Il-Trafiletto
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02/11/14

Il valore del lavoro umano.

L’espressione “”fondata sul lavoro”” è comprensiva di molti significati. Lavoro è inteso dalla Costituzione, come attività o funzione che concorre al progresso materiale e spirituale della società (art. 4). Dunque è chiaro che il lavoro non è soltanto l’attività che ha per scopo di produrre una disponibilità di beni, ma è anche un’attività di ordine morale.


“”fondata sul lavoro”” esclude anche che la società possa fondarsi sul privilegio e sulla fatica altrui (quello che solitamente definiamo sfruttamento), sulla rendita parassitaria. Oltre a questi significati, l’espressione è fertile di tanti altri concetti, tra cui il merito personale (meritocrazia), e non la proprietà ereditaria. Una cultura che riconosce la dignità del lavoratore metterà in evidenza la dimensione soggettiva del lavoro stesso.

Il valore di ogni lavoro umano non è in funzione del genere di lavoro compiuto, ma ha il suo fondamento nel fatto che chi lo compie è una persona. Affermando un criterio etico, le cui esigenze non dovrebbero sfuggire.

operaio metalmeccanico
Tornando all’inizio e all’espressione “”fondata sul lavoro””, ogni uomo ha diritto al lavoro, il quale deve essere riconosciuto mediante un impegno effettivo al fine di risolvere il drammatico problema della disoccupazione, e la creazione di nuove forme occupazionali. Dovrebbe essere un compito sociale di primaria importanza, e dovrebbe impegnare in egual misura sia iniziative private che lo Stato. Il fatto però, che questa problema mantenga in una condizione di marginalità larghi strati della popolazione, e soprattutto la gioventù, è intollerabile.

Rivestendo tutti questi significati, e premesso che bisogna respingere l’opinione che si attribuisce all’art. 1, carattere di mera enunciazione astratta, occorrerà che esso si adegui non solo alle normative e ai rapporti giuridici, ma alla società. Questa dottrina dovrebbe ispirare le tanto attese e sospirate riforme, in modo tale da poter avere una vita umana, personale e familiare degna di questo nome.

Il lavoro è un’esigenza primaria della giustizia sociale. Il lavoratore alla fine è la vita vera dell’Italia, la sua spina dorsale, la sua anima e la sua realtà, senza il quale la Nazione non potrebbe esistere.


21/10/14

North Sentinel, l'isola più difficle da visitare al mondo

Dico subito che per fortuna quest'isola delle Andamane nel Golfo del Bengala è la più difficile da avvicinare al mondo e io spero che tale rimanga. Quest'isola è la patria della tribù dei Sentilenesi, praticamente l'ultima popolazione al mondo che vive isolata dalla civiltà moderna, senza contatto alcuno con essa.

Da quel poco che si sa, questa tribù popola quest'isola da circa 60.000 anni, ed è molto chiusa. Per questo i visitatori, chiunque siano e qualunque inteione abbiano non sono i benvenuti e vengono accolti a colpi di lance e frecce. Sembra che la popolazione sia di circa 400 abitanti o forse meno, ma non lo si può affermare con certezza, data la ritrosia che li contraddistingue.

Isola di North Sentinel
immagine presa dal web

Il livello della tecnologia della tribù sembra essere equivalente a quello del neolitico, o forse precedente, dato che nessuno ha mai visto con esattezza gli strumenti e gli attrezzi che usano. Si era temuto per la sopravvivenza della popolazione in occasione dello tsunami del 2004, che ha causato gravi danni nell’area, ma l’elicottero che si era recato sul posto per verificare i danni ed eventualmente prestare soccorso è stato presto preso di mira dalle frecce degli abitanti, che quindi stavano ancora bene.

Dopo diversi tentativi di contatto, il governo Indiano (al cui territorio apparterrebbe l’isola) ha alla fine rinunciato e ha posto una zona di divieto di tre miglia tutto intorno all’isola, per evitare che turisti o esploratori interferiscano con i sentinelesi, e soprattutto che si avvicinino troppo alle frecce degli abitanti.

27/07/14

Attenzione a quel che mangiate o indossate, il Nichel è in agguato con le sue reazioni allergiche.

Il nichel è un metallo di transizione di color bianco argenteo presente in concentrazioni minime nell’organismo umano mentre in natura è molto diffuso ed è presente in moltissimi oggetti usati comunemente. L'allergia a questo tipo di sostanza è abbastanza frequente, si calcola che ne soffra circa il 10% della popolazione, in massima parte di sesso femminile. Gli individui con problemi di allergia al nichelsi ritrovano ad avere, nei punti di contatto con oggetti contenenti questa sostanza, un arrossamento della pelle, con un leggero gonfiore e con bollicine che rompendosi possono dar luogo alla formazione di croste. Le zone interessate da questo tipo di allergia sono prevalentemente i lobi degli orecchi, probabilmente a causa degli orecchini, ed altre parti ben specifiche del corpo, come il centro schiena, causa il gancio del reggiseno, il collo per le collane indossate. La reazione allergica è dovuta ad una reazione di tipo immunitario; infatti il nichel viene riconosciuto come “corpo estraneo” e l’organismo attiva le sue difese, rilasciando istamina; questa sostanza provoca il caratteristico prurito allergico e determina un aumento della permeabilità dei piccoli vasi sanguigni che sono presenti nell’area interessata favorendo così l’accumulo di liquidi che danno origine alle bollicine. Il nichel è presente in numerosissimi oggetti di uso quotidiano, tra i quali fibbie, forcine da capelli, ganci del reggiseno, spille da balia, stanghette degli occhiali per quanto riguarda l'abbigliamento; anelli, bracciali e braccialetti, orecchini e tutti gli oggetti in oro bianco e argento per quanto riguarda la bigiotteria e gioielleria; inoltre oggetti più quotidiani come chiavi, cellulari, penne e quant'altro. In campo alimentare si dovrebbe innanzitutto fare attenzione ai cibi confezionati in scatolette di alluminio e lattine, nonchè ad alimenti come il cioccolato, pomodori e ortaggi, spinaci, frutta secca, cereali e frutti di mare, in particolare ostriche, salmone, cozze, gamberi. Non esiste una terapia che curi l'allergia al nichel, se non quella di evitare più che si può il contatto o l'assunzione di sostanze contenenti questa sostanza.(immagine presa dal web)

26/03/14

poca quantità di omega 3 e omega 6 nella nostra alimentazione.

Gli "omega-6 e omega-3" sono due classi di acidi grassi polinsaturi che hanno un ruolo protettivo per la salute dell'uomo. In uno studio AGE-IM, condotto da Nutrition Foundation of Italy con il supporto di 5 UTIC (Unità di terapia intensiva coronarica) distribuite sul territorio nazionale (Bologna, Cremona, Ancona, Napoli e Palermo) è stata misurata in una popolazione italiana, la correlazione tra livelli ematici di questi acidi (omega-6 e omega-3) e il rischio di un evento acuto coronarico (infarto miocardico). Pubblicato su Atherosclerosis, lo studio (abstract), confrontando soggetti infartuati e sani (gruppo di controllo) mette in luce una riduzione del rischio di infarto miocardico fino all’85% associata ai livelli ematici più elevati di omega-6, e del 65% per i livelli più elevati di omega-3. “Nonostante gli studi caso-controllo come questo non possano dimostrare una relazione di causalità tra i parametri considerati” - precisa Salvatore Novo, direttore di Cardiologia al Policlinico Giaccone di Palermo, a nome dei cardiologi che hanno partecipato alla ricerca - i risultati suggeriscono l’esigenza di aumentare l’apporto alimentare di fonti di omega-6 (oli di semi, frutta con guscio e vegetali in generale) e omega-3 (soprattutto pesce) nella popolazione ad alto rischio” cardiovascolare. "L’integrazione farmaco-dieta rappresenta uno strumento fondamentale nella riduzione del rischio infarto”, aggiunge lo specialista. Il nuovo studio conferma invece come, nella dieta tipo degli italiani, non siano presenti concentrazioni sufficienti di acidi grassi omega-3 e omega-6. Infatti dalla ricerca è emerso che i consumi totali di acidi grassi polinsaturi erano pari a circa il 5% delle calorie, mentre le raccomandazioni internazionali suggeriscono, per gli omega-6, un apporto pari al 5-10% delle calorie totali. “In realtà – chiarisce Andrea Poli, direttore scientifico di Nfi – queste due famiglie di acidi grassi” cosiddetti ‘essenziali’, ossia non producibili dall’organismo, ma da introdurre con la dieta, “svolgono ruoli diversi e complementari. E ambedue sono consumati mediamente in quantità insufficienti nella dieta italiana moderna. Le evidenze disponibili – conclude – suggeriscono che dobbiamo aumentare sia l’apporto alimentare di omega-6 sia quello di omega-3″. ALIMENTI RICCHI DI OMEGA 3: Tonno fresco, salmone, sgombro, acciughe sott'olio, noci. ALIMENTI RICCHI DI OMEGA 6:Arachidi, olio di oliva, olio di girasole, noci.

20/11/13

Sei famiglie su dieci in netta difficoltà economica!

Sono ben sei famiglie su dieci che hanno visto peggiorare la propria situazione economica tra il mese di marzo 2012 e quello del 2013. Ad avvertirlo sono particolarmente le famiglie del Nord. Il numero delle famiglie che dichiara un peggioramento evidente sale al 58,6% rispetto al 55,8% dell'anno passato. A porre enfasi a questa constatazione è l'indagine dell'Istat riguardo gli "Aspetti della vita quotidiana, effettuata nel marzo 2013", evidenziando che "«il calo è generalizzato sul territorio, ma maggiore al Nord».

Le differenze territoriali tea le cause principali.
Nell'Italia settentrionale, infatti, la percentuale delle famiglie che denota un peggioramento della propria situazione economica sale dal 53,6% al 57,1 per cento. Nonostante tutto però i tradizionali divari territoriali oersistono con il Mezzogiorno che comunque soffre di più (ben il 60,4% del campione dichiara un deterioramento del bilancio familiare). Solo il 3% ha migliorato le condizioni economiche. L'Istituto di statistica registra un «significativo calo» della percentuale di famiglie che giudica la propria situazione economica sostanzialmente invariata rispetto all'anno precedente (dal 40,5% nel 2012 al 38,0% nel 2013). Solo il 3% delle famiglie dichiara che la propria condizione è migliorata (era il 3,4% nel 2012).
Condizioni economiche in calo
Stabile la soddisfazione per la vita quotidiana. Non cambia invece il grado di soddisfazione per le condizioni generali di vita, che resta stabile nel 2013, dopo il crollo del 2012. Alla domanda "Attualmente, quanto si ritiene soddisfatto della sua vita nel complesso?", potendo indicare un voto da 0 a 10, le persone di 14 anni e più danno in pagella un 6,8, come lo scorso anno. Insomma una sufficienza piena.

Viabilità più importante dell'inquinamento.
Traffico e parcheggio sono problemi più sentiti rispetto all'inquinamento dell'aria. Il 38,1% delle famiglie, infatti, indica come problema prevalente legato alla zona in cui si vive il traffico; seguono le difficoltà di parcheggio (37,2%), mentre l'inquinamento dell'aria è segnalato dal 36,7% delle famiglie intervistate. Il 32,4% delle famiglie lamenta il rumore, mentre un altro rialzo riguarda le difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici, sentito come problema dal 31,2% (dal 28,8% del 2012).

Cresce la paura della criminalità.
A confronto con lo scorso anno, evidenzia l'Istat, «aumenta in particolare la percezione del rischio di criminalità, indicato dal 26,4% delle famiglie nel 2012 e dal 31,0% nel 2013». Scendendo nella classifica dei problemi della vita quotidiana, il 29,2% delle famiglie segnala di non fidarsi a bere l'acqua del rubinetto e il 28,1% critica la sporcizia nelle strade. L'irregolarità nell'erogazione dell'acqua è considerata un problema dal 9,9% delle famiglie, ma emerge in modo significativo in Calabria (30,7%) e Sicilia (25,2%).

Familiari e amici cominciano a deludere.
Il 90,2% degli italiani si dichiara soddisfatto per le relazioni familiari e l'81,8% per le proprie amicizie. Se gli italiani sono sempre stati entusiasti dei rapporti familiari e degli amici, ora però qualcosa sembra essersi perso.

Infatti, rileva l'indagine, nel 2013, si dichiara «molto soddisfatto» della famiglia il 33,4% del campione, contro il 36,8% nel 2012; così come i «molto soddisfatti» per le relazioni amicali passano dal 26,6% all'attuale 23,7 per cento. Soddisfatto del proprio lavoro il 73,2% degli occupati. Nel 2013 il 73,2% degli occupati si dichiara molto o abbastanza soddisfatto del proprio lavoro, dato in lieve diminuzione rispetto al 2012. Le donne si dichiarano leggermente più soddisfatte degli uomini (72,4% contro 74,3%). Gli individui poco o per niente soddisfatti si attestano al 23,5 per cento.

L'Italia invecchia senza alcuna strategia e fondi!

L'Italia va verso un'invecchiamento costante e progressivo senza fondi ed una strategia nazionale. Questo è quanto viene fuori dalle statistiche: l'Italia invecchia e le storie quotidiane i drammi della non autosufficienza poroliferano. E per i più deboli della popolazione cadere nella long term care appare essere sempre più un destino drammatico senza fine. Chiaramente con le dovute ed inevitabili eccezioni geografiche il cui gap ormai pare sempre più incolmabile: al meridione gli over 65 aventi necessità di cure continue e costanti sono senza rete di protezione, nel centro Italia le cose vanno soltanto poco meglio, mentre al nord si hanno più garanzie.

Ma nel computo generale il nostro livello assistenziale appare essere sempre meno che sufficente che in Europa dal welfare più garantito. Addirittura con peggioramento sensibile rispetto a soli dieci anni fa, prima che si abbattesse la scure dei tagli lineari. A essere non autosufficiente, insomma, è l'Italia verso i suoi anziani non autosufficenti. A confermarci questa amara realtà, con tanto di numeri alla mano e di analisi sul campo regione per regione,è il quarto rapporto del «Network non autosufficienza» (Nna) presentato questa mattina a Bologna, dove appunto si svolge la due giorni sulla non autosufficienza in Italia. Sul tavolo le proposte per rientrare da questo autentico deficit sociale a cominciare dall'utilizzo di 1,8 miliardi dai risparmi che si potranno (forse) ottenere dalla stretta sulle cure ospedaliere. Il fai-da-te dell'Italia che dimentica gli anziani Non che gli interventi e i modelli regionali manchino, anzi.

Così come la capacità che i sindaci mettono in campo, quando possono, se possono e se ne sono capaci. Sono ben 38 secondo il rapporto – curato dal network Nna e promosso dall'Irccs Inrca, ora pubblicato da Maggioli editore – i modelli di Rsa (residenze sanitarie per anziani). L'assistenza a casa conta ben 5 modelli diversi, con rete variabili e risorse che, manco a dirlo, sono inesorabilmente ridotte al lumicino. Grandi escursione di cure, di modelli, di risultati. E di impegni finanziari che impazzano: la regione che meno ha, e che è anche meno attrezzata, meno offre ai suoi anziani. Lo spezzatino delle fragilità, un federalismo malsano delle cure che si ripete in tutti i contesti della vita sociale.
L'Italia che invecchia
E lo Stato taglia i fondi Una situazione ancora più drammatica vista la miopia dello Stato nel finanziare quella che è considerata da tutti la bomba sociale per tutto l'Occidente. E per l'Italia, che invecchia di più, a livelli ormai insopportabili.

Ormai da anni, col governo del Cavaliere, è stato pressoché cancellato il Fondo per la non autosufficienza. Poi è tornato, in qualche modo, ma come intervento spot da poche centinaia di milioni. Briciole, se si considera che il pianeta della non autosufficienza in Italia conta 5 milioni di persone contando anche familiari e operatori.

Già, le famiglie: perché poi sono loro, in assenza dello Stato, a fare da vera cintura di protezione. Quando l'anziano non è solo. I numeri parlano da sé: la spesa totale in Italia per l'assistenza continuativa agli anziani non autosufficenti vale 1,85 punti di pil. Ma attenzione: ben 0,79 punti vale l'indennità di accompagnamento erogata dal'Inps e 0,85 le prestazioni sanitarie. Poi per gli altri servizi 0,21 punti di pil. Peccato che a far fronte anche finanziariamente alle necessità, siano poi gli entri locali e le regioni. Con proprie risorse. E qui la variabilità è estrema: dall'Umbria dove nel 2009 si spendevano circa 4.400 euro l'anno per ogni anziano non autosufficienza, al Molise che metteva sul piatto solo 2.300 euro. Quasi la metà. L'Italia delle cure per chi può.
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