Il-Trafiletto
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12/10/14

Come aiutare piccole ferite a cicatrizzarsi velocemente

Le ferite, con qualche piccola attenzione possono  esser fatte guarire più rapidamente. Che siano ferite post intervento chirurgico, o dovute a qualche piccolo incidente non devono essere trascurate, ma fatte cicatrizzare con una certa velocità per evitare l'insorgere di infezioni che potrebbero rallentare l'intero processo di guarigione.

Quando ci feriamo, la prima cosa da fare è la disinfezione: quindi prima la ferita va lavata accuratamente con acqua corrente fredda e poi disinfettata con tintura di iodio o acqua ossigenata.  Per far cicatrizzare una ferita di lieve entità l’applicazione di tintura di iodio potrebbe già essere sufficiente, senza applicare alcuna bendatura.


Un altro modo per favorire una buona cicatrizzazione può essere l'applicazione di soluzioni in polvere come il Cicatrene che però, contenendo Neomicina, può essere nefrotossico e fotosensibilizzante.

Particolare attenzione va prestata alla chiusura delle ferite aperte, che se non ben controllata può portare alla crescita di batteri definiti anaerobi, cioè che si sviluppano maggiormente in caso di mancanza o poco ossigeno. Perciò le ferite in fase di cicatrizzazione possono, anzi devono, essere lasciate aperte. Le ferite spurganti o già infette devono invece essere coperte per evitare la sovrainfezione.

Nel caso di  piaghe a ritardata cicatrizzazione, ulcere da decubito, ischemiche o con patologie cutanee particolari si può utilizzare il Trofodermin che contiene antibiotici e ormoni per cui non può essere usato in allattamento, gravidanza o età pediatrica.

Attenzione anche al sole che fa bene sì ma non alle ferite.  Il sole ha infatti un effetto irritante e disidratante sulle ferite aperte. Sulle ferite chiuse (sulle cicatrici) il sole intenso può addirittura favorire l’insorgenza di tumori maligni cutanei. Dunque per almeno 1 anno non si può prendere sole sulle ferite che devono quindi essere coperte o almeno riparate da crema solare a protezione totale.

Stesso discorso vale per  il ghiaccio tanto utile nelle contusioni e per alleviare gonfiori ed ematomi ma nel caso di ferite, le condizioni di ipotermia (bassa temperatura) portate dal ghiaccio, rallentano il processo di ricostruzione dell’epitelio danneggiato.

Anche il cortisone è deletereo perchè ritarda la cicatrizzazione.

Non ha nulla a che vedere con la cicatrizzazione  ma è un supporto di incredibile utilità per lenire il dolore causato dalle vesciche il cerotto Compeed che può anche essere usato per prevenire l’insorgenza di vesciche.

E' ovvio che in presenza di tagli profondi dopo aver lavato accuratamente la ferita se possibile, è necessario recarsi immediatamente al pronto soccorso.

27/08/14

Voglia di freschezza

Tanti anni fa, a Palermo (quando la città era certo più tranquilla), i venditori di gelsi «scendevano» dalle campagne circostanti con le loro ceste piene di frutti neri. E levando il viso in alto, verso le persone che chiacchieravano sedute nei balconi, gridavano strascicando le parole: «A 'stura varrifriscanuuuuu! » (a quest'ora vi rinfrescano!). Le donne prendevano i «panieri» di vimini, li facevano scendere mediante una cordicella fino al venditore ambulante e compravano i gelsi: frutti freschi che portavano fresco. Così quel grido e quei gesti diffondevano nell'aria la «voglia di freschezza» dei palermitani anni trenta. Gesti e grida (con parole e prodotti diversi) comuni a gran parte del paese .

«È fresco!», Quante volte ci viene alle labbra questa esclamazione che esprime piacere, ammirazione, anche sorpresa per qualcosa che abbiamo visto o gustato? La parola «fresco», infatti, ha molti sottili e differenti significati e pronunciandola, senza pensarci, noi li fondiamo tutti. Fresco è innanzitutto nuovo. Per questo la freschezza viene di solito considerata un attributo della giovinezza, quando non addirittura dell'infanzia (che sensazione dolce è carezzare la pelle di un neonato!). Ma oggi le barriere dell'età sono in gran parte cadute: e non è raro che si senta dire di una donna matura: «è fresca come una rosa!». Conservarsi bene, di corpo e di spirito, dona appunto freschezza, allevia il peso degli anni, aiuta a vivere ogni giorno come se fosse il primo. E, del resto, non è forse vero, come diceva il poeta, che «ogni giorno è un nuovo giorno»?

immagine presa dal web
Se la si affronta con energia e conoscenza della vita, ogni novità può assumere il gusto dell'avventura. Non per caso, «fresco» significa anche vigoroso. Pensiamo, per esempio, all'aspetto che hanno frutta e verdure fresche: ciò che subito colpisce, già a prima vista, sono la robustezza delle fibre e la vivacità dei colori. Ed è questo che ne fa pregustare il buon sapore. Del resto, anche nelle persone, ciò che può risultare più sgradito al primo impatto non sono i lineamenti del volto o la forma del corpo ma, appunto, il colorito e la consistenza delle carni (perfino per indicare negativamente il temperamento e l'umore si usa spesso l'aggettivo «moscio»). E, infatti, la parola «fresco» allude anche alla brillantezza, in tutti i sensi. Anche l'umorismo, il modo di conversare, la fantasia possono essere freschi o stantii: e spesso è proprio su questo terreno che una persona anziana riesce a far dimenticare la sua età.

Ma l'umore e lo stesso comportamento non sono forse legati anche allo stato di salute fisica, al «sentimento del corpo»? Nel suo significato più alto, la parola «fresco» richiama, infine, la purezza. C'è nella freschezza - nella sue novità, nel suo vigore, nella sua brillantezza - qualcosa di incontaminato, di assoluto, di originario. Forse la freschezza ci attira tanto proprio perché abbiamo la sensazione che ci inviti in territori nei quali nessuno è entrato prima di noi e la vita pulsa piena e forte. Forse la freschezza ci attira tanto perché ci rinvia allo «stato di natura»: uno stato che oggi ci appare tanto più privilegiato in un mondo nel quale si parla continuamente di possibili catastrofi ecologiche e la natura violata e strumentalizzata sembra ribellarsi contro l'umanità fino a cancellare se stessa.

La voglia, di freschezza è, dunque, molto di più che desiderio di salute e di bellezza. E desiderio di benessere corporale e mentale, di purezza e di equilibrio. L'alba, l'inizio del giorno è forse il momento nel quale tutto sembra aprirsi a qualsiasi possibilità: levarsi, affacciarsi alla finestra e respirare l'aria fina a pieni polmoni (non nelle nostre città, purtroppo) è già rispondere alla nostra voglia di freschezza. Poi seguirà la giornata e seguiranno i mesi e gli anni. E «vivere fresco» dipenderà anche dalle nostre scelte, in molti sensi.

28/07/14

Dentro la scienza | Quale logica nella climatologia?

C'è qualche logica nella climatologia? Se c'è, non si vede. Cominciamo dai fondamenti della scienza del clima: d'estate fa più caldo che in inverno (perlomeno in teoria).

La spiegazione pare ovvia: la Terra, in quel periodo dell'anno, è più vicina al Sole. Invece no: il momento in cui il nostro Pianeta si trova alla massima distanza dalla sua stella madre è proprio l'inizio di luglio. Certo, la distanza dal Sole ha un impatto sul calore percepito, ma inferiore rispetto all'effetto dell'inclinazione dell'asse terrestre. In estate, dunque, quando il nostro emisfero è angolato in direzione del Sole, i raggi, colpiscono più verticalmente il suolo, facendo aumentare l'intensità termica per metro quadro. Non lo sapevate?

Non siete i soli: alcuni anni fa, ricercatori dell'Università di Harvard hanno scoperto che appena un neolaureato su 10 sapeva spiegare perché in estate fa più caldo. I climatologi lo sanno di certo, ma poi cadono in altre trappole, tipiche della loro materia di specializzazione. Pensiamo all'attuale controversia relativa alla banchisa dell'Antartide: se il nostro Pianeta si sta surriscaldando, sarebbe logico aspettarsi una riduzione dello strato di ghiaccio marino. Invece, fin dal 1985, il ghiaccio galleggiante che circonda il "Grande Continente Bianco" è andato aumentando, del 2 per cento circa al decennio! Non moltissimo, ma abbastanza da fare dei climatologi lo zimbello di chi vede con scetticismo il riscaldamento globale.
Quale logica nella climatologia?

Gli scienziati non si sono fatti intimorire e hanno studiato a lungo il fenomeno: grazie a una simulazione al computer (arma di elezione nel campo della climatologia), un'equipe del Royal Netherlands Meteorological Institute ritiene di aver spiegato il paradosso del mare più caldo che produce più ghiaccio. Funzionerebbe così: l'acqua marina, tiepida, scioglie lo strato ghiacciato sovrastante, creando al di sotto di esso un cuscinetto d'acqua fredda.

Questo strato, meno salato, e dunque meno denso, galleggia sull'oceano, più caldo, espandendosi e congelandosi nei mesi invernali, e andando così a integrare la banchisa. Troppo complicato? Niente paura: esistono altre spiegazioni. Eccone una della British Antarctic Survey: il riscaldamento globale ha modificato la ventilazione naturale in Antartide e il ghiaccio viene soffiato dalla costa verso il mare aperto. Aumenta così la quantità d'acqua esposta ai venti ghiacciati e, di conseguenza, la banchisa si estende. Tutte e due le teorie potrebbero essere giuste, almeno in parte. Ma potrebbero anche essere entrambe sbagliate.

Quel che è certo è che questa combinazione di osservazioni paradossali e spiegazioni contorte comunica un'impressione di scarsa credibilità. Non dobbiamo prendere troppo con i climatologi: devono misurarsi con problemi terribilmente complessi, sotto gli occhi di un'attentissima opinione pubblica. Non mettiamoli ulteriormente sotto pressione, per evitare che arrivino a conclusioni affrettate che si rivelerebbero sicuramente sbagliate. Il momento è particolarmente delicato, visto l'attuale dibattito sul gas da argille, o shalegas. Perfino alcuni ambientalisti hanno ipotizzato che, benché si tratti comunque di un combustibile fossile, fonte di C02 e dun responsabile del riscaldamento globale, passare dal carbone allo shale potrebbe essere una mossa intelligente, visto che il gas da argille libera quantità di anidride carbonica per unità di energia notevolmente inferiori. In tema di "combustibili puliti", però, ecco spuntare un altro paradosso.

È vero che lo shale gas rilascia meno C02 del carbone, ma non produce neppure zolfo né altre emissioni nebulizzate che, ormai è noto, riflettore la luce solare respingendola in direzione dello Spazio, compensando co parte dell'effetto riscaldante della combustione del carbone. Se si tiene conto di questo, la superiorità del gas da argille non è più così ovvia. Urge però trovare una risposta certa, e in tempi brevi. Proprio in questa fase, i governi mondiali stanno decidendo le politich seguire in materia di shale gas, e se arrivassero a conclusioni affrettate basandosi su "evidenti" ragionamenti scientifici, tutti noi potremmo farne le spese.(science)

26/06/14

Scienza tra i ghiacci

British Antarctic Survey (BAS)
Ha tutta l'aria di un insediamento su Europa, la gelida luna di Giove. Invece questo edificio futuristico è molto più vicino: è la base antartica Halley IV.

Questa stazione di ricerca scientifica gestita dalla British Antarctic Survey (BAS) si trova nel pinto più remoto dell'estremo meridione terrestre. E' un complesso di otto moduli, ciascuno dei quali movimentabile in quanto collocato su giganteschi sci che consentono di trainarlo sul ghiaccio.

Si tratta di una caratteristica importantissima, perchè la stazione poggia sulla Brunt Ice Shelf, una lingua ghiacciata calotta polare che si sposta in direzione dell'oceano al ritmo di 400 metri all'anno. I moduli sono inoltre dotati di gambe idrauliche che sollevano la stazione al di sopra delle masse nevose accumulate durante le tormente, e che in precedenza finivano puntualmente per sommergere gli edifici.

"Il modulo che vedete in primo piano comprende una piattaforma-osservatorio", spiega Anna Jones, chimica atmosferica del BAS. "Al suo interno, uno spettrofotometro rileva lo spessore dello strato di ozono. E' uno strumento simile a quelli utilizzati dagli scienziati di Halley per scoprire il buco nell'ozono negli anno Ottanta del secolo scorso. Le misurazioni a lungo termine effettuate dalla nostra stazione son di vitale importanza per valutare le variazioni atmosferiche e climatiche che si verificano in Antartide".(science)

27/02/14

Perché si dice “rompere il ghiaccio?”

Il modo di dire "rompere il ghiaccio" viene abitualmente impiegato nelle relazioni interpersonali per identificare il gesto fatto da colui che ha preso per primo l'iniziativa superando le difficoltà iniziali, oppure in relazione al gesto fatto da colui che ha intrapreso per primo un argomento considerato delicato e su cui nessun altro si azzardava a prendere l’iniziativa. Ma qual è l’etimologia di questa frase? Si tratta di un modo di dire che deriva da una pratica utilizzata per far attraversare i fiumi ghiacciati alle imbarcazioni. I barcaioli, infatti, erano soliti rompere il ghiaccio con aste e picconi in modo tale da far strada all'imbarcazione e da consentirle di affrontare un percorso che altrimenti sarebbe stato inaccessibile. Allo stesso modo, dunque, chi affronta per primo un argomento delicato o in ogni altro modo prende l’iniziativa per superare le difficoltà iniziali mette le basi per intraprendere una strada che altrimenti nessuno avrebbe avuto mai il coraggio di imboccare.

14/12/13

L'arcobaleno di fuoco

 E' come vedere fiamme bellissime alte e colorate, lassù in mezzo al cielo azzurro, ma è un fenomeno piuttosto raro. Un arcobaleno davvero particolare, che gli esperti  chiamano “arcobaleno di fuoco”, per una ragione molto semplice: osservandolo dal basso, sembra di vedere una fiamma colorata che brucia nel cielo.
Arcobaleno di fuoco

Il suo nome scientifico è arco circumzenitale: può verificarsi solo in condizioni climatiche particolarmente fredde. Secondo quanto dichiarato dagli scienziati che si sono occupati del caso, i raggi del sole devono colpire i cirri, ovvero delle nuvole che si formano a più di 6 mila metri di altezza, con un’inclinazione precisa di 58°. Di conseguenza, i cristalli di ghiaccio esagonali delle nubi si allineano orizzontalmente e rifrangono la luce creando un prisma dalle enormi dimensioni. Questo raro fenomeno è noto anche come nuvola iridescente. Nonostante si chiamino “arcobaleni”, si distinguono nettamente dagli arcobaleni che tutti conosciamo, perché hanno dei colori molto più vivaci, proprio per l’interazione tra la luce e i cristalli di ghiaccio, che la indirizzano verso il sole. Inoltre, questi archi sono rovesciati e più corti rispetto ai classici arcobaleni.
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