04/09/14

L'importazione dei prodotti alimentari nella cucina cinese

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L'importazione dei prodotti alimentari era sotto stretto controllo governativo, con la supervisione di un dignitario chiamato «Maestro dei Cibi», assistito da otto dietisti e sedici maggiordomi, che avevano il compito di sovrintendere alla preparazione delle feste e del banchetti del «Figlio del Cielo» (l'Imperatore) con severa osservanza dei tabù stagionali. Difatti le regole igieniche che proibivano l'uso di certi cibi giocavano un ruolo preminente nella vita quotidiana dell antica Cina: «il mangiare e il bere - scriveva un celebre medico del II secolo - sono destinati al piacere del palato e al nutrimento della vita, ma se non sono ordinati correttamente quel che si mangia può risultare estremamente dannoso». 

Bisogna riconoscere che nessun popolo più dei cinesi ha prestato così tanta attenzione alla cottura del cibi. Non ci si riferisce in questo caso ai trionfi gastronomici della cucina cinese nota in tutto il mondo, ma piuttosto ai principi della cottura basata sull'uso di grandi quantità di olio ad alte temperature e sulla frittura realizzata in ampi tegami di ferro dalle pareti sottili. La desuetudine ai cibi freddi che sembra aver caratterizzato la cucina cinese per secol è stata sicuramente motivata da forti fattori igienici, con il preciso scopo di prevenire le infezioni. Gli, occidentali che ebbero modo di conoscere questo Paese, pur nelle condizioni tutt'altro che salubri dell antichità, si resero subito conto di quanto fosse igienica la maniera cinese di preparare i cibi. L'importanza della cottura è ben chiarita dall'affermazione che leggiamo in un trattato (sui riti) del primo periodo Han (206 a.c. - 220 d.C.): «Fu Sui Ren che per primo tagliò la legna per ottenere il fuoco e insegnò alla gente a cucinare i cibi crudi per far sì che non soffrisse di malattie dello stomaco e per innalzare gli uomini sopra il livello delle bestie». 

Da questa consapevolezza derivò, più tardi, il famoso detto bai fei wu tu che significa «tutto ciò che è perfettamente bollito o cucinato (cotto) non può essere velenoso». Altre condizioni ambientali hanno influenzato lo stile della cucina cinese: in alcune regioni, per esempio, la scarsità cronica di combustibile da cucina ha incrementato tecniche di cottura che ne assicurano il massimo risparmio. Tagliare i cibi a pezzettini rende possibile friggerli a fuoco vivo in pochi minuti, oltre a conservare la consistenza e la ricchezza vitaminica degli alimenti. La cottura al vapore richiede anch'essa una quantità minima di combustibile e mantiene i pregi degli alimenti, grazie alla delicatezza del metodo. Al di fuori dei giorni festivi i cinesi avevano (e hanno tuttora) un'alimentazione molto semplice costituita di riso condito con qualche verdura o con pezzettini di carne.

Come esemplificato dalla farmacopea, in cui i principali rimedi sono ottenuti dalle piante, i prodotti del regno vegetale hanno un'importanza primaria nell'alimentazione cinese: oltre alle erbe comuni, ai legumi e alle radici, vengono usati molti vegetali che non sono conosciuti in Europa. In un paese essenzialmente agricolo è il cortile che fornisce la maggior parte delle carni (galline, oche, anatre) o s'ono i pesci d'acqua dolce, come la carpa. Per i pranzi più ricercati si aggiunge la carne di maiale, di bue, di montone, di pecora, di cavallo o di cane che i cinesi chiamano «la carne profumata». Troviamo accurate descrizioni di questi banchetti negli scritti dei missionari cattolici che penetrarono in Cina a partire dal XV secolo. «In questi conviti hanno tutte le nostre vivande condite assai bene, ma di nessuna viene molta quantità, e si prezzano di molta varietà di cose, empiendo le tavole de' bacciletti, che sono assai piccoli sempre, sì de carne e pesce in ogni pasto e tutto mangiano; et una vivanda posta in tavola sta quivi fino alla fine senza toglierla da lì... Nessuno pane si pone alla tavola, nè gran riso che risponde al pane, in simili conviti».

Riguado alle bevande più usate in Cina ecco quanto ha da direi il padre gesuita Matteo Ricci, alla fine del XVI secolo: «Il loro bevere sempre è cosa molto calda, anca nel mezzo della state o sia quella loro decottione di cià o vino, o altre cose liquide; che pare cosa molto utile alla sanità. Per questo vivono molti anni di vita, e sino a settanta e ottanta anni sono assai più robusti che i nostri; e da qui anca penso viene che loro non hanno il male della pietra o di arenella, come hanno sì soventemente i nostri Europei, che sempre bevono cose fredde».

Fino a poco tempo fa la cucina cinese più diffusa in Occidente era soprattutto quella del Guangdong (Cantonese). In moltissimi casi quella che era definita «cucina cinese» era un'interpretazione occidentale e poteva essere considerata soltanto un sostituto della superba arte culinaria cinese. Secondo una recente indagine, in Cina esistono non meno di 5.000 varietà di piatti.
La cucina cinese può essere suddivisa in quattro principali categorie regionali:
Cucina settentrionale - Beijing (Pechino), alcune volte chiamata Mandarina, e Shandong (Shantung);
Cucina meridionale - Guandong (Cantonese);
Cucina orientale - Shanghai e Jiangzhe;
Cucina occidentale - Sichuan (Szechuan e Hunan).

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