Il-Trafiletto
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23/12/13

Escono le Pussy Riot | Lo "zar" ha dato la grazia

Siamo alle soglie del 2014 e ci sono ancora ragazze che lottano per i loro diritti, e finiscono in carcere per aver manifestato contro i soprusi. Lo "zar di tutte le russie" ha approvato l'amnistia, con la quale il Cremlino ha rimesso in libertà l'ex oligarca Khodorkovski, reo d'aver criticato lo "zar". Grazie a questa amnistia è stata scarcerata Maria Aliokhina, lo ha annunciato Piotr Verzilov, marito dell'altra Pussy Riot ancora in carcere, Nadia Tolokonnikova,  al momento ricoverata nell'ospedale numero 1 del Servizio Penitenziario regionale di Krasnojarsk, potrebbe essere liberata entro oggi. La notizia, per ora, non trova però conferme ufficiali. Insieme a Nadia, Maria stava scontando una pena di due anni di reclusione per "teppismo motivato da odio religioso".

Maria Alyokhina al centro, tra Yekaterina Samutsevich (sinistra) e
Nadezhda Tolokonnikova (destra) durante il processo a Mosca (ansa)
Con altre tre compagne del gruppo punk femminista Pussy Riot, nel febbraio 2012, misero in scena una performance contro Vladimir Putin nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, con la quale si attirarono le ire del Patriarcato Ortodosso russo e dello stesso Cremlino, dove Putin si preparava a tornare per il suo terzo mandato presidenziale. La scadenza naturale della pena era prevista per il prossimo marzo, ma l'amnistia approvata la settimana scorsa dalla Duma ha offerto loro, inaspettatamente, la possibilità di uscire con qualche mese di anticipo. Ieri sera all'emittente televisiva indipendente russa 'Dozhd' un'amica di Aliokhina, Taisa Poliakova, aveva riferito l'intenzione di Maria di non usufruire dell'amnistia e di rimanere in carcere, temendo per la sorte delle altre detenute. Secondo quanto le ha raccontato la stessa Aliokhina in un recente colloquio, alcune sue compagne sono state minacciate più volte dall'amministrazione del penitenziario solo perchè parlavano con lei. Maria è sicura che ora, dopo il suo rilascio, la situazione di quelle recluse peggiorerà. Per questo l'attivista si è detta pronta a chiedere il sostegno della Commissione di Vigilanza Pubblica affinchè monitori le condizioni delle amiche rimaste in carcere. fonte

02/12/13

Perchè si dice: "troppa grazia Sant'Antonio"?


Sant'Antonio
Non so voi ma io questo adagio lo uso spesso, anche solo per fare una battuta. E' di uso molto comune e il significato si intuisce. Ad ogni buon conto vorrei condividere con voi il consueto approfondimento.
Troppa grazia Sant'Antonio, ottenere più di quanto si desidera, con risultati spesso non del tutto positivi. Un commerciante che si era arricchito dopo una vita di stenti, realizzò finalmente il sogno della sua vita: comperare un cavallo. Ma quando si trattò di montare in groppa, non riuscì a prendere lo slancio necessario, a causa delle sue gambe troppo corte. Dopo alcuni disperati tentativi, si rivolse al suo santo preferito, invoncandone la grazia. Quando, invaso da furor sacro, spiccò di nuovo il balzo, mise nell'operazione tanta forza che scavalcò addirittura la groppa dell'animale e andò a finire dall'altra parte, a gambe all'aria. Il tizio allora si rivolse al santo, lamentandosi che la grazia che gli era stata concessa era troppa.

09/11/13

"I figli di Berlusconi compatti a chiedere la grazia al Presidente": lo dice Dell'Utri

"Mai arrivata la domanda". Il Quirinale smentisce ciò che Dell'Utri ha dichiarato, ospite alla trasmissione Virus su Raidue. Alla domanda: "Sono stati compatti i figli nel chiedere la grazia?"
"Tutti e cinque i figli di Berlusconi, in modo compatto, hanno chiesto la grazia, nel momento in cui è stato deciso e gli è stato chiesto di farla chiedere ai figli. I figli li l’hanno chiesta, mi sembra ovvio, solo che è brutto il discorso: i figli la chiedono e non gliela danno". Non è arrivata al Quirinale? "E che ci vuole per farla arrivare". Le risulta che è arrivata al Quirinale e si è persa in qualche ufficio? "Evidentemente non gliela vogliono dare. Vogliono che Berlusconi si arrenda... si deve arrendere", ha aggiunto Dell’Utri.
La famiglia Berlusconi

LA SMENTITA
Fonti del Quirinale interpellate sulla notizia diffusa da Marcello Dell’Utri che i figli di Berlusconi avrebbero chiesto la grazia per il Cavaliere precisano che alla presidenza della Repubblica «non è arrivato nulla». "Non ci ha sorpreso in materia - aggiungono fonti del Quirinale - la dichiarazione diffusa ieri dall’avvocato Niccolò Ghedini, perché già da tempo al presidente della Repubblica era stato escluso da persone vicine all’onorevole Berlusconi ogni ipotesi di domanda di grazia". Ed è proprio Ghedini, l’avvocato di Silvio Berlusconi, il primo a smentire l’uscita di Dell’Utri. "La notizia che i figli del presidente Silvio Berlusconi avrebbero presentato domanda di grazia è destituita totalmente di ogni fondamento".
DECADENZA, SCONTRO SCHIFANI-GRASSO
È continuato anche oggi il botta e risposta a distanza tra Pietro Grasso e Renato Schifani sulla decisione della giunta del regolamento del Senato di votare a scrutinio palese sulla decadenza di Silvio Berlusconi. "Non mi aspetto niente di particolare. Sono come colui che guarda quello che avviene intorno e cerca di condurre in porto, secondo le proprie funzioni, quella che è una delle valutazioni che la democrazia dovrà dare", ha detto il presidente del Senato. Pronta la replica del capogruppo del Pdl a palazzo Madama. "Il regolamento del Senato è stato deliberatamente violato e piegato agli interessi politici di una parte", ha detto.
IL PDL ALLA CONTA
Intanto nel partito non si placa la guerra dei numeri che prosegue da settimane, tra telefonate, conteggi, calcoli delle probabilità. Ma è anche sul piano regole che lealisti e alfaniani preparano la battaglia del Consiglio nazionale del Popolo della libertà. Uno scenario nuovo, per un partito che ha sempre voluto essere “leggero”, “movimentista” nell’anima. E che si ritrova adesso a discutere di maggioranze qualificate e voto segreto.
Sabato 16 novembre, al Palazzo dei congressi dell’Eur, probabilmente la scenografia sarà essenziale. Sul palco il podio da cui Silvio Berlusconi farà la sua relazione introduttiva. In sala, solo gli aventi diritto di voto. Perché si fa sul serio: ci sono decisioni cruciali da prendere. Dietro l’angolo, una scissione che i “pontieri” stanno cercando di esorcizzare. Ma le probabilità che la trattativa per una linea unitaria fallisca sono alte. E ci si prepara alla conta e ai ricorsi. Parlamentari, ministri, coordinatori locali, presidenti di regione e provincia, sindaci di città capoluogo, ma anche consiglieri, dirigenti giovanili. È una platea vasta e composita, quella del Cn: 863 membri, si contano al momento. In 585 avrebbero già firmato il documento a trazione `lealista´ presentato da Berlusconi all’ufficio di presidenza. Ma, contano i falchi, in 645 sarebbero pronti a votarlo, contro i soli 130 sostenitori del documento dei governativi (80 gli indecisi).
LITE SUL VOTO SEGRETO
Ma mentre dalla sede di San Lorenzo in Lucina si muove la macchina messa in moto da Denis Verdini, gli alfaniani non stanno a guardare: il loro “pool” registra, dicono, 320 firme ("macché 130") al documento filogovernativo, più circa 90 incerti. Senza contare chi ha firmato entrambi i documenti. Ed è per tutelare chi "si è sentito costretto a sottoscrivere il testo dell’ufficio di presidenza", che gli alfaniani si dicono pronti a chiedere il voto segreto. "Se lo neghi al nostro Cn, come fai poi a chiederlo per difendere" Berlusconi in Senato?, domanda Roberto Formigoni. Che si attira la replica velenosa di Mara Carfagna ("Ci è o ci fa?") e Renata Polverini ("Idiozie"). Il voto segreto, spiegano i lealisti, è una "panzana" perché non previsto dallo statuto e "mai usato" in un partito. Ma i governativi sostengono che è l’assemblea a dover decidere la modalità del voto, dunque potrebbero proporre la segretezza.
MURO CONTRO MURO
Mentre gli alfaniani denunciano «anomalie» nelle convocazioni per il Cn («Commissariamenti all’ultimo minuto, dimenticanze di nomi» di persone vicine ad Alfano) su un’altra regola si annuncia battaglia campale: serve o no una maggioranza dei due terzi per approvare il passaggio a Forza Italia? L’art. 52 dello statuto Pdl richiede i 2/3 per le modifiche statutarie. Ma i lealisti sostengono che non è questo il caso: il Pdl resterebbe "in sonno" (continuando a percepire finanziamenti). E il ritorno a Fi sarebbe una decisione politica di quelle per cui l’art.19 dello statuto non richiede una maggioranza qualificata.
Niente affatto, ribattono i governativi: «Abbiamo pareri autorevolissimi che dicono che questa è una modifica statutaria. Del resto l’ufficio di presidenza solo in un caso si tiene prima del Cn, quando propone modifiche statutarie. Come adesso». Muro contro muro, insomma. Come se ne esce? Semplice, dicono i lealisti: a dirimere le questioni è chi presiede il Cn. Cioè, Berlusconi. Sarà, replicano i governativi. Ma se si arriverà alle estreme conseguenze, "al limite deciderà un giudice".

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