Il-Trafiletto
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04/08/14

Odori in coppia

Odori in coppia
Un episodio illustra in modo significativo il rapporto tra odori e scelte sentimentali. 

Una donna racconta di un appuntamento con un uomo conosciuto su Internet: in teoria, il partner sembrava l'uomo dei suoi sogni.

Ma quando si sono incontrati di persona, non è riuscita a superare il fatto che avesse "un odore strano: sapeva vagamente di latte". Anche se in maniera meno plateale, l'odore di un potenziale partner ha sempre effetti importanti: infatti, è un indicatore della nostra compatibilità reciproca. Dal punto di vista riproduttivo, è preferibile non avere le stesse malattie del partner e non trasmettere tratti patologici recessivi. Per questo, tendiamo ad accoppiarci con chi ha un sistema immunitario diverso dal nostro. La codifica del sistema immunitario è opera di un gruppo di geni noto come complesso maggiore di istocompatibilità, che influenza l'odore corporeo.

In questo modo, possiamo riconoscere un buon compagno annusandolo. È stato dimostrato sperimentalmente che le donne trovano più sexy l'odore di magliette indossate da uomini con un sistema immunitario molto diverso rispetto al loro. La società svizzera Basisnote ha fatto tesoro del principio secondo il quale gli opposti si attraggono: grazie a un test della saliva, ha sviluppato un metodo per assegnare a ciascun individuo un codice olfattivo personale ("tipo olfattivo"), inseriti nei profili Internet dei vari utenti. Secondo il sito web dell'azienda, grazie a questa indicazione potremo scovare "a naso" il nostro partner ideale.(science)


16/02/14

Addio cara dolce "bottiglia!" | In caso di cuore "spezzato" scordatevi della cara e fedele "bottiglia" da oggi arriva suo fratello! Il "flacone"!

Addio cara e dolce "bottiglia!" In caso di cuore "spezzato" scordatevi della cara e fedele "bottiglia" da oggi arriva in soccorso dei cuori infranti suo fratello. Il "flacone"!
San Valentino è passato ormai, è certamente tra tanti cuori innamorati c'è ne sarà qualcuno spezzato che fino ad oggi per dimenticare, sarebbe stato sufficente attaccarsi alla cara e semper fidelis bottiglia per dimenticare dolori e disperazione. Ma da "domani" in poi troveremo ad aspettarci suo fratello: il flacone.

Da ogni parte del mondo ieri si è festeggiato San Valentino, la festa degli innamorati per antonomasia, il giorno in cui si ribadisce, si risalda il prorpio amore l'uno per l'altra, oppure si prende la decisione di dividersi, andando ognuno per la propria strada, anche se ammetto che questa azione poco si addice all'evento ma comunque sia qualcuno liberamente può decidere di andare in controtendenza.
Cuori spezzati

A tal proposito mi piacerebbe raccontarvi le ultime novità in fatto di farmaci anti-amore in quanto che grazie alle nuove scoperte riguardo alla base neurale dell’amore, la scienza sta mettendo a punto una serie di rimedi farmacologici per curare i cuori spezzati. Prima di tutto, racconta il New Scientist, c’è da definire cosa sia, dal punto di vista neurochimico, il famoso apostrofo rosa tra le parole t’amo. Poco poeticamente, gli scienziati lo descrivono come un fenomeno neurobiologico che si divide in tre sottocategorie:
  • innamoramento
  • attrazione 
  • attaccamento
Alla base di tutte e tre c’è l’aumento del successo riproduttivo e quindi la continuazione della specie. Ognuno di questi aspetti, racconta Helen Fisher, della Rutgers University nel New Jersey, è legato all’interazione di diversi meccanismi chimici cerebrali. L’innamoramento delle prime ore per esempio, ha diverse caratteristiche in comune con i disturbi ossessivi-compulsivi (Ocd).
Donatella Marazziti, scienziata dell’Università di Pisa, ha comparato il cervello di venti persone alle prese con le prime pene d’amore con quello di altrettante affette da Ocd, scoprendo in entrambi i gruppi livelli insolitamente bassi di una proteina che trasporta la serotonina, l’ormone responsabile della regolazione dell’umore.

Ricontrollando gli amanti l’anno successivo, quando erano scemate le attenzioni compulsive nei confronti del partner, la ricercatrice ha scoperto che i livelli di serotonina erano tornati ai valori normali. È quindi ragionevole pensare che i farmaci regolatori della serotonina possano smorzare le pene d’amore del primo periodo di una relazione. Si tratta di molecole già usate per il trattamento degli Ocd, tra le quali gli inibitori della ricaptazione della serotonina, che smussano le emozioni estreme e rendono più difficile la formazione di legami romantici. Reazioni che di solito sono considerati effetti collaterali, ma che potrebbero risultare utili per chi vuole interrompere l’ossessione per il partner.

Lo studio dei comportamenti animali può insegnare qualcosa per quel che riguarda, invece, i legami più duraturi. L’arvicola della prateria, per esempio, è notoriamente monogama. Larry Young, della Emory University, ha somministrato all’animale un farmaco che bloccava dopamina e ossitocina con il risultato di farlo diventare poligamo.
“Pensiamo quindi”, spiega il ricercatore al NewScientist, “che il blocco di queste sostanze possa servire per recidere attaccamenti a lungo termine”. Attenzione, però, agli effetti collaterali: l’ossitocina è importante per tutte le relazioni, non solo per l’amore romantico e quindi intaccherebbe tutti i rapporti umani.

Allo stesso modo, il blocco del fattore di rilascio della corticotropina (Crf), un ormone coinvolto nella risposta allo stress, allevia la depressione dell’arvicola dopo la morte dell’unico partner. E forse potrebbe servire per casi analoghi anche nell’essere umano. Un altro possibile approccio potrebbe essere simile a quello usato per curare i disturbi da stress post-traumatico: si cerca di sostituire il ricordo che genera sofferenza con una memoria emotivamente meno negativa.

Le persone che provano dolore dopo un amore finito male, infatti, hanno mostrato una maggiore attività cerebrale nel pallidum ventrale, la zona legata all’attaccamento, rispetto alle persone che vivono una relazione felice: un giorno, secondo Fisher, potrebbe essere possibile usare la stimolazione cerebrale per diminuire l’attività in quest’area del cervello e velocizzare l’effetto curatore del tempo. Naturalmente, ci sono molti scettici. Il neuro-eticista Brian Darp, per esempio, consiglia di provare prima i rimedi tradizionali: “Esistono strategie provate per secoli. Creare una distanza fisica e non passare più tempo con la persona che ci fa soffrire è un buon inizio. Un trucco moderno potrebbe essere quello di smetterla di guardare il suo profilo Facebook. Se tutto fallisce e se si prova che i farmaci anti-amore possono davvero aiutare le persone a superare la crisi e andare avanti, potrebbero esserci buone ragioni per usarli”.
Romeo dunque, passa in farmacia!

07/01/14

Dormire ci rende più creativi!

Dormire ci rende più creativi! Pare che da alcuni studi, sia venuto alla luce il fatto che dormire favorirebbe la nostra mente a diventare più creativa. A dire il vero si tratta di una tecnica che è già stata usata da molti artisti, come poeti e scrittori, ma anche inventori che, grazie al loro sognare, sono divenuti dei geni.
fatigue
Dormire rende più creativi
Se per caso ( e non ho ragione di credere il contrario…) siete oggetto di critiche e lamentele da parte dei vostri genitori o dei vostri partner perchè siete degli incorreggibili dormiglioni, rispondete pure tranquillamente che dormite, non tanto per pigrizia, ma per diventare più creativi!

Perchè, secondo alcuni studi, il sonno renderebbe la mente più elaborata e ricca di idea. Questa, è una tecnica già provata da tanti poeti, scrittori, musicisti e perfino inventori, che meraviglia delle meraviglie al loro risveglio, immediatamente afferravano in mano carta e penna per “immortalare” il sogno appena vissuto. Oltretutto, hanno dato prova che per avere coscienza e ricordare bene, o almeno in parte, il “vissuto notturno” bisogna scriverlo entro 5/10 minuti massimo, oppure il ricordo del sogno svanirà con il risveglio completo.

Spesso ci si preoccupa del risveglio notturno, ma a quanto pare, questo potrebbe essere un bene perchè dovrebbe permettere di avere la possibilità di scrivere sul foglio di carta, più sogni e quindi, potrebbero essere più idee da realizzare e da portare al vostro titolare, oppure insegnante, oppure vi potrebbero tornare utili per svolgere al meglio la vostra attività. Ascoltare ad un sogno di qualcun altro, a noi potrebbe apparire noioso, ma all’interlocutore no, perchè ogni dettaglio potrebbe significare qualcosa, come un treno, un pranzo, una dimora… Cose semplici, ma connesse tra loro e che possono inviare dei segnali chiave al sognatore, ma che solo lui può essere in grado di saper cogliere.

Un esempio semplice? James Cameron , da bambino, aveva sognato degli esseri dal colore blu e che vivevano in un mondo particolare. Bene, sappiamo tutti cosa realizzò diventando grande: quel sogno non lo ha mai dimenticato e alla fine, questi ricordi li ha trasformati in un film: Avatar, il film che ha guadagnato di più nella storia del cinema.

16/12/13

La formula della felicità provata dai geni

Uno studio americano condotto da scienziati, hanno identificato la formula della felicità. Due quinti ai geni, due quinti agli eventi della vita e un quinto ai valori che scegliamo per condurla. Difficile generalizzare sulla felicità, quello che fa felice uno può far tristezza ad un altro. La felicità è non avere nulla e non desiderare nulla, dice una filosofia orientale, ma si sa le filosofie sono un insieme di parole scritte solo per chi comprende. Allora che cosa ci fa felici? Sicuramente l'amore, viverlo, darlo, riceverlo, consumarlo! Vedere tuo figlio felice, amare un pelosetto che dipende dal tuo cuore, riunire la famiglia a tavola, alleviare una sofferenza al prossimo, consolare un'amico e riuscirci, amare in un tripudio di sensi e passione il o la partner, tutte questo procura felicità: AMORE. Ma secondo gli scienziati sociali americani la felicità è la formula sopracitata.
Tradotta in volgare, significa che quasi il 90% della nostra gioia è fuori controllo, ma operando sul minuscolo 10% dei valori possiamo in realtà determinare l’indirizzo delle nostre esistenze, e il loro successo. Il tema della ricerca della felicità è caro agli Stati Uniti dall’epoca dei padri fondatori, che lo inserirono nella Dichiarazione di Indipendenza come uno dei diritti fondamentali dei cittadini. Ieri è finito nella pagina degli editoriali del New York Times, con un articolo di Arthur Brooks, presidente della think tank conservatrice di Washington American Enterprise Institute. Brooks è un sincero liberista, e il suo obiettivo stava nel dimostrare che soprattutto le scelte compiute nel lavoro, oltre a quelle nella famiglia, nella fede e nella vita sociale, determinano la nostra felicità. Quindi bisogna impegnarsi a cambiare le attuali condizioni economiche e politiche, perché non offrono ai cittadini la possibilità di realizzare obiettivi professionali davvero gratificanti. Premesso questo, il modo in cui Brooks è arrivato alle sue conclusioni ci interessa tutti da vicino. Brooks cita studi compiuti da psicologici e sociologi americani, secondo cui il 48% della nostra felicità dipende dai geni. La University of Minnesota è arrivata a determinare questa percentuale, seguendo coppie di gemelli separati alla nascita. Stesso materiale genetico, diversa educazione, stesso impatto dei geni sulla gioia dei soggetti. Altre ricerche sono arrivate alla conclusione che il 40% della nostra felicità dipende dagli eventi quotidiani, ma il loro effetto non è di lungo termine. Quando otteniamo un aumento di stipendio, ad esempio, siamo certamente contenti, ma nel giro di qualche mese l’influsso della buona notizia è già svanito. Gravi tragedie a parte, o avvenimenti tipo nascite e matrimoni, pochi fatti della nostra esistenza giornaliera hanno davvero un effetto duraturo sul nostro umore. In gioco, quindi, resta quel 12% di felicità che secondo gli studiosi americani dipende dai valori che scegliamo per guidare la nostra vita: fede, famiglia, comunità e lavoro. I primi tre punti sono abbastanza ovvi: le certezze legate alla presenza di Dio, gli investimenti sulla famiglia e quelli sulla propria comunità, hanno un’influenza molto ravvicinata sulla qualità dell’esistenza. Anche il lavoro è un parte importante, ma molti sono portati a considerarlo una necessità, più che un piacere. Brooks ritiene che la società Usa sia cambiata su questo punto, perché un tempo gli americani vivevano per le soddisfazioni del lavoro, mentre adesso fanno un lavoro qualunque per vivere. Riscoprire il senso di missione della propria professione sarebbe la chiave per ritrovare una felicità duratura. Naturalmente non tutti sono d’accordo, ma se ci fidiamo della formula americana, ripuntare almeno su tutti gli altri valori è l’unica strada rimasta per avere una vita piena di gioie.
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