Il-Trafiletto
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14/11/14

Meglio far fatica che ragionare, le persone lo preferiscono

Adesso abbiamo la prova che l'azione del pensare costa fatica ad un numero sempre maggiore di persone, e questo è in contrasto con il fatto che invece ci piace pensare che in generale gli esseri umani si comportino razionalmente. E' stata fatta una ricerca in proposito, grazie alla quale i partecipanti erano sottoposti ad una prova apparentemente banale. I partecipanti sono stati fatti accomodare in una stanza nella quale si trovavano due secchi, in posizioni differenti. A scelta uno dei secchi doveva essre spostato fino ad un certo punto prestabilito, specificando che si doveva scegliere lo spostamento che sembrava più semplice. 

Pensare
immagine presa dal web

Dal punto di vista logico, la soluzione ottimale era quella di spostare il secchio che era più vicino al punto di destinazione, dato che in questo modo si faceva lo sforzo minore, trasportando il peso del secchio per la distanza più breve. Ma nella maggioranza dei casi i soggetti sceglievano il secchio più vicino a loro, anche se questo voleva dire trasportarlo per una distanza più lunga. I partecipanti hanno spiegato che avevano fatto quella scelta perché questo dava loro la sensazione di concludere prima il compito: apparentemente, prendere il secchio dava loro la sensazione di avere quasi concluso il compito. I ricercatori hanno battezzato questo comportamento pre-crastinazione, cioè il tentativo di accelerare la realizzazione di sotto-obiettivi intermedi (nel caso del secchio, completare prima possibile il primo passo “prendere il secchio”). La spiegazione sarebbe che questo approccio semplifica lo sforzo mentale, anche se a costo di un maggiore sforzo fisico.

06/05/14

La falsa libertà e il pensiero atrofizzato

Vi siete mai soffermati anche solo un momento a pensare quanto siete consapevoli delle scelte che fate? Siamo immersi fino al collo in un volgare conformismo, un conformismo che forse noi scambiamo per buon senso, per saper vivere, per fede. In realtà siamo tutti inquadrati e in un certo senso "obbligati" a seguire una certa linea di condotta. Se ce ne discostiamo, siamo fuori dal gruppo.
Siete davvero sicuri di essere indipendenti nelle vostre scelte? Cosa comprate al supermercato? Che cosa guardate attraverso le vetrine dei negozi? Quali smartphone desiderate? Su che auto orientate il vostro desiderio? Avete mai pensato che i nostri pensieri e le nostre scelte siano indotte? In realtà è così, diciamo che c'è qualcuno che pensa e decide per tutti, sì perchè pensare è difficile, stancante, e come diceva Kant nel suo scritto  "Che cos'è l'illuminismo?":
Immagine presa dal web

L'illuminismo è l'uscita dell'uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza esser guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza - è dunque il motto dell'illuminismo. La pigrizia e la viltà sono le cause per cui tanta parte degli uomini, dopo che la natura li ha da lungo tempo affrancati dall'eterodirezione (naturaliter maiorennes), tuttavia rimangono volentieri minorenni per l'intera vita e per cui riesce tanto facile agli altri erigersi a loro tutori. E' tanto comodo essere minorenni! Se ho un libro che pensa per me, un direttore spirituale che ha coscienza per me, un medico che decide per me sulla dieta che mi conviene, ecc., io non ho più bisogno di darmi pensiero per me. Purché io sia in grado di pagare, non ho bisogno dì pensare: altri si assumeranno per me questa noiosa occupazione. A far si che la stragrande maggioranza degli uomini (e con essi tutto il bel sesso) ritenga il passaggio allo stato di maggiorità, oltreché difficile, anche molto pericoloso, provvedono già quei tutori che si sono assunti con tanta benevolenza l'alta sorveglianza sopra costoro. Dopo averli in un primo tempo instupiditi come fossero animali domestici e aver accuratamente impedito che queste pacifiche creature osassero muovere un passo fuori dei girello da bambini in cui le hanno imprigionate, in un secondo tempo mostrano ad esse il pericolo che le minaccia qualora tentassero di camminare da sole. Da ciò  deriva uno stile di vita che rifugge la complessità dei problemi. Tutto è semplice, tutto ha una soluzione, purchè non si pensi e non si dica a nessuno che la vita è difficile, rischiosa, impegnativa, è un progetto per realizzare insieme qualcosa di bello e sensato. Sbandieriamo tanto il termine libertà, ma cosa significa essere liberi?  Se guardiamo alla libertà come quella condizione nella quale non si è costretti da niente e da nessuno a fare o non fare qualcosa, poniamo l’accento  sugli ostacoli esteriori che spesso limitano l’azione della persona e ne mortificano l’autonomia.  E certo il poter fare senza ostacoli ciò che si desidera costituisce una condizione necessaria della libertà. Ma è anche sufficiente? In realtà, c’è da chiedersi se una persona realizzi veramente la sua libertà quando può fare ciò che desidera. E’ possibile, infatti, chiedersi se questa persona sia libera di desiderare quello che desidera. In una società come la nostra, dominata dai meccanismi della pubblicità, la questione si impone con particolare evidenza: è veramente libero chi, subendo un bombardamento quotidiano di messaggi più o meno subliminali, si trova a desiderare un prodotto di cui non avrebbe alcun reale bisogno, anche a costo del sacrificio di altre cose più utili? Chi è realmente a desiderare? Il desiderio,  è facilmente condizionabile dall’esterno. Esso dipende dagli oggetti che ci si presentano e nei cui confronti siamo liberi di sentirci attratti o meno. Ma la libertà può manifestarsi anche come atto di volontà. Dunque si tratta di poter scegliere ciò che si vuole fare. Ingrediente essenziale: il pensiero. Senza pensiero la libertà si trasforma in riflessi condizionati.  Oggi è molto difficile sfuggire a questa forma di dominio invisibile. Ed esso è tanto più pericoloso in quanto censura non le risposte, ma le stesse domande. Il problema è quello della scelta consapevole e per una scelta consapevole è necessario pensare in autonomia. Per ricominciare a pensare in autonomia sarebbe il caso di spegnere la nemica numero uno dell’umanità: la televisione!

29/01/14

Perchè si dice "stendere un velo pietoso"?

Sarà capitato anche a voi di usare questo modo di dire, fortuna che rispetto a quelli da me analizzati fino ad ora, questo è tutt'ora di uso comune. C'è da immaginarsi la scena: prendere una bella tela e ricoprire tutto ciò che non ci aggrada, che non ci piace, o che vogliamo nasconderep er pudore, che sia concreto o astratto, con un ampio gesto, come si usa di solito fare per stendere la tovaglia sul tavolo, mentre ci accingiamo ad apparecchiare.
Il velo pietoso

"Stendere un velo pietoso", usiamo queste parole quando vogliamo indicare la volontà di dimenticare o non pensare ad una circostanza spiacevole. L’idea del velo che copre un oggetto alla vista indica appunto questa volontà. Tacere un episodio o una verità dolorosa o semplicemente spiacevole. Usato di solito in riferimento a un episodio sul quale si preferisce non ritornare per evitare contrasti, dissapori o discussioni, oppure per non rivangare antiche colpe, rancori e simili. Tralasciare i particolari scabrosi o dolorosi di una questione, per delicatezza, pudore, pietà o altro. Talvolta usato anche in tono scherzoso.
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