Il-Trafiletto
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29/06/14

Norma antievasione fiscale: da domani pagamenti oltre i 30 euro obbligatori con il POS.

Doveva entrare in vigore il 31 dicembre scorso, ma soltanto domani 30 giugno, con sei mesi di ritardo,farà la sua comparsa la norma antievasione che prevede per tutte le imprese e i lavoratori autonomi la norma secondo la quale  sono tenuti ad ottenere i pagamenti superiori ai 30 euro anche attraverso il POS, ovvero potranno far ricorso al pagamento elettronico. Molte sono state le proteste dai più svariati tipi di associazioni, proteste secondo loro dovute ai maggiori costi e commissioni per questo genere di pagamento. Si è accertato che il costo medio per un'impresa si aggiri intorno ai 1200 euro l'anno,senza tener conto delle difficoltà logistiche per i lavoratori professionali e artigiani che esercitano il proprio mestiere fuori sede, ognuno di questi deve essere in possesso del terminale POS, quindi con altre spese. Però come si dice, "fatta la legge, scoperto l'inganno"; chi non sarà provvisto di POS non andrà incontro ad alcuna sanzione, perchè “la mancata installazione del terminale Pos non produce un inadempimento sanzionabile”, affermano i consulenti del lavoro, quindi nessun obbligo."Questa norma potrebbe far leva sul rapporto cliente- professionista -spiega Mauro Pagani, responsabile delle Politiche industriali della Cna - il quale professionista potrebbe essere invogliato all'uso del POS per non perdere il cliente". In poche parole l'uso del terminale POS per aziende e professionisti dovrebbe essere un modo per ridurre l’uso del denaro contante e – di conseguenza – anche i pagamenti “in nero”, favorendo la tracciabilità delle transazioni e la lotta all’evasione fiscale.(immagine presa dal web)

19/02/14

Protesta dei piccoli imprenditori: "Ritorneremo se non otterremo quello che ci serve per non chiudere"

In piazza migliaia di commercianti, artigiani, piccoli imprenditori stanchi della burocrazia e della pressione fiscale : "Siamo tanti, tantissimi e rappresentiamo la stragrande maggioranza delle imprese italiane. Il prossimo governo e il Parlamento devono prendere atto di questa grande forza".


Piazza del Popolo ribattezzata Piazza delle Imprese: commercianti, artigiani, piccoli imprenditori hanno organizzato a Roma una manifestazione considerata "storica". A protestare per un fisco e una burocrazia meno oppressivi sono stati - secondo gli organizzatori - in 60mila e hanno chiesto alla politica di cambiare e al futuro premier di convocarli. "Siamo tanti, tantissimi - ha dichiarato Marco Venturi, presidente di Confesercenti - e rappresentiamo la stragrande maggioranza delle imprese italiane. Il prossimo governo e il Parlamento devono prendere atto di questa grande forza" e "devono cambiare registro"; 372.000 imprese hanno chiuso nel 2013, per la crisi economica e per "l'incapacita' politica ed istituzionale" di affrontare la situazione. "Noi non molleremo - ha dichiarato Venturi - saremo dialoganti ma pronti a tornare in piazza, in tutte le piazze italiane, se non avremo concrete e rapide risposte dalle nostre istituzioni". "Siamo stanchi, stanchi: chiediamo rispetto, meritiamo piu' rispetto", ha gridato dal palco il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, secondo cui "non c'e' piu' tempo" ed e' "a rischio la pace sociale"; "Oggi qualcosa e' cambiato - ha sottolineato - la politica non puo' fare finta di niente.

Se non avremo risposte ci riproveremo ancora e saremo piu' numerosi e piu' determinati". Piu' esplicito Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato: "Ci siamo rotti i co..... - ha gridato - non ne posso piu' come imprenditore e come cittadino di essere soffocato da tasse e burocrazia". Poi rivolto al premier incaricato: "Matteo stai preoccupato, se non abbasserai le tasse alle piccole imprese ti faremo nero". "Questa manifestazione - ha concluso - non restera' solo nella nostra memoria ma nella storia, come la piu' grande manifestazione delle piccole e medie imprese italiane". Stessi toni nel discorso del presidente della Cna Daniele Vaccarino: "La manifestazione di oggi e' un evento storico: la politica deve tenerne conto". "Non abbiamo perso la speranza, abbiamo perso la pazienza - ha sottolineato - e non siamo sereni, siamo incaz... La politica ci ha deluso ma nonostante tutto siamo qui per sostenere l'Italia". "Gli invisibili - ha detto ancora - oggi sono tornati visibili, perche' le ragioni dell'impresa diventino le ragioni dell'Italia". "Vale piu' un urlo che tanti discorsi - ha affermato il presidente di Casa Artigiani, Giacomo Basso - vogliamo dignita'". Le richieste di artigiani, piccoli imprenditori, commercianti sono di tagliare il peso delle tasse, favorire l'accesso al credito, ridurre il peso della burocrazia, rilanciare investimenti e consumi, temi simili a quelli evidenziati dai sindacati: "Anche noi ci mobiliteremo nelle prossime settimane - ha annunciato il leader della Cisl, Raffaele Bonanni - perche' i lavoratori e le imprese hanno oggi gli stessi problemi e devono marciare uniti per la riduzione delle tasse e sollecitare una svolta nella politica economica".

11/11/13

A.A.A. cercasi artigiani digitali!

A.A.A. cercasi artigiani digitali! Dalla metà di ottobre passata, H-Farm, l'incubatrice delle imprese innovative, rivoluzionarie avente sede tra Venezia e Treviso, ha dato ospitalità ad Hack Industry. Durante un intero fine settimana un piccolo gruppo di imprese "old economy" ha lavorato in simbiosi a circa 200 giovani programmatori per inventare il futuro dei propri prodotti. Una di queste, Fizik, leader delle selle per biciclette, ha chiesto ai partecipanti di sviluppare un nuovo configuratore di prodotto capace di dare valore ed una valenza nonchè la flessibilità e la qualità (handmade) di cui l'impresa è in grado di produrre.
Dopo due giorni di lavoro ha iniziato a prendere forma una prima soluzione; ed è da qui si partirà per dare vita ad un'interfaccia che darà all'acquirente finale la possibilità di co-progettare il prodotto in maniera innovativa. L'hackaton in versione manifatturiera organizzato presso H-Farm non è più un fatto isolato. Tutto ciò è la testimonianza tangibile che il mondo del digitale e quello della piccola impresa hanno finalmente iniziato a comuicare. Al di là della passione, il connubio ha diverse ragioni di interesse. Messo da canto il mito di startup in grado di crescere e andare in Borsa in tempi relativamente brevi, i protagonisti dell'innovazione digitale preferiscono confrontarsi con il valore (sicuro) del saper fare manifatturiero del nostro Paese. Per contro, il mondo della piccola impresa, oggi costretta dalla congiuntura a un corso di innovazione accelerata, si confronta col digitale per aprirsi a nuovi mercati.
Artigiani digitali

Questo feeling fra digitale e manifatturiero produce risultati molto diversi. Gli "artigiani digitali" sono in realtà un mondo eterogeneo, vuoi per la semplicità, in quanto è possibile mettere in rilievo due modelli emergenti. Il primo modello riguarda la manifattura di qualità che oggi affronta la sfida dei mercati internazionali attraverso la rete. Non si tratta di una semplice scoperta delle possibilità offerte dal commercio elettronico, oggi a portata di mano grazie al successo di piattaforme come Etsy.com o Alibaba.com. Attraverso la rete la piccola impresa fa proprie le opportunità di un'innovazione tecnologica accessibile a costi contenuti, propone un nuovo racconto di sé, accede a e dialoga con comunità globali di appassionati. La rete costituisce, insomma, lo strumento per ripensarsi a una scala diversa, non solo sul piano della dimensione commerciale.

Esiste poi un secondo tipo di artigiani digitali che oggi si cimenta più direttamente con la sfida dell'innovazione. Sulla scia dei maker americani prova a inventare e a sviluppare una nuova generazione di oggetti intelligenti: robot, droni, macchine utensili, stampanti 3d capaci di incorporare capacità di calcolo e interattività. Tutto ciò soprattutto grazie alla possibilità di utilizzare strumenti come la scheda Arduino, una tecnologia open source facile da programmare e utilizzabile in una grandissima varietà di contesti. In entrambi i casi, l'incontro fra cultura digitale e saper fare manifatturiero consente di superare lo stallo di questi anni. I puristi del digitale hanno scoperto da tempo quanto è difficile guadagnare sviluppando applicazioni o cercando di vendere aziende, anche con buone possibilità di crescita, a fondi di investimenti che guardano sempre e comunque alla costa Ovest degli Stati Uniti. La possibilità di allearsi con il mondo della manifattura consente di ancorare i propri modelli di business a percorsi sostenibili, facendo leva su una reputazione, quella del prodotto italiano, che non è venuta meno nemmeno in momenti di grave crisi. Anche l'impresa manifatturiera, ovviamente, ci guadagna.

Tramite il digitale si apre a forme nuove di produzione e di comunicazione, valorizzando quella flessibilità e quella capacità di personalizzazione che ne hanno determinato da sempre la competitività su scala globale. Come accelerare questo processo di convergenza? Come favorire l'incontro fra due culture che, almeno in Italia, hanno bisogno l'una dell'altra? Non si tratta di questioni accademiche. Le trasformazioni di questi anni aprono opportunità insperate all'economia italiana. Per questo il tema sta diventando una priorità per molte imprese, per tante associazioni di categoria (al tema è dedicato il prossimo Cna Next, a Firenze l'8 e il 9), per incubatori e fondi di investimento. Non è, purtroppo, una priorità per chi è chiamato a elaborare una politica industriale per il Paese. Eppure proprio accelerando questa convergenza fra digitale e saper fare di matrice artigianale è possibile dare un contributo reale all'uscita dalla crisi. Le motivazioni per un veloce cambiamento di rotta sono principalmente due. La prima ha a che fare con la ripresa economica in senso stretto. Nonostante tutti i problemi in cui versa il Paese, l'export italiano cresce in maniera sorprendente. In un anno particolarmente difficile per la nostra economia, le esportazioni italiane dovrebbero raggiungere i 400 miliardi, anche grazie allo sforzo di migliaia di Pmi che si sono affacciate per la prima volta sulla scena internazionale.

Se questo sforzo venisse accompagnato da un impegno sulla digitalizzazione diffusa, i risultati potrebbe essere ancora più consistenti. C'è poi una seconda ragione che dovrebbe portare la politica a spingere sull'acceleratore. Quella che oggi stiamo mettendo a fuoco è una discontinuità profonda nel modo di organizzare la produzione e i consumi. I cambiamenti che stiamo registrando, sono i primi segni di una rivoluzione profonda che sarà tecnologica, ma anche sociale e culturale. Il denominatore comune di questa rivoluzione è un ritorno della persona al centro dei processi economici. Dopo anni di dominio incontrastato di corporation e finanza, l'economia riscopre il valore di una creatività democratica, capace di diventare impresa attraverso gli strumenti della rete. Per una volta l'Italia ha le carte in regola per dire la sua.

02/11/13

Gli Italiani nel 2014 pagheranno più tasse

Gli Italiani nel 2014 pagheranno più tasse, anche se la Trise dovrebbe portarci un  vantaggio economico,  rischia di essere eroso dai Comuni che avranno un’ampia discrezionalità nell’applicazione della nuova imposta che sostituisce Tares e Imu ed è molto probabile che ne inaspriranno il prelievo per alleggerire le difficoltà economiche in cui versano.

trise

Nel 2014 gli italiani pagheranno 1,1 miliardi di euro di tasse in più. A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha calcolato l’impatto economico riconducibile agli effetti di tutte le nuove voci fiscali introdotte.
Nel 2015 e nel 2016, invece, secondo la Cgia le cose dovrebbero andare molto meglio se si eviterà la riduzione delle agevolazioni fiscali grazie al taglio della spesa.
A fronte di poco più di 6 miliardi di euro di nuove entrate tributarie a cui si aggiungono 65 milioni di entrate extra tributarie e altri 135 milioni di riduzione dei crediti di imposta, nel 2014 gli italiani saranno chiamati a versare allo Stato complessivamente 6,227 miliardi di euro di nuove imposte. Per contro, `godranno´ di una riduzione delle tasse e dei contributi da versare all’Erario per un importo pari a 5,119 miliardi di euro. Pertanto, la differenza tra i 6,227 miliardi di nuove imposte e i 5,119 miliardi di minori tasse dà come risultato 1,108 miliardi di euro.
«A nostro avviso - dichiara il segretario degli Artigiani di Mestre, Giuseppe Bortolussi - il risultato è sottostimato. Corriamo il pericolo che il saldo sia più pesante. Secondo i tecnici del Governo, la Trise, vale a dire il nuovo tributo sui servizi, dovrebbe farci risparmiare un miliardo di euro rispetto a quanto pagavamo di Tares e di Imu. Un vantaggio economico che, purtroppo, rischia di essere eroso dall’azione dei Sindaci. I Comuni, infatti, avranno un’ampia discrezionalità nell’applicazione della Trise ed è molto probabile che ne inaspriranno il prelievo per lenire le difficoltà economiche in cui versano, con evidenti ripercussioni negative per i bilanci delle famiglie e delle imprese».
Analizzando le singoli voci si nota che tra le maggiori entrate spiccano i 2,6 miliardi di euro relativi alle svalutazioni dovute alle perdite dei crediti. Si tratta di maggiori entrate legate al mutamento delle regole che disciplinano il trattamento fiscale delle perdite e delle svalutazioni dei crediti delle banche e delle imprese che operano nel settore finanziario e assicurativo. Le novità normative permetteranno in futuro di ottenere dei risparmi di imposta, consentendo a queste imprese di dedurre le perdite in cinque anni. Altri 940 milioni di euro saranno incassati dall’incremento del bollo sul dossier titoli, mentre 804 milioni di euro saranno garantiti dalla rivalutazione dei beni delle imprese. Ciò vuol dire che gli imprenditori avranno la facoltà di adeguare il valore dei cespiti a quello di mercato, pagando una imposta sostitutiva. Tra le minori entrate, invece, si segnala il taglio del cuneo fiscale per un importo di 1,5 miliardi di euro, l’alleggerimento di un miliardo di euro dei premi Inail e un miliardo di euro in meno che i cittadini pagheranno sulla casa con l’introduzione della Trise. Obbiettivo, quest’ultimo che, secondo la Cgia, rischia di essere difficilmente raggiungibile.
Nel 2015 e nel 2016 le cose dovrebbero andare molto meglio. «Se eviteremo la riduzione delle agevolazioni fiscali grazie al taglio della spesa - conclude Bortolussi - nel 2015 gli italiani potranno contare su un saldo negativo pari a 2,7 e nel 2016 pari a 5,6 miliardi di euro. Se ciò non si verificherà, fra due anni ci ritroveremo con un bilancio leggermente negativo pari a 308 milioni di euro, mentre nel 2016 la situazione ritornerà a essere molto pesante, visto che il saldo sarà positivo e pari a 1,3 miliardi di euro».

                                                                                                                                                           fonte
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