Tutto cominciò...: Harappa, civiltà dell'Indo misteriosamente estinta...: Le misteriose civiltà hanno sempre avuto su di me un'attrattiva incredibile, come la Civiltà della Valle dell'Indo che, cinquemila ...
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30/04/15
08/11/14
Perché le elezioni in America si svolgono sempre di martedì?
Pubblicato da
Romolo Benedetti
E’ dal lontano 1845 che le elezioni avvengono sempre il martedì dopo il primo lunedì del mese. Vediamo di capire il perché.
Fateci caso, e constaterete che tutte le elezioni federali che si svolgono negli Stati Uniti d’America, compresa quella per l’elezione del Presidente vengono effettuate di martedì. Ma perché proprio di martedì, e non la domenica come in quasi tutti i paesi del mondo?
La decisione viene da molto lontano, è datata 1845. Tornando più a ritroso nel tempo e precisamente l’indomani della guerra d'indipendenza, nel 1787, i rappresentanti delle 13 colonie americane, in una riunione a Philadelphia, organizzarono le prime elezioni democratiche, evitando però di indicare una data precisa per effettuarle. Il risultato fu un caos gigante che andò avanti per intere settimane, ripresentandosi puntualmente ogni quattro anni, fino al 1845 appunto.
In quella data il Congresso decise di regolamentare le elezioni stabilendo una data uguale per tutti gli Stati. Ma quale giorno scegliere? Venne immediatamente escluso il lunedì, dal momento che moltissimi americani avrebbero dovuto affrontare un giorno di viaggio in carrozza per raggiungere i seggi elettorali ed era impensabile costringerli a mettersi in strada la domenica, giorno dedicato alle cerimonie religiose. Stesso discorso riguardava il sabato, giornata dedicata al riposo dal lavoro.
Il mercoledì venne escluso in quanto era giorno di mercato e i contadini occupavano l’intera giornata per spostarsi con le loro merci da vendere. Per motivi legati al lavoro nei campi vennero esclusi anche il giovedì e il venerdì.
Il Congresso scelse quindi il martedì come giorno per le elezioni. Si decise poi il mese di novembre in quanto i contadini erano più liberi dal lavoro nei campi e per le condizioni meteorologiche abbastanza miti. Inizialmente si decise per il primo martedì del mese, in seguito, per evitare l’eventuale coincidenza con la festi di Ognissanti, venne definitivamente scelto il martedì dopo il primo lunedì di novembre.
Fateci caso, e constaterete che tutte le elezioni federali che si svolgono negli Stati Uniti d’America, compresa quella per l’elezione del Presidente vengono effettuate di martedì. Ma perché proprio di martedì, e non la domenica come in quasi tutti i paesi del mondo?
La decisione viene da molto lontano, è datata 1845. Tornando più a ritroso nel tempo e precisamente l’indomani della guerra d'indipendenza, nel 1787, i rappresentanti delle 13 colonie americane, in una riunione a Philadelphia, organizzarono le prime elezioni democratiche, evitando però di indicare una data precisa per effettuarle. Il risultato fu un caos gigante che andò avanti per intere settimane, ripresentandosi puntualmente ogni quattro anni, fino al 1845 appunto.
In quella data il Congresso decise di regolamentare le elezioni stabilendo una data uguale per tutti gli Stati. Ma quale giorno scegliere? Venne immediatamente escluso il lunedì, dal momento che moltissimi americani avrebbero dovuto affrontare un giorno di viaggio in carrozza per raggiungere i seggi elettorali ed era impensabile costringerli a mettersi in strada la domenica, giorno dedicato alle cerimonie religiose. Stesso discorso riguardava il sabato, giornata dedicata al riposo dal lavoro.

Il Congresso scelse quindi il martedì come giorno per le elezioni. Si decise poi il mese di novembre in quanto i contadini erano più liberi dal lavoro nei campi e per le condizioni meteorologiche abbastanza miti. Inizialmente si decise per il primo martedì del mese, in seguito, per evitare l’eventuale coincidenza con la festi di Ognissanti, venne definitivamente scelto il martedì dopo il primo lunedì di novembre.
05/11/14
Eccezionale ritrovamento nel Tempio del Serpente Piumato in Messico
Pubblicato da
Lifarnur
Nel Tempio del Serpente piumato, a Teotuhuacan, uno dei più grandi siti precolombiani del Centro e Nord America, sono stati trovati in tre camere scavate nella roccia in un tunnel sotterraneo di circa 103 metri ben 50 mila reperti. L'eccezionale ritrovamento è stato possibile anche grazie alla tecnologia, cioè all'impiego di "due robot, diversi scanner laser di alta precisione e georadar", hanno precisato le autorita' messicane.
Il tunnel fu scoperto dieci anni fa ed è stato considerato immediatamente importante per la risoluzione di tanti enigmi che ancora avvolgono le civiltà che abitarono queste aree del Messico. Tra gli oggetti venuti alla luce, e rimasti nascosti per 1800 anni, quattro sculture in pietra (tre di donne, una di un uomo), abbellite con gioielli preispanici in giada e pietre verdi. A impressionare gli archeologi sono state poi decine di grosse conchiglie provenienti dal Golfo del Messico e dai Caraibi, ossa di grandi felini, coltelli in ossidiana, scheletri di scarafaggi, centinaia di recipienti in ceramica, una scatola in legno con decine di conchiglie intagliate con disegni geometrici e personaggi di Teotihuacan.
Ma non è finita qui: resti di animali, soprattutto uccelli, piu' di 15mila semi di 'tuna' (frutto dolce di cactus), ambra, pomodori, mais e resti di fiori di zucca, specchi fatti in pirite, oltre a circa 4 mila oggetti in legno ben conservati. Grazie al metodo della datazione al carbonio 14, gli esperti messicani hanno capiro che il tunnel veniva utilizzato sia per depositare doni sia quale "metafora dell'inframondo", tesi quest'ultima basata sul disegno e sull'orientamento del tunnel. Teotihuacan (la 'terra degli Dei') fu appunto costruita nell'intento di riprodurre le dinamiche alla base del cosmo e dell'universo e in questa dinamica il tunnel va interpretato come una rappresentazione del 'mondo di sotto'.
Secondo la mitologia preispanica, l'ingresso all'inframondo avviene infatti da ovest a est. E secondo la cosmovisione di Teotihuacan, il sole sorge ad est, fa il percorso fino allo zenit, poi inizia a calare per entrare nell'inframondo, rappresentato appunto come tunnel. Per spuntare, infine, al vertice del Tempio del Serpente Piumato.
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Il punto del ritrovamento immaginepresa dal web |
Il tunnel fu scoperto dieci anni fa ed è stato considerato immediatamente importante per la risoluzione di tanti enigmi che ancora avvolgono le civiltà che abitarono queste aree del Messico. Tra gli oggetti venuti alla luce, e rimasti nascosti per 1800 anni, quattro sculture in pietra (tre di donne, una di un uomo), abbellite con gioielli preispanici in giada e pietre verdi. A impressionare gli archeologi sono state poi decine di grosse conchiglie provenienti dal Golfo del Messico e dai Caraibi, ossa di grandi felini, coltelli in ossidiana, scheletri di scarafaggi, centinaia di recipienti in ceramica, una scatola in legno con decine di conchiglie intagliate con disegni geometrici e personaggi di Teotihuacan.
Ma non è finita qui: resti di animali, soprattutto uccelli, piu' di 15mila semi di 'tuna' (frutto dolce di cactus), ambra, pomodori, mais e resti di fiori di zucca, specchi fatti in pirite, oltre a circa 4 mila oggetti in legno ben conservati. Grazie al metodo della datazione al carbonio 14, gli esperti messicani hanno capiro che il tunnel veniva utilizzato sia per depositare doni sia quale "metafora dell'inframondo", tesi quest'ultima basata sul disegno e sull'orientamento del tunnel. Teotihuacan (la 'terra degli Dei') fu appunto costruita nell'intento di riprodurre le dinamiche alla base del cosmo e dell'universo e in questa dinamica il tunnel va interpretato come una rappresentazione del 'mondo di sotto'.
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Alcuni reperti immagine presa dal web |
Secondo la mitologia preispanica, l'ingresso all'inframondo avviene infatti da ovest a est. E secondo la cosmovisione di Teotihuacan, il sole sorge ad est, fa il percorso fino allo zenit, poi inizia a calare per entrare nell'inframondo, rappresentato appunto come tunnel. Per spuntare, infine, al vertice del Tempio del Serpente Piumato.
18/10/14
Era un tossicodipendente l'uomo che conquistò l'Europa
Pubblicato da
Galadriel
Che la psiche di Hitler avesse qualche problemino (con quello che ha combinato) non era difficile capirlo, ma che si drogasse come un forsennato con ben 74 farmaci al giorno sembra perfino impossibile credere che sia stato capace di manipolare le masse.
Eppure secondo un dossier americano, redatto durante la grande guerra, dal quale è stato tratto un documentario della tv britannica Channel 4, Hitler si drogava. Il rapporto lungo 47 pagine, descrive le abitudini di Hitler nel somministrarsi ogni giorno 74 medicine diverse, fra cui anche le metanfetamine.
Il dossier conferma che il Führer soffriva di varie patologie, tra cui quelle all'apparato digestivo per le quali prendeva barbiturici, tranquillanti, morfina e seme di toro. Si, seme di toro per rinforzare la sua virilità, sempre che ne avesse una. Faceva iniezioni con un estratto preso dai testicoli di toro. ( Senza queste magari era anche gay). Si diceva che fosse nato con un solo testicolo, ma nel documento non se ne fa cenno.

Secondo il rapporto americano, Hitler era sotto l’effetto delle metanfetamine anche durante l’ultimo incontro che ebbe con Mussolini, nel 1943. A quel punto il destino del duce era segnato, e il leader italiano lo sapeva. Il tedesco però lo aveva investito di invettive, in parte perché pensava che l’ormai ex alleato lo stesso tradendo, ma in parte anche perché era sotto l’effetto delle droghe.
13/10/14
Trovato uno splendido mosaico nella tomba del padre di Alessandro Magno
Pubblicato da
Galadriel
La grande tomba scoperta ad Anfipoli creduta la tomba di Alessandro Magno è in realtà la tomba del padre, Filippo II re macedone. Gli scavi hanno portato alla luce numerosi reperti archeologici degni di nota. Fra questi uno splendido mosaico policromo raffigurante Hermes, il messaggero degli dèi, seguito da una figura maschile su un carro equestre.
La scena, che raffigura Hermes, ha per cornice un motivo a meandri, quadrati e onde e il mosaico misura circa 13 metri quadrati. Il periodo di costruzione dell'opera, è stato stimato alla fine del IV secolo a.C. Una stima che conferma anche quella della sepoltura (all'interno della quale sono state rinvenute, pochi giorni fa, anche due monumentali cariatidi) in epoca alessandrina

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09/10/14
Antiche città perdute ritrovate grazie alla tecnologia Lidar
Pubblicato da
Lifarnur
C'è una tecnologia che aiuta gli archeologi a scoprire le città perdute e si chiama LIDAR (light detection and ranging). Probabilmente questo sarà l'inizio di nuova era per l'archeologia. Se ripercorriamo le tracce delle città perdute la prima ad essere scoperta fu, nel 1709 Ercolano, grazie ad un uomo che, nel proprio podere mentre scavava un pozzo, trovò marmi e colonne che poi portarono al Teatro Antico di Ercolano.
Certo che questo tipo di ritrovamenti sono sì eccezionali, ma si basano anche su conoscenze pregresse come storie leggendarie, che poi si coniugarsi con la fortuna. Come fu, ad esempio, il caso di Petra, in Giordania, la quale non era nascosta dalla cenere e dai lapilli, ma da una stretta gola naturale. Uguale stupore dovettero provare i primi viaggiatori che si ritrovarono dinanzi le vestigia della "città perduta" della Cambogia: già noto attraverso alcuni resoconti del XVI secolo da parte di esploratori portoghesi, il sito di Angkor iniziò a svelarsi al mondo moderno prima attraverso i racconti di viaggio di Henri Mouhot.
Ma cosa aveva tenuto celata Angkor agli occhi dei più per tanto tempo? Senza dubbio la vegetazione, in grado di preservare segreti in maniera perfetta: del resto, si sa, la natura vuole i suoi spazi e se li prende, soprattutto se cessa il costante lavoro dell'uomo per tenerla distante. Ancora oggi molte rovine straordinarie, oggetto di grande attenzione da parte degli studiosi, sono sepolte da giungle indomite, ad esempio in America centrale e meridionale. Quali saranno i tesori che scopriranno gli archeologi del futuro, quindi? Forse possiamo già iniziare a farci un'idea grazie alle nuove tecnologie, in grado di rivelare tesori sepolti in maniera più rapida di quanto si poteva sperare fino a poco tempo fa.
In particolare, la nuova frontiera già da diversi anni si chiama LIDAR (light detection and ranging): un sofisticato dispositivo che, montato su un elicottero o su un drone, volando a croce sull'area prescelta, emette milioni di raggi laser ogni quattro secondi i quali, attraversando il tetto di foresta, sono in grado di registrare anche le più piccole variazioni nella topografia, misurando la distanza tra la superficie a terra e il veicolo volante grazie alla riflessione delle onde. Servendosi del LIDAR, un team internazionale guidato da dottor Damian Evans dell'università di Sydney ha realizzato, lo scorso anno, una mappatura di 370 chilometri quadri attorno ad Angkor, con una visione dei dettagli senza precedenti che sarebbe stata altrimenti impossibile, data la densità della vegetazione e l'eventualità di incappare nelle mine posizionate al tempo della guerra civile.
Il tutto ottenuto in appena due settimane. Le misurazioni hanno poi consentito al gruppo di mettere a punto dei modelli del paesaggio tridimensionali che, anche se non hanno esattamente lo stesso fascino di quello che ci si può trovare davanti procedendo a colpi di machete, possono comunque risultare estremamente utili per più precise ricognizioni sul campo. Gli archeologi hanno così documentato un paesaggio urbano fino ad ora ignoto, nascosto dalla foresta, costituito da altri templi, grandi strade ed elaborati corsi d'acqua che costituivano parte fondamentale del paesaggio urbano, opera di ingegneria idraulica che indica quali erano le elevate conoscenze dei Khmer.
Scoperte che modificano profondamente le conoscenze e la comprensione di quella che fu una delle più grandi città del mondo, nel corso del Medioevo: del resto, prima che fosse divorata dalla vegetazione, la "città perduta" raggiungeva l'estensione di una moderna metropoli. Grazie al LIDAR è stato possibile rilevare come l'area urbana dovesse superare i 1.000 chilometri quadrati, all'interno dei quali vivevano centinaia di migliaia di abitanti: e tutto ciò avveniva tra tra il IX e il XV secolo, ossia in un'epoca durante la quale i grandi centri europei vantavano dimensioni e densità abitative decisamente inferiori. Di questa città, il cui declino fu causa dell'abbandono, fino ad oggi conoscevamo soltanto una parte: ora sappiamo che c'è molto altro, celato dalla giungla più fitta ed impenetrabile. Le tecnologie come LIDAR saranno quindi la nuova speranza per l'archeologia? Probabilmente diventeranno uno strumento indispensabile che ci consentirà di sentirci molto più vicini alle antiche civiltà di quanto avvenuto fino ad ora.
Certo che questo tipo di ritrovamenti sono sì eccezionali, ma si basano anche su conoscenze pregresse come storie leggendarie, che poi si coniugarsi con la fortuna. Come fu, ad esempio, il caso di Petra, in Giordania, la quale non era nascosta dalla cenere e dai lapilli, ma da una stretta gola naturale. Uguale stupore dovettero provare i primi viaggiatori che si ritrovarono dinanzi le vestigia della "città perduta" della Cambogia: già noto attraverso alcuni resoconti del XVI secolo da parte di esploratori portoghesi, il sito di Angkor iniziò a svelarsi al mondo moderno prima attraverso i racconti di viaggio di Henri Mouhot.
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Angkor (particolare) immagine presa dal web |
Ma cosa aveva tenuto celata Angkor agli occhi dei più per tanto tempo? Senza dubbio la vegetazione, in grado di preservare segreti in maniera perfetta: del resto, si sa, la natura vuole i suoi spazi e se li prende, soprattutto se cessa il costante lavoro dell'uomo per tenerla distante. Ancora oggi molte rovine straordinarie, oggetto di grande attenzione da parte degli studiosi, sono sepolte da giungle indomite, ad esempio in America centrale e meridionale. Quali saranno i tesori che scopriranno gli archeologi del futuro, quindi? Forse possiamo già iniziare a farci un'idea grazie alle nuove tecnologie, in grado di rivelare tesori sepolti in maniera più rapida di quanto si poteva sperare fino a poco tempo fa.
In particolare, la nuova frontiera già da diversi anni si chiama LIDAR (light detection and ranging): un sofisticato dispositivo che, montato su un elicottero o su un drone, volando a croce sull'area prescelta, emette milioni di raggi laser ogni quattro secondi i quali, attraversando il tetto di foresta, sono in grado di registrare anche le più piccole variazioni nella topografia, misurando la distanza tra la superficie a terra e il veicolo volante grazie alla riflessione delle onde. Servendosi del LIDAR, un team internazionale guidato da dottor Damian Evans dell'università di Sydney ha realizzato, lo scorso anno, una mappatura di 370 chilometri quadri attorno ad Angkor, con una visione dei dettagli senza precedenti che sarebbe stata altrimenti impossibile, data la densità della vegetazione e l'eventualità di incappare nelle mine posizionate al tempo della guerra civile.
Il tutto ottenuto in appena due settimane. Le misurazioni hanno poi consentito al gruppo di mettere a punto dei modelli del paesaggio tridimensionali che, anche se non hanno esattamente lo stesso fascino di quello che ci si può trovare davanti procedendo a colpi di machete, possono comunque risultare estremamente utili per più precise ricognizioni sul campo. Gli archeologi hanno così documentato un paesaggio urbano fino ad ora ignoto, nascosto dalla foresta, costituito da altri templi, grandi strade ed elaborati corsi d'acqua che costituivano parte fondamentale del paesaggio urbano, opera di ingegneria idraulica che indica quali erano le elevate conoscenze dei Khmer.
Scoperte che modificano profondamente le conoscenze e la comprensione di quella che fu una delle più grandi città del mondo, nel corso del Medioevo: del resto, prima che fosse divorata dalla vegetazione, la "città perduta" raggiungeva l'estensione di una moderna metropoli. Grazie al LIDAR è stato possibile rilevare come l'area urbana dovesse superare i 1.000 chilometri quadrati, all'interno dei quali vivevano centinaia di migliaia di abitanti: e tutto ciò avveniva tra tra il IX e il XV secolo, ossia in un'epoca durante la quale i grandi centri europei vantavano dimensioni e densità abitative decisamente inferiori. Di questa città, il cui declino fu causa dell'abbandono, fino ad oggi conoscevamo soltanto una parte: ora sappiamo che c'è molto altro, celato dalla giungla più fitta ed impenetrabile. Le tecnologie come LIDAR saranno quindi la nuova speranza per l'archeologia? Probabilmente diventeranno uno strumento indispensabile che ci consentirà di sentirci molto più vicini alle antiche civiltà di quanto avvenuto fino ad ora.
30/09/14
L'architettura degli androni negli anni venti a Messina
Pubblicato da
Vito Ienna
In una città come Messina che anela allo sviluppo economico e sociale in un momento particolare della sua ripresa è necessario che tutte le forze professionale diano il loro contributo.
Ho iniziato a scrivere queste pagine che descrivono aspetti particolari di architettura, nell'intento di richiamare l'attenzione su alcuni particolari del costruito della mia città che sono unici perché legati alle ricostruzioni del dopo terremoto.
Per queste motivazioni il mio scritto ha un compito prettamente divulgativo perché ritengo che questo sia l'unico vero modo di fare informazione e in particolare anche di formulare pensieri di architettura fuori dalle barriere del pregiudizio e della stessa sicilianità. Mi sono accorto nel mio procedere, che non accettavo i limiti convenzionali della divulgazione, intesa come qualcosa di paternalistico e concessivo e che occorre ora andare oltre osservando attentamente nuove argomentazioni e altri pensieri.
Alfred Adler, che amava discutere la sua teoria nei caffè della Vienna del primo Nove-cento, mise a punto, con un linguaggio semplice e chiaro, i concetti innovativi della psicologia del profondo a impronta socio-culturale, poi destinati a influenzare in modo sottile larghi strati del pensiero del novecento. Nel campo specifico dell'architettura Walter Gropins, fondatore della Bauhaus che spronava gli uomini di cultura e gli architetti ad impostare il loro lavoro dall'angolo visuale più vasto possibile, scriveva: "La buona architettura dovrebbe essere proiezione della vita stessa, e ciò implica una conoscenza intima dei problemi biologici, sociali, tecnici e artistici".

Queste argomentazioni mi hanno convinto a mantenere l'impegno ad un'esposizione lineare, comprensibile anche da un lettore di media cultura, senza però limitare l'approfondimento dei temi. Coltivo infatti la segreta speranza che anche gli specialisti possano essere raggiunti dalla suggestione e dalla semplicità. È con questo scritto mi rivolgo in modo insolito alla bellezza di alcuni particolari architettonici della nostra città nascosti all'interno dei fabbricati e più particolarmente negli androni d'ingresso. Sono convinta infatti che per leggere l'architettura e la storia non bisogna fermarsi a studiare e guardare solo l'esterno dell'edificato ma occorre entrare dentro e assaporare e gustare il vissuto di un'epoca con "una visione allargata".

La testimonianza globale di queste tendenze, differenziate pur nel comune spirito programmatico di azione anche sociale di pedagogia estetica, la cultura della ricostruzione abbinò il valore ideologico-didascalico del ruolo fondamentale che le arti decorative venivano assumendo nella realizzazione di un ambiente di vita quotidiana e di vita urbana "moderna", in alleanza con gli architetti, al significato di offrir-si come una vetrina del pluralismo delle tendenze stilistiche all'inizio del secolo: uno scenario che si sarebbe riproposto e capito solo, alla fine del processo, e definito "ec letticd\.

A Messina un caso particolare è la figura dominante dell'ingegnere. Gaetano Bonanno che sarebbe finito nel dimenticatoio culturale di una città se l'ingegnere Baldo, suo figlio non mi avesse dato la possibilità di conoscere i progetti e i particolari costruttivi da lui elaborati. Baldo Bonanno è stato sindaco di questa città e conoscendone pregi e difetti mi ha dato sommessamente e con la sua semplicità che lo distinguevano le testimonianze grafiche che qui mi piace divulgare riguardanti la Villa Vaccarino di Milazzo e alcuni disegni di quel progetto.
19/09/14
Duomo di Orvieto: Giudizio Universale
Pubblicato da
Galadriel
Duomo di Orvieto: Giudizio Universale
Orvieto è dominata dall'imponenza del suo Duomo, uno dei massimi capolavori architettonici del tardo medioevo che fu immenso cantiere nell'arco di tre secoli. Sulla bellissima facciata in stile gotico si ammirano decorazioni architettoniche che vanno dal XIV al XX secolo, comprendenti un grande rosone, mosaici dorati. e tre maestose porte bronzee.
Tra i tesori artistici custoditi all'interno spicca la Cappella di San Brizio, impreziosita dal celebre affresco sul Giudizio Universale di Luca Signorelli, allievo di Piero della Francesca, L'opera si sviluppa sulla volta d'ingresso e sulle pareti laterali, producendo un'unica narrazione incentrata sull'Anticristo e sul Giorno del Giudizio, argomenti trattati con straordinaria potenza espressiva, ricca di invenzioni visive inquietanti e spettacolari.

Molti personaggi sono nudi e mostrano una costruzione anatomica perfetta, capace di sfidare apertamente le successive sperimentazioni figurative di Michelangelo, Per rendere più credibile l'idea spirituale dell'Apocalisse, Signorelli si consultò - spesso con un teologo, ispirando le proprie composizioni ai testi sacri. I lavori nella Cappella terminarono intorno al 1506. la grandiosa austerità dell'opera, simile alle descrizioni asciutte della Divina Commedia, incontrò subito il favore dei contemporanei, specialmente per la sintesi perfetta di azione ed emozione.
Pare che lo stesso Michelangelo esprimesse grande apprezzamento per lo straordinario realismo del collega, usando i suoi modelli per i complicati affreschi della Cappella Sistina. Recentemente alcuni restauri hanno ridato vigore al ciclo del Signorelli, riportandone alla luce anche parti inedite.
Orvieto è dominata dall'imponenza del suo Duomo, uno dei massimi capolavori architettonici del tardo medioevo che fu immenso cantiere nell'arco di tre secoli. Sulla bellissima facciata in stile gotico si ammirano decorazioni architettoniche che vanno dal XIV al XX secolo, comprendenti un grande rosone, mosaici dorati. e tre maestose porte bronzee.
Tra i tesori artistici custoditi all'interno spicca la Cappella di San Brizio, impreziosita dal celebre affresco sul Giudizio Universale di Luca Signorelli, allievo di Piero della Francesca, L'opera si sviluppa sulla volta d'ingresso e sulle pareti laterali, producendo un'unica narrazione incentrata sull'Anticristo e sul Giorno del Giudizio, argomenti trattati con straordinaria potenza espressiva, ricca di invenzioni visive inquietanti e spettacolari.


Molti personaggi sono nudi e mostrano una costruzione anatomica perfetta, capace di sfidare apertamente le successive sperimentazioni figurative di Michelangelo, Per rendere più credibile l'idea spirituale dell'Apocalisse, Signorelli si consultò - spesso con un teologo, ispirando le proprie composizioni ai testi sacri. I lavori nella Cappella terminarono intorno al 1506. la grandiosa austerità dell'opera, simile alle descrizioni asciutte della Divina Commedia, incontrò subito il favore dei contemporanei, specialmente per la sintesi perfetta di azione ed emozione.
Pare che lo stesso Michelangelo esprimesse grande apprezzamento per lo straordinario realismo del collega, usando i suoi modelli per i complicati affreschi della Cappella Sistina. Recentemente alcuni restauri hanno ridato vigore al ciclo del Signorelli, riportandone alla luce anche parti inedite.
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Il giudizio universale appella di S.Brizio |
18/09/14
La causa della morte di Riccardo III
Pubblicato da
Galadriel
Nel 2012 sotto ad un parcheggio a Leicester (Inghilterra) dei ricercatori ritrovarono lo scheletro di Riccardo III.
E' noto che Riccardo III morì nella battaglia di Bosworth Field, durante la guerra delle due rose, svolta il 22 agosto del 1485, per mano delle truppe di Enrico Tudor che si scontrarono con quelle di Riccardo III le quali accerchiarono il re inglese e lo uccisero. Fu una delle più importanti battaglie della guerra delle due rose, la guerra civile inglese che vide contrapporsi due rami della famiglia dei Plantageneti, il casato di York contro il casato dei Lancaster. Il vincitore Enrico Tudor, conte di Richmond, plantageneto da parte di madre, fu eletto re divenendo Enrico VII, diede inizio alla dinastia dei Tudor, ponendo così termine alla guerra delle due rose.![]() |
Riccardo III |
La gran quantità di ferite in testa fa pensare che il re non avesse un elmo, mentre l'assenza di ferite da difesa sulle braccia e sulle mani dimostrerebbe la presenza di protezione sugli arti. Secondo gli studiosi la morte è stata causata dai due colpi sul lato inferiore della testa. Le ferite sul bacino sarebbero, invece, state inflitte dopo la morte
Riccardo III fu l'ultimo re della dinastia dei Plantageneti e, nel contempo, fu l'ultimo re d'Inghilterra che perse la vita in combattimento.
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Una ferita al cranio di Riccardo III |
10/09/14
Illuminazione Pubblica a Messina
Pubblicato da
Vito Ienna
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Illuminazione pubblica a Messina |
La prima forma di illuminazione cittadina era garantita dalla luce dei lumi ad olio o a candele, posizionati presso le icone votive, sugli usci delle case, sulle facciate degli edifici, delle taverne e delle botteghe.
L'illuminazione notturna, curata direttamente dai privati, è stata per Messina una esigenza legata non solo alla sicurezza delle strade, bensì alla necessità di indicare le case dei cristiani durante il dominio arabo (827-1060).
A questa forma di illuminazione, si aggiunse successivamente la luce dei nobili che, per transitare nelle strade di notte in modo più sicuro, si facevano accompagnare dallo "stafferic'a torcia", un servitore munito di lanterna che illuminava il cammino; analogamente a Venezia, i viandanti si facevano accompagnare dai "Iacchè2ed a Parigi nel 1665, l'abate italiano Laudati Caraffa, istituì un vero e proprio servizio pubblico notturno di "porte - flambeau".
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Accenditore a gas |
I più grandi esempi di illuminazione nel passato, prima dell'effettiva istituzione del servizio pubblico, si avevano durante le festività; a Messina, per la Festa della Madonna della Lettera, uno spettacolo particolarmente suggestivo era offerto dalla "Lummaria", una struttura piramidale in legno, dipinta e decorata per rappresentare fontane, obelischi e monumenti, e dotata di mensole riempite di lumi di creta ad olio. Durante queste festività i cittadini per devozione riempivano i balconi, le finestre, gli usci delle case e dei negozi di lumi e, mentre le candele di cera d'api, molto costose, o di sego venivano usate perlopiù nelle chiese e dalle famiglie nobili, i più poveri sceglievano di usare l'olio, più economico.
Per l'illuminazione pubblica con i fanali alimentati ad olio Messina deve aspettare la mete del Settecento, infatti nel 175* fu inaugurato il primo impianto di Pubblica Illuminazione in Sicilia e proprio a Messina voluto dal Viceré Don Eustachio De Laviefuille, quando il Sicilia regnava Carlo III di Borbone. Le strade principali, furon illuminate con "num.523 farti riverberi... collocati a debita distanza e con bella simmetria". Per la gestione del servzio di illuminazione pubblico venne istituita la Deputazione notturna dei fanali L'alimentazione dei fané era garantita dalla somministrazione agli accenditori "olio di olive vecchio di Sicilia era fissata a peso dal Comune in quantità e maniera precisamente definite secondo il mese dell'anno e il tipo di fanale.
L'Olio, così come la cera, era prodotto in gran parte in Calabria e Sicilia; a Messina in particolare, sorse una vasta industria di candele che aveva sede in via dei Torcieri (stradina sita in zona probabilmente centrale). Le prime tracce di "gas" a Messina risalgono al 5 Febbraio 1860, quando si inaugurava al Teatro Vittorio Emanuele, il magnifico lampadario con triplice illuminazione a cera, ad olio e a gas , che fu il primo ed il più bello di tutta la Sicilia; per illuminarlo si costruì un gasometro nel largo S. Paolo dei Disciplinati.
Nel 1860 il Municipio di Messina affidò, mediante trattativa privata, l'appalto dell'illuminazione a gas per un periodo di 60 anni, all'ing. Alfredo Gotte-rau della Compagnia "Gotte-rau &C; a questa nel 1866 subentrò la Compagnia inglese 'The Continental Union Gas Company Ltd."
09/09/14
Percorsi carrabili a Capo Peloro | Musica di mare in un mare di musica
Pubblicato da
Vito Ienna

Percorsi carrabili I percorsi carrabili per accedere al centro polifunzionale si snodano in due sensi N-S attraverso la Via Fortino.
Sono 1130 parcheggi per il pubblico si distribuiscono in 4 zone situate agli angoli del lotto; nella maggior parte dei casi si appoggiano sui muri del pentagramma; nella testata a Nord-Ovest si collocano a spina-pesce. I parcheggi per gli artisti e il personale si raggiungono passando sotto la rampa disegnata dalla coda della chiave di sol. La planimetria riporta la distribuzione dei percorsi carrabili divisa per utenza secondo diverse colorazioni.Percorsi pedonali
L'ingresso per il pubblico avviene ad ovest, dai cancelli, e dai parcheggi dietro i muri, con-fluendo sotto l'edificio su pilotis, che offre un'area coperta per la biglietteria e un expo temporaneo, dirigendo il pubblico, dal basso - tramite il taglio che determina l'incipit della chiave - alle gradinate o all'auditorium a sud, o con gli ascensori ad un anello esterno, posto a +4,80 m., che serve anche per smistare agli ingressi alla nave musicale e alle torri panoramiche ad ovest, e all'auditorium a sud.
All'anello superiore si giunge anche dall'ingresso a nord-ovest, passando sotto la coda della chiave e poi percorrendola come dolce passeggiata in pendenza, accompagnati dalla vista dello specchio d'acqua tagliato in due a forma di arpa e di alberi, nonché dalla copertura della biglietteria, che è un tetto pensile gradinato. Le uscite avvengono sull'altro lato della chiave, in due modi: dal basso e dall'alto; in questo caso con gradinate. Si può anche utilizzare l'area posta sotto l'edificio su pilotis, o la coda della chiave. Dietro l'accesso ai camerini degli artisti, ad est si ottiene un giardino pubblico, che offre la vista sul mare e lo Stretto, consentendo di attraversare la prua dell'imbarcazione da un lato all'altro.
Il giardino è aperto al pubblico anche di giorno, a complesso chiuso, dal parcheggio a sud-est. Lo spazio restante è riservato ai parcheggi, pubblici e privati.
Matematica - dalla preistoria all'era digitale - INTRO
Pubblicato da
Steven
Matematica - dalla preistoria all'era digitale
Introduzione
Prima di iniziare, desidero esprimere il mio "GRAZIE" più sentito e sincero a tutti gli amministratori di questo blog per l'opportunità che mi hanno concesso, sperando che ne sia all'altezza.
Per capire bene l'era informatica e quindi digitale, parto dalla nascita della matematica, passando dal "non c'era una volta" all'era del pallottoliere, ai primi tentativi di generare calcolatrici meccaniche fino all'era del computer e suoi simili.
Cercherò, nel limite del possibile, di spiegare come funziona il computer, la sua logica, i suoi componenti spiegandone, di volta in volta, i vari termini e le loro funzioni.
Il termine matematica deriva dalla parola greca "mathema" che ha vari significati:
- scienza
- coscienza
- apprendimento
La parola "mathematikos" significa incline ad apprendere, all'apprendimento.
E' la regina delle scienze, dove ogni disciplina scientifica o tecnica (fisica, astrofisica, ingegneria, economia, informatica) fa largo uso di strumenti di analisi e di calcolo.
Negli ultimi anni si stanno sviluppando anche altri rami della matematica, o per meglio dire, dell'informatica:
E' la regina delle scienze, dove ogni disciplina scientifica o tecnica (fisica, astrofisica, ingegneria, economia, informatica) fa largo uso di strumenti di analisi e di calcolo.
Negli ultimi anni si stanno sviluppando anche altri rami della matematica, o per meglio dire, dell'informatica:
- robotica, per lo studio e sviluppo di robot con caratteristiche umane
- domotica, dove si può controllare tutta la casa tramite pc, tablet o smartphone quando si è fuori
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Matematica Dalla preistoria all'era digitale |
Nonostante tutto questo, ha continuato a studiare questa scienza contribuendo, anche grazie alle nuove tecnologie che nel corso dei secoli si sono sempre più evolute, a creare apparecchiature elettroniche utili ad alleviare il suo lavoro fisico e mentale, a rendere più sicure le nostre auto, la nostra vita e, perché no, anche per i nostri svaghi.
06/09/14
Cucina settentrionale e meridionale | Storia della cucina cinese
Pubblicato da
Galadriel
La cucina cinese può essere suddivisa in quattro principali categorie regionali:
Cucina settentrionale - Beijing (Pechino), alcune volte chiamata Mandarina, e Shandong (Shantung); Cucina meridionale - Guandong (Cantonese);
Cucina orientale - Shanghai e Jiangzhe;
Cucina occidentale - Sichuan (Szechuan e Hunan).Segue da Qui
Cucina settentrionale
La cucina di Pechino è caratterizzata dall'eccezionale scelta degli ingredienti, finemente tagliati, e dalla purezza dei condimenti. E ricca ma non grassa, leggera ma non scarsa. Alcuni degli oltre trenta metodi usati per cucinare sono l'arrosto, il fritto rapido, la rosolatura a fiamma viva con sugo denso, lo stufato. Le specialità più note sono: l'anatra arrosto alla pechinese, terrina mango la a base di montone, misto di carne alla brace mongolo, la «cucina del Palazzo Imperiale» (a volte chiamata Mandarina) e la cucina alla Tan. Tipico della cucina del Shandong (Shantung) è il suo gusto delicato e pieno, che esalta l'aroma, la freschezza, la tenerezza e il gusto croccante dei cibi. Questi vengono sovente serviti in brodo o in una crema vellutata. Nel nord si mangia grano e granoturco. Si fanno tutti i tipi di pasta (spaghetti, tagliatelle, ravioli ripieni, huan ton, pinz, quasi come la pizza), pasta fritta, pani a vapore e ripieni. Le carni più usate sono il maiale, il manzo e l'agnello.

Cucina meridionale
La cucina del Guangdong (Cantonese) proviene da Guangzhou (Canton) ed impiega una gran varietà di ortaggi, cotti ad alta temperatura e per brevissimo tempo, così da mantenere intatto il loro sapore fresco e tenero, nonché il contenuto in vitamine. La varietà di colture della zona offre un'ampia scelta di ortaggi e quindi di piatti. La cucina del Guangdong è la più varia tra quelle cinesi e i suoi piatti sono rinfrescanti, leggeri, croccanti e colorati. Nel centro sud si consuma il riso in tutte le maniere, bianco, condito alla cantonese, dolce con otto tesori, in torta per il Capodanno e zonz (riso ripieno cotto nella paglia). Due delizie della cucina del Guangdong sono l'arrosto di porcellino da latte e il brasato misto di carne con pinne di pescecane.
Cucina settentrionale - Beijing (Pechino), alcune volte chiamata Mandarina, e Shandong (Shantung); Cucina meridionale - Guandong (Cantonese);
Cucina orientale - Shanghai e Jiangzhe;
Cucina occidentale - Sichuan (Szechuan e Hunan).Segue da Qui
Cucina settentrionale
La cucina di Pechino è caratterizzata dall'eccezionale scelta degli ingredienti, finemente tagliati, e dalla purezza dei condimenti. E ricca ma non grassa, leggera ma non scarsa. Alcuni degli oltre trenta metodi usati per cucinare sono l'arrosto, il fritto rapido, la rosolatura a fiamma viva con sugo denso, lo stufato. Le specialità più note sono: l'anatra arrosto alla pechinese, terrina mango la a base di montone, misto di carne alla brace mongolo, la «cucina del Palazzo Imperiale» (a volte chiamata Mandarina) e la cucina alla Tan. Tipico della cucina del Shandong (Shantung) è il suo gusto delicato e pieno, che esalta l'aroma, la freschezza, la tenerezza e il gusto croccante dei cibi. Questi vengono sovente serviti in brodo o in una crema vellutata. Nel nord si mangia grano e granoturco. Si fanno tutti i tipi di pasta (spaghetti, tagliatelle, ravioli ripieni, huan ton, pinz, quasi come la pizza), pasta fritta, pani a vapore e ripieni. Le carni più usate sono il maiale, il manzo e l'agnello.

Cucina meridionale
La cucina del Guangdong (Cantonese) proviene da Guangzhou (Canton) ed impiega una gran varietà di ortaggi, cotti ad alta temperatura e per brevissimo tempo, così da mantenere intatto il loro sapore fresco e tenero, nonché il contenuto in vitamine. La varietà di colture della zona offre un'ampia scelta di ortaggi e quindi di piatti. La cucina del Guangdong è la più varia tra quelle cinesi e i suoi piatti sono rinfrescanti, leggeri, croccanti e colorati. Nel centro sud si consuma il riso in tutte le maniere, bianco, condito alla cantonese, dolce con otto tesori, in torta per il Capodanno e zonz (riso ripieno cotto nella paglia). Due delizie della cucina del Guangdong sono l'arrosto di porcellino da latte e il brasato misto di carne con pinne di pescecane.
04/09/14
Freehold ricorda le vittime della guerra
Pubblicato da
Anonimo
Sessantanove anni fa finiva la guerra ed ecco un altro monumento, messo a Freehold, che vuole ricordare tutte le vittime ingiuste della seconda guerra mondiale.
Tante sono state le vittime a Freehold, piccola cittadina di due chilometri quadrati e in questa lastra alta 7 piedi ci sono incisi, i 1.385 nomi di uomini e donne che tra il 1941-1945 sono partiti per la guerra e non sono più tornati e questo monumento è stato fatto per non dimenticare questi tristi momenti della storia ed essere un monito per le nuove generazioni, che la guerra porta solo vittime e terrore.
Mentre sull'altro lato si vede la famosa immagine fotografica dei marines che alzano la bandiera degli Stati Uniti sull'isola di Iwo Jima, ponendo fine a questa dolorosa guerra.
Una dedica formale è poi prevista per un'altra data significativa, il 1 settembre del giorno nel 1939, quando la Germania nazista ha dato il via alla guerra in Europa invadendo la Polonia.
Una volta completati i monumeti verrà fatta una pavimentazione in mattoni e saranno messe varie panchine, il progetto è costato circa 100.000 dollari.
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Monumento in ricordo delle vittime della guerra |
L'importazione dei prodotti alimentari nella cucina cinese
Pubblicato da
Galadriel
segue da qui
L'importazione dei prodotti alimentari era sotto stretto controllo governativo, con la supervisione di un dignitario chiamato «Maestro dei Cibi», assistito da otto dietisti e sedici maggiordomi, che avevano il compito di sovrintendere alla preparazione delle feste e del banchetti del «Figlio del Cielo» (l'Imperatore) con severa osservanza dei tabù stagionali. Difatti le regole igieniche che proibivano l'uso di certi cibi giocavano un ruolo preminente nella vita quotidiana dell antica Cina: «il mangiare e il bere - scriveva un celebre medico del II secolo - sono destinati al piacere del palato e al nutrimento della vita, ma se non sono ordinati correttamente quel che si mangia può risultare estremamente dannoso».
Bisogna riconoscere che nessun popolo più dei cinesi ha prestato così tanta attenzione alla cottura del cibi. Non ci si riferisce in questo caso ai trionfi gastronomici della cucina cinese nota in tutto il mondo, ma piuttosto ai principi della cottura basata sull'uso di grandi quantità di olio ad alte temperature e sulla frittura realizzata in ampi tegami di ferro dalle pareti sottili. La desuetudine ai cibi freddi che sembra aver caratterizzato la cucina cinese per secol è stata sicuramente motivata da forti fattori igienici, con il preciso scopo di prevenire le infezioni. Gli, occidentali che ebbero modo di conoscere questo Paese, pur nelle condizioni tutt'altro che salubri dell antichità, si resero subito conto di quanto fosse igienica la maniera cinese di preparare i cibi. L'importanza della cottura è ben chiarita dall'affermazione che leggiamo in un trattato (sui riti) del primo periodo Han (206 a.c. - 220 d.C.): «Fu Sui Ren che per primo tagliò la legna per ottenere il fuoco e insegnò alla gente a cucinare i cibi crudi per far sì che non soffrisse di malattie dello stomaco e per innalzare gli uomini sopra il livello delle bestie».
Da questa consapevolezza derivò, più tardi, il famoso detto bai fei wu tu che significa «tutto ciò che è perfettamente bollito o cucinato (cotto) non può essere velenoso». Altre condizioni ambientali hanno influenzato lo stile della cucina cinese: in alcune regioni, per esempio, la scarsità cronica di combustibile da cucina ha incrementato tecniche di cottura che ne assicurano il massimo risparmio. Tagliare i cibi a pezzettini rende possibile friggerli a fuoco vivo in pochi minuti, oltre a conservare la consistenza e la ricchezza vitaminica degli alimenti. La cottura al vapore richiede anch'essa una quantità minima di combustibile e mantiene i pregi degli alimenti, grazie alla delicatezza del metodo. Al di fuori dei giorni festivi i cinesi avevano (e hanno tuttora) un'alimentazione molto semplice costituita di riso condito con qualche verdura o con pezzettini di carne.
Come esemplificato dalla farmacopea, in cui i principali rimedi sono ottenuti dalle piante, i prodotti del regno vegetale hanno un'importanza primaria nell'alimentazione cinese: oltre alle erbe comuni, ai legumi e alle radici, vengono usati molti vegetali che non sono conosciuti in Europa. In un paese essenzialmente agricolo è il cortile che fornisce la maggior parte delle carni (galline, oche, anatre) o s'ono i pesci d'acqua dolce, come la carpa. Per i pranzi più ricercati si aggiunge la carne di maiale, di bue, di montone, di pecora, di cavallo o di cane che i cinesi chiamano «la carne profumata». Troviamo accurate descrizioni di questi banchetti negli scritti dei missionari cattolici che penetrarono in Cina a partire dal XV secolo. «In questi conviti hanno tutte le nostre vivande condite assai bene, ma di nessuna viene molta quantità, e si prezzano di molta varietà di cose, empiendo le tavole de' bacciletti, che sono assai piccoli sempre, sì de carne e pesce in ogni pasto e tutto mangiano; et una vivanda posta in tavola sta quivi fino alla fine senza toglierla da lì... Nessuno pane si pone alla tavola, nè gran riso che risponde al pane, in simili conviti».
Riguado alle bevande più usate in Cina ecco quanto ha da direi il padre gesuita Matteo Ricci, alla fine del XVI secolo: «Il loro bevere sempre è cosa molto calda, anca nel mezzo della state o sia quella loro decottione di cià o vino, o altre cose liquide; che pare cosa molto utile alla sanità. Per questo vivono molti anni di vita, e sino a settanta e ottanta anni sono assai più robusti che i nostri; e da qui anca penso viene che loro non hanno il male della pietra o di arenella, come hanno sì soventemente i nostri Europei, che sempre bevono cose fredde».
Fino a poco tempo fa la cucina cinese più diffusa in Occidente era soprattutto quella del Guangdong (Cantonese). In moltissimi casi quella che era definita «cucina cinese» era un'interpretazione occidentale e poteva essere considerata soltanto un sostituto della superba arte culinaria cinese. Secondo una recente indagine, in Cina esistono non meno di 5.000 varietà di piatti.
La cucina cinese può essere suddivisa in quattro principali categorie regionali:
Cucina settentrionale - Beijing (Pechino), alcune volte chiamata Mandarina, e Shandong (Shantung);
Cucina meridionale - Guandong (Cantonese);
Cucina orientale - Shanghai e Jiangzhe;
Cucina occidentale - Sichuan (Szechuan e Hunan).
L'importazione dei prodotti alimentari era sotto stretto controllo governativo, con la supervisione di un dignitario chiamato «Maestro dei Cibi», assistito da otto dietisti e sedici maggiordomi, che avevano il compito di sovrintendere alla preparazione delle feste e del banchetti del «Figlio del Cielo» (l'Imperatore) con severa osservanza dei tabù stagionali. Difatti le regole igieniche che proibivano l'uso di certi cibi giocavano un ruolo preminente nella vita quotidiana dell antica Cina: «il mangiare e il bere - scriveva un celebre medico del II secolo - sono destinati al piacere del palato e al nutrimento della vita, ma se non sono ordinati correttamente quel che si mangia può risultare estremamente dannoso».
Bisogna riconoscere che nessun popolo più dei cinesi ha prestato così tanta attenzione alla cottura del cibi. Non ci si riferisce in questo caso ai trionfi gastronomici della cucina cinese nota in tutto il mondo, ma piuttosto ai principi della cottura basata sull'uso di grandi quantità di olio ad alte temperature e sulla frittura realizzata in ampi tegami di ferro dalle pareti sottili. La desuetudine ai cibi freddi che sembra aver caratterizzato la cucina cinese per secol è stata sicuramente motivata da forti fattori igienici, con il preciso scopo di prevenire le infezioni. Gli, occidentali che ebbero modo di conoscere questo Paese, pur nelle condizioni tutt'altro che salubri dell antichità, si resero subito conto di quanto fosse igienica la maniera cinese di preparare i cibi. L'importanza della cottura è ben chiarita dall'affermazione che leggiamo in un trattato (sui riti) del primo periodo Han (206 a.c. - 220 d.C.): «Fu Sui Ren che per primo tagliò la legna per ottenere il fuoco e insegnò alla gente a cucinare i cibi crudi per far sì che non soffrisse di malattie dello stomaco e per innalzare gli uomini sopra il livello delle bestie».
Da questa consapevolezza derivò, più tardi, il famoso detto bai fei wu tu che significa «tutto ciò che è perfettamente bollito o cucinato (cotto) non può essere velenoso». Altre condizioni ambientali hanno influenzato lo stile della cucina cinese: in alcune regioni, per esempio, la scarsità cronica di combustibile da cucina ha incrementato tecniche di cottura che ne assicurano il massimo risparmio. Tagliare i cibi a pezzettini rende possibile friggerli a fuoco vivo in pochi minuti, oltre a conservare la consistenza e la ricchezza vitaminica degli alimenti. La cottura al vapore richiede anch'essa una quantità minima di combustibile e mantiene i pregi degli alimenti, grazie alla delicatezza del metodo. Al di fuori dei giorni festivi i cinesi avevano (e hanno tuttora) un'alimentazione molto semplice costituita di riso condito con qualche verdura o con pezzettini di carne.

Riguado alle bevande più usate in Cina ecco quanto ha da direi il padre gesuita Matteo Ricci, alla fine del XVI secolo: «Il loro bevere sempre è cosa molto calda, anca nel mezzo della state o sia quella loro decottione di cià o vino, o altre cose liquide; che pare cosa molto utile alla sanità. Per questo vivono molti anni di vita, e sino a settanta e ottanta anni sono assai più robusti che i nostri; e da qui anca penso viene che loro non hanno il male della pietra o di arenella, come hanno sì soventemente i nostri Europei, che sempre bevono cose fredde».
Fino a poco tempo fa la cucina cinese più diffusa in Occidente era soprattutto quella del Guangdong (Cantonese). In moltissimi casi quella che era definita «cucina cinese» era un'interpretazione occidentale e poteva essere considerata soltanto un sostituto della superba arte culinaria cinese. Secondo una recente indagine, in Cina esistono non meno di 5.000 varietà di piatti.
La cucina cinese può essere suddivisa in quattro principali categorie regionali:
Cucina settentrionale - Beijing (Pechino), alcune volte chiamata Mandarina, e Shandong (Shantung);
Cucina meridionale - Guandong (Cantonese);
Cucina orientale - Shanghai e Jiangzhe;
Cucina occidentale - Sichuan (Szechuan e Hunan).
02/09/14
Necropoli: Cosa si nasconde dietro a siffatta cosa
Pubblicato da
Unknown
Necropoli: Il titolo potrebbe chiudere di per sè, per molti la pagina ma in un attimo di riflessione potrebbe essere interessante scoprire ciò che si nasconde dietro a siffatta cosa.
Allora, forse non sono molti coloro che si sono soffermati a riflettere sulla marea di problemi che creano a parte i profanatori di tombe e gli archeologi che s'infatuano della prima mummia che trovano o su ossa di particolari fattezze. Nella civiltà odierna sono chiamate camposanti e vista la pletora di delinquenti che li ospitano penso che Necropoli sia nome più appropriato ma veniamo ai problemi che creano. In primis è una faccenda ecologica a cominciare dagli alberi che vengono tagliati all'uopo e chi mi obietta che oggi le bare sono fatte di truciolato compresso o in altri materiali non fa che aggiungere disastro a disastro.Viene appresso l'area che occupano, strabordante, è sufficiente sollevarsi sopra una città di medie dimensioni per valutarne l'impatto ambientale segue l'impiego di materiali più o meno preziosi per i tumuli e qui la vanità si spreca, a volte vere opere d'arte intendiamoci ma a che prò. Gli abitanti di questi spazi non ci sono più e hai voglia di averli mandati a scuola, il monumento lo hanno voluto a tutti i costi e se poi c'era il denaro per stare insieme ai congiunti che sarebbero seguiti meglio ancora, si sarebbero fatte tavolate di lasagne virtuali.
La "Memoria" non si accompagna a tumuli o tempi funerari, nasce da ben altro. Oggi però vi è una alternativa, la cremazione, che sarebbe la panacea se non fosse del motivo che i "Comuni" per lucrare tasse improprie difficilmente consente di portarsi seco l'urna funeraria e ancora più complicato spargere le ceneri in multiformi modi, le quali tornerebbero come buon senso biblico, alla Terra!
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Necropoli |
Ora, non volendo elencare tutta una serie di altri inghippi proporrei di seguire l'esempio delle "incivili", con annesso banchetto s'intende, risparmieremmo il taglio di migliaia di alberi che sono il polmone dell'umanità. Non caveremo lastre di marmo deturpando aree altamente ecologiche, non impiegheremo materiali più o preziosi la cui produzione danneggia fortemente l'ambiente e i fiori, dulcis in fundo li metteremmo in casa in un bel vaso di cristallo vicino alla finestra, in modo che i vicini distorcano gli angoli delle labbra oppure per antagonismo a sua volta ne comprerà altri in modo tale che la città parrà un giardino!
28/08/14
La danza macabra movimento di vita e morte
Pubblicato da
Anonimo
Le opere d'arte della "Danza macabra" sono presenti come tematiche, sia in Italia che in Europa, sotto forma di iconografia, che fanno vedere il continuo movimento tra vita e morte, in una danza tra scheletri e uomini che diventa eterna e immortale.
Più volte ho visto la “Danza macabra” che si trova a Clusone (Italia) in bergamasca e mi è sempre piaciuto affrontare questa materia e analizzare i particolari che compongono, questa e le altre opere d'arte, presenti in Italia e in Europa sulla stessa tematica.
Una delle più antiche raffigurazioni della "Danza macabra" è quella realizzata a Parigi nel 1424 ed è andata distrutta alla fine del 1600, lungo una delle mura del Cimitero degli Innocenti e che venne copiata anche a Londra vicino alla cattedrale di Saint Paul.
Più volte ho visto la “Danza macabra” che si trova a Clusone (Italia) in bergamasca e mi è sempre piaciuto affrontare questa materia e analizzare i particolari che compongono, questa e le altre opere d'arte, presenti in Italia e in Europa sulla stessa tematica.
Infatti a partire dal tardo medioevo in diverse opere d'arte iconografica vediamo comparire degli scheletri che rappresentano la morte, mentre gli uomini, raffigurano la vita quotidiana e sono vestiti in modo da rappresentare tutte le categorie della società; dai personaggi più umili: come contadini, soldati e artigiani; ai più potenti: come l'imperatore, il papa, i principi e i sacerdoti.
È bello vedere i personaggi danzare con il proprio corpo umano e celeste, quasi a dire che la morte va a braccetto con la vita e la vita continua anche dopo la morte in questa danza continua, infatti sia la vita che la morte non sono altro che una danza, da vivere fino in fondo e una danza che si prepara in questa vita e dura per l’eternità.Una delle più antiche raffigurazioni della "Danza macabra" è quella realizzata a Parigi nel 1424 ed è andata distrutta alla fine del 1600, lungo una delle mura del Cimitero degli Innocenti e che venne copiata anche a Londra vicino alla cattedrale di Saint Paul.
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La danza macabra |
27/08/14
La cucina cinese: origini dell'arte della tavola
Pubblicato da
Galadriel
Le abitudini alimentari di un popolo sono sempre strettamente connesse a fattori storici, economici e filosofico-religiosi che ne costituiscono l'intero sistema culturale e di vita: l'arte della tavola, facendo parte di questo sistema, ha perciò un indiscutibile valore semiologico.
Al centro dell'antica raccolta cinese di «letture» divinatorie intitolata Yi Jing (Libro dei mutamenti), troviamo, l'esagramma conosciuto come «le mandibole» il cui significato simbolico è proprio «l'alimentazione»: osservate come una persona suole nutrire gli altri e di che cosa ama nutrire se stessa - dice il testo - e queste osservazioni vi riveleranno molto del suo carattere. In altri termini, la corretta alimentazione di noi stessi e degli altri è il punto nodale dell'esistenza.La pratica della cucina cinese rivela in effetti una fusione di scienza culinaria (le tecniche di cottura), di filosofia culinaria (la scelta degli ingredienti) e di arte cculinaria (la preparazione, la composizione e la presentazione). All'origine di questa cucina,che può costituire, come ogni altra espressione dello spirito cinese, un'insolita ma possibile visuale prospettica di questa civiltà, vi è un nucleo ideologico fondamentale che risale agli albori della sua storia: in una comunità agricola, fortemente condizionata dal ritmo delle stagioni, dalle fasi lunari e dalle rispettive corrispondenze biologiche, l'idea di un corso immutabile della natura si è sviluppato parallelamente al concetto di ordine e di armonia universale.

Esiste una Legge alla quale l'uomo deve uniformarsi per non spezzare questa armonia che è fonte di vita. Questa Legge, chiamata Tao («la Via»), si manifesta attraverso l'azione di due forze opposte e complementari, lo yin e lo yang che sono i principi negativo e positivo della vita universale (il femminile e il maschile, l'oscurità e la luce, il freddo e il caldo), concetti astratti e insieme realtà immanenti il cui equilibrio genera l'armonia. Yin e Yang agiscono in cooperazione secondo un ritmo armonico che vede alternarsi il sopravvento ora dell'uno ora dell'altro.

Queste teorie cosmologiche ed etiche sono anche alla base della medicina tradizionale cinese che si è tramandata e sviluppata fino ai giorni nostri e che annovera, tra i suoi metodi terapeutici, il «nutrimento del corpo», ovvero la dietetica, la farmacologia, ovvero la somministrazione di farmaci derivanti dai tre regni della natura.
26/08/14
Pescolanciano città medioevale
Pubblicato da
Galadriel
Pescolanciano (m 819 s.m.; ab. 1183) Si trova nel Molise, in provincia di Isernia da cui dista 15 km. È situata su un colle, all'altezza del fiume Trigno.
Pescolanciano città medioevale L'abitato è costituito, oltre che da una parte moderna, da un borgo medioevale cinto da mura. Questo borgo, tuttora ben conservato, ha due opposte porte d'ingresso ad arco e rustiche case con portali pure ogivali.
Storia La prima menzione del borgo risale all'epoca normanna quando, citato come Pesclum Lanzanum e già munito di castello, risulta feudo dei de Calvellis. Sotto gli Svevi ha signori propri che prendono il nome dal feudo, e quindi è dei d'Evoli, dei Carafa e dei d'Alessandro, che sono gli ultimi titolari del feudo e che hanno Pescolanciano a titolo ducale. Nella seconda metà del secolo XVI passa alla Capitanata, a cui resta unita sino al 1807 quando, come tutta la regione, è parte della provincia autonoma con capoluogo Campobasso.
Arte e monumenti Il castello, eretto su uno sperone roccioso e collegato al borgo medioevale mediante un ponte levatoio, è una maestosa costruzione di origine altomedioevale, poi ripresa e ampliata fino a darle l'aspetto attuale. Caratterizzato da una pianta a forma di esagono irregolare, esso presenta sottogronda verso l'abitato un lungo loggiato ricavato da un camminamento di ronda; all'interno è una cappella seicentesca con un dipinto di scuola di F. Solimena. La chiesa di S. Antonio ha un portale a sesto acuto, con esili colonnine e capitelli dei secoli XV-XVI. Su un'altura dei dintorni sono i resti di una torre di vedetta dominante la vallata del Briccioso.
Manifestazioni Festa patronale di S. Anna (26 luglio).
Prodotti enogastronomici Pescolanciano, come tutto il Molise, possiede vaste estensioni di pascoli ed è terra di formaggi, Troviamo così il caciocavallo, la scamorza, il fior di latte, la mozzarella, il burrino e il pecorino, alcuni prodotti tuttora in maniera artigianale. Fra i salumi, ottime le salsicce di fegato, il sanguinaccio e la soppressata.
Dal punto di vista enologico, in zona non vi è apprezzabile produzione vinicola.
Ragù misto alla molisana
Si tratta di uno dei sughi più importanti della gastronomia molisana; con esso di solito viene condita la pasta casalinga delle grandi occasioni. Prepararlo è un rito, sia per la ricerca delle carni più adatte, sia per la cura con la quale viene intrapresa la cottura. Inoltre bisogna disporre di una tiella di terracotta all' altezza della situazione. Il sugo serve per condire la pasta mentre la carne viene presentata come secondo piatto
Valori nutrizionali Protidi 66 Lipidi 38 Glucidi 9 Kcal 642
Ingredienti per 4 persone:
*4 fettine di carne d'agnello
*4 fettine di carne di maiale
*4 fettine di carne di vitello
*120 g di salsiccia fresca
*80 g di lardo
*1 bicchiere di vino rosso
*800 g di pomodori pelati e tritati
*cipolla *aglio *peperoncino rosso tritato
*prezzemolo *olio d'oliva *sale *pepe
Adagiate su un tagliere le fettine delle varie carni, poi al centro di ognuna disponete foglioline di prezzemolo, aglio tritato, sale e pepe. Avvolgetele a forma di involtini legandole strettamente con un filo incolore. Preparate un battuto con lardo, cipolla, aglio e prezzemolo, e mettetela a soffriggere dolcemente, in un po' d'olio, in un tegame di terracotta, fino a quando i pezzettini di lardo cominceranno a sfrigolare. A questo punto mettete gli involtini e, non appena saranno leggermente coloriti, bagnateli con il vino lasciandolo evaporare. Aggiungete la polpa di pomodoro e cuocete, coperto, a fuoco dolcissimo per due ore o più; verso fine cottura aggiustate eventualmente di sale e insaporite con una buona presa di peperoncino tritato.
Pescolanciano città medioevale L'abitato è costituito, oltre che da una parte moderna, da un borgo medioevale cinto da mura. Questo borgo, tuttora ben conservato, ha due opposte porte d'ingresso ad arco e rustiche case con portali pure ogivali.
Storia La prima menzione del borgo risale all'epoca normanna quando, citato come Pesclum Lanzanum e già munito di castello, risulta feudo dei de Calvellis. Sotto gli Svevi ha signori propri che prendono il nome dal feudo, e quindi è dei d'Evoli, dei Carafa e dei d'Alessandro, che sono gli ultimi titolari del feudo e che hanno Pescolanciano a titolo ducale. Nella seconda metà del secolo XVI passa alla Capitanata, a cui resta unita sino al 1807 quando, come tutta la regione, è parte della provincia autonoma con capoluogo Campobasso.

Manifestazioni Festa patronale di S. Anna (26 luglio).
Prodotti enogastronomici Pescolanciano, come tutto il Molise, possiede vaste estensioni di pascoli ed è terra di formaggi, Troviamo così il caciocavallo, la scamorza, il fior di latte, la mozzarella, il burrino e il pecorino, alcuni prodotti tuttora in maniera artigianale. Fra i salumi, ottime le salsicce di fegato, il sanguinaccio e la soppressata.
Dal punto di vista enologico, in zona non vi è apprezzabile produzione vinicola.
Ragù misto alla molisana
Si tratta di uno dei sughi più importanti della gastronomia molisana; con esso di solito viene condita la pasta casalinga delle grandi occasioni. Prepararlo è un rito, sia per la ricerca delle carni più adatte, sia per la cura con la quale viene intrapresa la cottura. Inoltre bisogna disporre di una tiella di terracotta all' altezza della situazione. Il sugo serve per condire la pasta mentre la carne viene presentata come secondo piatto

Ingredienti per 4 persone:
*4 fettine di carne d'agnello
*4 fettine di carne di maiale
*4 fettine di carne di vitello
*120 g di salsiccia fresca
*80 g di lardo
*1 bicchiere di vino rosso
*800 g di pomodori pelati e tritati
*cipolla *aglio *peperoncino rosso tritato
*prezzemolo *olio d'oliva *sale *pepe
Adagiate su un tagliere le fettine delle varie carni, poi al centro di ognuna disponete foglioline di prezzemolo, aglio tritato, sale e pepe. Avvolgetele a forma di involtini legandole strettamente con un filo incolore. Preparate un battuto con lardo, cipolla, aglio e prezzemolo, e mettetela a soffriggere dolcemente, in un po' d'olio, in un tegame di terracotta, fino a quando i pezzettini di lardo cominceranno a sfrigolare. A questo punto mettete gli involtini e, non appena saranno leggermente coloriti, bagnateli con il vino lasciandolo evaporare. Aggiungete la polpa di pomodoro e cuocete, coperto, a fuoco dolcissimo per due ore o più; verso fine cottura aggiustate eventualmente di sale e insaporite con una buona presa di peperoncino tritato.
25/08/14
Ceriana città medioevale
Pubblicato da
Galadriel
Ceriana (m 369 s.m.; ab. 1371) Si trova in Liguria, in provincia di Imperia da cui dista 33 km. E situata in una conca boscosa dominata dalle cime dei monti Bignone e Alpicella. L'abitato si adagia alla destra del torrente Armea risalendo le prime pendici del versante vallivo.
Ceriana città medioevale Ceriana ha il tipico aspetto dei centri medioevali liguri. Un dedalo di viuzze in una cascata di case che occupa le ripide pendici di un colle: qui, nell'isolato entroterra è rimasta sospesa l'atmosfera del Medioevo in una sua versione tipica e popolare.
Storia Ceriana viene fondata nel 979. Compresa nei feudi dei conti di Ventimiglia, viene acquistata dai vescovi di Genova nel 1405 che sul finire del secolo XIII, la vendono ai Doria e ai Mari. Nel 1353 passata alla Repubblica di Genova, viene inclusa nella Giurisdizione delle Palme. Da allora segue le sorti genovesi.
Arte e monumenti Già al primo incontro Ceriana rivela il suo fascino: la porta detta Oppidum e forse un ingresso della parte più antica, una porta ad arco, che immette m una strada coperta, una specie di galleria col soffitto a volte, che corre sotto l'oratorio della Visitazione. Le case sono in pietra a vista, alte e strette, tutte diverse e irregolari, una attaccata all'altra e così fitte e omogenee da costituire un complesso unitario di grande vigore, integrato al paesaggio. Imboccando una delle stradine potrà sembrare di entrare in uno spontaneo labirinto: continui saliscendi, sdoppiamenti improvvisi, strani incroci. Molte stradine. di Ciriana sono scalinate dal passo lungo e dall'alzata ridotta, lastricate in pietra locale. Spesso c'è continuità fra le scalinate esterne e quelle interne delle case. Ogni tanto s'incontra qualche slargo: minuscole piazze con l'aspetto di un cortile familiare. Non mancano edifici monumentali di valore: la seicentesca parrocchiale di S. Pietro, che ha m sagrestia un altare ligneo del XVI secolo, si presenta con alta facciata barocca sormontata da due campaniletti; l'oratorio della Visitazione, in stile barocco ligure, possiede un altare del 1760 e due affreschi del 1748; la chiesa di S. Pietro detta dello Spirito Santo, di origine romanica, è un ampio edificio con tre navate della fme del secolo XVI, con aggiunte successive; la cappella di S. Salvatore, forse la più antica di Ceriana, che sorge in alto. In basso sorgono, invece, al termine di un ripido vicolo la chiesa di S. Spirito, in stile romanico, rielaborato, con un campanile alto e sottile, e l'oratono barocco di S. Caterina, che custodisce una tavola attribuita a F. Brea.
Manifestazioni Festa patronale dei Ss. Pietro e Paolo (29 giugno).
Prodotti enogastronomici In zona vi è una buona produzione d'olio d'oliva.
Vini Ceriana confina con il territori in cui si produce il Rossese, celebre vino rosso i cui vigneti sono collocati nei comuni di Dolceacqua Soldano e Perinaldo.
Branda cujun
Questo piatto dal nome così insolito è la versione ligure del veneto baccalà mantecato. Non dimentichiamo che ciò che viene chiamato baccalà in Veneto e stoccafisso in Liguria è esattamente la stessa cosa: merluzzo privato dei visceri e poi seccato intero.
Valori nutrizionali Protidi 33 Lipidi 5 Glucidi 18 Kcal 249
Ingredienti per 4 persone:
*600 g di stoccafisso già ammollato
*400 g di patate
*aglio
*prezzemolo tritato
*olio d'oliva
*sale *pepe
Mettete lo stoccafisso in una casseruola e copritelo con acqua fredda. Fate prendere l'ebollizione e cuocete per una decina di minuti, quindi spegnete il fuoco e lasciate a bagno il pesce per circa 20 minuti. Toglietelo dall'acqua, spellatelo, spinatelo e mettetelo in una casseruola di terracotta con abbondante olio d'oliva, aglio e prezzemolo tritati. Salate, pepate e fate cuocere a fuoco lentissimo per almeno un' ora, continuando a mescolare e riducendo il tutto in una poltiglia. Aggiungete le patate tagliate a piccoli pezzi e continuate la cottura, aggiungendo ogni tanto un filo d'olio, fino a che non si otterrà una specie di purea. Al momento di servire aggiungete dell'altro prezzemolo appena tritato.
Ceriana città medioevale Ceriana ha il tipico aspetto dei centri medioevali liguri. Un dedalo di viuzze in una cascata di case che occupa le ripide pendici di un colle: qui, nell'isolato entroterra è rimasta sospesa l'atmosfera del Medioevo in una sua versione tipica e popolare.
Storia Ceriana viene fondata nel 979. Compresa nei feudi dei conti di Ventimiglia, viene acquistata dai vescovi di Genova nel 1405 che sul finire del secolo XIII, la vendono ai Doria e ai Mari. Nel 1353 passata alla Repubblica di Genova, viene inclusa nella Giurisdizione delle Palme. Da allora segue le sorti genovesi.

Manifestazioni Festa patronale dei Ss. Pietro e Paolo (29 giugno).
Prodotti enogastronomici In zona vi è una buona produzione d'olio d'oliva.
Vini Ceriana confina con il territori in cui si produce il Rossese, celebre vino rosso i cui vigneti sono collocati nei comuni di Dolceacqua Soldano e Perinaldo.
Branda cujun

Valori nutrizionali Protidi 33 Lipidi 5 Glucidi 18 Kcal 249
Ingredienti per 4 persone:
*600 g di stoccafisso già ammollato
*400 g di patate
*aglio
*prezzemolo tritato
*olio d'oliva
*sale *pepe
Mettete lo stoccafisso in una casseruola e copritelo con acqua fredda. Fate prendere l'ebollizione e cuocete per una decina di minuti, quindi spegnete il fuoco e lasciate a bagno il pesce per circa 20 minuti. Toglietelo dall'acqua, spellatelo, spinatelo e mettetelo in una casseruola di terracotta con abbondante olio d'oliva, aglio e prezzemolo tritati. Salate, pepate e fate cuocere a fuoco lentissimo per almeno un' ora, continuando a mescolare e riducendo il tutto in una poltiglia. Aggiungete le patate tagliate a piccoli pezzi e continuate la cottura, aggiungendo ogni tanto un filo d'olio, fino a che non si otterrà una specie di purea. Al momento di servire aggiungete dell'altro prezzemolo appena tritato.
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