A.A.A. cercasi artigiani digitali! Dalla metà di ottobre passata,
H-Farm, l'incubatrice delle
imprese innovative,
rivoluzionarie avente sede tra Venezia e Treviso, ha dato ospitalità ad
Hack Industry. Durante un intero fine settimana un piccolo
gruppo di imprese "
old economy" ha lavorato in simbiosi a circa 200
giovani programmatori per inventare il futuro dei propri prodotti. Una di queste,
Fizik,
leader delle selle per biciclette, ha chiesto ai partecipanti di
sviluppare un nuovo configuratore di prodotto capace di dare valore ed una valenza nonchè la flessibilità e la qualità (
handmade) di cui l'impresa è in grado di produrre.
Dopo due giorni di lavoro ha iniziato a prendere forma una prima
soluzione; ed è da qui si partirà per dare vita ad un'
interfaccia che darà all'acquirente finale la possibilità di
co-progettare il prodotto in maniera innovativa. L'
hackaton in
versione manifatturiera organizzato presso
H-Farm non è più un fatto isolato. Tutto ciò è la testimonianza tangibile che il
mondo del digitale e quello della
piccola impresa hanno finalmente iniziato a comuicare. Al di là della passione, il connubio ha diverse ragioni di interesse. Messo da canto il mito di
startup in grado di crescere e andare in
Borsa in tempi relativamente brevi, i protagonisti dell'
innovazione digitale preferiscono confrontarsi con il valore (sicuro) del saper fare
manifatturiero del nostro Paese. Per contro, il mondo della piccola impresa, oggi costretta dalla congiuntura a un corso di innovazione accelerata, si confronta col digitale per aprirsi a nuovi mercati.
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Artigiani digitali |
Questo feeling fra
digitale e manifatturiero produce risultati molto diversi. Gli "
artigiani digitali" sono in realtà un
mondo eterogeneo, vuoi per la semplicità, in quanto è possibile mettere in rilievo due modelli emergenti. Il primo modello riguarda la
manifattura di qualità che oggi affronta la
sfida dei mercati internazionali attraverso la rete. Non si tratta di una semplice scoperta delle possibilità offerte dal
commercio elettronico, oggi a portata di mano grazie al successo di
piattaforme come
Etsy.com o
Alibaba.com. Attraverso la rete la
piccola impresa fa proprie le opportunità di un'
innovazione tecnologica accessibile a costi contenuti, propone un nuovo racconto di sé, accede a e dialoga con comunità globali di appassionati. La
rete costituisce, insomma, lo strumento per ripensarsi a una scala diversa, non solo sul piano della dimensione commerciale.
Esiste poi un secondo tipo di
artigiani digitali che oggi si cimenta più direttamente con la sfida dell'
innovazione. Sulla scia dei
maker americani prova a inventare e a sviluppare una nuova
generazione di oggetti intelligenti: robot, droni, macchine utensili, stampanti 3d capaci di incorporare capacità di calcolo e interattività. Tutto ciò soprattutto grazie alla possibilità di utilizzare
strumenti come la scheda Arduino, una
tecnologia open source facile da programmare e utilizzabile in una grandissima varietà di contesti. In entrambi i casi, l'incontro fra
cultura digitale e saper fare manifatturiero consente di superare lo stallo di questi anni. I puristi del
digitale hanno scoperto da tempo quanto è difficile guadagnare sviluppando
applicazioni o cercando di vendere aziende, anche con buone possibilità di crescita, a fondi di investimenti che guardano sempre e comunque alla costa Ovest degli Stati Uniti. La possibilità di allearsi con il mondo della manifattura consente di ancorare i propri modelli di business a percorsi sostenibili, facendo leva su una reputazione, quella del prodotto italiano, che non è venuta meno nemmeno in momenti di grave crisi. Anche l'
impresa manifatturiera, ovviamente, ci guadagna.
Tramite il
digitale si apre a forme nuove di produzione e di comunicazione, valorizzando quella flessibilità e quella capacità di personalizzazione che ne hanno determinato da sempre la competitività su scala globale. Come accelerare questo processo di convergenza? Come favorire l'incontro fra due culture che, almeno in Italia, hanno bisogno l'una dell'altra? Non si tratta di
questioni accademiche. Le trasformazioni di questi anni aprono opportunità insperate all'economia italiana. Per questo il tema sta diventando una priorità per molte imprese, per tante
associazioni di categoria (al tema è dedicato il prossimo
Cna Next, a Firenze l'8 e il 9), per incubatori e fondi di investimento. Non è, purtroppo, una priorità per chi è chiamato a elaborare una politica industriale per il Paese. Eppure proprio accelerando questa convergenza fra digitale e saper fare di matrice artigianale è possibile dare un contributo reale all'uscita dalla crisi. Le motivazioni per un veloce cambiamento di rotta sono principalmente due. La prima ha a che fare con la ripresa economica in senso stretto. Nonostante tutti i problemi in cui versa il Paese, l'
export italiano cresce in maniera sorprendente. In un anno particolarmente difficile per la nostra economia, le esportazioni italiane dovrebbero raggiungere i 400 miliardi, anche grazie allo sforzo di migliaia di
Pmi che si sono affacciate per la prima volta sulla scena internazionale.
Se questo sforzo venisse accompagnato da un impegno sulla digitalizzazione diffusa, i risultati potrebbe essere ancora più consistenti. C'è poi una seconda ragione che dovrebbe portare la
politica a spingere sull'acceleratore. Quella che oggi stiamo mettendo a fuoco è una discontinuità profonda nel modo di organizzare la produzione e i consumi. I cambiamenti che stiamo registrando, sono i primi segni di una rivoluzione profonda che sarà
tecnologica, ma anche sociale e culturale. Il denominatore comune di questa rivoluzione è un ritorno della persona al centro dei
processi economici. Dopo anni di dominio incontrastato di corporation e finanza, l'
economia riscopre il valore di una creatività democratica, capace di diventare impresa attraverso gli
strumenti della rete. Per una volta l'Italia ha le carte in regola per dire la sua.