Il-Trafiletto
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20/03/14

Perché si dice " Non c'è trippa per gatti?".

Il detto "non c'è trippa per gatti" è datato 1907. in quell'anno a Roma venne eletto sindaco Ernesto Nathan( Londra 5 ottobre 1845 - Roma 9 aprile 1921), quello che ancor oggi viene considerato il miglior sindaco della città. Appena messo piede in Campidoglio, a Nathan venne sottoposto il bilancio del comune per la firma. Il neo sindaco lo esaminò attentamente e, quando lesse la voce "frattaglie per gatti", chiese spiegazioni al funzionario che gli aveva portato il documento. Egli rispose che si trattava di fondi per il mantenimento di una nutrita colonia felina che serviva a difendere dai topi i documenti custoditi negli uffici e negli archivi capitolini. Nathan prese la penna e cancellò la voce dal bilancio, spiegando al suo esterrefatto interlocutore che da quel momento in avanti i gatti del Campidoglio avrebbero dovuto sfamarsi con i roditori che avevano lo scopo di catturare e, che nel caso che non ne avessero più trovati, sarebbe venuto a cessare anche lo scopo della loro presenza. Da questo episodio deriverebbe il detto romanesco Nun c'è trippa pe' gatti, che sta quindi a significare che non ci son più soldi per le spese superflue, che si devono tagliare gli sprechi.

27/01/14

Perché si dice "pietra dello scandalo"?

Il detto "pietra dello scandalo" risale agli antichi Romani, quando i commerci erano tanto floridi, quanto rischiosi. Al tempo di Cicerone infatti chi falliva senza poter pagare i suoi debiti veniva condannato a una pena davvero umiliante, la bonorum cessio culo nudo super lapidem (cessione dei beni, a natiche denudate, sopra una pietra) che gli toglieva ogni briciolo di dignità: i condannati venivano infatti portati in Campidoglio, dovevano togliersi gli abiti dall’ombelico in giù e, seduti su una pietra particolare con il fondo schiena nudo, doveva gridare “cedo bona”, ossia “cedo i miei averi”. Da qui l’espressione “essere la pietra dello scandalo”, che significa essere oggetto di clamore per azioni riprovevoli. Fatto questo la colpa era ritenuta estinta e dal quel momento i creditori non potevano più riavvalersi su di loro. Fu Giulio Cesare a inventare questo tipo di pena per sostituire una delle Leggi delle XII tavole in cui si autorizzavano i creditori non soddisfatti a uccidere o ridurre in schiavitù il debitore moroso. A Roma, la “pietra dello scandalo” era un macigno vicino al Campidoglio. Ma ve ne sono in tutta Italia, anche di periodi posteriori. 1- a San Donato Valdicomino (Frosinone) esiste la cinquecentesca Pietra di San Bernardino (promotore dei Monti di Pietà), dove il debitore stava ininterrottamente seduto a natiche nude per un periodo di tempo proporzionato all’entità del suo debito. 2- A Rimini sotto il portico del Palazzo dell’Arengo, fra i banchi di banchieri e notai e dove pubblicamente veniva amministrata la giustizia, vi era un pietrone (lapis magnum) dove il condannato doveva battere tre volte e con violenza il sedere nudo gridando ogni volta come fosse un mantra “Cedo bona!” (cedo i miei  beni).  3- a Milano si trovava in Piazza Mercanti, ed era un blocco di grtrementinaanito nero.  4-La pena a Firenze aveva un nome preciso, “l’Acculata“, e si svolgeva nella Loggia del Porcellino nel Mercato Nuovo; la pietra era quel cerchio di 6 spicchi di marmo tutt’ora visibile e che rappresenta in dimensione reale la ruota del Carroccio, simbolo della legalità. Qui il Magistrato del Bargello, scegliendo le ore in cui il mercato era strapieno, scandiva a voce alta il nome del condannato e il motivo della pena; al tapino poi venivano calate le braghe, era afferrato per braccia e gambe, fatto oscillare sulla folla “ostentando pubenda” e infine, fra i frizzi e lazzi della folla, lasciato cadere “percutiendo lapidem culo nudo”. 5- a Modena erano ancora più cattivi; usavano la pietra “ringadora”, quel gigantesco blocco di marmo rosso veronese che ora è posto all’angolo del Palazzo Comunale in piazza Grande. Un’ordinanza dello Statuto Cittadino del 1420 prescriveva che il colpevole dovesse essere lì condotto per 3 consecutivi sabati (giorno di mercato), fare 3 volte il giro della piazza preceduto da trombettieri che attirassero l’attenzione e a ogni giro fosse spinto a “dare a culo nudo su la petra rengadora la quale sia ben unta da trementina“, per farlo bruciare non solo di vergogna.
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