Il-Trafiletto
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27/01/14

Perché si dice "pietra dello scandalo"?

Il detto "pietra dello scandalo" risale agli antichi Romani, quando i commerci erano tanto floridi, quanto rischiosi. Al tempo di Cicerone infatti chi falliva senza poter pagare i suoi debiti veniva condannato a una pena davvero umiliante, la bonorum cessio culo nudo super lapidem (cessione dei beni, a natiche denudate, sopra una pietra) che gli toglieva ogni briciolo di dignità: i condannati venivano infatti portati in Campidoglio, dovevano togliersi gli abiti dall’ombelico in giù e, seduti su una pietra particolare con il fondo schiena nudo, doveva gridare “cedo bona”, ossia “cedo i miei averi”. Da qui l’espressione “essere la pietra dello scandalo”, che significa essere oggetto di clamore per azioni riprovevoli. Fatto questo la colpa era ritenuta estinta e dal quel momento i creditori non potevano più riavvalersi su di loro. Fu Giulio Cesare a inventare questo tipo di pena per sostituire una delle Leggi delle XII tavole in cui si autorizzavano i creditori non soddisfatti a uccidere o ridurre in schiavitù il debitore moroso. A Roma, la “pietra dello scandalo” era un macigno vicino al Campidoglio. Ma ve ne sono in tutta Italia, anche di periodi posteriori. 1- a San Donato Valdicomino (Frosinone) esiste la cinquecentesca Pietra di San Bernardino (promotore dei Monti di Pietà), dove il debitore stava ininterrottamente seduto a natiche nude per un periodo di tempo proporzionato all’entità del suo debito. 2- A Rimini sotto il portico del Palazzo dell’Arengo, fra i banchi di banchieri e notai e dove pubblicamente veniva amministrata la giustizia, vi era un pietrone (lapis magnum) dove il condannato doveva battere tre volte e con violenza il sedere nudo gridando ogni volta come fosse un mantra “Cedo bona!” (cedo i miei  beni).  3- a Milano si trovava in Piazza Mercanti, ed era un blocco di grtrementinaanito nero.  4-La pena a Firenze aveva un nome preciso, “l’Acculata“, e si svolgeva nella Loggia del Porcellino nel Mercato Nuovo; la pietra era quel cerchio di 6 spicchi di marmo tutt’ora visibile e che rappresenta in dimensione reale la ruota del Carroccio, simbolo della legalità. Qui il Magistrato del Bargello, scegliendo le ore in cui il mercato era strapieno, scandiva a voce alta il nome del condannato e il motivo della pena; al tapino poi venivano calate le braghe, era afferrato per braccia e gambe, fatto oscillare sulla folla “ostentando pubenda” e infine, fra i frizzi e lazzi della folla, lasciato cadere “percutiendo lapidem culo nudo”. 5- a Modena erano ancora più cattivi; usavano la pietra “ringadora”, quel gigantesco blocco di marmo rosso veronese che ora è posto all’angolo del Palazzo Comunale in piazza Grande. Un’ordinanza dello Statuto Cittadino del 1420 prescriveva che il colpevole dovesse essere lì condotto per 3 consecutivi sabati (giorno di mercato), fare 3 volte il giro della piazza preceduto da trombettieri che attirassero l’attenzione e a ogni giro fosse spinto a “dare a culo nudo su la petra rengadora la quale sia ben unta da trementina“, per farlo bruciare non solo di vergogna.
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