Il-Trafiletto
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08/06/14

le "bustarelle " e i "favori" hanno una contabilità parallela in certe aziende. Lo rivela un imprenditore.

Ha un'azienda edile da venti anni che lavora in tutta la regione Lazio con profitti non male, ma ha voluto raccontare all'Adnkronos la sua esperienza in fatto di bustarelle. E' un imprenditore, ha raccontato tutto ciò restando nell'anonimato per ovvie ragioni. Non si è scomposto minimamente nel sentire parlare di corruzione e bustarelle, specialmente in questi giorni con i cai Expo e Mose saliti alla ribalta. Definisce persone ipocrite quelle che si scandalizzano di fronte a questi fatti che per lui ormai sono diventati una prassi. Racconta di avere nella sua azienda un ufficio interamente dedicato alle "relazioni istituzionali", come le chiama lui, con pagamenti in denaro, prestazioni gratuite e favori personali. Ci sono le "bustarelle", queste da sempre, ma soprattutto lavori fatti nelle varie case o ville di personaggi importanti politicamente o istituzionalmente, come il capo dei vigili urbani o parenti di qualche consigliere comunale. Insomma tutto registrato, denaro per "oliare" e favori, ogni cosa messa a bilancio, naturalmente a quello parallelo all'amministrazione ufficiale. Inoltre l'imprenditore rivela: "L'importante è non esagerare, bisogna tener conto anche dell'ipotesi che qualcosa possa andare storto, allora in quel caso diventa importante patteggiare qualche mese da incensurato piuttosto che finire in galera". Ora pro nobis. (immagine presa dal web)

20/03/14

Perché si dice " Non c'è trippa per gatti?".

Il detto "non c'è trippa per gatti" è datato 1907. in quell'anno a Roma venne eletto sindaco Ernesto Nathan( Londra 5 ottobre 1845 - Roma 9 aprile 1921), quello che ancor oggi viene considerato il miglior sindaco della città. Appena messo piede in Campidoglio, a Nathan venne sottoposto il bilancio del comune per la firma. Il neo sindaco lo esaminò attentamente e, quando lesse la voce "frattaglie per gatti", chiese spiegazioni al funzionario che gli aveva portato il documento. Egli rispose che si trattava di fondi per il mantenimento di una nutrita colonia felina che serviva a difendere dai topi i documenti custoditi negli uffici e negli archivi capitolini. Nathan prese la penna e cancellò la voce dal bilancio, spiegando al suo esterrefatto interlocutore che da quel momento in avanti i gatti del Campidoglio avrebbero dovuto sfamarsi con i roditori che avevano lo scopo di catturare e, che nel caso che non ne avessero più trovati, sarebbe venuto a cessare anche lo scopo della loro presenza. Da questo episodio deriverebbe il detto romanesco Nun c'è trippa pe' gatti, che sta quindi a significare che non ci son più soldi per le spese superflue, che si devono tagliare gli sprechi.

21/01/14

Un 2013 all'insegna della povertà culturale|Oltre 5 italiani su 10 non ha letto nemmeno un libro!

Un 2013 all'insegna della povertà culturale: sono più di 5 italiani su 10 che non hanno nemmeno letto un libro!
Il gelo dell'inverno culturale in Italia pare essere sempre più fitto. Di certo il 2013 non sarà annoverato nei ricordi come un'annata positiva in senso lato del termine: troppi i momenti e le situazioni che hanno caratterizzato l'anno scorso che ci hanno impoverito, compreso l'aspetto culturale della popolazione italina. 

Il bilancio si chiude infatti decisamente in rosso: 39 italiani su 100 (il 3,7% in più rispetto al 2012) non hanno partecipato ad alcuna attività culturale nel corso dell'anno. Aumenta la quota di quelli che non leggono nemmeno un libro all'anno: il 57% degli italiani, il 3% in più rispetto al 2012. I dati, presentati oggi da Federculture alla Camera dei deputati, confermano il malessere già evidenziato nelle ultime analisi, a cominciare dal Rapporto Federculture 2013. Insomma, siamo in coda alle classifiche europee: secondo Eurobarometro, il nostro indice di partecipazione culturale nazionale è all'8%, contro una media Ue che raggiunge il 18% (in cima alla classifica la Svezia, dove il 43% dei cittadini prende parte in maniera assidua ad attività culturali).

Gli italiani non leggono
Il calo della domanda di pari passo con quello dell'offerta Se il quadro sotto il profilo della domanda è drammatico, la situazione dal punto di vista dell'offerta non è certamente migliore. Anzi: il calo della domanda va di pari passo con quello dell'offerta. Se si guarda agli ultimi dieci anni, la riduzione dell'impegno pubblico nella cultura è una costante. Le risorse a disposizione del ministero dei Beni culturali in dieci anni hanno perso quasi un miliardo.

Oggi il budget è di un miliardo e mezzo, lo 0,20% del bilancio dello Stato, e per il triennio 2014-2016 si prevede un'ulteriore sforbiciata fino a raggiungere quota 1,4 miliardi (al Mibact, peraltro, è stata trasferita la competenza sul turismo). Sempre sul piano pubblico, in un solo anno - tra il 2010 e il 2011 (ultimi bilanci disponibili) - i Comuni - in difficoltà per la crisi e soggetti ai vincoli del patto di stabilità interno - hanno tagliato dell'11% gli investimenti annuali nelle politiche culturali; dal 2003 sono stati cancellati oltre 500 milioni.

«In tempi di crisi spendere per cultura non è uno spreco», ha sottolineato la presidente della Camera Laura Boldrini, intervenuta alla presentazione del rapporto. Per dare un'idea dell'inadeguatezza degli investimenti pubblici, basta ricordare che il British Museum riceve 85,5 milioni di sterline l'anno, la Tate Gallery 38,7, il Louvre 100 milioni di euro, mentre La Triennale ottiene 2,4 milioni (76% autofinanziati) e il Palaexpo 9 milioni (58% autofinanziati). Meno risorse da sponsorizzazioni private e fondazioni.

E i privati? Anche qui il bilancio è negativo: investimenti in contrazione. Dal 2008 dalle sponsorizzazioni private e dalle erogazioni delle fondazioni bancarie sono arrivate alla cultura, rispettivamente, il 38% e il 40,5% di risorse in meno. Nel 2013 le sponsorizzazioni da parte delle aziende private alla cultura sono state pari a 159 milioni. Sempre meno italiani vanno a teatro o visitano un museo. Il budget diminuisce, a fronte di un'industria culturale e creativa che in Italia produce il 5,4% del Pil, pari a 75,5 miliardi, e dà lavoro a 1,4 milioni di occupati.

Gli italiani spendono poco in cultura: in media il 7,1% per nucleo familiare, contro il 10,6% della Gran Bretagna. Dopo vent'anni di crescita del settore, la spesa pro capite per teatro, cinema, visite a musei e mostre, siti archeologici e monumenti si riduce. Sale dal 36,2% del 2012 al 38,9% del 2013 la percentuale della popolazione con più di sei anni che non ha partecipato a nemmeno un intrattenimento culturale fuori casa. Positivo il commento di Federculture sull'introduzione della detrazione fiscale della spesa per l'acquisto di libri prevista nel decreto "Destinazione Italia".

Il nodo (strategico) della formazione. Le difficoltà sono evidenti anche sul piano formativo. L'Italia, sottolinea ancora Federculture, è al 26esimo posto tra i Paesi della Ue per spesa pubblica nell'istruzione. Introdotto dalla Riforma Gentile del 1923, l'insegnamento della Storia dell'arte è stato per anni una peculiarità italiana. Oggi lo si riduce: viene considerata materia obsoleta, quando in Francia dal 2008 questi insegnamento è stato reso obbligatorio in tutti gli indirizzi educativi, a partire dalla scuola primaria.

Il gap sul digitale.
L'Italia insegue anche sul digitale. In Europa il Paese è ultimo nell'accesso e nell'uso delle risorse digitali. Solo il 3% dei musei italiani ha applicazioni per smartphone e tablet. Solo il 6% ha audioguide o dispositivi digitali per le visite. Il 13% dei musei ha un catalogo accessibile online.

12/12/13

Taglio alle bollette elettriche: il Governo promette

Gestire il bilancio familiare diventa ogni giorno più difficile, a me sinceramente sembra ormai un'impresa da esperti di economia e finanza. In parole povere parliamoci chiaro, le uscite superano le entrate, che cosa possono inventarsi le famiglie per far quadrare i conti se ogni giorno tutto aumenta? Credo ben poco, a parte non accendere il riscaldamento, stare al buio per non consumare corrente, mangiare poco, non usare l'auto, mantenersi sani perchè le spese mediche diventano insostenibili, e questo se si ha ancora la fortuna di non aver perso il posto di lavoro. Questa mia premessa è banalissima e lo so, qualcuno che conoco la definirebbe forse "aria fritta". Ma forse "aria fritta" è anche la promessa del governo relativa al taglio delle bollette elettriche.
Risparmio

Misure per ridurre le bollette elettriche, che gravano pesantemente sui bilanci di famiglie e imprese. A prometterle è stato il premier Enrico Letta, annunciando che i provvedimenti verranno varati dal Consiglio dei ministri in programma venerdì. Gran parte della riduzione delle bollette elettriche derivante dal decreto e dal ddl delega che andranno venerdì in Cdm andranno ad alleggerire le imprese, si appende da fonti di settore. In particolare, per quanto riguarda il decreto che taglia le bollette di 600 milioni, 250 deriveranno dalla possibilità che avranno i produttori di rinnovabili di spalmare, su base volontaria, gli incentivi che riceveranno nei prossimi anni. Il bond del Gse di cui si è parlato in passato sarà invece nel ddl. La cifra di 600 milioni di euro si raggiunge poi anche con altri interventi: in particolare, spiegano le fonti, 150 milioni dovrebbero derivare dalla mancata realizzazione di alcuni stoccaggi di gas già previsti, che a causa della crisi dei consumi non vengono più ritenuti necessari. Ci sarà poi un intervento sulla tariffa bioraria, meccanismo varato prima del grande sviluppo delle rinnovabili e che necessita quindi di una "rinfrescata" per tener conto del nuovo mix energetico. Altri 170 milioni, infine, arriveranno dal cosiddetto "ritiro dedicato", una modalità semplificata a disposizione dei produttori per la vendita dell'energia elettrica immessa in rete. Quanto al ddl delega, scelto per dare tempo al governo di capire cosa pensa Eurostat dell'ipotesi del bond Gse per tagliare gli oneri in bolletta legati all'incentivazione del fotovoltaico e delle altre fonti rinnovabili, visti i possibili effetti sul debito, non è ancora possibile quantificare gli effetti in bolletta. Il ddl, in ogni caso, dovrebbe contenere anche altre piccole misure per la spending review delle bollette delle imprese.

04/12/13

"Ma come si permette" Letta risponde a Rehn

Ieri tutti i quotidiani hanno riportato la notizia del parere che il vice presidende della commissione europea agli affari economici Olli Rehn (vedi qui), ha espresso da Bruxelles, riguardo al bilancio italiano. Un parere personale, convinto che la Finanziaria messa a punto da Letta e Saccomanni non ci consenta margini di manovra e che per di più debba essere corretta sul fronte del debito.
L'accusa ha provocato durissime reazioni, e il primo a intervenire è stato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: "A livello delle istituzioni europee si impone una correzione di rotta e un impegno nuovo per promuovere la crescita e l'occupazione".
Ma la replica più dura è arrivata dal presidente del Consiglio, Enrico Letta. Una dichiarazione secca con un inusuale "non si deve permettere". Letta ha stigmatizzato l'eccesso di scetticismo del commissario europeo: "Olli Rehn da commissario Ue deve essere garante dei Trattati europei e lì "la parola scetticismo non c'è: quindi non può permettersi di esprimere un concetto di scetticismo" a proposito dell'Italia, "deve parlare di stabilità, equilibro finanziario. 

Olli Rehn
Una cosa che Rehn non ricorda è che "noi e la Germania siamo gli unici Paesi che da 3 anni di fila stiamo sotto il 3%, gli altri grandi Paesi europei no. Questo è un impegno che va premiato e non frustrato". Certo, sottolinea Letta, nonostante i segnali di ripresa, la strada è ancora lunga: "Abbiamo i primi segni di ripresa, ma abbiamo ancora l'onda lunga che sta lasciando disastri sociali. I primi segni di ripresa non sono percepiti dalle persone in difficoltà, ma la scelta di dire l'anno prossimo l'1% di crescita è una scelta assennata e possibile. Dobbiamo lavorarci, ma è una scelta alla nostra portata"
Poi ha aggiunto: "Io che sono europeista convinto voglio mettere in guardia dal rischio avvitamento dell'Europa: il 2014 sarà l'anno dell'Europa, l'anno in cui o fa un passo avanti o si avvita, non bisogna dare l'Europa per scontata".
Sorpreso da tanto clamore il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni : "Non c'e nulla di nuovo in quello che ha detto. Dalla Ue non è arrivata nessuna richiesta di misure correttive. Gli uffici di Rehn ci hanno contattato: si è trattato di un'intervista concordata da tempo con i giornali europei"


03/12/13

Olli Rehn: "Non bastano le buone intenzioni del governo italiano su privatizzazioni e spending review"

Olli Rehn, vice presidente della Commissione europea, accusa l'ITalia: "l'Italia non sta rispettando un certo ritmo di riduzione del debito, privatizzazioni e spending review, per ridurre il debito"

BRUXELLES - Ho preso nota delle buone intenzioni del governo italiano su privatizzazioni e spending review. Ma lo scetticismo è un valore profondamente europeo. E io ho il preciso dovere di restare scettico, fino a prova del contrario. In particolare per quanto riguarda i proventi delle privatizzazioni e i loro effetti sul bilancio del 2014". Parla così Olli Rehn, vicepresidente della Commissione europea e responsabile per gli affari economici.
    
Olli Rehn, vice presidente della Commissione europea



Rehn resta convinto che la Finanziaria messa a punto da Letta e Saccomanni non ci consenta margini di manovra e che per di più debba essere corretta sul fronte del debito. 

Ma si dice anche pronto a ricredersi se, entro febbraio, il governo fosse in grado di presentare dati concreti sui tagli effettivi di spesa e introiti delle privatizzazioni. Che cosa non la convince nel piano di stabilità e nella legge finanziaria italiana? "Per quanto riguarda il deficit, l'Italia è in linea, anche se di poco, con il criterio del tre per cento e questo ha consentito al Paese di uscire dalla procedura per deficit eccessivo che è importante per la sua credibilità sui mercati finanziari. Inoltre l'Italia deve rispettare un certo ritmo di riduzione del debito, e non lo sta rispettando. Per farlo, lo sforzo di aggiustamento strutturale avrebbe dovuto essere pari a mezzo punto del Pil, e invece è solo dello 0,1 per cento. Ed è per questo motivo che l'Italia non ha margini di manovra e non potrà invocare la clausola di flessibilità     fonte

28/11/13

Il Senato approva legge di stabilità,

Il Senato apre le porte alla legge di stabilità approvando i contenuti in prima lettura. Il provvedimento passa adesso all'esame della Camera. Stamani, l'Aula di palazzo Madama ha provveduto a dare la sua approvazione riguardo la Nota di variazione del Bilancio.

Invece in nottata quella riguardante il Ddl di Stabilità da parte di Palazzo Madama. L'Assemblea ha approvato ootretutto, il Ddl di Bilancio facendo così passare liberamente tutto il complesso della manovra 2014. I numeri che hanno permesso permesso alla Nota di essere approvata, sono stati: 205 sì e 69 no mentre il Ddl di Bilancio ha avuto a sostegno: 162 sì e 115 no.
Dunque nelle prime ore del mattino, la Nota ha ottenuto il via libera del Governo.

 La manovra sale cosi facendo, da 12,4 a oltre 15 miliardi.
La manovra del governo sale, dopo il passaggio al Senato, da 12,4 a 15 miliardi di euro nel 2014. È quanto emerge dalle tabelle. Il totale di minori spese e maggiori entrate è circa 2,7 miliardi, di cui 1,2 miliardi di maggiori entrate. Il saldo migliora di quasi 175 milioni. L'impatto sul deficit 2014 scende da 2,7 a 2,5 miliardi.

Senato Italiano
Legnini: alla Camera si può rafforzare norma su scudo fiscale «Il rafforzamento della norma sul cuneo fiscale attraverso i proventi arrivati dalla spending review», sollecitato dalle parti sarà una delle modifiche al Ddl Stabilità su cui si potrà intervenire alla Camera.

Lo conferma il sottosegretario alla Presidenza, Giovanni Legnini, interpellato a margine di un workshop sulla «Comunicazione per la Macroregione Adriatico-Ionica», dopo l'apertura del presidente del Consiglio, Enrico Letta.
Sì del Senato al maxi-emendamento.
In nottata è arrivato il via libera dell'aula del Senato alla fiducia posta dal Governo sul maxiemendamento sostitutivo della legge di Stabilità. I sì sono stati 171, i no 135.
Per ottenere la fiducia ne sarebbero bastati 154.

23/11/13

Letta a Berlino: "abbiamo superato la fase più critica...stop alle tasse altrimenti Grillo andrà 51%"

«Per favore dite ai politici tedeschi che devono seguire l'esempio italiano per l'arte, il cibo, le bellezze paesaggistiche, ma non per la politica». Si presenta a questo modo il presidente del Consiglio Italiano Enrico Letta salutando gli spettatori del convegno, con cena di gala, messo in atto dal quotidiano Suddeutsche Zeitung, dal titolo "Leadership Conference Business".

L'Italia «è fuori dalla fase recessiva più grave», afferma convinto il premier. «Abbiamo presentato il bilancio per il 2014, e questo bilancio - prosegue Letta - contiene questi dati: per la prima volta da cinque anni ci sarà l'anno prossimo un calo del debito pubblico, e per il terzo anno consecutivo saremo sotto il 3% a livello di deficit». Oltretutto l'Italia «sarà con la Germania il solo Paese dell'Eurozona sotto il 3%». Poi ha precisato: «Il mio ruolo è riportare i tassi intorno al 3%, oggi siamo al 4,1% sul bond decennale, con uno spread di 234 punti basi e questo è ancora troppo alto.

Per questo stiamo lavorando». Alla serata era presente anche il primo ministro greco, Antonis Samaras, seduto proprio accanto a Letta nel tavolo che si trovava al centro della sala. A far da completamento per i due leader Joerg Asmussen, rappresentante del comitato esecutivo della Banca centrale europea.

Enrico Letta presidente del consiglio
L'Italia «ha fatto tutti i suoi compiti a casa e li ha fatti bene», ha proseguito entusiasta il presidente del Consiglio nel suo discorso a Berlino. Tra un mese, ha aggiunto, «completeremo il processo per l'unione bancaria che è un pilastro cruciale e molto importante - ha continuato - dobbiamo portare a termine quanto abbiamo deciso nel Consiglio europeo di giugno.

 Se non lo faremo, sarà molto difficile convincere i mercati che l'Europa è veramente unita». «La crisi finanziaria e la mancanza di competitività della nostra industria non sono causate dall'Europa, ma dalla mancanza di Europa - ha aggiunto Letta -. So che non è facile convincere i nostri popoli e i nostri elettori che il problema è la mancanza di Europa, e non il contrario, ma penso che sia una necessità sfidare tutti i movimenti populisti che dicono che il problema sono la Ue e l'Europa».

A questo proposito il premier non si è lasciato sfuggire l'occasione di ricordare il pericolo Grillo. «Se si continua con tasse e tagli Grillo avrà la maggioranza - ha vvertito - basta con tagli e tasse o Grillo arriva al 51%», ha aggiunto riferendosi all'avanzata populista in Europa e al leader del Movimento 5 Stelle. Quanto alle tensioni nel Pd, che si avvicina alla data delle primarie per l'elezione del segretario, Letta ha spiegato che «il Pd ha imparato la lezione, con Renzi siamo amici e lavoreremo insieme, dunque niente divisioni».

20/11/13

Sei famiglie su dieci in netta difficoltà economica!

Sono ben sei famiglie su dieci che hanno visto peggiorare la propria situazione economica tra il mese di marzo 2012 e quello del 2013. Ad avvertirlo sono particolarmente le famiglie del Nord. Il numero delle famiglie che dichiara un peggioramento evidente sale al 58,6% rispetto al 55,8% dell'anno passato. A porre enfasi a questa constatazione è l'indagine dell'Istat riguardo gli "Aspetti della vita quotidiana, effettuata nel marzo 2013", evidenziando che "«il calo è generalizzato sul territorio, ma maggiore al Nord».

Le differenze territoriali tea le cause principali.
Nell'Italia settentrionale, infatti, la percentuale delle famiglie che denota un peggioramento della propria situazione economica sale dal 53,6% al 57,1 per cento. Nonostante tutto però i tradizionali divari territoriali oersistono con il Mezzogiorno che comunque soffre di più (ben il 60,4% del campione dichiara un deterioramento del bilancio familiare). Solo il 3% ha migliorato le condizioni economiche. L'Istituto di statistica registra un «significativo calo» della percentuale di famiglie che giudica la propria situazione economica sostanzialmente invariata rispetto all'anno precedente (dal 40,5% nel 2012 al 38,0% nel 2013). Solo il 3% delle famiglie dichiara che la propria condizione è migliorata (era il 3,4% nel 2012).
Condizioni economiche in calo
Stabile la soddisfazione per la vita quotidiana. Non cambia invece il grado di soddisfazione per le condizioni generali di vita, che resta stabile nel 2013, dopo il crollo del 2012. Alla domanda "Attualmente, quanto si ritiene soddisfatto della sua vita nel complesso?", potendo indicare un voto da 0 a 10, le persone di 14 anni e più danno in pagella un 6,8, come lo scorso anno. Insomma una sufficienza piena.

Viabilità più importante dell'inquinamento.
Traffico e parcheggio sono problemi più sentiti rispetto all'inquinamento dell'aria. Il 38,1% delle famiglie, infatti, indica come problema prevalente legato alla zona in cui si vive il traffico; seguono le difficoltà di parcheggio (37,2%), mentre l'inquinamento dell'aria è segnalato dal 36,7% delle famiglie intervistate. Il 32,4% delle famiglie lamenta il rumore, mentre un altro rialzo riguarda le difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici, sentito come problema dal 31,2% (dal 28,8% del 2012).

Cresce la paura della criminalità.
A confronto con lo scorso anno, evidenzia l'Istat, «aumenta in particolare la percezione del rischio di criminalità, indicato dal 26,4% delle famiglie nel 2012 e dal 31,0% nel 2013». Scendendo nella classifica dei problemi della vita quotidiana, il 29,2% delle famiglie segnala di non fidarsi a bere l'acqua del rubinetto e il 28,1% critica la sporcizia nelle strade. L'irregolarità nell'erogazione dell'acqua è considerata un problema dal 9,9% delle famiglie, ma emerge in modo significativo in Calabria (30,7%) e Sicilia (25,2%).

Familiari e amici cominciano a deludere.
Il 90,2% degli italiani si dichiara soddisfatto per le relazioni familiari e l'81,8% per le proprie amicizie. Se gli italiani sono sempre stati entusiasti dei rapporti familiari e degli amici, ora però qualcosa sembra essersi perso.

Infatti, rileva l'indagine, nel 2013, si dichiara «molto soddisfatto» della famiglia il 33,4% del campione, contro il 36,8% nel 2012; così come i «molto soddisfatti» per le relazioni amicali passano dal 26,6% all'attuale 23,7 per cento. Soddisfatto del proprio lavoro il 73,2% degli occupati. Nel 2013 il 73,2% degli occupati si dichiara molto o abbastanza soddisfatto del proprio lavoro, dato in lieve diminuzione rispetto al 2012. Le donne si dichiarano leggermente più soddisfatte degli uomini (72,4% contro 74,3%). Gli individui poco o per niente soddisfatti si attestano al 23,5 per cento.
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