Il-Trafiletto
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04/08/14

52 anni fa si suicidava Marilyn Monroe, il "sogno" di milioni di uomini.

La notte tra il 4 e il 5 agosto del 1962 l’attrice americana Marilyn Monroe, sex symbol di quegli anni, venne trovata morta nel letto della sua abitazione, a 12305 di Fifth Helena Drive, dove viveva da sola con la sua governante, Eunice Murray. I soccorritori la troveranno sul letto nuda, la faccia in giù, una mano protesa verso il telefono, il flacone del sonnifero lì accanto. La sua morte è ancora avvolta da mistero, in molti hanno dato la loro versione, per alcuni si è suicidata assumendo un’eccessiva quantità di barbiturici, per altri fu uccisa dalla Cia per proteggere i fratelli Kennedy, per altri ancora fatta fuori dalla mafia sempre contro i Kennedy. Il caso venne chiuso molto rapidamente, forse troppo: avvelenamento acuto da barbiturici. Marilyn Monroe, che nella vita si chiamava Norma Jeane Baker Mortensen, visse un’infanzia travagliata, tra adozioni e orfanotrofi, dopo che la nonna materna si rifiutò di prestarle a sua assistenza. A sedici anni, conosce un operaio ventunenne, James Dougherty, che nello stesso anno, diventa il suo primo marito, ma i due si separano dopo appena tre anni. Venne poi convinta ad a intraprendere la carriera di modella da un giornalista-fotografo e le sue foto vennero pubblicate su una rivista. Nel 1946, a venti anni, viene notata dalla 20th Century Fox, che la mette subito sotto contratto e le apre le porte di Hollywood. Da questo momento diventa la bionda Marilyn Monroe, la donna che turbò le notti di milioni e milioni di uomini. Nel 1954 sposa nel Municipio di San Francisco Joe di Maggio, il più famoso giocatore di Baseball americano. Fu un matrimonio difficilissimo, dovuto più che altro alla gelosia di lui, e dopo neanche un anno divorziarono. Due anni dopo, il 29 giugno 1956, con rito ebraico sposa il famoso drammaturgo Arthur Miller, un intellettuale di successo. Sul set del film “Facciamo l’amore” si innamora del partner, il cantante attore italo-francese Yves Montand, e la storia mette in crisi il suo legame con Miller. Inizia così una relazione segreta con l'allora presidente degli Stati Uniti, John F. Kennedy, alcuni fantasticano anche su un legame col fratello Bob, ministro della giustizia. Dopo tutte queste vicissitudini Marilyn ritrova un po' di conforto a fianco di Joe Di Maggio, il suo secondo marito, al quale ultimamente si era riavvicinata. Ad accompagnare la "bionda Marilyn" nel suo ultimo viaggio c'è appunto solo l’ex marito Joe Di Maggio, e pochissimi amici.

30/05/14

Terza parte | La tavola periodica secondo John Dalton.

Dicevamo del chimico inglese John Dalton che intorno al 1803 ipotizzò che ogni elemento fosse costituiyo da un tipo specifico di atomo, che era un'entità indivisibile.

Utilizzando i dati di Lavoisier, Dalton stimò i pesi atomici di vari importanti elementi analizzando semplici composti chimici. L'acqua sembrava formata per un ottavo del suo peso da idrogeno e per sette ottavi da ossigeno: cosi Dalton assegnò peso atomico 1 all'idrogeno e 7 all'ossigeno, assumendo che la formula molecolare dell'acqua fosse HO. Anche se le proporzioni misurate da Lavoisier non erano del tutto precise e la formula molecolare di Dalton in questo caso specifico era errata (come ormai tutti sanno), il suo approccio era esatto.
John Dalton
(immagine dal web)

I pesi atomici relativi degli elementi si sarebbero in futuro dimostrati cruciali, dopo ulteriori precisazioni, per riuscire a costruire poi la tavola periodica, nel corso degli anni Sessanta dell'Ottocento.
A cominciare fu un chimico tedesco, Johann Wolfgang Dobereiner, che per vari anni, a partire dal 1817, notò che per terne di elementi con proprietà chimiche simili avevano anche delle somiglianze nei pesi atomici. Ad esempio i metalli alcalini litio, sodio e potassio hanno pesi atomici rispettivamente 7-23 e 39. Il peso atomico del sodio si trova quindi esattamente a metà tra quello del litio e quello del potassio (7+39 uguale a 46; 46/2 uguale a 23). la stessa relazione vale per i metalli alcalino-terrosi calcio, stronzio e bario, stronzio e bario e per gli alogeni cloro, bromo e iodio.

Tra il 1827 ed il 1858 altri chimici estesero le osservazioni di Dobereiner al di là di queste terne, aggiungendo il magnesio ai metalli alcalino-terrosi e il fluoro agli alogeni. L'ossigeno, lo zolfo, il selenio e il tellurio furono classificati in una stessa famiglia: l'azoto, il fosforo, l'arsenico, l'antimonio e il bismuto in un'altra.
Nel 1858 un chimico italiano, Stanislao Cannizzaro, pubblicò un elenco standardizzato di pesi atomici e molecolari riesumando un'ipotesi formulata nel 1811 dal suo connazionale il chimico e fisico Amedeo Avogadro, a proposito dei gas.(science)

16/02/14

Addio cara dolce "bottiglia!" | In caso di cuore "spezzato" scordatevi della cara e fedele "bottiglia" da oggi arriva suo fratello! Il "flacone"!

Addio cara e dolce "bottiglia!" In caso di cuore "spezzato" scordatevi della cara e fedele "bottiglia" da oggi arriva in soccorso dei cuori infranti suo fratello. Il "flacone"!
San Valentino è passato ormai, è certamente tra tanti cuori innamorati c'è ne sarà qualcuno spezzato che fino ad oggi per dimenticare, sarebbe stato sufficente attaccarsi alla cara e semper fidelis bottiglia per dimenticare dolori e disperazione. Ma da "domani" in poi troveremo ad aspettarci suo fratello: il flacone.

Da ogni parte del mondo ieri si è festeggiato San Valentino, la festa degli innamorati per antonomasia, il giorno in cui si ribadisce, si risalda il prorpio amore l'uno per l'altra, oppure si prende la decisione di dividersi, andando ognuno per la propria strada, anche se ammetto che questa azione poco si addice all'evento ma comunque sia qualcuno liberamente può decidere di andare in controtendenza.
Cuori spezzati

A tal proposito mi piacerebbe raccontarvi le ultime novità in fatto di farmaci anti-amore in quanto che grazie alle nuove scoperte riguardo alla base neurale dell’amore, la scienza sta mettendo a punto una serie di rimedi farmacologici per curare i cuori spezzati. Prima di tutto, racconta il New Scientist, c’è da definire cosa sia, dal punto di vista neurochimico, il famoso apostrofo rosa tra le parole t’amo. Poco poeticamente, gli scienziati lo descrivono come un fenomeno neurobiologico che si divide in tre sottocategorie:
  • innamoramento
  • attrazione 
  • attaccamento
Alla base di tutte e tre c’è l’aumento del successo riproduttivo e quindi la continuazione della specie. Ognuno di questi aspetti, racconta Helen Fisher, della Rutgers University nel New Jersey, è legato all’interazione di diversi meccanismi chimici cerebrali. L’innamoramento delle prime ore per esempio, ha diverse caratteristiche in comune con i disturbi ossessivi-compulsivi (Ocd).
Donatella Marazziti, scienziata dell’Università di Pisa, ha comparato il cervello di venti persone alle prese con le prime pene d’amore con quello di altrettante affette da Ocd, scoprendo in entrambi i gruppi livelli insolitamente bassi di una proteina che trasporta la serotonina, l’ormone responsabile della regolazione dell’umore.

Ricontrollando gli amanti l’anno successivo, quando erano scemate le attenzioni compulsive nei confronti del partner, la ricercatrice ha scoperto che i livelli di serotonina erano tornati ai valori normali. È quindi ragionevole pensare che i farmaci regolatori della serotonina possano smorzare le pene d’amore del primo periodo di una relazione. Si tratta di molecole già usate per il trattamento degli Ocd, tra le quali gli inibitori della ricaptazione della serotonina, che smussano le emozioni estreme e rendono più difficile la formazione di legami romantici. Reazioni che di solito sono considerati effetti collaterali, ma che potrebbero risultare utili per chi vuole interrompere l’ossessione per il partner.

Lo studio dei comportamenti animali può insegnare qualcosa per quel che riguarda, invece, i legami più duraturi. L’arvicola della prateria, per esempio, è notoriamente monogama. Larry Young, della Emory University, ha somministrato all’animale un farmaco che bloccava dopamina e ossitocina con il risultato di farlo diventare poligamo.
“Pensiamo quindi”, spiega il ricercatore al NewScientist, “che il blocco di queste sostanze possa servire per recidere attaccamenti a lungo termine”. Attenzione, però, agli effetti collaterali: l’ossitocina è importante per tutte le relazioni, non solo per l’amore romantico e quindi intaccherebbe tutti i rapporti umani.

Allo stesso modo, il blocco del fattore di rilascio della corticotropina (Crf), un ormone coinvolto nella risposta allo stress, allevia la depressione dell’arvicola dopo la morte dell’unico partner. E forse potrebbe servire per casi analoghi anche nell’essere umano. Un altro possibile approccio potrebbe essere simile a quello usato per curare i disturbi da stress post-traumatico: si cerca di sostituire il ricordo che genera sofferenza con una memoria emotivamente meno negativa.

Le persone che provano dolore dopo un amore finito male, infatti, hanno mostrato una maggiore attività cerebrale nel pallidum ventrale, la zona legata all’attaccamento, rispetto alle persone che vivono una relazione felice: un giorno, secondo Fisher, potrebbe essere possibile usare la stimolazione cerebrale per diminuire l’attività in quest’area del cervello e velocizzare l’effetto curatore del tempo. Naturalmente, ci sono molti scettici. Il neuro-eticista Brian Darp, per esempio, consiglia di provare prima i rimedi tradizionali: “Esistono strategie provate per secoli. Creare una distanza fisica e non passare più tempo con la persona che ci fa soffrire è un buon inizio. Un trucco moderno potrebbe essere quello di smetterla di guardare il suo profilo Facebook. Se tutto fallisce e se si prova che i farmaci anti-amore possono davvero aiutare le persone a superare la crisi e andare avanti, potrebbero esserci buone ragioni per usarli”.
Romeo dunque, passa in farmacia!
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