Il-Trafiletto
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15/06/14

I radicali liberi | L'altra faccia della medaglia

Effettivamente mai fu più azzeccato l'antico detto "ciò che non uccide fortifica" riguardo anche i radicali liberi. 

Tali molecole, già da tempo definiti icona dell'invecchiamento, paiono poter influenzare anche un'intervento completamente opposto e aiutare, in determinate circostanze particolari, i meccanismi di difesa delle cellule, favorendone la longevità. Si tratta dell'ipotesi formulata dai ricercatori della McGill University in uno studio pubblicato sulla rivista Cell in base ai quali i radicali liberi possono intervenire sugli identici meccanismi conosciuti per il loro coinvolgimento nei fenomeni di mortalità cellulare programmata contrastando, però, l'invecchiamento cellulare.
Radicali liberi contro
invecchiamento?

Gli scienziati, coordinati dall'esperto del Dipartimento di Biologia Siegfried Hekimi, lo hanno scoperto effettuando studi particolari sui meccanismi di apoptosi, ovvero sia quel processo che porta le cellule tipicamente negative per l'organismo a un vero e proprio suicidio nel verme Caenorhabditis elegans, un organismo che viene solitamente usato da tanto tempo come modello per studiare i fenomeni di morte cellulare programmata. Come ha provveduto a spiegare Hekimi, “dimostrare i meccanismi reali attraverso cui i radicali liberi possono esercitare effetti a favore della longevità fornisce nuove, forti prove dei loro effetti benefici come molecole-segnale”. Dal punto di vista pratico ciò “significa anche che i meccanismi dell'apoptosi possono essere utilizzati per stimolare meccanismi che rallentano l'invecchiamento”.

Hekimi ha anche aggiunto che “dato che i meccanismi dell'apoptosi sono stati studiati approfonditamente nell'uomo per la loro importanza nell'immunità e nel cancro esistono già molti strumenti farmacologici per manipolare il segnale apoptotico”. Tuttavia, l'esperto riconosce che raggiungere questo obiettivo potrebbe non essere semplice. Qualora gli scienziati riuscissero nell'impresa si aprirebbero nuovi approcci nella gestione dimalattie tipiche dell'invecchiamento, come le patologie neurogenerative, basati sulla manipolazione dei meccanismi dell'apoptosi per ottenere un aumento della resistenza allo stress.(ilsole24ore)





24/04/14

Hai mal di schiena e cervicale? Smetti di fumare.

Sui pacchetti di sigarette dovrebbero scrivere, oltre alle classiche avvertenze, anche la scritta” il fumo danneggia gravemente la tua colonna vertebrale e ti fa venire mal di schiena”. Infatti il fumo di sigaretta ha effetti dannosi sui dischi intervertebrali, quella sorta di cuscinetti ammortizzanti posti tra le vertebre della colonna dorsale. Sono i risultati di uno studio su topi esposti al fumo di sigaretta condotto da Enrico Pola e Luigi Nasto dell'Università Cattolica di Roma, con la University of Pittsburgh, e pubblicato sulla rivista scientifica "The Spine Journal". La degradazione dei dischi intervertebrali è responsabile di molte patologie della colonna, come lombalgie e cervicalgie croniche. La causa principale di degenerazione discale è sicuramente l’invecchiamento e l’usura, però molteplici fattori di rischio collaborano all'accelerazione di questo processo degenerativo e adesso appare chiaro che il fumo è tra questi. Nello studio i ricercatori hanno esposto a fumo cronico di sigaretta topi di laboratorio sani e topi con un deficit di funzionamento dei meccanismi di riparazione del Dna. Questo secondo gruppo di topi è molto più suscettibile al danno indotto da qualsiasi agente che attacchi il Dna, compreso il fumo. Tutti i topi esposti hanno sviluppato segni gravi di degenerazione discale con perdita in altezza dei dischi intertevertebrali.

27/03/14

Invecchiamento reversibile | Per gli animali di laboratorio ci siamo riusciti si potrà fare lo stesso per esseri umani?

Che cosa innesca il processo di invecchiamento, ed è possibile invertirne il corso? Queste domande hanno tormentato per secoli eminenti studiosi.

Oggi, gli scienziati hanno fatto un importante passo in avanti verso la risposta a l’eterno dilemma: hanno elaborato un farmaco capace di fare regredire l’invecchiamento riportando indietro nel tempo le lancette del nostro orologio biologico, anche se per il momento, soltanto nei topi. Alcuni ricercatori della facoltà di Medicina di Harvard in collaborazione con quelli dell’Università del Nuovo Galles del Sud hanno scoperto che un enzima, chiamato nicotinammide adenina dinucleotide (NAD) e presente in tutti gli esseri viventi, e i cui livelli si abbassano man mano che l’età degli organismi avanza, è in grado di fare regredire il processo di invecchiamento delle cellule più anziane.

Dopo avere somministrato NAD alle cavie per appena una settimana, gli scienziati hanno osservato che indicatori-chiave dell’invecchiamento, riscontrabili in cellule di topi di due anni di età, diventavano sovrapponibili a quelli di animali di soli sei mesi di vita. Facendo le dovute proporzioni, è come se un uomo di 60 anni presentasse le caratteristiche di un ragazzo di 20!
I ricercatori affermano che il risultato è spiegabile con l’effetto “ringiovanente” della sostanza chimica sui processi molecolari che favoriscono la comunicazione tra il nucleo cellulare e i mitocondri, le “centrali energetiche” della cellula, da tempo noti come elementi critici del processo d’invecchiamento.
Regredire il processo d'invecchiamento

Mano a mano che la funzionalità del mitocontriale si altera nel tempo, si instaurano diverse patologie legate all’età dell’organismo, come la malattia del diabete e dell’Alzheimer.
“E’ un po’ quel che accade talvolta a due persone che si sposano: da giovani, la comunicazione è soddisfacente, ma con il passare del tempo e con la convivenza prolungata , si arriva all’incomunicabilità”, spiega David Sinclair, professore di genetica della Facoltà di Medicina di Harvard, tra i maggiori autori dello studio.

“E’ proprio come come in una coppia, è bastato ristabilire la comunicazione per rimedire al problema”. In precedenza alcune ricerche svolte da Sinclair e dalla sua equipe hanno dato dimostrazione che un gene, chiamato SIRT1, fa da “cane da guardia”, impedendo a una molecola , HIF-1, di interferire con il processo comunicativo. Ma con il trascorrere del tempo i livelli di NAD diminuiscono , SIRT1 perde questa capacità e HIF-1 cresce fino a compromettere l’efficienza degli scambi.

“Certamente, c’è ancora tanto lavoro da fare, ma se questi risultati saranno confermati, allora alcuni aspetti dell’invecchiamento, se trattati in tempo, potranno essere reversibili”, ha concluso Sinclair. Il team confida di potere iniziare le sperimentazioni sugli esseri umani nel giro di un anno.(science)

20/11/13

L'Italia invecchia senza alcuna strategia e fondi!

L'Italia va verso un'invecchiamento costante e progressivo senza fondi ed una strategia nazionale. Questo è quanto viene fuori dalle statistiche: l'Italia invecchia e le storie quotidiane i drammi della non autosufficienza poroliferano. E per i più deboli della popolazione cadere nella long term care appare essere sempre più un destino drammatico senza fine. Chiaramente con le dovute ed inevitabili eccezioni geografiche il cui gap ormai pare sempre più incolmabile: al meridione gli over 65 aventi necessità di cure continue e costanti sono senza rete di protezione, nel centro Italia le cose vanno soltanto poco meglio, mentre al nord si hanno più garanzie.

Ma nel computo generale il nostro livello assistenziale appare essere sempre meno che sufficente che in Europa dal welfare più garantito. Addirittura con peggioramento sensibile rispetto a soli dieci anni fa, prima che si abbattesse la scure dei tagli lineari. A essere non autosufficiente, insomma, è l'Italia verso i suoi anziani non autosufficenti. A confermarci questa amara realtà, con tanto di numeri alla mano e di analisi sul campo regione per regione,è il quarto rapporto del «Network non autosufficienza» (Nna) presentato questa mattina a Bologna, dove appunto si svolge la due giorni sulla non autosufficienza in Italia. Sul tavolo le proposte per rientrare da questo autentico deficit sociale a cominciare dall'utilizzo di 1,8 miliardi dai risparmi che si potranno (forse) ottenere dalla stretta sulle cure ospedaliere. Il fai-da-te dell'Italia che dimentica gli anziani Non che gli interventi e i modelli regionali manchino, anzi.

Così come la capacità che i sindaci mettono in campo, quando possono, se possono e se ne sono capaci. Sono ben 38 secondo il rapporto – curato dal network Nna e promosso dall'Irccs Inrca, ora pubblicato da Maggioli editore – i modelli di Rsa (residenze sanitarie per anziani). L'assistenza a casa conta ben 5 modelli diversi, con rete variabili e risorse che, manco a dirlo, sono inesorabilmente ridotte al lumicino. Grandi escursione di cure, di modelli, di risultati. E di impegni finanziari che impazzano: la regione che meno ha, e che è anche meno attrezzata, meno offre ai suoi anziani. Lo spezzatino delle fragilità, un federalismo malsano delle cure che si ripete in tutti i contesti della vita sociale.
L'Italia che invecchia
E lo Stato taglia i fondi Una situazione ancora più drammatica vista la miopia dello Stato nel finanziare quella che è considerata da tutti la bomba sociale per tutto l'Occidente. E per l'Italia, che invecchia di più, a livelli ormai insopportabili.

Ormai da anni, col governo del Cavaliere, è stato pressoché cancellato il Fondo per la non autosufficienza. Poi è tornato, in qualche modo, ma come intervento spot da poche centinaia di milioni. Briciole, se si considera che il pianeta della non autosufficienza in Italia conta 5 milioni di persone contando anche familiari e operatori.

Già, le famiglie: perché poi sono loro, in assenza dello Stato, a fare da vera cintura di protezione. Quando l'anziano non è solo. I numeri parlano da sé: la spesa totale in Italia per l'assistenza continuativa agli anziani non autosufficenti vale 1,85 punti di pil. Ma attenzione: ben 0,79 punti vale l'indennità di accompagnamento erogata dal'Inps e 0,85 le prestazioni sanitarie. Poi per gli altri servizi 0,21 punti di pil. Peccato che a far fronte anche finanziariamente alle necessità, siano poi gli entri locali e le regioni. Con proprie risorse. E qui la variabilità è estrema: dall'Umbria dove nel 2009 si spendevano circa 4.400 euro l'anno per ogni anziano non autosufficienza, al Molise che metteva sul piatto solo 2.300 euro. Quasi la metà. L'Italia delle cure per chi può.
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