11/11/13

A.A.A. cercasi artigiani digitali!

A.A.A. cercasi artigiani digitali! Dalla metà di ottobre passata, H-Farm, l'incubatrice delle imprese innovative, rivoluzionarie avente sede tra Venezia e Treviso, ha dato ospitalità ad Hack Industry. Durante un intero fine settimana un piccolo gruppo di imprese "old economy" ha lavorato in simbiosi a circa 200 giovani programmatori per inventare il futuro dei propri prodotti. Una di queste, Fizik, leader delle selle per biciclette, ha chiesto ai partecipanti di sviluppare un nuovo configuratore di prodotto capace di dare valore ed una valenza nonchè la flessibilità e la qualità (handmade) di cui l'impresa è in grado di produrre.
Dopo due giorni di lavoro ha iniziato a prendere forma una prima soluzione; ed è da qui si partirà per dare vita ad un'interfaccia che darà all'acquirente finale la possibilità di co-progettare il prodotto in maniera innovativa. L'hackaton in versione manifatturiera organizzato presso H-Farm non è più un fatto isolato. Tutto ciò è la testimonianza tangibile che il mondo del digitale e quello della piccola impresa hanno finalmente iniziato a comuicare. Al di là della passione, il connubio ha diverse ragioni di interesse. Messo da canto il mito di startup in grado di crescere e andare in Borsa in tempi relativamente brevi, i protagonisti dell'innovazione digitale preferiscono confrontarsi con il valore (sicuro) del saper fare manifatturiero del nostro Paese. Per contro, il mondo della piccola impresa, oggi costretta dalla congiuntura a un corso di innovazione accelerata, si confronta col digitale per aprirsi a nuovi mercati.
Artigiani digitali

Questo feeling fra digitale e manifatturiero produce risultati molto diversi. Gli "artigiani digitali" sono in realtà un mondo eterogeneo, vuoi per la semplicità, in quanto è possibile mettere in rilievo due modelli emergenti. Il primo modello riguarda la manifattura di qualità che oggi affronta la sfida dei mercati internazionali attraverso la rete. Non si tratta di una semplice scoperta delle possibilità offerte dal commercio elettronico, oggi a portata di mano grazie al successo di piattaforme come Etsy.com o Alibaba.com. Attraverso la rete la piccola impresa fa proprie le opportunità di un'innovazione tecnologica accessibile a costi contenuti, propone un nuovo racconto di sé, accede a e dialoga con comunità globali di appassionati. La rete costituisce, insomma, lo strumento per ripensarsi a una scala diversa, non solo sul piano della dimensione commerciale.

Esiste poi un secondo tipo di artigiani digitali che oggi si cimenta più direttamente con la sfida dell'innovazione. Sulla scia dei maker americani prova a inventare e a sviluppare una nuova generazione di oggetti intelligenti: robot, droni, macchine utensili, stampanti 3d capaci di incorporare capacità di calcolo e interattività. Tutto ciò soprattutto grazie alla possibilità di utilizzare strumenti come la scheda Arduino, una tecnologia open source facile da programmare e utilizzabile in una grandissima varietà di contesti. In entrambi i casi, l'incontro fra cultura digitale e saper fare manifatturiero consente di superare lo stallo di questi anni. I puristi del digitale hanno scoperto da tempo quanto è difficile guadagnare sviluppando applicazioni o cercando di vendere aziende, anche con buone possibilità di crescita, a fondi di investimenti che guardano sempre e comunque alla costa Ovest degli Stati Uniti. La possibilità di allearsi con il mondo della manifattura consente di ancorare i propri modelli di business a percorsi sostenibili, facendo leva su una reputazione, quella del prodotto italiano, che non è venuta meno nemmeno in momenti di grave crisi. Anche l'impresa manifatturiera, ovviamente, ci guadagna.

Tramite il digitale si apre a forme nuove di produzione e di comunicazione, valorizzando quella flessibilità e quella capacità di personalizzazione che ne hanno determinato da sempre la competitività su scala globale. Come accelerare questo processo di convergenza? Come favorire l'incontro fra due culture che, almeno in Italia, hanno bisogno l'una dell'altra? Non si tratta di questioni accademiche. Le trasformazioni di questi anni aprono opportunità insperate all'economia italiana. Per questo il tema sta diventando una priorità per molte imprese, per tante associazioni di categoria (al tema è dedicato il prossimo Cna Next, a Firenze l'8 e il 9), per incubatori e fondi di investimento. Non è, purtroppo, una priorità per chi è chiamato a elaborare una politica industriale per il Paese. Eppure proprio accelerando questa convergenza fra digitale e saper fare di matrice artigianale è possibile dare un contributo reale all'uscita dalla crisi. Le motivazioni per un veloce cambiamento di rotta sono principalmente due. La prima ha a che fare con la ripresa economica in senso stretto. Nonostante tutti i problemi in cui versa il Paese, l'export italiano cresce in maniera sorprendente. In un anno particolarmente difficile per la nostra economia, le esportazioni italiane dovrebbero raggiungere i 400 miliardi, anche grazie allo sforzo di migliaia di Pmi che si sono affacciate per la prima volta sulla scena internazionale.

Se questo sforzo venisse accompagnato da un impegno sulla digitalizzazione diffusa, i risultati potrebbe essere ancora più consistenti. C'è poi una seconda ragione che dovrebbe portare la politica a spingere sull'acceleratore. Quella che oggi stiamo mettendo a fuoco è una discontinuità profonda nel modo di organizzare la produzione e i consumi. I cambiamenti che stiamo registrando, sono i primi segni di una rivoluzione profonda che sarà tecnologica, ma anche sociale e culturale. Il denominatore comune di questa rivoluzione è un ritorno della persona al centro dei processi economici. Dopo anni di dominio incontrastato di corporation e finanza, l'economia riscopre il valore di una creatività democratica, capace di diventare impresa attraverso gli strumenti della rete. Per una volta l'Italia ha le carte in regola per dire la sua.
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