Il sogno di qualsiasi persona al giorno d’oggi è quello di
trovare un lavoro, così da raggiungere la
soddisfazione personale e la serenità. Ma non sempre quest’ultima viene ad aggiungersi alla felicità per il lavoro trovato, soprattutto quando il luogo di impiego diventa il teatro di
abusi e ingiustizie. E’ quello che è accaduto all'ingegnere
Elisabetta Ferrante, informatica presso una multinazionale di Torino. Il suo tormento è cominciato nel 2000 con l'arrivo di un nuovo
superiore che l'ha messa subito al centro delle sue
"attenzioni": sono subito volate
avances esplicite , davanti ai colleghi ma anche in privato, durante le riunioni prolungate appositamente fino a notte inoltrata. Improvvisamente spunta una trasferta di
lavoro in Olanda, naturalmente in compagnia del solito Direttore e con la di lui
amante, e spunta anche la
richiesta sfrontata di un incontro amoroso a tre. In un’intervista rilasciata a Tgcom24 Elisabetta racconta: << Avevo 40 anni, due figli e pensavo di far
carriera grazie alle mie capacità, e non per altri motivi.
Rifiutai questo incontro a tre e fu la
mia rovina.

Di ritorno dal viaggio mi sono trovata
senza ufficio, con i documenti in un scatolone, una scrivania contro il muro, senza mansioni, senza collaboratori e via via senza i progetti ai quali stavo lavorando. >> Naturalmente Elisabetta cominciò a
lamentarsi garbatamente della nuova sconcertante situazione, fino a che arriva inaspettato un
trasferimento in un'altra sede. << In quel momento sono crollata: ho avuto una prima
crisi di panico e mi sono smarrita con l'auto. Non dormivo e non mangiavo più. La mia vita era diventata impossibile. I medici del lavoro hanno capito subito che si trattava di
mobbing aziendale >>. E non era nemmeno quello il fondo dell'abisso: entra in malattia e a seguito di questo periodo
viene licenziata. << Ho deciso di intraprendere una
causa legale contro la mia azienda, ma non è stato facile andare contro un colosso così grande, radicato nella città e capace di sconvolgere l’esistenza personale e familiare. Alla fine sono stati i giudici della
Cassazione a darmi ragione e a confermare l'ipotesi di mobbing. La sentenza è arrivata nel 2008,
sono stata reintegrata sul posto di lavoro. Però non ho ancora ricevuto il
risarcimento economico, nonostante per questa causa abbia già speso
100 mila euro tra primo e secondo grado di giudizio e sia stata senza lavoro dal 2005 al 2009. Una cosa però, mi permetto di consigliarla a chi è vittima di soprusi e ha paura:
'ribellatevi', magari rivolgendovi allo 'Sportello dei diritti', ma fate sentire la vostra voce, i vostri diritti, la vostra
denuncia . >>