Il-Trafiletto
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27/09/14

I Navajo alla riscossa ottengono un risarcimento da Obama

Obama risarcisce per «sfruttamento» la tribù dei Navajo:550 milioni di dollari.  La tribù Navajo, conosciuta da noi italiani per le avventure di Tex Willer, ha ottenuto un risarcimento per «la cattiva gestione delle nostre risorse». Ora verranno costruite strade, rete idrica e infrastrutture


Non c'è stato l'intervento di un  Robin hood del west come Tex Willer per ottenere giustizia a Washington: nel 2014, hanno ottenuto giustizia bene i Navajo, depositari della più grande riserva d’America, tra il nord est dell’Arizona, il Nuovo Messico e l’Utah, (più estesa di dieci stati Usa) per la più grande comunità di nativi del Paese, 250.000 persone. Che non rispecchia l'epopea raccontata nel fumetto di Bonelli, solida e organizzatissima realtà invece (basti vedere gli alberghi, i casinò, i negozi tutt’intorno alla Monument Valley), la Navajo Nation ha riscosso ben 554 milioni di dollari dall’amministrazione Obama, il risarcimento più cospicuo ottenuto da una tribù indiana per mettere fine alla serie di cause e sfide legali intentate dai nativi contro il governo americano.

I Navajo alla riscossa
La cattiva gestione I Navajo da decenni fanno causa al Governo centrale con la motivazione che Washington abbia mal gestito i terreni e le risorse naturali esistenti nelle riserve abitate dalla tribù. La tribù, che possiede e gestisce le infrastrutture turistiche di cui sopra, ha affittato molti acri al governo per attività agricole , estrazione di petrolio, gas e minerali. Da queste attività, i navajo non avrebbero ricevuto equi profitti, tutti sbilanciati a favore delle organizzazioni statali : di qui il conflitto con il Governo centrale . Che si dice soddisfatto dell’accordo raggiunto: «Questa risoluzione storica pone fine ad una disputa lunghissima e pesante - ha detto il titolare del dipartimento della giustizia (dimissionario) Eric Holder - e dimostra il fermo impegno del dipartimento a rafforzare la nostra collaborazione con le nazioni tribali».

Come usare il megarimboso  Ben Shelly, attuale presidente della Navajo Nation, si è detto molto contento: «Abbiamo lavorato incessantemente per anni per raggiungere questa risoluzione e dopo un processo lungo ed arduo sono soddisfatto che finalmente riceveremo una giusta compensazione». Come verrà utilizzato questo fiume di denaro? Fra due mesi un assemblea pubblica, dove gli abitanti della riserva potranno sottoporre le loro idee, si deciderà l'utilizzo di questo denaro: «Strade, acqua, infrastrutture- conclude Shelly- ne abbiamo tanto bisogno».

14/09/14

Dopo varie denuncie il marito la uccide | I minori verranno risarciti dallo stato

Si poteva evitare la morte di Marianna Manduca uccisa sette anni fa dal marito nonostante le dodici  denuncie fatte alla Procura di Caltagirone per le minacce continue di morte dell’ex marito Saverio Nolfo.


La Cassazione dispone che i tre figli minori di Marianna, possano avere un risarcimento per la «negligenza inescusabile» dei pm che avrebbero dovuto occuparsi di quelle denunce, dallo Stato come chiede il legale dei tre adolescenti, l’ex pm antimafia Aurelio Galasso, in base ad una legge del 1988 sulla responsabilità civile dei magistrati.

La Cassazione accoglie il ricorso
dello zio dei tre minori nominato tutore dei piccoli orfani - che li sta crescendo - a chiedere giustizia.
La corte di appello di Messina respinse la richiesta di risarcimento in virtù della legge che prevede si inoltri la richiesta entro i due anni successivi al fatto cioè l'omicidio di Marianna, uccisa a 32 anni con dodici coltellate a Palagonia (Catania) il tre ottobre del 2007. Lo zio dei minori  ha ricevuto la nomina di tutore solo il 21 dicembre del 2010 e ha potuto iniziare la causa contro lo Stato il 5 aprile 2011, quindi i termini dei due anni in questo caso, a tutela dei soggetti minori per quanto riguarda «l’accesso alla giustizia», decorre dal momento in cui i minori o chi per loro hanno acquisito la capacità di agire.

Venti anni di condanna
Pe cui il ricorso dell’aprile del 2011, non era fuori tempo utile e l’azione risarcitoria è «legittimamente» esercitabile, spiega la Cassazione. Questa dolorosa vicenda sarà ripresa in mano dalla Corte di Appello che deve considerare valida la domanda risarcitoria avanzata nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri a nome dei tre figli di Marianna. Molte ombre dovranno schiarirsi e portare alla luce la responsabilità dei magistrati. Il padre uxoricida il quale avevaripetutamente aggredito la ex moglie sempre in pubblico, è stato condannato a vent'anni. Ciò nonostante nessuno condusse indagini, e nemmeno prese provvedimenti a tutela della donna in pericolo, lasciando inascoltate le sue richieste di aiuto. L’aggressione fatale avvenne alla vigilia della sentenza che doveva affidare i tre maschietti alla mamma dopo la separazione. L’omicida accoltello’ non solo la donna, ma colpì gravemente anche Salvatore Manduca (59 anni), il padre di Marianna, l’unico uomo che l’ ha difesa.

28/03/14

Usa | Innocente condannato a morte nel 1985, torna libero dopo quasi trenta anni.

Ha trascorso la bellezza (si fa per dire ) di 25 anni nel braccio della morte. Ora per Glenn Ford, afroamericano, detenuto dal dal marzo del 1985 nel Penitenziario di stato della Louisiana, si aprono definitivamente le porte del carcere e torna ad essere un uomo libero, grazie ad un giudice della Corte distrettuale della Louisiana. Ford, 64 anni, 30 dei quali passati da recluso, era stato accusato di omicidio di primo grado e condannato a morte per l’uccisione del gioielliere Isadore Rozeman, avvenuta il 5 novembre 1983 in seguito ad una rapina. Per la giuria dell'epoca, formata di soli uomini bianchi che lo condannò, Ford era colpevole oltre ogni ragionevole dubbio ma per il giudice, che ha accolto la mozione avanzata dai pubblici ministeri affinché l’uomo fosse scagionato, si è invece trattato di un terribile errore. “Glenn Ford non avrebbe nemmeno mai dovuto essere arrestato”, ha dichiarato il giudice, “non ha partecipato e non era nemmeno presente durante la rapina”. “ E' una bella sensazione - dice Glenn a chi gli chiede come si sente - Il mio cervello vaga in tutte le direzioni, mi sento bene”.E' uno dei più longevi condannati a morte nella storia americana moderna. Per la legge dallo Stato della Louisiana, Glenn otterrà un risarcimento economico (25 mila dollari per ogni anno di detenzione illecita fino ad un massimo di 250.000 dollari, più altri 80.000 per la perdita della ‘opportunità di vita’), ma nessuno potrà mai restituirgli il tempo rubato. “Non posso tornare indietro e fare le cose che avrei dovuto fare quando avevo 35, 38 o 40 anni”, ha commentato con rammarico Ford, “i miei figli, quando li ho lasciati, erano bambini. Ora sono uomini che hanno dei bambini”. Duro anche il commento Amnesty International Usa, secondo cui “Glenn Ford è la prova vivente di quanto sia viziato il nostro sistema giudiziario”.

20/02/14

Scorsese regista el film "Wolf of Wall Street" citato per 25mil di $ dal broker Andrew Greene

Dollari che rincorrono dollari, chi li guadagna chi li truffa chi li chiede come risarcimento della reputazione persa. Secondo Andrew Greene 25milioni di dollari bastano per riacquistare la sua immagina di "investment banker"



Martin Scorsese
Houston- Una causa da 25 milioni di dollari e' stata avviata contro Martin Scorsese e la Paramount, rispettivamente regista e casa produttrice del plurinominato all'Oscar "Wolf of Wall Street". L'azione legale e' stata mossa dal broker Andrew Greene, ex partner d'affari di Jordan Belfort, il protagonista del film di Scorsese interpretato da Leonardo Di Caprio. Sebbene Greene non venga mai esplicitamente menzionato nel film, lui accusa i produttori di averlo diffamato dipingendolo come un criminale, tossicomane e con il parrucchino. Greene, secondo il ricorso legale, verrebbe rappresentato dal personaggio Nicky "Rugrat" Koskoff, interpretato da P.J. Byrne. Secondo Greene, l'immagine che il film fa di lui ha danneggiato la sua reputazione come "investment banker"
                                                                                                        fonteAGI

24/01/14

Rifiuta l’amore a tre col Direttore e l’amante. Licenziata.

Il sogno di qualsiasi persona al giorno d’oggi è quello di trovare un lavoro, così da raggiungere la soddisfazione personale e la serenità. Ma non sempre quest’ultima viene ad aggiungersi alla felicità per il lavoro trovato, soprattutto quando il luogo di impiego diventa il teatro di abusi e ingiustizie. E’ quello che è accaduto all'ingegnere Elisabetta Ferrante, informatica presso una multinazionale di Torino. Il suo tormento è cominciato nel 2000 con l'arrivo di un nuovo superiore che l'ha messa subito al centro delle sue "attenzioni": sono subito volate avances esplicite , davanti ai colleghi ma anche in privato, durante le riunioni prolungate appositamente fino a notte inoltrata. Improvvisamente spunta una trasferta di lavoro in Olanda, naturalmente in compagnia del solito Direttore e con la di lui amante, e spunta anche la richiesta sfrontata di un incontro amoroso a tre. In un’intervista rilasciata a Tgcom24 Elisabetta racconta: << Avevo 40 anni, due figli e pensavo di far carriera grazie alle mie capacità, e non per altri motivi. Rifiutai questo incontro a tre e fu la mia rovina.
Di ritorno dal viaggio mi sono trovata senza ufficio, con i documenti in un scatolone, una scrivania contro il muro, senza mansioni, senza collaboratori e via via senza i progetti ai quali stavo lavorando. >> Naturalmente Elisabetta cominciò a lamentarsi garbatamente della nuova sconcertante situazione, fino a che arriva inaspettato un trasferimento in un'altra sede. << In quel momento sono crollata: ho avuto una prima crisi di panico e mi sono smarrita con l'auto. Non dormivo e non mangiavo più. La mia vita era diventata impossibile. I medici del lavoro hanno capito subito che si trattava di mobbing aziendale >>. E non era nemmeno quello il fondo dell'abisso: entra in malattia e a seguito di questo periodo viene licenziata. << Ho deciso di intraprendere una causa legale contro la mia azienda, ma non è stato facile andare contro un colosso così grande, radicato nella città e capace di sconvolgere l’esistenza personale e familiare. Alla fine sono stati i giudici della Cassazione a darmi ragione e a confermare l'ipotesi di mobbing. La sentenza è arrivata nel 2008, sono stata reintegrata sul posto di lavoro. Però non ho ancora ricevuto il risarcimento economico, nonostante per questa causa abbia già speso 100 mila euro tra primo e secondo grado di giudizio e sia stata senza lavoro dal 2005 al 2009. Una cosa però, mi permetto di consigliarla a chi è vittima di soprusi e ha paura: 'ribellatevi', magari rivolgendovi allo 'Sportello dei diritti', ma fate sentire la vostra voce, i vostri diritti, la vostra denuncia . >>

21/11/13

Scontro fra titani! Samsung contro Apple: "la bellezza non è proprietà di Apple".

L'Arena, dove ormai da circa due si scontrano i due titani della telefonia mobile, Samsung ed Apple, è la corte federale californiana di San Jose, è li che si continua a svolgere la querelle nell'ambito della vicenda giudiziaria vede contrapposte dalla primavera 2011 i due colossi dei telefonini. Il giudizio della sopracitata corte federale che dovrà sortire, definitivamente, è l'entità del risarcimento che Samsung dovrà versare ad Apple per aver usufruito di alcuni suoi brevetti in 13 vecchi modelli (tral'altro non più in vendita negli Stati Uniti) di smartphone e tablet.

La nuova querelle in tribunale è la prevista appendice della causa che nell'agosto del 2012 diventò fenomeno mediatico e promosse a protagonista assoluto il giudice distrettuale Lucy Koh, la quale decretò in quella fase per Samsung la maxi multa da oltre un miliardo di dollari (poi diminuita di 450 milioni) per la violazione di cinque brevetti dell'iPhone.

Si decide a quanto ammontera' il risarcimento. Detto che l'ipotesi di un patteggiamento extra giudiziale per chiudere la disputa sembra assai lontano (se non impossibile) e che a marzo 2014 è prevista la sentenza sul ritiro dal mercato di alcuni modelli di telefonini (compresi gli ultimi esemplari della famiglia Galaxy) del produttore asiatico, gli avvocati delle due parti sono ripartiti dalla questione più importante della vicenda, e cioè l'ammenda di poco meno di 600 milioni di dollari che grava ancora in capo a Samsung.

Samsung vs Apple
L'ammenda in questione potrebbe azzerarsi del tutto piuttosto che limitarsi a 52 milioni di dollari, cifra auspicata da Samsung per chiudere la pratica senza riconoscere alla rivale la quota di mancati profitti per i suoi iPhone, oppure incontrare i desiderata di Apple, che chiede come ricompensa 380 milioni aggiuntivi a quanto attualmente dovuto.

Giusto per completare il quadro, va ricordato come Samsung ha venduto 10,7 milioni di dispositivi colpevoli di violazione di brevetto per un fatturato di 3,5 miliardi di dollari, come Apple aveva chiesto alla corte di San Jose un risarcimento danni per 2,75 miliardi (il giudice decise per 1,05 miliardi, poi portata a 590 milioni) e come l'azienda coreana chiese senza ottenere nulla una ricompensa di 421 milioni per violazioni a sua volta subite ad opera della rivale.

 I legali coreani non ci stanno.
 Passati in rassegna i testimoni delle due parti (Apple ha chiamato in aula il Senior Vp per il Marketing Phil Schiller), da lunedi a San Jose sono entrati in scena gli avvocati con le loro rispettive arringhe, ultimo atto prima della delibera della giuria.
Ieri i legali di Samsung hanno provato a scuotere la situazione con un'offensiva verbale già utilizzata in passato: "Apple doesn't own beautiful and sexy", assunto che per Cupertino suona come un invito esplicito a non rivendicare la proprietà esclusiva di attributi quali la bellezza e la sensualità. Il fine della provocazione a firma dell'avvocato William Price è il seguente: la casa coreana pagherà quanto richiesto dalla legge, avendo ammesso la violazione, ma non vuole sborsare ulteriore denaro per elementi di design, visto e considerato che tutti i produttori dovrebbero essere liberi di poterli usare.

Apple può richiedere nuovamente il blocco di 26 dispositivi Samsung La decisione della United States Court of Appeals del Federal Circuit, diventata definitiva nelle scorse ore, regala per contro ad Apple una nuova chance per tentare di bloccare le vendita di telefonini e tablet Samsung che violano i suoi brevetti. La nuova presa di posizone della Corte d'Appello americana ha infatti annullato quanto precedentemente definito dal giudice Koh e riapre le porte alla richiesta di ingiunzione per 26 dispositivi dell'azienda coreana.
Apple, secondo quanto si apprende dalla carte, dovrà ora limitarsi a convincere i giurati che esistono precisi collegamenti tra le caratteristiche descritte nei brevetti e i dispositivi di Samsung. Ed ottenere di conseguenza il blocco negli Stati Uniti dei prodotti del chaebol asiatico.
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