Il-Trafiletto
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17/02/14

Il regista americano David Lynch consiglia di introdurre la meditazione nelle scuole

Il regista americano David Lynch, autore di film inquietanti, medita da 30 anni e vive sereno. Lo ha dichiarato in un visita a Milano all'inizio di febbraio al Teatro dal Verme per diffondere il verbo della consapevolezza.


Sempre più ricerche scientifiche confermano il valore della meditazione, come antidoto contro depressione, malattie fisiche e disturbi comportamentali. Ma per far capire l'importanza delle tecniche meditative nel mondo de lavoro, nella scuola, come nella vita privata servono testimonial particolari in grado di portare all'attenzione del grande pubblico i loro benefici.

David Lynch
E questa volta il testimonial particolare c'è. Si tratta di David Lynch, il geniale regista americano autore di film come Twin Peaks o Velluto Blu, che ha dato vita a una fondazione che porta il suo nome, la David Lynch Foundation For Consciousness-Based Education and Peace, che dal 2005 si impegna per la diffusione della meditazione nelle scuole. Venuto a Milano al Teatro dal Verme per diffondere il verbo della consapevolezza, davanti a una folla folta e assortita ha parlato di meditazione trascendentale come antidoto contro i disturbi scolastici, l’ansia, la violenza giovanile e le dipendenze. Problemi che negli Stati Uniti registrano numeri preoccupanti. Basti pensare, riporta lo stesso regista, “che il 25% dei teenager americani soffre di disturbi antigeni”. Lynch vorrebbe portare in classe la meditazione all'inizio e alla fine delle lezioni, come succede già in 50 paesi del mondo. I ragazzi riescono a trovare la concentrazione necessaria per concentrarsi negli studi e si riducono le percentuali di bullismo. Da oltre 30 anni David Lynch pratica la meditazione trascendentale. "Il fatto che i miei film possano inquietare non significa che io non sia sereno" ha dichiarato il regista. " Per far vedere la sofferenza non bisogna per forza soffrire".
Per ulteriori informazioni:
 David Lynch Foundation For Consciousness-Based Education and Peace

24/01/14

Rifiuta l’amore a tre col Direttore e l’amante. Licenziata.

Il sogno di qualsiasi persona al giorno d’oggi è quello di trovare un lavoro, così da raggiungere la soddisfazione personale e la serenità. Ma non sempre quest’ultima viene ad aggiungersi alla felicità per il lavoro trovato, soprattutto quando il luogo di impiego diventa il teatro di abusi e ingiustizie. E’ quello che è accaduto all'ingegnere Elisabetta Ferrante, informatica presso una multinazionale di Torino. Il suo tormento è cominciato nel 2000 con l'arrivo di un nuovo superiore che l'ha messa subito al centro delle sue "attenzioni": sono subito volate avances esplicite , davanti ai colleghi ma anche in privato, durante le riunioni prolungate appositamente fino a notte inoltrata. Improvvisamente spunta una trasferta di lavoro in Olanda, naturalmente in compagnia del solito Direttore e con la di lui amante, e spunta anche la richiesta sfrontata di un incontro amoroso a tre. In un’intervista rilasciata a Tgcom24 Elisabetta racconta: << Avevo 40 anni, due figli e pensavo di far carriera grazie alle mie capacità, e non per altri motivi. Rifiutai questo incontro a tre e fu la mia rovina.
Di ritorno dal viaggio mi sono trovata senza ufficio, con i documenti in un scatolone, una scrivania contro il muro, senza mansioni, senza collaboratori e via via senza i progetti ai quali stavo lavorando. >> Naturalmente Elisabetta cominciò a lamentarsi garbatamente della nuova sconcertante situazione, fino a che arriva inaspettato un trasferimento in un'altra sede. << In quel momento sono crollata: ho avuto una prima crisi di panico e mi sono smarrita con l'auto. Non dormivo e non mangiavo più. La mia vita era diventata impossibile. I medici del lavoro hanno capito subito che si trattava di mobbing aziendale >>. E non era nemmeno quello il fondo dell'abisso: entra in malattia e a seguito di questo periodo viene licenziata. << Ho deciso di intraprendere una causa legale contro la mia azienda, ma non è stato facile andare contro un colosso così grande, radicato nella città e capace di sconvolgere l’esistenza personale e familiare. Alla fine sono stati i giudici della Cassazione a darmi ragione e a confermare l'ipotesi di mobbing. La sentenza è arrivata nel 2008, sono stata reintegrata sul posto di lavoro. Però non ho ancora ricevuto il risarcimento economico, nonostante per questa causa abbia già speso 100 mila euro tra primo e secondo grado di giudizio e sia stata senza lavoro dal 2005 al 2009. Una cosa però, mi permetto di consigliarla a chi è vittima di soprusi e ha paura: 'ribellatevi', magari rivolgendovi allo 'Sportello dei diritti', ma fate sentire la vostra voce, i vostri diritti, la vostra denuncia . >>
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