Il-Trafiletto
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14/09/14

Dopo varie denuncie il marito la uccide | I minori verranno risarciti dallo stato

Si poteva evitare la morte di Marianna Manduca uccisa sette anni fa dal marito nonostante le dodici  denuncie fatte alla Procura di Caltagirone per le minacce continue di morte dell’ex marito Saverio Nolfo.


La Cassazione dispone che i tre figli minori di Marianna, possano avere un risarcimento per la «negligenza inescusabile» dei pm che avrebbero dovuto occuparsi di quelle denunce, dallo Stato come chiede il legale dei tre adolescenti, l’ex pm antimafia Aurelio Galasso, in base ad una legge del 1988 sulla responsabilità civile dei magistrati.

La Cassazione accoglie il ricorso
dello zio dei tre minori nominato tutore dei piccoli orfani - che li sta crescendo - a chiedere giustizia.
La corte di appello di Messina respinse la richiesta di risarcimento in virtù della legge che prevede si inoltri la richiesta entro i due anni successivi al fatto cioè l'omicidio di Marianna, uccisa a 32 anni con dodici coltellate a Palagonia (Catania) il tre ottobre del 2007. Lo zio dei minori  ha ricevuto la nomina di tutore solo il 21 dicembre del 2010 e ha potuto iniziare la causa contro lo Stato il 5 aprile 2011, quindi i termini dei due anni in questo caso, a tutela dei soggetti minori per quanto riguarda «l’accesso alla giustizia», decorre dal momento in cui i minori o chi per loro hanno acquisito la capacità di agire.

Venti anni di condanna
Pe cui il ricorso dell’aprile del 2011, non era fuori tempo utile e l’azione risarcitoria è «legittimamente» esercitabile, spiega la Cassazione. Questa dolorosa vicenda sarà ripresa in mano dalla Corte di Appello che deve considerare valida la domanda risarcitoria avanzata nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri a nome dei tre figli di Marianna. Molte ombre dovranno schiarirsi e portare alla luce la responsabilità dei magistrati. Il padre uxoricida il quale avevaripetutamente aggredito la ex moglie sempre in pubblico, è stato condannato a vent'anni. Ciò nonostante nessuno condusse indagini, e nemmeno prese provvedimenti a tutela della donna in pericolo, lasciando inascoltate le sue richieste di aiuto. L’aggressione fatale avvenne alla vigilia della sentenza che doveva affidare i tre maschietti alla mamma dopo la separazione. L’omicida accoltello’ non solo la donna, ma colpì gravemente anche Salvatore Manduca (59 anni), il padre di Marianna, l’unico uomo che l’ ha difesa.

01/12/13

Il "marcio" nei consigli regionali Italiani

Dopo l'Emilia-Romagna anche il Piemonte, vagliato dai magistrati, risulta un uso "allegro" sei fondi pubblici. " E io pago!" Direbbe Totò.
Sono 16 su 20 i 'parlamentini' finiti sotto accusa per le spese pazze attinte dai fondi pubblici. Negli scontrini scaricati ora al vaglio di magistrati e giudici contabili figurano più cene consumate contemporaneamente nello stesso posto, limousine a nolo e gioielli

Le regioni Italiane
Nell'ultimo mese e mezzo è toccato di nuovo all'Emilia-Romagna, alla Sardegna, e poi al Piemonte. dove sono arrivati alle mani e a prendersi a sberle. E' un'escalation di avvisi di garanzia. Un crescendo di 'spese pazze' finite nel mirino della magistratura. Tre consigli regionali sono piombati nuovamente nell'occhio del ciclone, con tanto di dimissioni (a Bologna) e rissa (a Torino). Tre 'parlamentini' che vanno ad affiancarsi ad altri 13 consigli regionali già protagonisti di inchieste giudiziarie tuttora in corso e di monitoraggi costanti di una Corte dei conti che sulla questione vuole vederci chiaro. Viaggi extra lusso, ristoranti très chic, saune, massaggi, palestre, banchetti per cerimonie funebri, gioielli, penne d'oro, lap dance e perfino tasse. I rimborsi dei gruppi consiliari, ma soprattutto la gestione allegra di tali somme di denaro, aprono uno squarcio che appare sempre più profondo e desolante. Ben 16 Regioni su 20 al momento risultano coinvolte nelle inchieste. Da nord a sud. E - politicamente, s'intende - da destra a sinistra. A Bologna a fine ottobre vengono indagati tutti i 9 capigruppo dell'assemblea legislativa. Marco Monari del Pd arriva a dimettersi. Fa particolarmente scalpore la rivelazione di un viaggio da Napoli ad Amalfi con un'auto a nolo più conducente che on-line si pubblicizza come 'servizio limousine', costato 900 euro e messo tra i rimborsi del gruppo dem dallo stesso Monari e dal consigliere Roberto Montanari. La spesa, che è di fine luglio 2011, viene esaminata dalla Guardia di finanza che indaga per peculato su delega della procura di Bologna. I due consiglieri in quei giorni parteciparono ad un seminario di Areadem.Gli avvisi di garanzia, però, scatenano un vespaio di polemiche dentro allo stesso Pd. Che viaggia spedito verso le primarie dell'8 ottobre ma che nel frattempo deve cercare di gestire pure lo scandalo di un tesseramento anomalo che ha macchiato l'iter dei congressi provinciali. Complice il web, la base non perdona. Forse è per questo che, a ridosso di consultazioni aperte che hanno come obiettivo il massimo coinvolgimento dei cittadini (nonostante la defezione già annunciata di Romano Prodi), la direzione regionale del Pd ha deciso di riunirsi per affrontare il tema. Discutere di quanto accaduto. E condannare qualsiasi abuso. Un tentativo di fare 'pulizia' alla vigilia di un appuntamento a cui sarebbe meglio presentarsi con meno macchie possibili. Nel frattempo, in Piemonte si prendono a botte. Gli indagati sono addirittura 43, e tra questi c'è anche il presidente della Regione, Roberto Cota (Lega Nord), che per 115 volte è stato smentito perché 'beccato' dagli investigatori in luoghi diversi rispetto a quelli in cui, sulla base degli scontrini infilati nel rimborso, avrebbe dovuto trovarsi. Un "dono dell'ubiquità" su cui ora sarà nuovamente chiamato a rispondere davanti ai pm. E sono ben 592 gli scontrini che attesterebbero esborsi non propriamente riconducibili all'attività istituzionale. Sigarette, foulard, spazzolini, hamburger e cioccolatini. Ma soprattutto nel mirino finiscono le cinque cene diverse consumate da Cota nello stesso ristorante a pochi minuti di distanza l'una dall'altra. Il governatore si difende. I democratici attaccano dopo che, per quanti di loro erano stati indagati, è stata chiesta l'archiviazione. E tentano la spallata alla giunta Cota. In che modo? Dimettendosi dagli incarichi istituzionali in Regione. Il vicepresidente dell'assemblea, Roberto Placido, il presidente della Giunta per le elezioni, Rocco Muliere, e i vicepresidenti delle commissioni hanno formalizzato agli uffici regionali il loro passo indietro. Vale la pena ricordare che nel solo 2011 sono stati messi a disposizione dei 'parlamentini' 47 milioni di euro. Una cifra che la spending review ha ridimensionato sul 2013, limandola fino a farla scendere a quota 9 milioni. I compensi dei consiglieri, ovviamente, rimangono emolumento a parte.                                                                                                fonte

01/11/13

La Cancellieri chiarisce l'interessamento a favore della detenuta eccellente Giulia Ligresti

 Il caso nasce dal suo interessamento a favore della detenuta eccellente Giulia Ligresti, sul quale ha dovuto dare spiegazioni ai magistrati competenti.
Ministro Cancellieri

“Mai interferito, pronta a chiarire” il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri prova a spegnere il fuoco delle polemiche.
L’imprenditrice, coinvolta nell’indagine sul caso Fonsai ma in sofferenza in custodia cautelare, è stata scarcerata infatti dopo che la guardasigilli, in seguito a contatti con la famiglia Ligresti, ha segnalato il suo caso all’amministrazione penitenziaria. E’ stato il procuratore capo di Torino, Gian Carlo Caselli, a precisare per primo che “sarebbe arbitraria e del tutto destituita di fondamento ogni illazione che ricolleghi la concessione degli arresti domiciliari a circostanze esterne di qualunque natura”. “Non c’è stata, quindi, né poteva esserci, alcuna interferenza con le decisioni degli Organi giudiziari”, ha affermato dal canto suo il ministro.”Avuta conoscenza, per via diretta, delle condizioni psicofisiche della ragazza - ha spiegato - era mio dovere trasferire questa notizia agli organi competenti” per evitare “eventuali gesti autolesivi. Mi sono comportata, peraltro, nello stesso modo quando sono pervenute al mio Ufficio segnalazioni, da chiunque inoltrate, che manifestassero preoccupazioni circa le condizioni sullo stato psicofisico di persone in stato di detenzione”. Eppure non si amavano tanto. Intercettata, Giulia Ligresti dice:
 «Sono giornatacce, veramente, un incubo.... Ho degli sconforti, credimi. Ieri hanno fatto ’sta cosa alla Procura di Torino. Poi il commissario arriva in Fondiaria a sparare contro di noi. E Peluso... Gli hanno dato una buona uscita di cinque milioni, ti rendi conto? Cinque milioni, è stato un anno, ha distrutto tutto». 
Giulia Ligresti
Questa è la voce di Giulia Maria Ligresti. La mattina del 19 ottobre 2012 si sta sfogando al telefono con un’amica. Sono già tempi molto difficili, la bufera giudiziaria si sta addensando nel cielo di Fonsai. Ma ancora nessuno ne conosce l’esatta portata. Giulia Ligresti parla della liquidazione concessa a Piergiorgio Peluso, il figlio del ministro Annamaria Cancellieri. È arrivato da Unicredit nel 2011 con il ruolo di direttore generale. Stanno parlando della sua liquidazione dopo un anno di lavoro. L’amica è solidale con Giulia Ligresti:
«Gli danno una liquidazione, invece che chiedergli i danni!».
«Sì, invece di chiedergli i danni! Mi hanno detto che in consiglio nessuno ha fiatato. Sì, sì.. Approvato all’unanimità. Che se fosse stato il nome di qualcun altro... A mio padre di 85 anni avrebbero contestano quella cifra. Questo qui ha 45 anni, è un idiota. Perché veramente è venuto a distruggere una compagnia. Perché lo ha fatto proprio su mandato la distruzione... 5 milioni, è andato in Telecom, e l’Italia non scrive niente».
«Cavolo, potessero scrivere qualcosa», dice l’amica.
E Giulia Ligresti: «Al contrario c’è un articolo su sua mamma, sai che è il ministro Cancellieri, pieno di lodi, figurati... Secondo me quella è un’area intoccabile proprio. Pazzesco.... L’Italia è un paese distrutto, è veramente una mafia. I giornali che scrivono tutti uguali, poi appena uno alza la testa... ». 

Fa uno strano effetto rileggere queste parole, alla luce di quanto è emerso successivamente nelle indagini. E cioè che la famiglia Ligresti si è rivolta proprio al ministro Cancellieri per chiedere aiuto. A luglio Giulia Maria è in carcere. Non mangia, soffre di anoressia. I suoi avvocati chiedono senza successo gli arresti domiciliari. È in quel momento che Gabriella Fragni, la compagna di Salvatore Ligresti, intercettata, dice: «La persona che potrebbe fare qualcosa per Giulia è il ministro Cancellieri». Chiedono aiuto al ministro. E il ministro Cancellieri, accolta la richiesta, si spende personalmente. Come ha spiegato lei stessa in un verbale datato 22 agosto 2013. Quando è stata sentita in qualità di testimone, dal procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi:
«Ligresti mi ha rappresentato la preoccupazione per lo stato di salute della nipote Giulia Maria, la quale, come peraltro riportato in articoli di stampa, soffre di anoressia e rifiuta il cibo. In relazione a tale argomento ho sensibilizzato i due vice capi del Dap, Francesco Cascini e Luigi Pagano, perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati. Si è trattato di un intervento umanitario assolutamente doveroso, in considerazione del rischio connesso con la detenzione».
Per tutta la giornata si sono moltiplicate le prese di posizione dell’opposizione in Parlamento: Sel, M5S e Lega, hanno chiesto alla guardasigilli di chiarire in Parlamento la vicenda. Per il Carroccio è “una vicenda torbida”. E per gli stellati se non può chiarire deve dimettersi. Ma anche dalla maggioranza non sono mancate le prese di distanza: Secondo Danilo Leva, responsabile giustizia del Pd, “è opportuno” che il ministro “chiarisca il senso delle parole da lei proferite nel corso di una telefonata con Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti”. Secondo l’esponente democratico bisogna “fugare ogni dubbio che possano esistere detenuti di serie A e di serie B”. A sostenere pubblicamente la posizione della guardasigilli è intervenuto a fine giornata il vicepremier Angelino Alfano, parlando di vicenda “strumentalizzata ad arte”. Ma al riparo dell’anonimato, a Montecitorio qualche parlamentare del Pdl faceva notare che “a Berlusconi per molto meno hanno appioppato la concussione”. A questo punto solo un passaggio in Parlamento potrà chiarire se la vicenda, come si pensa negli ambienti più vicini al ministro, è da considerare definitivamente chiusa.


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