Il-Trafiletto
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19/03/14

La suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato dalla difesa di Berlusconi

Confermati i due anni di interdizione dai pubblici uffici per Silvio Berlusconi. Lo ha deciso la terza sezione penale della Cassazione. La pena accessoria e' ora immediatamente esecutiva. Berlusconi non puo' quindi candidarsi alle prossime elezioni europee. La suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato dalla difesa di Berlusconi contro la sentenza con cui la corte d'appello di Milano, il 19 ottobre scorso, fisso' in due anni il periodo di interdizione per l'ex premier.

 I giudici di piazza Cavour hanno dichiarato irrilevanti le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dagli avvocati Coppi e Ghedini, nonche' condannato Berlusconi a pagare le spese processuali. I due anni di interdizione sono la pena accessoria collegata alla condanna, divenuta definitiva il primo agosto scorso, a 4 anni di reclusione (3 coperti da indulto) per frode fiscale comminata al leader di Forza Italia nell'ambito del processo Mediaset. La Cassazione, confermando la condanna, lo scorso agosto aveva pero' annullato con rinvio la prima sentenza di appello limitatamente al periodo di interdizione, che i giudici del merito avevano inizialmente fissato in 5 anni. Nelle sue motivazioni la Cassazione aveva spiegato che il periodo di 5 anni era risultato da un calcolo errato, per cui aveva ordinato ai magistrati milanesi di ripronunciarsi sulla pena accessoria. Questa, quindi, in ottobre, era stata fissata in due anni, ma tale verdetto era stato impugnato in Cassazione. Anche il sostituto pg della Suprema Corte, Aldo Policastro, aveva oggi pomeriggio sollecitato il rigetto del ricorso della difesa di Berlusconi. La decisione dei supremi giudici e' giunta dopo piu' di quattro ore di camera di consiglio. "Prendiamo atto con grande amarezza della decisione della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione - ha commentato l'avvocato di Berlusconi, Nicolo' Ghedini - Come abbiamo detto nel corso dell'udienza, avremmo ritenuto quantomeno necessario un approfondimento presso la Corte Europea di Strasburgo".  fonte (AGI)

02/03/14

"Gocce" di notizie: Pubblicato sull'"Occidentale" scrive che non ci si può fidare di Forza Italia

 Il quotidiano online del Nuovo Centrodestra, "L'Occidentale", in un editoriale pubblicato ieri, scrive:
"Raccontavano che Forza Italia avrebbe affiancato l'attuale governo, da responsabile opposizione, lungo il percorso che prevede, tra l'altro, il superamento del bicameralismo perfetto e la riforma del Titolo V della Costituzione. Oggi assistiamo sgomenti (ma non certo impreparati) all'ennesima giravolta del Cavaliere, con annesso nuovo tavolo rovesciato: approvare in fretta e furia l'Italicum, poi dritti al voto; le riforme rinviate sine die.

 C'e' ancora qualcuno disposto a seguirlo in questa corsa allo sfascio?". "Il modo migliore per disinnescare la carica dei proclami populisti che viaggiano lungo la linea telefonica Arcore-Club Forza Silvio - prosegue il giornale di Ncd - e' quello di moltiplicare le energie nella definizione di un programma ambizioso per cambiare il Paese in profondita': riduzione della pressione fiscale, riforma del lavoro, modifica dei meccanismi obsoleti che regolano il (mal)funzionamento della macchina dello Stato sono i primi capitoli sui quali intervenire". "Di Forza Italia e del suo leader - conclude l'Occidentale - non ci si puo' fidare. A noi era chiaro da un pezzo. E a Renzi?"                                              .fonte (AGI)

29/01/14

Renzi ai piccoli partiti come Cicerone a Catilina: "Fino a quando abuserai della nostra pazienza?"

Il punto di disaccordo:«Le percentuali delle soglie di sbarramento e l'innalzamento della soglia per accedere al premio di maggioranza». Renzi a Ballarò: «se c’è da litigare con i piccoli partiti, si litiga. O si chiude o si rompe, non mi faccio risucchiare dalla palude»



Avverte Matteo Renzi. «Si tratta e come in ogni trattativa tutti vogliono spuntare qualcosa per poter dire “ho vinto io”, ma secondo me si può chiudere l’accordo», ragiona con i suoi alla fine di una giornata tempestosa in cui ha sentito più volte Berlusconi, ma anche Alfano. Il sindaco annulla la riunione della segreteria delle sette di mattina, oggi arriverà a Roma in tempo per la manifestazione dei sindaci ai ferri corti col governo. Un segnale chiaro di voler tenere sulla corda l’esecutivo, almeno fino a quando la partita sulla legge elettorale non sarà ben incardinata. Per tutto il giorno, alla luce del continuo aggiornamento che gli arriva dai suoi sul campo, Guerini, la Boschi e Nardella, il sindaco di Firenze segue passo passo un braccio di ferro che potrebbe concludersi oggi con l’annuncio di un accordo, salvo scarti improvvisi di Berlusconi, che «evidentemente è di fronte ad un bivio», dice Renzi a Ballarò.

Matteo Renzi.
Un accordo che non soddisferebbe molte delle richieste delle formazioni minori, ma «se c’è da litigare con i piccoli partiti, si litiga». E che allo stato si articolerebbe su cinque modifiche, di cui due ancora sub judice ma molto probabili. Primo, niente riduzione delle soglie di sbarramento dell’8% per chi va da solo e del 5% per le forze che si coalizzano (anche se Renzi preme per limarla al 4%), innalzamento solo della soglia per accedere al premio di maggioranza che passerebbe dal 35 al 37%. Secondo punto, quello che i renziani definiscono «la condizione di sopravvivenza per Alfano»: la possibilità di presentare fino a cinque candidature multiple in varie circoscrizioni. Terzo: delega al governo per ridisegnare le circoscrizioni elettorali, con un margine massimo di tempo di 60 giorni e non di novanta come ipotizzato nella prima fase. E poi ci sono altre due condizioni variabili: la norma «salva-Lega» e le primarie per legge sul modello toscano, cioè non obbligatorie ma comunque regolate con una normativa che prevede un’organizzazione istituzionalizzata con spazi pubblici offerti ai partiti che ne vogliano usufruire e regole certe. Una griglia di aggiustamenti che sembra siano la base per un accordo che i renziani considerano a buon punto di cottura. Ma la corsa contro il tempo è accidentata assai: fin dalla mattina i piccoli partiti mettono in minoranza Pd e Fi, chiedendo durante la riunione dei capigruppo di dare più tempo alla commissione Affari Costituzionali per discutere la legge elettorale. I due partiti maggiori strappano l’arrivo in aula per domani pomeriggio. Una questione che cela un nodo politico: se si slittasse al primo giorno di febbraio, il contingentamento dei tempi per l’aula varrebbe da marzo e quindi si ritarderebbe l’arrivo al Senato, chiudendo così di fatto la «finestra elettorale» per poter andare al voto in maggio con le europee. Ma sul percorso in commissione può pesare anche l’ostruzionismo dei grillini. «Se si mettono di traverso potrebbero ritardare tutto e si rischia di andare in aula senza aver votato un mandato al relatore ma solo con il testo base privo di modifiche», spiega il capogruppo Pd Emanuele Fiano prima della seduta notturna. «Vedrete, passa alla Camera e salta al Senato», è la profezia di Beppe Fioroni. «Io non mi faccio ingabbiare, chi vuol far saltare tutto si prenda la responsabilità di fronte al paese», attacca il leader Pd.                                                                          fonte LaStampa.it

19/01/14

"Sì a bipolarismo, stop a ricatto dei più piccoli per favorire la governabilità"| Trovato accordo sulla legge elettorale

La legge elettorale si farà. "Perfetta sintonia" dice Renzi. "Soddisfazione - avviare un rapido e costruttivo confronto", scrive contemporaneamente il leader di Forza Italia. Se si tratti o no del modello ispanico corretto, non è per ora dato a sapersi.

Matteo Renzi non vuole dire che tipo di legge elettorale sia stata scelta. vero è che la "profonda sintonia" che lo accomuna a Silvio Berlusconi sulle modalità con cui metter mano a una legge elettorale - il Porcellum - che la Consulta ha già provveduto a bocciare impietosamente, si basa su due cardini ben precisi.
A sottolinearli ci pensa lo stesso Renzi nel corso della (breve) conferenza stampa convocata al termine del (lungo) faccia a faccia col Cav in casa del Pd: "Favorire governabilità e bipolarismo da un lato - dice il leader dem - ed eliminare il potere di ricatto dei partiti più piccoli". Un messaggio chiaro al vicepremier Angelino Alfano e al suo Nuovo centrodestra, bersaglio dell'affondo contro i 'partitini'.

E a chi gli chiede se, di fatto, assieme all'ex premier si sia deciso di procedere con il modello spagnolo rivisitato, la risposta è stata: "Non ci resta che attendere il lavoro che presenteremo lunedì". Già, perché lunedì prossimo - dopodomani - alle 16 la direzione del partito potrà esprimersi su un testo che per allora dovrà essere definito. E che chiarirà anche se le liste saranno bloccate o meno.C'è una profonda sintonia - aveva sottolineato qualche minuto prima Renzi nell'esordire dinanzi ai giornalisti - tra le proposte del Pd e quelle che abbiamo discusso oggi con Berlusconi su tre temi delicati e capaci di segnare la svolta: la riforma del titolo V, con l'eliminazione dei rimborsi ai gruppi consiliari regionali; la trasformazione del Senato in Camera delle autonomie senza elezione diretta dei senatori (altro messaggio indirizzato a Ncd, ndr); e la riforma delle legge elettorale" su cui annuncia: "Abbiamo condiviso un'apertura alle altre forze politiche per scrivere il testo della legge che, se nelle prossime ore saranno definiti i dettagli, presenteremo alla direzione del partito che lunedì alle 16 lo voterà".
Secondo indiscrezioni, il modello che Renzi ha proposto a tutti i suoi interlocutori, e di cui nelle ultime ore ha discusso con l'ex premier, è il modello spagnolo 'made in Italy' con una soglia - a livello nazionale - all'8 per %.                                                                            fonte R.it

11/01/14

A volte ritornano! | Berlusconi sarà capolista alle europee

La saga continua: L'intento sarebbe quello di correre da capolista in tutte le circoscrizioni italiane alle prossime elezioni europee. «Puntiamo all’election day il 25 maggio e vinceremo»

 Dopo la decadenza da senatore, non ha nessuna intenzione di farsi da parte. E lancia la sfida. «Spero di essere capolista in tutte le Regioni alle prossime elezioni Europee», avrebbe detto, secondo quanto riferito dalle agenzie, parlando ai coordinatori regionali di Forza Italia riuniti a Roma. La data dell’ennesima sfida targata Cavaliere è fissata a fine maggio quando i cittadini dell’Unione europea saranno chiamati alle urne per il rinnovo del Parlamento di Bruxelles. «Puntiamo all’election day per il 25 maggio e vinceremo, grazie al lavoro dei coordinatori appena nominati e dai numerosi club che stanno nascendo in tutta Italia, siamo già oltre 6000. Arriveremo a 12.000», ha spiegato Berlusconi.

 Ecco perché Berlusconi non ha nessuna intenzione di perdere tempo sfruttando la dispèonibilità di Matteo Renzi a modificare la legge elettorale. Il Cavaliere si dice pronto ad incontrare il segretario del Pd prima che il testo della legge elettorale approdi in Aula: «La nostra preferenza va per lo spagnolo - ricorda - ma dobbiamo trovare il modello che ha maggiore condivisione e che viene fatto più in fretta in modo che si torni alle urne»
Ma torna il giallo sulla candidabilità del Cavaliere, condannato a quattro anni per frode fiscale e per la legge Severino incandidabile per sei anni con la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per due. Anche la direttiva che regola la materia dell’eleggibilità in Europa (la 93/109 del 6 dicembre 1993) fissa diversi paletti. Non solo la candidatura in Italia, per via dei risvolti della condanna, ma anche quella in un altro Stato europeo sarebbe preclusa all’ex premier. L’articolo 3 permette a ogni cittadino europeo di candidarsi nello Stato di residenza e non in quello di origine ma a condizione che la sua eleggibilità «non sia decaduta nello Stato di residenza». Insomma, prendere la residenza di un altro Stato membro non sarebbe sufficiente. E le parole dell’ex premier su una sua ipotetica candidatura come capolista in tutte le Regioni italiane sembrano essere più una sfida. Forse, l’ultima.

07/12/13

“La sinistra ed i Pm mettono a rischio la libertà e la democrazia!” Tuona Berlusconi in un comunicato ai parlamentari Fi.

«L'intreccio fra logiche politiche della sinistra e strumenti giudiziari sta mettendo seriamente in pericolo il concetto stesso di libertà, democrazia, stato di diritto». Tuona Berlusconi, che in un comunicato scrive ai  parlamentari di Forza Italia, nel quale sostiene che a «questo disegno, dispiace dirlo, non son estranei i più alti organi di garanzia delle nostre istituzioni».

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Sivio Berlusconi
Forza Italia è l'unica vera opposizione.
«Forza Italia è l'unica vera opposizione» anche rispetto a «un governo che ci ha gravemente deluso ed è venuto meno agli impegni, per esempio in materia fiscale e di tagli alla spesa, assunti all'atto della sua formazione», ha scritto Berlusconi . «Forza Italia – sottolinea il Cavaliere - è oggi l'unica vera opposizione non soltanto al governo», ma anche ai pericoli che derivano dall'intreccio «fra logiche politiche della sinistra e sistemi giudiziari.

Questo disegno, al quale non sono estranei i più alti organi di garanzia delle nostre Istituzioni, può essere fermato solo se saremo sufficientemente forti, compatti, presenti fra la gente, capaci di far capire a tutti la gravità della situazione nella quale la nostra Nazione si è ritrovata».

Possibili elezioni politiche nei prossimi mesiSilvio Berlusconi invita i parlamentari di Forza Italia a mettere un impegno «attivo e quotidiano» nel movimento «anche in vista delle elezioni europee e di possibili elezioni politiche nei prossimi mesi».

30/11/13

Cacciari punge alla "Zanzara"

"L'ultima assemblea del Pd? E’ stata una cosa scandalosa, uno schifo.Così si è espresso Cacciari ospite de “La Zanzara”, su Radio24.
“Barbara Berlusconi? L’ho conosciuta come studentessa qualche anno fa ed è una ragazza bravissima, appassionata e di una assoluta modestia. In politica potrebbe funzionare meglio di Marina Berlusconi”. L’ex sindaco di Venezia nel 2010 era pro Rettore dell’Università San Raffaele di Milano dove si è laureata la figlia del Cavaliere. “Barbara” – continua – “non faceva assolutamente pesare il suo cognome. E in politica può funzionare perché ha curiosità e cultura. Marina mi dicono invece sia una brava amministratrice ma gli imprenditori veri vogliono comandare e non possono fare politica”.

Cacciari
Cacciari commenta con toni critici l’ultima assemblea del Pd: “E’ stata una cosa scandalosa, uno schifo. E’ un piccolo grande scandalo che un partito discuta da mesi di stupidaggini che non hanno nessuna importanza per i cittadini in un momento così drammatico”. E su Matteo Renzi, di cui riconosce però il valore politico, è altrettanto duro: “Poverino, si agita continuamente. Va a pranzo con chi gli capita, va in cerca di immagine e una volta va con Cavalli, l’altra con Signorini. Ogni giorno deve vedere la sua immagine sui giornali. Renzi” – prosegue – “per la sua cultura pensa di poter fare il premier senza partito, ma non esiste. L’uomo è agitato, per ora va avanti a battute”. Il filosofo si pronuncia anche sulla questione del transito delle grandi navi da crociera a Venezia: “Le grandi navi sono dannose, è scientificamente provato, e chi dice di no mente sapendo di mentire”. Ma contesta la recente campagna di Adriano Celentano, che ha comprato una intera pagina del Corriere della Sera per schierarsi contro il passaggio delle navi nelle acque della laguna. “Bisogna sempre sapere ciò di cui si parla, ma la democrazia spesso è anche chiacchiera. Cosa devo pensare allora quando della costituzione italiana o di Dante mi parla Benigni? Sono parole così, Celentano è autorizzato a parlare come Benigni”.

14/11/13

Altre 48 ore prima di tirare le somme| Berlusconi e Alfano si sono confrontati

Se il Senato voterà la sua decadenza sarebbe impossibile andare avanti. Questa la convinzione del Cavliere. Con un vertice di tre ore a Palazzo Grazioli alla corte di Berlusconi, Angelino Alfano varca il portone con alcune proposte «distensive»: Fedeltà al leader, ma slegata a quella per il governo; battaglia sulla decadenza, ma senza strappi sul «progetto Italia» e Consiglio Nazionale da vivere senza scissioni. Tre condizioni difficilmente accettabili da Berlusconi che vorrebbe intorno a sé una «testuggine» pronta ad avanzare anche verso i nuovi «attacchi della magistratura, che non mancheranno ad arrivare».

Se è vero che le oltre 3 ore di riunione, dove Berlusconi e Alfano si sono confrontati senza “filtri”, hanno cercato una ricucitura, i dettagli (come il dibattito negato al Consiglio Nazionale) parlano di un impasse che resta ad alta tensione ma che “chiamano” altre 48 ore prima di tirare le somme. Del resto Fitto non recede e non ha nessuna intenzione di concedere spazi all’avversario: «Io lealista della prima ora», sarebbe stato il dossier sul tavolo del Cavaliere, «e ora non mi metto da parte». E così resta sullo sfondo la possibile assenza dei governativi al Consiglio Nazionale. Anche se i due - Berlusconi e Alfano - da quello che viene riferito, non vogliono rompere ma comunque capiscono che la rottura resta sempre ad un passo.

Il nodo più controverso sembra essere quello del sostegno al governo. Berlusconi lo ripete come un mantra: con il via libera alla sua decadenza verrebbero meno i presupposti delle larghe intese. Non così la pensano i ministri Pdl, che continuano a tenere separati i piani del governo e delle sorti personali del Cavaliere.
Ma per Alfano sarebbe un errore trascinare il Paese nel baratro dell’instabilità. «Se non lavoriamo nell’interesse dell’Italia continueranno a mandarci a casa tutti: falchi e falchetti, centrodestra e centrosinistra», avverte Maurizio Lupi. Insomma, è su questo punto che si consuma il braccio di ferro che potrebbe portare alla scissione del Pdl. Nel Pdl il clima è irrespirabile. Fitto accusa con durezza Alfano di «ipocrisia»: il vicepremier, attacca il capofila dei lealisti, usa «parole dolci» ma «atti ostili» e così rischia di «fare la festa» al fondatore del Pdl. Parole al vetriolo, accompagnate da un fuoco di fila dei falchi, per rafforzare il concetto.

La verità, sostengono per tutta risposta i governativi, è che i lealisti vogliono fermare la mediazione che si è aperta tra il vicepremier e il Cav, su iniziativa di quest’ultimo, per evitare lo scontro e la spaccatura nel Consiglio nazionale di sabato. E di fronte all’ipotesi che il Pdl, ministri per primi, lavorino a un rinvio del voto del Senato, arriva immediato lo stop del Pd. «Non è pensabile nessuna ipotesi di slittamento: è inutile che il Pdl cerchi alibi», dichiara Danilo Leva, responsabile Giustizia del Pd. E anche Beppe Grillo torna a occuparsi del Cav per ricordare che «non è un perseguitato, ma un delinquente». Intanto, l’avvocato Franco Coppi mette in chiaro che l’ipotesi di una grazia «è tramontata». Dunque è sul fronte parlamentare che si giocherà la partita più cruenta sul destino del leader Pdl. Che il giorno dopo la sua cacciata dal Senato sembra determinato, salvo ripensamenti, a staccare la spina al governo.                                                                                                           fonte

09/11/13

"I figli di Berlusconi compatti a chiedere la grazia al Presidente": lo dice Dell'Utri

"Mai arrivata la domanda". Il Quirinale smentisce ciò che Dell'Utri ha dichiarato, ospite alla trasmissione Virus su Raidue. Alla domanda: "Sono stati compatti i figli nel chiedere la grazia?"
"Tutti e cinque i figli di Berlusconi, in modo compatto, hanno chiesto la grazia, nel momento in cui è stato deciso e gli è stato chiesto di farla chiedere ai figli. I figli li l’hanno chiesta, mi sembra ovvio, solo che è brutto il discorso: i figli la chiedono e non gliela danno". Non è arrivata al Quirinale? "E che ci vuole per farla arrivare". Le risulta che è arrivata al Quirinale e si è persa in qualche ufficio? "Evidentemente non gliela vogliono dare. Vogliono che Berlusconi si arrenda... si deve arrendere", ha aggiunto Dell’Utri.
La famiglia Berlusconi

LA SMENTITA
Fonti del Quirinale interpellate sulla notizia diffusa da Marcello Dell’Utri che i figli di Berlusconi avrebbero chiesto la grazia per il Cavaliere precisano che alla presidenza della Repubblica «non è arrivato nulla». "Non ci ha sorpreso in materia - aggiungono fonti del Quirinale - la dichiarazione diffusa ieri dall’avvocato Niccolò Ghedini, perché già da tempo al presidente della Repubblica era stato escluso da persone vicine all’onorevole Berlusconi ogni ipotesi di domanda di grazia". Ed è proprio Ghedini, l’avvocato di Silvio Berlusconi, il primo a smentire l’uscita di Dell’Utri. "La notizia che i figli del presidente Silvio Berlusconi avrebbero presentato domanda di grazia è destituita totalmente di ogni fondamento".
DECADENZA, SCONTRO SCHIFANI-GRASSO
È continuato anche oggi il botta e risposta a distanza tra Pietro Grasso e Renato Schifani sulla decisione della giunta del regolamento del Senato di votare a scrutinio palese sulla decadenza di Silvio Berlusconi. "Non mi aspetto niente di particolare. Sono come colui che guarda quello che avviene intorno e cerca di condurre in porto, secondo le proprie funzioni, quella che è una delle valutazioni che la democrazia dovrà dare", ha detto il presidente del Senato. Pronta la replica del capogruppo del Pdl a palazzo Madama. "Il regolamento del Senato è stato deliberatamente violato e piegato agli interessi politici di una parte", ha detto.
IL PDL ALLA CONTA
Intanto nel partito non si placa la guerra dei numeri che prosegue da settimane, tra telefonate, conteggi, calcoli delle probabilità. Ma è anche sul piano regole che lealisti e alfaniani preparano la battaglia del Consiglio nazionale del Popolo della libertà. Uno scenario nuovo, per un partito che ha sempre voluto essere “leggero”, “movimentista” nell’anima. E che si ritrova adesso a discutere di maggioranze qualificate e voto segreto.
Sabato 16 novembre, al Palazzo dei congressi dell’Eur, probabilmente la scenografia sarà essenziale. Sul palco il podio da cui Silvio Berlusconi farà la sua relazione introduttiva. In sala, solo gli aventi diritto di voto. Perché si fa sul serio: ci sono decisioni cruciali da prendere. Dietro l’angolo, una scissione che i “pontieri” stanno cercando di esorcizzare. Ma le probabilità che la trattativa per una linea unitaria fallisca sono alte. E ci si prepara alla conta e ai ricorsi. Parlamentari, ministri, coordinatori locali, presidenti di regione e provincia, sindaci di città capoluogo, ma anche consiglieri, dirigenti giovanili. È una platea vasta e composita, quella del Cn: 863 membri, si contano al momento. In 585 avrebbero già firmato il documento a trazione `lealista´ presentato da Berlusconi all’ufficio di presidenza. Ma, contano i falchi, in 645 sarebbero pronti a votarlo, contro i soli 130 sostenitori del documento dei governativi (80 gli indecisi).
LITE SUL VOTO SEGRETO
Ma mentre dalla sede di San Lorenzo in Lucina si muove la macchina messa in moto da Denis Verdini, gli alfaniani non stanno a guardare: il loro “pool” registra, dicono, 320 firme ("macché 130") al documento filogovernativo, più circa 90 incerti. Senza contare chi ha firmato entrambi i documenti. Ed è per tutelare chi "si è sentito costretto a sottoscrivere il testo dell’ufficio di presidenza", che gli alfaniani si dicono pronti a chiedere il voto segreto. "Se lo neghi al nostro Cn, come fai poi a chiederlo per difendere" Berlusconi in Senato?, domanda Roberto Formigoni. Che si attira la replica velenosa di Mara Carfagna ("Ci è o ci fa?") e Renata Polverini ("Idiozie"). Il voto segreto, spiegano i lealisti, è una "panzana" perché non previsto dallo statuto e "mai usato" in un partito. Ma i governativi sostengono che è l’assemblea a dover decidere la modalità del voto, dunque potrebbero proporre la segretezza.
MURO CONTRO MURO
Mentre gli alfaniani denunciano «anomalie» nelle convocazioni per il Cn («Commissariamenti all’ultimo minuto, dimenticanze di nomi» di persone vicine ad Alfano) su un’altra regola si annuncia battaglia campale: serve o no una maggioranza dei due terzi per approvare il passaggio a Forza Italia? L’art. 52 dello statuto Pdl richiede i 2/3 per le modifiche statutarie. Ma i lealisti sostengono che non è questo il caso: il Pdl resterebbe "in sonno" (continuando a percepire finanziamenti). E il ritorno a Fi sarebbe una decisione politica di quelle per cui l’art.19 dello statuto non richiede una maggioranza qualificata.
Niente affatto, ribattono i governativi: «Abbiamo pareri autorevolissimi che dicono che questa è una modifica statutaria. Del resto l’ufficio di presidenza solo in un caso si tiene prima del Cn, quando propone modifiche statutarie. Come adesso». Muro contro muro, insomma. Come se ne esce? Semplice, dicono i lealisti: a dirimere le questioni è chi presiede il Cn. Cioè, Berlusconi. Sarà, replicano i governativi. Ma se si arriverà alle estreme conseguenze, "al limite deciderà un giudice".

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