Il-Trafiletto
Visualizzazione post con etichetta legumi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta legumi. Mostra tutti i post

28/06/14

Quel forno non ama la buona cucina

"Nel duemila, non mangeremo più: manderemo giù una pillola e la fame d'incato sparirà "

Annunciavano le parole, apparentemente strampalate, di una canzone di successo del secolo scorso. Approdati al terzo millennio ci si accorge dell'affermarsi di costumi alimentari del tutto staccati dalla nostra tradizione alimentare mediterranea. Stili dietetici che hanno portato a un vero e proprio dilagare di patologie cronico-degenerative. A confermarlo l'Associazione nazionale dietisti che dopo attenti studi sono arrivati alla conclusione che: "Buona salute e giovinezza dell'organismo sono assicurati da un'alimentazione che ha come piatti forti cereali integrali, legumi, verdure, frutta e metodi di cottura ad hoc. Il top sono, poi, i prodotti biologici e di stagione.
Molti storceranno la bocca e affermeranno che si tratta di aria fritta, di cose arcinote. E no, visto che in Italia negli ultimi decenni si vanno affermando abitudini proiettate in ben' altra direzione: fast-food, cibi precotti e surgelati, sovrabbondanza di proteine animali... L'ultima diavoleria è lo «Street Food», il cibo da strada: alimenti preparati all'istante, a poco prezzo, da assumere in piedi o, nella migliore delle ipotesi, accovacciati su uno sgabello. In passato mangiare per strada era un'abitudine abbastanza diffusa.
Ma all'insegna del trionfo dei sapori e della tradizione. Ora la tendenza è cambiata e si rischia di scivolare sul «cibo spazzatura». La prova? A farla da padrone è la fretta, la mancanza di tempo. Quando si torna a casa, la parte del leone spetta ai piatti già pronti, veloci e da riscaldare in un battibaleno. Eppure, preparare un piatto di pasta è un atto semplice, veloce, attraverso il quale si ricrea il rito della cucina profondamente radicato nella nostra cultura alimentare.

forno a micro-onde
Ormai i cibi precotti sono presenti nell'80 per cento delle famiglie italiane. Un abbraccio ammmaliante che sta condizionando anche il settore dei cibi bio. Peggiora il livello di nutrienti
Ma perché ce l'abbiamo tanto con il precotto? Semplice: continui riscaldamenti determinano scadimento nutrizionale dell'alimento e l'assunzione costante di prodotti fuori stagione, per di più congelati. Certo, non vogliamo demonizzare il precotto ma farvi ricorso abitualmente non è certo in linea con le regole della buona salute. Così, all'insegna del mordi e fuggi nelle nostre cucine sta entrando il forno a microonde. In men che non si dica scongela, riscalda e cuoce assicurando, a detta dei produttori, l'aspetto e l'aroma delle pietanze già preparate.

Le miccroonde emesse dal forno si muovono a una velocità di 2,5 miliardi di oscillazioni al secondo, scatenando la vibrazione delle molecole di acqua e di grasso dell'alimento; e proprio questo movimento produce il calore che riscalda e cuoce i cibi. Insomma il forno a microonde racchiude le caratteristiche ideali per il ritmo di vita frenetica che caratterizza ormai il mondo industrializzato. Ma attenzione: il mutare dei comportamenti alimentari ci dice che nei prossimi anni registrerà un vero e proprio boom. Spiegare il trend non è difficile: è sempre più generalizzata la spinta verso la semplificazione dei metodi di cottura. In America, patria del microonde e con una cultura culinaria carente, cucinare significa semplicemente scongelare cibi già pronti all'uso o riscaldare quelli da asporto acquistati nei locali «take-away».

Nei principali paesi europei, che si vanno americanizzando, nonostante la cucina abbia sempre privilegiato la cottura nel forno, il microonde sta addirittura arrivando a rimpiazzare il forno tradizionale anche per cuocere. Cucinare con questo nuovo elettrodomestico comporta una scelta accurata dei contenitori. È possibile ricorrere a differenti tipi di materiali: vetro, plastica, porcellana, carta. La ragione? Si tratta di materiali che assorbono assai debolmente le microonde e che quindi, in genere, non si scaldano in modo significativo. Ovviamente i medesimi materiali sono riscaldati dal cibo e dunque l'imperativo è di andarci cauti ogniqualvolta si estraggono dai forni. Fra i materiali plastici, adoperare materiali appositamente studiati per questo uso, tipo il polietilene tereftalato cristallino (CPET): altri materiali generici, potrebbero, ad alta temperatura, cedere parte delle componenti plastiche all'alimento, oppure fondere a contatto con il cibo caldo.

E c'è dell'altro. I metalli non sono trasparenti alle microonde, ma si può ricorrere a contenitori metallici seguendo alcune precauzioni. La regola aurea è che la superficie di questi contenitori sia perfettamente liscia. Di contro, per consentire alle onde di entrare nell' alimento, occorrono coperchi di plastica o, addirittura, è meglio evitare di coprire. Sono proibiti contenitori in porcellana con bordo dorato: inducono un arco elettrico che può seriamente danneggiare il magnetron (è un tubo termoelettrico utilizzato come generatore di radioonde ad altissima frequenza).

Allora, utilizzare o no il microonde? La risposta non è delle più semplici visto che sull' argomento è in corso una accesa querelle che vede equamente divisi sostenitori e avversari. Da una parte ci sono quanti, come l'Imq, l'istituto che si occupa della sicurezza e qualità dei prodotti elettrici, mette in risalto gli indubbi vantaggi; dall'altra quanti lo vedono come una mina vagante per la salute. Per avere le idee più chiare vediamo i risultati di alcune indagini. L'Università del Minnesota ha messo in guardia, era il lontano 1989, le famiglie americane raccomandando di non riscaldarvi il latte per i neonati: vanno in fumo le vitamine e sono distrutte le proprietà prottetive del latte materno. La dottoressa Lita Lee, sulla rivista scientifica "Lancet" del 9 dicembre 1989, aveva affermato che le microonde convertono, nel latte per bambini, alcuni trans-aminoacidi nei loro cis-isomeri sintetici, che non sono dotati di attività biologica. Inoltre, uno degli aminoacidi, L-prolina, è stato trasformato nel suo d-isomero, di cui si conoscono le caratteristiche neurotossiche (danni al sistema nervoso) e nefrotossiche (danni ai reni).

E ancora, c'è tutta una serie di studi eseguiti in Russia e pubblicati sull' Atlantis Raising Educational Center di Portland, Oregon che arrivano alle seguenti concluscioni: nella carne riscaldata si formano d-nitrosodientanolamine, potenzialmente cancerogene; degradazione delle proteine; latte e cereali trasformano alcuni dei loro aminoacidi in elementi cancerogeni; verdure crude, cotte o surgelate trasformano i loro alcaloidi in cancerogeni; lo scongelamento della frutta trasforma il contenuto di glucosidi e di galattosidi in sostanze cancerogene; diminuzione del valore nutritivo dal 60 al 90 per cento in tutti gli alimenti testati; diminuzione della biodisponibilità del complesso delle vitamine B, C ed E, dei minerali essenziali e dei fattori lipotropi (sostanze che sono capaci di modificare il metabolismo dei grassi).

Infine il dottor Hans Hertel ha lavorato per molti anni come ricercatore presso una delle più grandi aziende alimentari svizzere. Fu licenziato dopo aver indagato su alcune procedure di cottura che denaturavano il cibo. In collaborazione con il professor Blanc dell'Istituto federale di biochimica all'università di Losanna, aveva pubblicato una ricerca sugli effetti che i cibi riscaldati con microonde avevano sul sangue e sulla fisiologia del corpo umano. 

In attesa quindi che sia pronunciata una condanna o un' assoluzione definitiva nei confronti di questo tipo di cottura vale il principio di precauzione: ricorrervi in caso di assoluta necessità e preferire cibi freschi da preparare rapidamente (pasta, insalate), tofu (formaggio di soia), seitan (glutine del grano), tempeh (derivato della soia) e i precotti biologici assai più equilibrati degli altri (assenza di additivi, coloranti e altri coadiuvanti chimici).

29/04/14

Antichi frutti e semi in difesa della biodiversità

Immagine presa dal web

Diventare paladino di antichi frutti in difesa della biodiversità di cereali, legumi, ortaggi e frutta, è stata lanciata in Italia, ormai da qualche anno, una campagna per mettere in piedi una rete di «salvatori di semi», sull'esempio di quanto è già in atto nel resto del mondo occidentale.

 


Ideatrice e sponsor dell'iniziativa è Civiltà Contadina, un'associazione che ha organizzato un gruppo di persone per trasformarle in sentinelle della biodivervità, sempre più minacciata dalle multinazionali del seme. La strategia? Ospitare nel proprio orto piante rare con l'obiettivo di costituire una banca genetica del seme, aperta e pubblica. Il progetto è di creare, in questa prima fase, cento orti conservativi, e in ognuno di essi, un «Seed Savers» di Civiltà Contadina dovrà adottare almeno una varietà destinata all'estinzione. E che non si tratta di un'idea campata in aria sta a dimostrarlo l'esperienza austriaca: dopo otto anni di sensibilizzazione i Seed sono 5.000 e le piante conservate negli orti ben 8.000. Tutti i soci che entrano a far parte della rete dei «SeedSavers» di Civiltà Contadina, pagando una quota di iscrizione, avranno a disposizione semi, conoscenzee strumenti indispensabili a mantenere integro e vivibile il pianeta.
C'è molto amore e poesia nelle storie dei "Seed Savers", i salvatori di semi. Amore per la ricerca di cibi perduti o diventati ormai rarissimi; poesia di sapori unici finora riservati solo alle generazioni passate, al massimo ai nostri padri. Quella di Nardello, pioniere di questa pratica, sono vicende solo apparentemente esclusive, riservate a pochi «fissati», romantici della biodiversità e dell'ecologia. Esse racchiudono in realtà elementi di grande modernità e alcuni preziosi insegnamenti. Tra questi ci sono la forza di volontà, la testardaggine, il lavoro umile ma tenace di chi da una manciata di semi ricava intere colture che si tramandano nei decenni. Colture ricche di... culture ben poco astratte. Dentro quei semi (di pomodori gialli o di aglio violetto) ci sono altre storie da raccontare, queste ancora più secolari. La storia di una popolazione che impara a selezionare quello che le serve, osserva come reagisce il terreno, conosce la specie più resistenti e, senza l'ausilio di armamentari chimici, riesce a resistere alle aggressioni esterne. In quei semi c'è la memoria di quello che poteva essere ma non è stato. È il prezzo del progresso, si dice. Che offre meno qualità, però la garantisce a tutti. Ma i conti non tornano. Perché dopo un secolo di chimica, siamo di nuovo a cercare la panacea dei mali di questo progresso ricorrendo alle promesse della genetica. Ogm o bio?. Potremmo dire a questo punto, sì al bio accompagnato da una maggiore attenzione alla biodiversità. D'altronde proprio la tenacia dei "Seed Savers" ci sprona a tentare di imboccare strade più impegnative che potrebbero portare molto lontano. Perché nella biodiversità è contenuto un altro importante insegnamento: il rispetto della differenza. E una civiltà che si ingegna a mantenerla e a ravvivarla, probabilmente acquisisce una maggiore sensibilità verso più ampie e profonde diversità che coinvolgono donne e uomini di altre culture e religioni.

(fonte Vita e Salute articolo di Ennio Battista)

25/04/14

Crescere in un "orto"- ovvero senza carne

E'proprio vero che i bambini alimentati a base di cereali, frutta e verdura corrono il rischio di gravi carenze alimentari? No, secondo le ricerche di questi ultimi anni. Che sfatano molti miti sulla supremazia delle proteine animali 


L'alimentazione latto-ovo-vegetariana si è dimostrata la migliore per garantire un eccellente stato di salute e la massima protezione possibile nei confronti delle malattie degenerative che affliggono le popolazioni del mondo industrializzato occidentale. Questa affermazione non è basata solo sull'esperienza di milioni di persone che hanno scelto questo stile alimentare (e di vita) ricevendone benefici per il corpo e lo spirito, ma è anche suffragata da numerose e qualificate ricerche scientifiche. Per esempio, l'Ada (American dietetic association, 1'associazione scientifica dei nutrizionisti statunitensi, tra le più prestigiose al rnondo) sulla propria rivista afferma: «Dati scientifici suggeriscono resistenza di correlazioni positive tra 1'adozione di una dieta vegetariana e la riduzione del rischio per numerose patologie croniche degenerative come obesità, cardiopatia ischemica, ipertensione, diabete mellito e alcuni tipi di tumore».  Nonostante queste autorevoli conferme, quando i vegetariani diventano genitori e si trovano ad affrontare lo svezzamento del loro bambino, spesso le loro certezze si fanno più sfumate, i dubbi si ingigantiscono e l'incapacità di scegliere il comportamento più idoneo si fa a volte paralizzante.

Crescere vegetariani
Tanto più se il pediatra esprime qualche riserva sulla scelta di uno svezzamento vegetariano. Vediamo allora di sfatare alcuni pregiudizi che permettano ai genitori di fare una scelta più semplice e consapevole. Le obiezioni che vengono poste si riassumono sostanzialmente nella seguente: la dieta vegetariana non garantisce apporti soddisfacenti di ferro, calcio e vitamina B12. Un' alimentazione priva di carne non consente quindi la corretta maturazione di tutte le funzioni del piccolo organismo e ostacola il completamento strutturale degli organi ancora immaturi alla nascita (in particolare del sistema nervoso). Ma è proprio vero? Di fatto, i depositi di ferro nell'organismo dei vegetariani sono mediamente più bassi che nei non vegetariani. Tuttavia questo dato clinico non è assolutamente chiaro, visto che l'incidenza dell'anemia da carenza di ferro nei vegetariani e nei non vegetariani è del tutto equivalente. Inoltre, il maggior contenuto di vitamina C delle diete vegetariane migliora 1'assorbimento del ferro contenuto negli alimenti. Le lenticchie, i ceci, il tofu (formaggio di soia), i semi oleosi, le alghe, il germe di grano, i fiocchi d'avena, il prezzemolo sono tutti alimenti facilmente integrabili nella dieta per lo svezzamento, e dotati di un buon contenuto di ferro. Manca il calcio? È dimostrato che la dieta lattoavo- vegetariana fornisce una quantità di calcio pari o superiore a quella di una dieta non vegetariana. Solamente per le diete vegetariane strette (senza uova e latticini) si porrebbe eventualmente qualche problema. Questo tipo di diete, pur non essendo assolutamente sconsigliate per lo svezzamento, sono tuttavia più complesse da gestire e richiedono una buona dose di conoscenze e uno stretto contatto con un medico esperto. Si tenga comunque conto che il fabbisogno di calcio per un organismo non è determinabile in senso assoluto, ma dipende dalle caratteristiche della dieta e dallo stile di vita. Una dieta iperproteica e ricca di sodio (tipica delle popolazioni industrializzate occidentali e di troppi bambini già a un anno di età) arriva anche a raddoppiare il fabbisogno giornaliero di calcio. I legumi, il tofu, le mandorle, tutti i tipi di cavoli, lo yogurt, le alghe sono alimenti ricchi di calcio e, come ribadisce l'Ada, «il calcio può essere ricavato in modo ottimale da molti alimenti vegetali». Per la vitamina D (necessaria per la corretta formazione e calcificazione delle ossa e largamente contenuta nel latte materno) le ricerche dimostrano che il suo apporto nutrizionale diventa un parametro critico solo in caso di insufficiente esposizione al sole. La carenza di vitamina B12. Questa vitamina agisce in sinergia con l'acido folico in molti processi organici. Una sua carenza interferisce con la sintesi delle proteine (e del Dna in particolare), danneggia il sistema nervoso, rallenta lo sviluppo mentale, dà anemia e secchezza della pelle e delle mucose. La vitamina B12 contenuta in alcuni alimenti vegetali (alghe e derivati fermentati della soia come tempeh e miso) non sembrerebbe utilizzabile dall' organismo. Si tratta quindi di cibi che allo stato attuale delle conoscenze non stituiscono una fonte affidabile di questo nutriente. Comunque, una dieta vegetariana che comprennda anche latticini e uova non determina carenze nemmeno da questo punto di vista. Il fabbisogno giornaliero è peraltro limitatissimo, poiché la vitamina B12 viene immagazzinata e riciclata dall'organismo. Tuttavia, poiché è dimostrato che i latto-ovo-vegetariani hanno bassi livelli di vitamina B12 nel sangue, che con il tempo le riserve organiche si potrebbero esaurire e che con l'invecchiamento 1'assorbimento di vitamina B12 diventa meno efficiente, potrebbe essere opportuno che gli anziani, se vegetariani da lungo tempo, assumano opportune integrazioni di questo nutriente. Ma è un problema che in questa sede non ci interessa, visto che il latte materno contiene questa vitamina in quantità più che sufficienti per le necessità dei bambini. Alla luce di queste considerazioni, i genitori possono tranquillamente intraprendere la strada dello svezzamento latto-ovo-vegetariano. È una proposta però che non va costruita semplicemente eliminando la carne, ma con quella attenzione alla qualità e alla varietà degli alimenti che sola può garantire la salute immediata e futura al bambino che cresce.

IL PARERE DELL'ESPERTO IL Prof.VERONESI
Umbero Veronesi, oncologo di fama internazionale e Ministro della sanità nel governo Amato, non ha mancato di sottolineare, in numerose occasioni, la sua scelta vegetariana. Secondo Veronesi è d'obbligo che la popolazione sappia che una dieta vegetariana dalla nascita alla morte è sanissima. La carne non fa parte delle nostre necessità primordiali poiché il nostro metabolismo è quello dei primati (sostanzialmente vegetariani). Quindi se scegliamo di essere vegetariani - è, in sintesi, la considerazione finale di Veronesi - possiamo vivere meglio.

24/04/14

Il ritorno alle origini

Stiamo assistendo ad un ritorno alle origini. Sepre più si fanno coltivazioni biologiche, si ritorna a fare pietanze povere ma ricche di fibre che i nostri nonni consumavano regolarmente ogni giorno. Non consumavano regolarmente carne come facciamo ora. I nostri nonni usavano le proteine dei poveri: legumi, cereali...

La carne si consumava nelle ricorrenze festive e sempre in quantità modica. Negli anni '60 con il boom economico, si è presa l'abitudine di mangiare carne ogni giorno, con la conseguente richiesta da parte del consumatore, l'allevatore ha intensificato i suoi allevamenti.

Anziani contadini e allevatori di mucche, testimoniano che ai loro tempi questi animali si alimentavano con fieno di primo e secondo taglio, possibilmente equilibrato. Il fieno di unico taglio che veniva tagliato a 1.300/1.800 m sul livello del mare, veniva dato molto ben dosato, perché quel tipo di foraggio ubriacava le mucche. Nell'alimentazione di oggi, al poco fieno vengono aggiunti insilati e mangimi. Il latte prodotto era al massimo di 15 lt al giorno, ora è di 40; la vita dell'animale si è ridotta a metà, probabilmente perché il tipo di alimentazione ammala il fegato. Anche il letame non emanava cattivo odore; si faceva maturare per un anno per concimare i prati e diventava terriccio profumato che, distribuito, non scendeva al disotto del terreno. 
Le pratiche agricole, i sistemi di allevamento degli animali, specie di quelli da reddito, hanno subito profonde trasformazioni, qualcuno dice evoluzioni rispetto alle quali le vecchie generazioni provano sentimenti di sconcerto e disorientamento. Molte delle innovazioni introdotte, sicuramente hanno comportato reali benefici, sia in termini economici che di risparmio di tempo e manodopera; non ultimo per quanto riguardo le condizioni di vita e di benessere per gli operatori del settore e di riflesso per il grande esercito dei consumatori.

Però, la storia ci insegna che i grandi cambiamenti epocali difficilmente passano inosservati, a volte celano sorprese non sempre gradite, vedi “mucca pazza” per quanto riguarda la specie bovina. Per quello che sull'argomento si conosce, sembra che la madre di tutti i problemi emersi e per la verità notevolmente amplificati dai mezzi di informazione, sia proprio il sostanziale cambiamento del regime alimentare degli animali allevati e destinati a essere trasformati in proteine nobili, quindi alimenti carnei per l'uomo. I consumatori, le loro associazioni, la gente comune, il mondo agricolo, i politici, le autorità sanitarie, tutti ormai invocano il ritorno alle antiche tradizioni contadine. Frequentemente si sente parlare di agricoltura tradizionale, agricoltura biologica, produzione di alimenti biologici. È il momento del ritorno al passato, della valorizzazione delle tradizioni dell'affermazione della cultura dell'esperienza, dell'uso di pratiche agricole che non comportino la concimazione chimica delle terre, del ritorno ai piccoli insediamenti zootecnici con animali allevati al pascolo e con alimenti esclusivamente vegetali. Auguriamoci fortemente che ci sia una vera valorizzazione di una antica cultura e tradizione contadina che consumava carne una volta la mese.
Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.