Il-Trafiletto
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04/11/14

Rivalutiamo l'olio di ricino

Quando ero bambina sentivo spesso parlare i miei nonni del temutissimo e altresì schifoso olio di ricino, che veniva usato ai tempi perolpiù per la cura della stipsi e come purificatore. Infatti veniva utilizzato, due volte l’anno, per pulire l’intestino, come depurativo e nell’italia fascista era la “purga del sovversivo”. Ma sono bel altre le prorietà di questo olio. Vediamo quali.

Utilissimo per ristrutturare i capelli sfibrati, in caso di costipazione cronica, disturbi alla cistifellea, artrite e molti disturbi addominali.
Come cosmetico per i capelli: per le sue proprietà ammorbidenti in caso di secchezza o per capelli sfibrati da trattamenti liscianti e tinture. Riequilibra il grasso in eccesso, previene le doppie punte e si può produrre una miscela, miscelando due parti di olio di mandorle dolci (o olio di cocco) e una parte di olio di ricino, con la quale massaggiare i capelli inumiditi su lunghezze e punte. Sulla base dalla miscela precedente, si può, aggiungendo del miele ottenere un ottimo impacco reidratante e ristrutturante. Sempre sui capelli inumiditi, stendere la miscela avvolgendo i capelli in una cuffia da doccia o un asciugamano caldo, lasciare in posa per almeno un’ora. L'importante è che siate costanti, almeno 2 impacchi a settimana per un mese. Non eccedete con l’olio che, essendo viscoso, ha necessità di un buon lavaggio, ne basta poco.

Ricinus Communis
immagine presa dal web

Ottimo come ristrutturante anche per ciglia e sopracciglia; servitevi di un vecchio applicatore del mascara.  Si presume, ma non è ancora stato dimostrato scientificamente, che l’olio di ricino molto in comune con la cheratina e questo spiega le sue proprietà e il suo ampio utilizzo.
E' efficace anche per uso esterno, infatti rientra nei componenti di oli solari, oli da bagno e prodotti per il cuoio capelluto. E' idratante: massaggiato sulla pelle, forma un film che riduce l’evaporazione dell’acqua, trattenendo l’idratazione fisiologica.  E' stato dimostrato che alquanto efficace quale preventivo nei confronti di alcune specie di virus, batteri, lieviti e muffe; infatti viene usato per trattare la tinea, infezione micotica che colpisce le unghie (onicomicosi) il cuoio capelluto, la barba e altre parti del corpo.
Anche la cheratosi, alterazione dell’epidermide che si inspessisce, con le abrasioni, l’acne e il prurito trova lenimento nell’applicazione dell’olio di ricino. Infatti un panno imbevuto di olio di ricino viene usato come impacco sulla zona da trattare nei casi di malattie della cute. Sembra che gli impacchi di olio di ricino possono migliorare la funzionalità del timo e del sistema immunitario.

30/05/14

Gli organi hanno un linguaggio

La malattia è un disequilibrio di tipo biologico ed emotivo che deve essere affrontato in entrambe le direzioni. Non è più il caso di considerare solo l'approccio medico funzionalista per cui se faceva male il fegato ci si concentrava sul fegato e si sperava di risolvere il problema solo con una pillola o con un intervento chirurgico. Di contro, occorre capire anche i desideri più profondi, le vere priorità, i valori, le potenzialità e i messaggi che il nostro corpo ci invia in continuazione perché sono alla base di uno sviluppo equilibrato dell'esistenza e della salute. 

(tratto da un interessantissimo libro, "Il linguaggio degli organi" casa editrice: Tecniche nuove, scritto dalla psicoterapeuta Anna Zanardi) 


Cosa s'intende per linguaggio d'organo? «S'intende la metafora a cui ricorrono gli organi per dirci quale è il vero malessere che ci assilla. Se la funzione di un organo è quella di decidere, come per il fegato, cosa c'è di tossico o non tossico per il nostro corpo, un'eventuale malattia epatica generalmente ci dice che il soggetto non è riuscito a prendere una decisione adeguata nella sua vita rispetto a ciò che è meglio per sé. Può essere che abbia preso decisioni approvate dalla società o dalla famiglia ma che, in qualche modo, lo rendono insoddisfatto emotivamente e quindi soffre di malattie epatiche».

Dunque, la malattia come sistema di crescita? «Iutte le cose difficili e imprevedibili della vita si accettano più facilmente se gli si dà un significato per la nostra evoluzione, per la nostra crescita. È un modo per dare peso alle cose che non capiamo, un modo per non arrenderci a quello che ci fa soffrire e a cui non riusciamo a trovare una soluzione. La malattia è spesso un imprevisto che rende irraggiungibili certi obiettivi, ma la novità sta nel cercare di vederla come "maestro" di vita. Un modo per darle un valore positivo e per superare le difficoltà».

Come si percepisce uno scenario del genere? La malattia è sempre un linguaggio d'organo? «Ormai è dato per scontato anche dal punto di vista scientifico. La psiconeuroimmunologia, per citare un tipo di approccio, sostiene che tutte le cause organiche hanno una concausa emotiva. In pratica ogni volta che ci ammaliamo è perché il nostro sistema immunitario non riesce a difendere il corpo, il sistema immunitario ci difende da ciò che produciamo sia a livello emotivo che a livello cognitivo, quindi di pensiero. In definitiva, anche la medicina ufficiale ammette che in ogni malattia c'è una concausa emotiva e cognitiva. In questo senso ogni malattia ha la sua componente che andrebbe in qualche modo interpretata. È chiaro che la psicosomatica fornisce un'interpretazione parziale. In parole povere, non significa che è sbagliato ricorrere all'intervento chirurgico se ce n'è bisogno o all'intervento farmacologico, significa semplicemente che abbiamo una chiave in più per capire come ci siamo ammalati e per trovare una soluzione per stare meglio».

Quindi come intendere l'approccio psicosomatico? «Ripeto: l'approccio psicosomatico è una delle chiavi in più per comprendere e rappresenta una via altemativa per individuare le concause del nostro star male. lo credo che come in tutte le cose ci sono più cause per lo stesso effetto, non credo che esista una causa unica per la malattia». .

Molti psichiatri sono duri con la psicosomatica e si dicono convinti che serve solo a farci sentire in colpa. "Credo dipenda dal tipo di approccio che si utilizza. Negli ultimi anni la psicosomatica si è molto evoluta. La psicosomatica tedesca, così come tutta quella basata sulla psiconeuroimmunologia, di sensi di colpa non ne parla né li fa venire. Anzi è esattamente il contrario. Ciò non toglie che c'è sicuramente una connessione fra il nostro modo di vedere il mondo e un disturbo organico. A volte facciamo rinunce, scelte che non sono per noi positive e che poi pagheremo in termini di salute. Questa non è colpa ma responsabilità delle proprie azioni». 

Ciò non è un volersi sostituire al medico? "No, molto spesso è un affiancamento. Gli psicoterapeuti non decidono che tipo di cura prescrivere a un malato ma semplicemente accompagnano il medico nel sostenere psicologicamente il malato attraverso la comprensione dei suoi comportamenti disfunzionali, di quei comportamenti che l'hanno portato a soffrire emotivamente».

Si ha la certezza che ci sia una relazione fra mente, cervello e sistema immunitario? «Senz'altro, È la stessa convinzione da cui parte la psiconeuroimmunologia, cioè il comprendere come il sistema immunitario viene condizionato dai nostri pensieri».  

Insomma quando pensiamo, il sistema immunitario intercetta i pensieri e il nostro dialogo interno? «"Sostanzialmente sì. Diciamo che il nostro cervello produce milioni di pensieri totalmente inconsci che però hanno un influsso immediato sui livelli di produzione dei neurotrasmettitori che sono appunto quelli responsabili dell'attività immunitaria. È evidente che quelli negativi ci danneggiano mentre i positivisi sono dei buoni alleati».

Come agiscono le emozioni positive'?· «Faccio un esempio. Ridere accresce la produzione di serotonina una delle sostanze che vince la depressione. Oppure ridere, essere di buon umore e avere pensieri positivi aumenta la produzione di alcuni enzimi che aiutano la digestione. È chiaro, ci sono delle correlazioni fra ciò che il nostro corpo produce e la nostra mente. La positività, non può che migliorare la funzione dei nostri organi».

L'obiettivo si centra solo con l'intervento dello psicoterapeuta? «Non necessariamente nel senso che ci sono persone naturalmente portate al buon umore e alla sdrammatizzazione, mentre ce ne sono altre, un po' tutti noi, che di fronte a eventi particolari della vita non riescono a trovare un significato positivo, un significato di crescita. Allora è d'obbligo ricorrere a un esperto».  

Si riesce anche da soli ad agire positivamente sul sintomo? «la risposta non può che essere affermativa. Riconoscere è già un passagggio, nel senso che ci porta verso la possìbilità di accettare. Non è l'unico passaggio che va fatto, ma riconoscere è il primo passaggio decisivo. Poi c'è l'accettazione razionale, cioè darsi una spiegazione razionale per quello che ci sta accadendo. Infine l'accettazione emotiva: accettare emozionalmente che per anni ci siamo fatti del male perché non sapevamo trovare un altro modo per reagire a una situazione che ci causava dolore».

Questo quadro porta alla guarigione? «Significa semplicemente avvicinarsi a un cambiamento della propria vita. Cambiamento che è un passaggio essenziale verso la guarigione. In molti casi è un modo per stare meglio. La contrapposizione tra biologico e psicologico è obsoleta, visto che non la fa più nemmeno la medicina ufficiale. Ormai anche la scienza ufficiale comprende e studia la correlazione fra agire fisico e agire mentale».

29/03/14

Un'evoluzione ferma 450 milioni d'anni | Sequenziato il genoma dello squalo elefante!

Per lo squalo elefante l'evoluzione si è fermata 450 milioni di anni fa: mantenersi al passo con i tempi non pare essere tra le sue ambizioni maggiori!

Il genoma di questo pesce australiano, dall'aspetto bizzarro, è mutato pochissimo quasi per niente negli ultimi 450 milioni di anni, secondo le ultime ricerche dell'Istituto A*STAR di Biologia Molecolare e Cellulare. Questo "record" gli conferisce il titolo di vertebrato dell'evoluzione più lenta in assoluto tra quelli a noi conosciuti, infatti, lo squalo elefante ha sbaragliato il celacanto, specie a rischio di estinzione e spesso definita "fossile vivente" proprio per le sue caratteristiche marcatamente primitive. I pesci cartilaginei come per l'appunto lo squalo elefante sono senza la tradizionale struttura scheletrica evidente ad esempio, negli esseri umani ed in altri vertebrati ossei.
Squalo elefante

Dopo un confronto tra il genoma di queste creature marine e quello di altre dotate di esoscheletro, gli scienziati sono riusciti a identificare una famiglia di geni che pare assumere un ruolo fondamentale nell'osteogenesi. La speranza e quindi che le nuove scoperte possano contribuire a far luce sull'insorgenza e le possibili terapie di degenerazioni ossee quali l'osteoporosi. Il codice genetico dello squalo elefante e quello umano, oltretutto, presentano similitudini in più parti, rendendo il proto-squalo un importante elemento di riferimento per studi comparativi volti ad approfondire la conoscenza della nostra specie.

"Il genoma a evoluzione lenta delo squalo elefante è probabilmente la migliore approssimazione oggi disponibile del profilo genetico degli antenati, estinti tantissimo tempo fa, di tutti i vertebrati gnatostomi, ossia dotati di osso mascellare", ha spiegato Byrappa Venkatesh, che ha diretto la ricerca.
"Questo risultato è una pietra miliare che ci consentirà di approfondire la nostra conoscenza dello sviluppo e della fisiologia degli umani e di altri vertebrati, in base all'analisi dell'apparato scheletrico".

Un altro esito dello studio, altrettanto inaspettato, è la scoperta che lo squalo elefante pare non disporre di alcuni tipi di cellule immunitarie precedentemente considerate irrinunciabili risorse antivirali, antibatteriche e di prevenzione di reazioni autoimmuni quali il diabete e l'artrite reumatoide. Nonostante dotati di un sistema immunitario tanto primitivo, questi pesci sembrano però opporre un'efficace resistenza alle infezioni e sono anche molto longevi, infatti i ricercatori sperano di comprenderne i segreti per capire meglio i meccanismi della risposta immunitaria degli esseri umani e di altre specie. (science)

19/03/14

Burro chiarificato indiano: il ghee

Chi conosce, anche sommariamente, la medicina Ayurvedica, conosce il ghee, il burro chiarificato indiano prodotto dal comune burro non salato, dopo averlo scaldato a fuoco lento per eliminare la parte acquosa, le proteine e il lattosio. E' puro grasso al 100% e ricco in acidi grassi saturi.
Contrariamente alla propaganda della moderna e politicamente corretta dietologia, non bisogna temere nulla dai grassi saturi. Questi forniscono il 50% degli acidi grassi presenti nelle membrane cellulari. Senza di loro, la cellula non avrebbe la necessaria rigidità e non potrebbe sopravvivere, né funzionare adeguatamente.
Ghee

Le nostre cellule scelgono preferibilmente i grassi monoinsaturi e i grassi saturi da incorporare nella loro membrana. I grassi saturi, inoltre, sono fondamentali per la salute delle ossa, abbassano i livelli di Lp(a), un indicatore di rischio cardiovascolare, proteggono il fegato dai danni dell’alcol e altre tossine e sono necessari per l’utilizzo degli acidi grassi essenziali (omega-3 e 6). Il grasso che circonda il cuore è altamente saturo e il cuore stesso “si nutre” volentieri di questi grassi, soprattutto quando è sotto stress. L’acido stearico, grasso saturo presente anche nel Ghee, è uno dei suoi preferiti.
I legami stabili di questi grassi nel Ghee tendono a formare meno molecole di radicali liberi, concedendo a questo burro la capacità di essere facilmente metabolizzato dall'organismo e con un impatto minore sulla salute rispetto a altri oli.
  •  è  facilmente digeribile e si converte in energia molto velocemente
  •  stimola il sistema immunitario grazie alle sue forti proprietà microbiche
  •  contiene una vasta gamma di vitamine come A,D,E and K. Queste vitamine sono liposolubilii, il che significa che vengono  digerite assieme ad altre molecole di grasso, affinchè queste vitamine posaano entrare nel sangue. 
  • la vitamina A contenuta nel ghee non esiste in altri oli edibili. 
  • stimola la flessibilità e la lubrificazione del tessuto connettivo
  • ha proprietà antivirali e anticancerogene 
  • grazie al suo alto punto di fusione, non brucia e non produce fumo quando viene cucinato e non si carbonizza ad alte temperature come molti altri oli al contrario fanno.  
  • efficace nell'aumento della massa muscolare, nel migliorare la vista e infine coadiuva la  dispersione delle tossine accumulate nel corpo.

03/03/14

Coliche dei neonati: probiotici aggiunti al latte le sconfiggono

Da uno studio effettuato dai ricercatori dell'università di Bari, condotto  su 30 nati prematuri (10 allattati al seno e 20 con latte artificiale) è emerso che aggiungendo lattobacilli ai loro pasti le coliche diminuiscono e le difese immunitarie si rafforzano sensibilmente. Il fermento è il lactobacillus reuterii (5 gocce sono un miliardo di questi lactobacilli). Ma la vera novità è che i bambini «al probiotico» si sono alimentati meglio e il loro sistema immunitario si è rafforzato. Felici i genitori dei neonati studiati a Bari: serenità in famiglia, niente più notti insonni né angoscia.

Ma come si scopre il rallentato svuotamento dello stomaco? Con due esami specifici e poco invasivi: si studia la funzionalità dello stomaco con l'ecografia e la sua attività elettrica con l'elettrogastrografia. Tecnica nella quale eccelle il centro di Castellana Grotte. La diagnosi con l'ecografia, peraltro, può essere effettuata in qualsiasi centro. Fermenti lattici come cura dunque, e quello di Bari non è l'unico studio che prova il ruolo dei lactobacilli. La loro efficacia sul sistema immunitario degli anziani, e come anti- aging, è quanto stanno valutando molti altri gruppi di ricerca internazionali, finanziati dalle aziende alimentari proprietarie dei brevetti (Danone, Nestlé, Yakult) sempre più interessate a salute e benessere. Primi riscontri scientifici: anti-rughe, protettivi della pelle, «nutrimento» per il cervello. Infine, presi di questi tempi, sembrano aumentare la protezione anti-influenzale.

02/03/14

Un sistema immunitario efficiente per restare giovani

Un sistema immunitario efficiente è anche là miglior premessa per restare giovani a lungo: lo affermano tutti i più noti immunologhi. Proprio dallo studio dei «grandi vecchi»  arrivano informazioni che consentiranno di creare una medicina preventiva efficace, «in grado di individuare, soprattutto tra gli anziani, i soggetti a rischio di malattie degenerative, e intervenire in tempo». Per capire come, dobbiamo tenere conto che il nostro sistema immunitario non è statico, ma si rimodella nel corso della vita di un individuo. 


«Nell'800 non si viveva più di 40-50 anni, e l'organismo non faceva in tempo a invecchiare, mentre oggi i progressi della medicina e il miglioramento delle condizioni di vita hanno cambiato radicalmente le cose». Ma il nostro sistema immunitario è continuamente bombardato da aggressioni esterne, cui reagisce accumulando memoria, «proprio come l'hard disk di un computer che finisce con il saturarsi proprio quando avremmo bisogno di nuovo spazio». Per ritardare il processo di invecchiamento del sistema immunitario dunque sarebbe sufficiente diminuire la carica antigenica, ossia le aggressioni esterne. Ma le cose non sono così semplici: «in mancanza di nemici reali da combattere il sistema immunitario può rivolgersi contro altri avversari. Si spiega così, tra l'altro, la crescente diffusione delle allergie nei paesi occidentali dove il sistema sanitario limita la diffusione delle infezioni». Qualcosa però si può fare. «Gli studi più recenti identificano il pericolo nell'infiammazione con cui l'organismo reagisce alle aggressioni esterne». Uno strumento indispensabile per rimanere in buona salute, che in molti casi finisce per trasformarsi in un cavallo di Troia. Il risultato è un fenomeno che gli immunologi hanno ribattezzato inflamm-aging, termine che può essere tradotto come «infiammazione cronica associata all'età»: «Si è scoperto recentemente che l'infiammazione cronica è strettamente legata alla cosiddetta comorbilità dell'anziano, e si ipotizza che proprio questo sia il denominatore comune di malattie molto diverse tra loro, come aterosclerosi e malattie cardiovascolari o patologie degenerative cerebrali». Oggi sappiamo anche che questi processi hanno una base genetica: esistono individui predisposti a produrre citochine pro-infiammatorie, sostanze che intervengono nell'infiammazione, mentre altri hanno una tendenza a produrre meno citochine «cattive» e più citochine anti-infiammatorie. È proprio tra questi ultimi che si trovano più spesso i centenari, oggetto privilegiato di studio di chi cerca di scoprire il segreto della longevità. «l'obiettivo è quello di identificare cluster, ossia associazioni di diversi marcatori genetici che contraddistinguono gli individui più longevi. Identificare i marcatori che consentono di prevedere, in anziani apparentemente sani, lo sviluppo di patologie invalidanti, ossia di fare una vera medicina preventiva, personalizzata sulle esigenze dei pazienti, sarà l'obbiettivo futuro dei ricercatori». E se gli studi confermeranno il ruolo dell'infiammazione nelle patologie degenerative dell'anziano, «sarà possibile curare i soggetti a rischio senza distribuire indiscriminatamente farmaci costosi e non privi di effetti collaterali.» Si tratta di studi complessi, che richiedono di seguire una persona per tutta la vita. E poi non ci sono - ancora - test adeguati a valutare ultraottantenni. Però si può già affermare che una personalità «negativa» è un fattore di rischio per diverse malattie.



10/02/14

Olimpiadi di Sochi | Occhio alle vitamine! Meglio…evitarle.

Olimpiadi di Sochi! Occhio alle vitamine: meglio...evitarle. Sembrerebbe un eufemismo quanto intitolato, ma con il via delle competizioni dell'Olimpiadi Invernali Sochi 2014, parecchie centiania di atleti si stanno preparando ed allenando per fare fronte ad una delle competizioni più importanti della loro vita. 

Ma, in base ai risultati scaturiti da uno studio pubblicato sul Journal of Physiology, è meglio che gli stessi atleti stiano alla larga dai supplementi di vitamine in particolare quelle C ed E se vogliono riuscire a dare sul serio il meglio di loro stessi durante le loro performance sportive. Le vitamine in questione ( C ed E ) fungono da antiossidanti e danno luogo ad un aumento dell’attività del sistema immunitario, rendendolo più attivo nel fronteggiare batteri e virus. Le dosi consigliate di vitamina C, contenuta in frutta e verdura, sono di 75 mg per le donne e 95 mg per gli uomini, invece 15 mg al giorno sono quelle consigliate di vitamina E, che troviamo negli oli vegetali e nella frutta secca, per entrambi i sessi.

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Olimpiadi di Sochi 2014
Poiché i supplementi di queste vitamine, facilmente reperibili in farmacia, hanno una diffusione tanto estesa, Goran Paulsen della Norwegian School of Sport Sciences ha deciso di condurre una ricerca per scoprire se essi influiscono sui meccanismi cellulari e fisiologici durante l’esercizio fisico.

Nell’esperimento, che ha avuto una durata di 11 settimane, i ricercatori hanno analizzato 54 tra uomini e donne. I partecipanti erano suddivisi in due gruppi in modo casuale: il primo doveva assumere 1,000 mg di vitamina C e 235 mg di vitamina E ogni giorno (quantità simili a quelle contenute nei supplementi acquistabili in farmacia), mentre il secondo gruppo riceveva una pillola placebo. Né i partecipanti né i ricercatori erano a conoscenza del gruppo di appartenenza di un particolare soggetto.

Durante le 11 settimane dello studio, tutti i partecipanti dovevano inoltre prendere parte a un programma di allenamento di resistenza che consisteva in tre o quattro sessioni settimanali, principalmente basate sulla corsa. Essi erano inoltre sottoposti a fitness test, biopsie muscolari e prelievi sanguigni durante e dopo la fine dello studio.

Dalla ricerca è risultato che i marcatori per la produzione di mitocondri muscolari, le strutture che forniscono energia alle cellule, aumentavano solo nei partecipanti che prendevano la pillola placebo. Secondo gli scienziati, questo potrebbe essere dovuto proprio all’effetto antiossidante delle vitamine C ed E che, se assunte in dosi eccessive, potrebbero causare un blocco dello sviluppo della resistenza muscolare.

09/01/14

Fibre contro l'asma

Una dieta ricca di fibre oltre a proteggere, com'è noto, da malattie cardiovascolari e patologie intestinali, aiuta a prevenire l'infiammazione delle vie respiratore e ridurre l'asma, stimolando la flora batterica intestinale e favorendo la produzione di acidi grassi in grado di rafforzare il nostro sistema immunitario.
A renderlo noto l'Università di Losanna, in Svizzera, grazie alla ricerca condotta dal team di ricercatori guidato da Benjamin Marsland. Dalla ricerca sperimentale si è potuto osservare come una alimentazione ricca di fibre influenzi la flora intestinale a produrre batteri buoni che, entrando in circolazione attraverso il flusso sanguigno, attivano un'efficace risposta immunitaria che riduce i rischi di irritazione e infiammazione delle vie respiratore e, quindi, il presentarsi dell'asma. 
 
Questo processo è legato al tipo di alimentazione: una dieta troppo "pesante", caratterizzata perlopiù da cibi preconfezionati e povera di fibre, inficia la flora batterica intestinale riducendone la capacità di produzione di quei batteri "buoni" in grado di attivare il sistema immunitario dell'organismo, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Per la nostra salute via libera, quindi, a orzo, farro, pasta e pane integrale, carciofi, lenticchie, piselli, banane, carote, lamponi ecc. Alimenti che oltre a rafforzare le nostre difese, saziano e aiutano a mantenersi in forma. 
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