Il-Trafiletto
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24/08/14

Hano fatto...cosa? | Un'adulto può tornare bambino


Adulti in corpi virtuali infantili. 

Che cosa hanno fatto? 
Grazie a uno schermo fissato alla testa e a una tuta per rilevamento corporeo, è stato consentito ad alcuni adulti di sperimentare, in un sistema di realtà virtuale, che cosa significa avere il corpo di un bambino di quattro anni, o più precisamente, un corpo adulto di dimensioni pari a quello di un bambino.

Che cosa è successo?
I volontari hanno riferito ai ricercatori (psicologi dell'Università di Barcellona) di sentirsi padroni dei loro corpi virtuali, anche se l'illusione si è presto dissolta se le immagini computerizzate non riflettevano esattamente i movimenti compiuti nella realtà. I volontari tendevano a sovrastimare la dimensione di oggetti vicini, soprattutto se il corpo loro assegnato era quello di un bambino.

Che cosa significa? 
Scopo dell'esperimento era verificare se modificando l'autopercezione si altera anche la valutazione dello spazio circostante effettuata dal soggetto. La risposta è sicuramente affermativa: questo risultato si rivelerà particolarmente utile per gli sviluppatori di giochi di realtà virtuale.(science)

04/06/14

Il culto del sogno

IL LIMBO
 di Carlo Fallani
Di dove viene questo racconto? Sarà vero o è solo fantasia? Chi l'avrà scritto? lo forse? O probabilmente qualcun'altro? Un racconto postumo? Anche questo è possibile. Non siamo noi i morti del passato? Mi chiamo Ugo. Giunto ai quarant'anni con un divorzio alle spalle e sfortunatamente senza figli, la mia vita scorreva come un fiume in piena che raccoglieva al suo passaggio i detriti dell'esistenza. Un bagaglio di esperienze indescrivibile, qualche volta anche extrasensoriali. Sono stato felice e lo sono ancora talvolta, ma anche nei momenti più lieti, nel mio intimo, sono sempre stato triste. Ho sempre cercato di scoprire le radici più profonde del mio stato d'animo ma senza risultato. Ho sempre amato il mio prossimo e mai ne sono stato contraccambiato; la delusione che ne ho sempre provato è forse il motivo vero della mia intima tristezza.

Dicevo che ho amato il mio prossimo, ma sopra ogni cosa al mondo ho amato i bambini e solo loro hanno sinceramente ricambiato il mio amore e forse per questo li ho amati di più. I bambini sono in grado di dare moltissimo in cambio dell' amore. Ho sempre cercato di essere un loro amico, sincero e affettuoso, perché sono convinto che un bambino non diventa un adulto felice, senza amore. Molte persone, molti genitori, sono convinti di amare i bambini, ma li amano in modo sbagliato, cercando di farne una copia di se stessi, trasmettendo loro i propri egoismi e le proprie paure, impedendo al bambino di diventare ciò che le sue potenzialità autonomamente gli consentono. Se le idee di un genitore o di un educatore sono errate, come spesso accade, il bambino crescerà male e avrà una vita sbagliata e infelice. Il segreto sta nell'amarli "semplicemente", lasciando che abbiano le proprie esperienze senza repressioni e gelosie e senza cercare di "comprarli" con regali e giocattoli. Aiutare il bambino su questa via verso la felicità, lo aiuterà moltissimo nella vita e nelle sue vite future. Pensavo a tutto questo quel freddo giorno di febbraio mentre percorrevo in automobile una strada in mezzo alle campagne innevate nei dintorni di Milano. Ero talmente assorto nei miei pensieri che, come spesso accade, il mio corpo divenne indipendente dalla mia mente e l'auto era guidata come se avessi innestato il "pilota automatico".

Il culto del sogno
Affrontai una curva a velocità eccessiva, l'auto sbandò ed uscì di strada andando ad urtare con violenza un grosso albero. Penso che l'urto mi abbia fatto perdere i sensi perché, quando tornai cosciente, mi accorsi che l'auto era molto danneggiata e che dovevo essere leggermente ferito perché mi colava del sangue lungo il viso. Stranamente non sentivo alcun male. "Che fortuna" pensai "con tutto questo sconquasso non mi sono fatto quasi niente". Uscii senza fatica dall'auto; mi sentivo benissimo, anzi non ero mai stato meglio. Mi guardai attorno, il luogo era cupo, gelido e completamente deserto. Decisi di allontanarmi per cercare soccorso e, prima di farlo, mi volsi a guardare la macchina fracassata. Con mia grande sorpresa vidi che al posto di guida c'era un corpo esanime. La sorpresa divenne stupore quando mi accorsi che quel corpo insanguinato e contorto era il mio. Senza angoscia e senza nessuna paura, mi resi conto che ero morto e che ero uno spirito, un'anima, che stava osservando il proprio involucro.

Avevo letto di recente il libro "La Vita oltre la Vita" e quindi la cosa non mi meravigliò affatto. Ora, pensai, mi sentirò risucchiare in un lungo tunnel; alla sua fine vedrò una luce meravigliosa, irreale e qualcuno mi accoglierà, per farmi varcare la soglia che porta all'altra vita, alle "Strade Alte". Ero lieto e sereno e attendevo. Attesi, attesi a lungo, o forse non attesi affatto, forse ero in una dimensione senza tempo. Pensavo anche che era molto facile essere un'anima, anzi era meraviglioso. Dopo un tempo che mi parve lunghissimo senza che nulla accadesse, conclusi deluso che forse non era vero niente, che non esisteva un'altra vita. Ma allora dove si trovava la mia anima? Non c'era dubbio che io fossi morto dato che riuscivo a vedere" dall'esterno" il mio corpo, allora perché non succedeva nulla? Decisi di allontanarmi, "qualcosa dovrà pur accadere" pensai e mi diressi verso la strada per riprendere a piedi (o "sospeso"?) la via del ritorno.

Stranamente non riconoscevo più i luoghi; era come se non fossero più quelli. Tutto era diverso, irreale; non c'erano più case, più fabbriche, non c'erano più auto, non c'era più gente, non c'era più nulla. Il paesaggio era un deserto livido e gelido. Ma allora dov'ero? Cosa mi stava succedendo? Fu in quel momento che scorsi in fondo alla strada una piccola, vecchia chiesa di stile romanico. Strano, pensai, non pensavo che ce ne fosse una da queste parti. Affrettai il passo per raggiungerla. Avvicinandomi, mi accorsi che la neve si stava sciogliendo trasformandosi in fango, quindi il fango divenne morbida terra che si coprì rapidamente della più verde erba che avessi mai visto. Il clima si stava mitigando velocemente e quando raggiunsi la chiesa, l'aria era tiepida e profumata di violetta, il cielo era azzurro e terso e un'infinità di fiori multicolori erano sbocciati come per incanto. Entrai nella chiesa e mi incamminai silenziosamente sotto le arcate deserte verso l'altare. Ero calmo, divinamente calmo. Trasalii all'improvviso nel sentire una voce, una voce infantile, dolcissima: "Ciao caro amico, ti aspettavo da molto tempo".

Mi volsi e mi vidi accanto un'adorabile, deliziosa bimbetta esile, con i lunghi capelli color miele e con grandi occhi ridenti color cristallo. La sua piccola mano calda prese la mia e la strinse, sorrideva felice. Mi meravigliò il fatto che io potessi sentirne il "contatto". "Chi sei?", chiesi, "e dove sono?" "Mi chiamo Elisa", rispose, "ci troviamo in quel luogo che viene chiamato Limbo; è una non-dimensione. Quì ci sono tutti i bambini che sono morti alla loro prima vita senza aver potuto viverla. lo sono morta quando avevo 6 anni insieme al mio fratellino Marcello che ne aveva 11, ma non ricordo né come, né quando, né dove. Naturalmente non possiamo passare alla nostra seconda vita senza aver avuto l'esperienza della prima. Allora veniamo "parcheggiati" in questo luogo in attesa che arrivi l'anima di una persona come te, che sia buona, che ami molto e nel modo giusto i bambini, che abbia una grande esperienza di molte vite terrene. Tu sei stato scelto per noi, io e Marcello ti siamo stati affidati; tu dovrai farci vivere una vita intera vicino a te. Dovrai amarci e trasmetterci tutto quello che hai appreso in tutte le tue esistenze.

Quando la nostra esperienza sarà stata completata, potremo finalmente entrare nel "mondo di mezzo" dove saremo poi assegnati ad un nuovo nato sulla terra per avere la nostra seconda vita". "Ed io che farò poi?" chiesi "Tu verrai con noi" rispose "Potrai anche tu entrare nel 'Mondo di mezzo' ed avere in seguito la tua prossima vita". "Ma io ho già quarant' anni" obiettai "e tu solo 6 e Marcello 11; diverrò vecchio presto, non avrò il tempo per vivere una vita intera insieme a voi". Mi sorrise indulgente e parlandomi come si parla ad un bambino al primo giorno di scuola, mi disse: "Non dimenticare che siamo morti, noi non potremo mai invecchiare". Il suo sorriso divenne ancor più luminoso e dolce. "Andiamo" disse "Marcello ti aspetta ansiosamente". "Dove andiamo?" chiesi, "Nel luogo dove dovremo vivere. Vedrai, è bellissimo, saremo molto felici insieme". Mi guardò un momento in silenzio, poi, tenendomi per mano, si incamminò verso l'uscita; dopo qualche passo si volse e cinguettò: "Sai, siamo stati molto fortunati io e Marcello, sono certa che ci vorrai molto bene, lo sento, io te ne voglio già". Improvvisamente cadde la notte e si accesero le luci dell'infinito, il profumo di violetta era diventato intensissimo; ascoltai il mio cuore ringraziare il Grande Dio Onnipotente.

19/03/14

Il nostro genoma influenzato dall'ambiente | Ecco come condiziona le nostre esperienze l'ambiente che ci circonda.

Il nostro genoma influenzato dall'ambiente | Ecco come condiziona le nostre esperienze l'ambiente che ci circonda.
Il rapporto tra natura e cultura o, se preferite, tra ereditarietà e ambiente è una delle più controverse questioni della filosofia e della ricerca scientifica. Ma un importante contributo a tale controversia, pare arrivare da un settore di ricerca parecchio interessante: l'epigenomica.

In base alla visione classica, il nostro genoma è una sorta di codice fisso, che può cambiare da una generazione all'altra, ma che per il resto ha un modus operandi costante, riproducendosi uguale a se stesso. Nella realtà le cose non si svolgono in maniera così lineare, infatti il nostro genoma è circondato da meccanismi aggiuntivi, l'epigenoma per l'appunto, che provvedono ad attivare , ovvero sia "esprimere"  questo o quell'altro gene in questa o quella cellula in base ad alcune fasi della vita, ma prevalentemente in base a degli stimoli esterni, ambientali e in senso lato, anche "culturali".
Genoma influenzato dall'ambiente

Insomma l'ambiente che ci plasma, il nostro Dna subisce mutazioni nei meccanismi di attivazione e spesso questi mutamenti sono potenzialmente trasmissibili alle generazioni successive. Le esperienze che possono indurre mutazioni epigenetiche sono molte, relative a quello che mangiamo, quello che respiriamo, alle attività fisiche e a situazioni psicologiche, dall'apprendimento allo stress. Siamo in presenza di una rivoluzione concettuale, per la quale un codice già noto, quello genetico, risulta essere influenzato da un codice di cui sapevamo poco, quello epigenetico.

Secondo Valerio Orlando biologo della Fondazione Santa Lucia di Roma, ora in forze al King Abdullah University of Science and Technology, a Thuwal, in Arabia Saudita, «nell'ambito della conoscenza del genoma l'epigenomica rappresenta una novità: si prende atto del fatto che accanto al genoma c'è anche l'epigenoma, un complesso di strutture accessorie che ne regolano la funzionalità, si tratta di componenti strutturali proteici e chimici dei cromosomi essenziali per la regolazione cellulare. L'importanza di questi componenti è che sono essi a consentire al genoma di comunicare con l'ambiente. L'epigenoma è quel complesso di fattori strutturali che registrano l'esperienza biologica in tutte le fasi della vita e attraverso di essi le cellule trasmettono la base della loro identità alle cellule figlie e in alcuni casi alle generazioni successive».

È il caso dell'ambiente prenatale e di quello post-natale. «È noto ad esempio che le abitudini alimentari e comportamentali della madre la sua esperienza biologica, gli ormoni secreti dal suo organismo, ciò che mangia, le situazioni stressanti che si trova a vivere, – possono influire sul feto e sull'espressione dei suoi geni, continua Orlando, tra i relatori del Brain Forum che si chiude oggi a Milano. Inoltre lo stress nelle primissime fasi della vita e la carenza di cure materne possono modificare determinate regioni regolative dei geni e relativi circuiti cerebrali per cui la progenie finirà con lo sviluppare un fenotipo depressivo/aggressivo.

In alcuni casi tali caratteristiche possono essere ereditate, e la predisposizione si combina poi con l'ambiente sociale e familiare. Volendo fare una metafora, potremmo dire che l'epigenoma rappresenta un'immagine chimica della realtà, un riflesso dell'ambiente esterno come viene incontrato dalle cellule e dall'organismo». Varie sono le connessioni tra epigenoma e comportamento: la ricerca ha riscontrato correlazioni tra determinate caratteristiche epigenetiche e la tendenza al suicidio, la schizofrenia, l'alcolismo, la suscettibilità individuale a stupefacenti come la cocaina, l'azione di alcuni tipi di psicofarmaci. Per quanto riguarda il rapporto tra epigenetica e cervello umano, possiamo dire che molte funzioni cerebrali sono accompagnate da cambiamenti nell'espressione genica a livello cellulare, e che alcuni di questi meccanismi sembrano essere coinvolti nella memoria a lungo termine.

C'è da dire che gli studi sugli esseri umani sono pochi, mentre non mancano quelli sugli animali, soprattutto ratti e topi. E a proposito di animali Orlando fa un interessante esempio relativo agli insetti sociali: «Nel caso delle api, l'esposizione delle larve alla pappa reale ne influenza pesantemente l'espressione genica, determinandone il destino, ossia il ruolo sociale che ricopriranno, facendone operai o api regine». Forse è un po' troppo presto per mettersi a cercare le basi epigenetiche dei gusti artistici e delle preferenze individuali – soprattutto di quelle più squisitamente psicologiche, come i "colori preferiti" e così via. È però senz'altro chiaro che alcune scelte marcatamente culturali per fare un esempio, quella di bere in età adulta il latte di altre specie animali può influenzare le nostre caratteristiche epigenetiche nella fattispecie la produzione dell'enzima lattasi e che tali caratteristiche possono essere trasmesse.

Per quanto riguarda la ricerca, l'Human Epigenome Project, un progetto internazionale sostenuto dal britannico Wellcome Trust Sanger Institute, l'azienda biotech Usa-tedesca Epigenomics Ag e il francese Centre National de Génotypage mira a identificare, catalogare e interpretare i meccanismi che compongono l'epigenoma, accumulando conoscenze utili nella lotta ai tumori. Epigen è invece un'iniziativa multidisciplinare, promossa dal Miur e dal Cnr, che riunisce 70 ricercatori con l'obiettivo di comprendere come i meccanismi epigenetici regolino i processi biologici, determinino la variazione fenotipica e contribuiscano allo sviluppo di numerose patologie.

22/02/14

Francia | Non sarà più un sogno dormire a Versailles o Fontainebleau.

Il sogno che potrebbe trasformarsi in realtà. la Francia sta pensando di tramutare le sue residenze reali in alberghi di lusso per porre rimedio alla crisi così da sfruttare il potenziale economico degli edifici protetti per assicurarsi il loro restauro senza gravare sulla spesa pubblica. Potremmo quindi ben presto trascorrere una notte da sogno alla reggia di Versailles, tra i saloni del Re Sole e i giardini disegnati da Le Notre. Recentemente Il celebre castello reale di Chambord, patrimonio dell'Umanità dell'Unesco, ha fatto da apripista: due dependance di questa prestigiosa residenza della Valle della Loira che ha ospitato tra gli altri Francesco I e Luigi XIV, sono state riconvertite in "gites de charme", appartamenti di lusso indipendenti affittati tra i 1.000 e i 1.800 euro a settimana. Collocate a pochi metri dal castello offrono un paesaggio mozzafiato da cui si può spesso osservare anche il passaggio dei cervi. Il prossimo castello a seguire le sue orme potrebbe essere quello di Fontainebleau, alla periferia di Parigi, che fu dimora dei sovrani di Francia da Francesco I a Napoleone III. Il palazzo, detto Les Heronnieres, costruito tra il XVIII e il XIX secolo e destinato ad accogliere le scuderie di re Luigi XV, ha una superficie di 12.000 metri quadrati ed è attualmente abbandonato. Vanno sempre più allungandosi i tempi riguardanti il progetto di trasformare una delle dependance secondarie della reggia di Versailles in hotel di lusso. "Abbiamo un accordo con un investitore ma per ora non è riuscito a realizzare il progetto", ha spiegato la presidente della reggia di Versailles, Catherine Pegard, che sta studiando nuove soluzioni. Anche l'apertura di un albergo a cinque stelle nei 1.700 metri quadrati dell'Hotel du Grand Control, una dimora patrizia del XVII secolo in pessime condizioni, ceduta a una società privata belga che a sue spese doveva farla diventare una residenza de charme con 23 camere, alcune delle quali con vista sull'Orangerie, prevista per il 2011, è stata rimandata. Altri potenziali 'castelli-hotel' figurano nella lista stilata dal Centro dei monumenti nazionali di Francia. Per molti il progetto si è bloccato o perché troppo isolati e in zone poco turistiche, o al contrario perché in località dove l'offerta alberghiera è già sufficiente. Tra gli altri espedienti redditizi dei castelli per fare fronte alla riduzione delle sovvenzioni e agli elevati costi di manutenzione e restauro, ci sono, oltre alle visite a pagamento, l'affitto dei saloni o dei giardini per set cinematografici o film pubblicitari, feste e matrimoni, e il merchandising. In tempi di crisi persino il Forte di Bregancon, sulla Costa Azzurra, una delle più belle residenze estive dei presidenti della Repubblica francesi, potrebbe presto essere trasformato in museo e aperto al pubblico: anche perché in disuso la maggior parte dell'anno. Recentemente Francois Hollande, la scorsa estate, l'ha snobbato per soggiornare alla Lanterne, a Versailles. (ANSA).

25/11/13

Contraddizione o specchio fedele di una realtà...la nostra realtà quella elettronica!

In base a quanto viene fuori da una ricerca di Intel, condotta online da Penn Schoen Berland su un campione di 12000 soggetti di maggiore età in otto Nazioni in tutto il mondo fra cui il nostro, un neonato digitale italiano su due è dell'idea che la tecnologia ci renda meno umani e sia troppo fondamentale nelle nostre vite.

Chiaramente tutto ciò appare come una colossale contraddizione o specchio fedele di una realtà che ci vede, questo è certo, fra i maggiori utilizzatori di gadget elettronici e addirittura tra i primi al mondo a far la fila di notte (è abitudine di un italiano su due, soprattutto uomini) per l'ultima novità lanciata nei negozi?

Andiamo dunque per ordine. Le contraddizioni della "generazione Y" Il rapporto di amore e odio esternato dalla fascia più in giovane e tenera dell'utenza è ben chiaro nelle percentuali che seguono: il 76% di chi appartiene alla cosiddetta "generazione Y" (giovani di tra i 18 e i 24 anni) è dell'idea che la società attuale si basi troppo sulla componente tech, per quanto la quasi totalità (il 93% per la precisione) si dichiari convinta che grazie alla tecnologia la vita sia più semplice e migliore.

Realtà elettronica
Quasi il 60% dei più giovani è sicuro inoltre che la tecnologia aiuti i rapporti personali mentre è curioso il fatto che gli italiani abbiano più fiducia dei coetanei di altri Paesi sviluppati circa l'impatto positivo delle innovazioni tecnologiche su istruzione (40%), trasporti (41%) e assistenza sanitaria (41%).

Donne italiane davanti a tutte Meno preoccupate dei possibili effetti nocivi legati all'uso eccessivo della tecnologia sono invece le donne italiane con più di 45 anni, tre volte più propense a sostenere i benefici di Internet, smartphone, tablet e via dicendo rispetto alle donne americane della stessa fascia di età e anche delle pari età che vivono nei Paesi emergenti.

 Le donne italiane sono inoltre maggiormente disposte ad accettare tecnologie che per le coetanee di altre nazioni potrebbero essere considerate troppo personali, come i software che osservano le loro abitudini lavorative (70%) e monitorano le abitudini di studio degli studenti (70%) e persino bagni intelligenti che tengono sotto controllo la loro salute (74%).

Device sempre più smart anche a scapito della privacy In cambio di dispositivi più intelligenti, in grado cioè di apprendere e registrare comportamenti e preferenze, un giovanissimo su due è disposto a rinunciare ulteriormente alla propria privacy e a condividere informazioni personali come la data di nascita (lo dice il 59% del campione intervistato), i dati Gps (46%), le e-mail (59%), lo storico degli acquisti (51%) e i propri dati genetici (44%).

 Anche le persone con un reddito più elevato sono propense a condividere le loro informazioni (in forma anonima) e, inaspettatamente secondo la ricerca, a consentire il monitoraggio delle loro abitudini lavorative. In Italia, in particolare, l'80% delle persone benestanti condividerebbe analisi di laboratorio rispetto al 68% degli individui con reddito più basso, così come le destinazioni dei loro viaggi (74% contro 43%) o le date degli stessi (71% contro 44%). Innovazione questa sconosciuta Italia ultima per tutti gli intervistati (anche gli italiani): il dato, impietoso, ha per oggetto la capacità di innovare.

Eppure il 77% delle persone oggetto di indagine crede che la propensione all'innovazione sia un fattore importante di benessere sociale. Per contro solo il 7% degli italiani riconoscono nel Governo una forza trainante per l'innovazione tecnologica del Paese. Un italiano su tre preferisce confidare nella lungimiranza e nel traino delle grandi aziende e delle tante piccole e medie imprese.
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