagli oggetti che ci si presentano e nei cui confronti siamo liberi di sentirci attratti o meno. Ma la libertà può manifestarsi anche come atto di volontà. Dunque si tratta di poter scegliere ciò che si vuole fare. Ingrediente essenziale: il pensiero. Senza pensiero la libertà si trasforma in riflessi condizionati.  Oggi è molto difficile sfuggire a questa forma di dominio invisibile. Ed esso è tanto più pericoloso in quanto censura non le risposte, ma le stesse domande. Il problema è quello della scelta consapevole e per una scelta consapevole è necessario pensare in autonomia. Per ricominciare a pensare in autonomia sarebbe il caso di spegnere la nemica numero uno dell’umanità: la televisione!

16/04/14

Arabia Saudita | violenza alle donne: multa e arresto in caso di recidività.

La lotta antiviolenza contro la donna nel mondo sembra stia dando i suoi primi frutti. In Arabia Saudita, le autorità del regno wahabita, culla dell’Islam conservatore dove le donne sono tenute in uno stato di tutela permanente da parte degli uomini della loro famiglia e private della maggior parte delle libertà hanno deciso che ai mariti che “picchiano” le loro mogli saranno comminate sanzioni pecuniarie fino a 50.000 riyal (poco meno di 10mila euro). La nuova norma che entrerà in vigore a partire dalla prossima settimana prevede, secondo quanto riferisce la tv satellitare “al Arabiya”, “un minimo” dell’equivalente di mille euro per i mariti violenti oltre ad una pena detentiva di “non meno di un mese e non più di un anno in caso di recidività”. Riferisce sempre l’emittente di proprietà saudita: “ La sanzione pecuniaria sarà cancellata ed il reato verrà giudicato secondo la legge islamica della Shariya, molto più severa in quanto prevede pesanti punizioni corporali, in caso di decesso o di infermità permanente della vittima”. La nuova legge, come spiega alla tv araba il direttore generale del ministero per gli Affari sociali, Mohammed al Harbi, “è stata studiata dai giuristi per garantire il massimo livello di efficienza” per combattere il fenomeno delle violenze contro le donne.

21/03/14

Iran | Dopo 8 anni di carcere e il rischio della lapidazione, amnistiata e liberata Sakineh Ashtiani.

Ricordate Sakineh Ashtiani, la donna iraniana condannata alla lapidazione nel 2006 con l'accusa di adulterio e di aver ucciso il marito d'accordo con il suo amante? E' di ieri l'annuncio che la donna è stata rimessa in libertà. Ne dà notizia l'avvocato italiano Bruno Malattia di Pordenone, che ha patrocinato il caso di fronte al parlamento europeo. Dopo otto anni di carcere e una forte mobilitazione internazionale per salvare la vita alla donna, le autorità della Repubblica islamica le hanno concesso l'amnistia. La donna è stata rilasciata dopo aver scontato 8 anni di carcere. La buona condotta ha favorito il procedimento di amnistia. Secondo alcuni osservatori è un altro segnale della distensione messa in atto dal presidente Rohani, che in realtà deve gestire una situazione interna, sociale ed economica, difficile, vista l'eredità lasciata dal suo predecessore. Sakineh Mohammadi. Ashtiani, 47 anni, di Tabriz, nel nord-ovest dell’Iran, venne condannata nel 2006, sotto la presidenza di Mahmud Ahmadinejad, alla lapidazione per adulterio, con sentenza poi sospesa nel 2010. Ma rischiò poi l’impiccagione in un processo per l’omicidio del marito. Nel 2010 il Comitato internazionale contro la lapidazione, con sede in Germania e guidato dalla dissidente iraniana Mina Ahadi, aveva dato notizia della prossima impiccagione di Sakineh e poco più di un mese dopo del suo rilascio. Notizia smentita dalle autorità islamiche, che l’attribui’ ad un’azione di propaganda della stampa occidentale. La tv di stato iraniana mostrò la donna che confessava l’adulterio e la complicità nell’omicidio del marito: una confessione che il figlio della donna, Sajad Qaderzadeh, disse esserle stata estorta con la tortura. Ora l'annuncio dell'amnistia, che attende la conferma dei fatti. Forse un gesto distensivo nell’ambito del «nuovo corso» impresso alla politica estera dal presidente moderato Hassan Rohani.

25/02/14

Cinque consigli per affrontare un distacco soft dai figli

Nostra figlia non è più nostra DISTACCHI FAMILIARI

Le ansie di fronte all'autonomia dei ragazzi. Cinque consigli per affrontare un distacco soft dai figli


Mia figlia Giulia di 19 anni frequenta l'università lontano da casa, e fino a poco tempo fa ritornava da noi ogni fine settimana. Ora ha cominciato a rientrare ogni 15 giorni e non sembra interessata a stare con noi, perché esce continuamente con gli amici, tornando sempre tardi, non prima delle due. Anche se capisco che ha bisogno di vivere la sua vita, non trovo giusto che ci tratti così! Erica F.

La vostra ansia è comprensibile di fronte a un cambiamento così grande. Prima vostra figlia era sempre in casa mentre ora è sempre fuori. È normale che una figlia cerchi di stare con i suoi coetanei, anche se questo viene vissuto male dai genitori. Ha bisogno di confrontarsi, di sentirsi inserita in un gruppo, di esplorare la vita. Ma tutto questo non significa che l'abbiate persa. È evidente che il vostro rapporto ha bisogno di cambiare, di trasformarsi tenendo conto del nuovo contesto di esperienze e distanze, non solo geografiche ma anche di maturazione.

I vostri sentimenti di affetto non perderanno di valore ma andranno canalizzati diversamente. Per esempio, quando vostra figlia rientra a casa dall'università, non chiedetele subito tutto quello che ha fatto, ma lasciatela percepire che state cercando di rispettare le sue scelte, anche se il cuore di genitore non cessa di battere. Sarà sicuramente un messaggio positivo non fare domande mantenendo un atteggiamento di ragionevole fiducia. In questo modo svolgerete un ruolo di supporto e rappresenterete un autentico punto di riferimento. Vostra figlia ha bisogno di vedere che la vostra vita non dipende unicamente da lei, per quanto bene le vogliate. È troppo pesante per lei sentirsi responsabile della vostra felicità, anche se questo non gliela chiedete apertamente. Vediamo quindi insieme come potreste aiutare praticamente vostra figlia accompagnandola in questa delicata transizione verso nuovi equilibri:

1. Accettiamo lo nostra frustrazione di genitori di fronte all'inevitabile perdita, almeno parziale, di controllo sul comportamento dei figli. Si tratta di un processo naturale e sano di «lutto» che finisce con l'accettazione della situazione che fa crescere noi e loro.

2. Le nostre ansie sui figli, li rendono più insicuri e nervosi: va bene ammettere che siamo ansiosi per loro, ma dobbiamo eliminare le nostre paure che rendono poco efficace il rapporto.

3. Offriamo dei momenti piacevoli, da trascorrere insieme. Scegliamo di ridere di Dai stessi, raccontando le stupidaggini che facevamo alla loro età. Questo ci renderà più credibili ai loro occhi, e renderà loro più disponibili all'ascolto

4. Introduciamo l'idea di responsabilità, anche sul piano finanziario, proponendo" l'autogestione di una somma mensile predeterminata, che sia ragionevole. Suggeriamo criteri per valutare le spese e organizzarsi, magari citando personali esperienze, anche negative, che ci hanno insegnato qualcosa.

5..Crescere è una “porta stretta” che impone a tutti, genitori e figli, di ridurre il bagaglio che fino a quel momento abbiamo ritenuto indispensabile, per avventurarci insieme con gli elementi essenziali in una strada nuova. Nessuno è nato genitore, mentre tutti siamo nati figli. Forse abbiamo tutti bisogno di un vero Genitore

23/02/14

Kiev, il cecchino preso dalla piazza rischia linciaggio

Le due parti, in video e in foto, a testimonianza degli orrori della violenza. Viktor Yanukovich è fuggito e il parlamento fissa le elezioni per il 25 maggio. "Nessuna goccia di sangue versato sarà dimenticata", ha detto raccogliendo l'ovazione della piazza la 'Giovanna D'Arco' di Kiev, come ama definirsi Yulia Timoshenko, che si candiderà.

Alcuni dimostranti vengono raggiunti dai proiettili esplosi da lontano, nei casi più fortunati alle gambe, altri vengono colpiti a morte e trascinati via a peso morto da altri manifestanti. Ieri è stato il giorno più sanguinoso dei tre mesi di protesta contro il presidente Viktor Yanukovych, in cui sono morte oltre 70 persone. I cecchini hanno sparato sui dimostranti e alcuni video hanno mostrato almeno uno di essi con indosso l’uniforme della polizia antisommossa ucraina. il video, diffuso su YouTube che mostra gruppi di dimostranti nelle strade di Kiev mentre sono colpiti e uccisi da spari di cecchini. Secondo quanto riporta il Kiev Post, il filmato mostra immagini delle persone uccise ieri dai proiettili esplosi dalla polizia. Vi si possono osservare piccoli gruppi di uomini, apparentemente disarmati, muoversi con cautela nelle strade tentando di nascondersi dietro scudi improvvisati con lastre di metallo e di legno. Preso un cecchino, dalla piazza, ha rischiato il linciaggio, poi è stato fatto inchinare di fronte alle candele che ricordavano i manifestanti morti e costretto a baciare una croce. È accaduto a Kiev: un giovane sospettato di essere un cecchino è stato portato in piazza, tirato per i capelli e insultato.



15/02/14

Esce dal carcere per stupro e aggredisce ancora stessa ragazza

Non contento di una prima condanna per stupro, appena uscito di galera un indiano ha reiterato il reato immediatamente aggredendo la stessa vittima. Non basatava il primo stupro, che aveva portato un uomo, ritenuto colpevole, a darsi fuoco per dimostrare la sua innocenza.


Succede a Kolkata (India) l'ennesimo caso di abusi contro le donne in India: arrestato nel dicembre 2012 a Kolkata, nello Stato del Bengala Occidentale, dopo che una ragazza di 17 anni lo aveva denunciato per stupro, assolto un anno piu' tardi da ogni imputazione, non appena tornato in liberta' l'aggressore e' andato a cercare la stessa vittima.
Bambine indiane
Stando a quanto riferito dal quotidiano 'Hindustan Times', l'ha molestata ripetutamente, minacciata e infine ha tentato di violentarla ancora. L'adolescente e' pero' riuscita a fuggire e si e' rivolta di nuovo alla polizia, che l'ha messa sotto protezione. Il suo persecutore, identificato come Sahazada Bux, e' finito per la seconda volta in carcere e sara' processato. Il primo episodio di violenza carnale era costato la vita a un uomo con precedenti analoghi, Mir Aminul Islam, che originariamente era stato sospettato di esserne il responsabile. Questi, reclamando la propria innocenza, si era dato fuoco per protesta ed era morto qualche giorno dopo per le gravissime ustioni riportate.                                                                                                                    fonte(AGI) .

07/12/13

“La sinistra ed i Pm mettono a rischio la libertà e la democrazia!” Tuona Berlusconi in un comunicato ai parlamentari Fi.

«L'intreccio fra logiche politiche della sinistra e strumenti giudiziari sta mettendo seriamente in pericolo il concetto stesso di libertà, democrazia, stato di diritto». Tuona Berlusconi, che in un comunicato scrive ai  parlamentari di Forza Italia, nel quale sostiene che a «questo disegno, dispiace dirlo, non son estranei i più alti organi di garanzia delle nostre istituzioni».

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Sivio Berlusconi
Forza Italia è l'unica vera opposizione.
«Forza Italia è l'unica vera opposizione» anche rispetto a «un governo che ci ha gravemente deluso ed è venuto meno agli impegni, per esempio in materia fiscale e di tagli alla spesa, assunti all'atto della sua formazione», ha scritto Berlusconi . «Forza Italia – sottolinea il Cavaliere - è oggi l'unica vera opposizione non soltanto al governo», ma anche ai pericoli che derivano dall'intreccio «fra logiche politiche della sinistra e sistemi giudiziari.

Questo disegno, al quale non sono estranei i più alti organi di garanzia delle nostre Istituzioni, può essere fermato solo se saremo sufficientemente forti, compatti, presenti fra la gente, capaci di far capire a tutti la gravità della situazione nella quale la nostra Nazione si è ritrovata».

Possibili elezioni politiche nei prossimi mesiSilvio Berlusconi invita i parlamentari di Forza Italia a mettere un impegno «attivo e quotidiano» nel movimento «anche in vista delle elezioni europee e di possibili elezioni politiche nei prossimi mesi».

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