Vivere due vite parallele! Una
naturale l'altra in un
ecosistema digitale!
Sdoppiarsi in due
universi paralleli quasi a raffigurare la nostra
ambivalenza interiore: una che si realizza in un
mondo naturale dove la
sostenibilità dei nostri
comportamenti è un fattore imprescindibile a cui non ci si può sottrarre per alimentare la
biodiversità. L'altra... in un
ecosistema digitale dove i
comportamenti
sono delle
sequenze di click.
Per fare fronte alla
complessità delle
sfide che
quotidianamente incontriamo, ci si affida sempre più a
strumenti informatici, facendoci "tracimare" nella
realtà, quella
naturale, sulla quale non agiamo più in
maniera diretto, ma tramite un'
esperienza mediata dai
computer.
L'
interfaccia utente è il nuovo sentiero della
mente, un
nonluogo che assume le parvenze di uno
strumento primario, attraverso il quale s'illumina la nostra
mente alla luce della
conoscenza che ci induce ad agire nel
lavoro, nel
divertimento, nelle
relazioni sociali. Nel
mondo naturale, l'
uso di uno
strumento non è sostenibile se
danneggia ed estingue le
risorse del
pianeta, come le
fonti di
energia,
l'
aria, l'
acqua.
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Vite parallele: una naturale, l'altra digitale |
Nel
mondo digitale, non siamo abituati a parlare di
sostenibilità. Per scoprire quali
risorse possono essere minacciate
dall'
uso di interfacce, dobbiamo rivolgere lo sguardo al nostro interno.
Una
prima risorsa preziosa è l'
attenzione, la
capacità di focalizzare
percezione e
pensieri su ciò che è importante per favorirne
un'
elaborazione sostanziale.
L'
inquinamento, la
tossicità nell'ambiente
digitale prendono le forme del
sovraccarico informativo e della
distrazione pervasiva. I
dispositivi che usiamo sanno sommergerci con
una
massa di informazioni e
stimoli che eccede grandemente la
capacità
attentiva.
Questa
pressione disorienta, causa
stress e porta a
scelte
subottimali o errate. Con
risorse cognitive prosciugate, funzioniamo
meccanicamente: comportamenti automatici evitano la paralisi al prezzo
della qualità decisionale. Ad esempio, ci fissiamo su di un
numero molto
limitato di
informazioni che ci colpiscono, anche se poco utili per
affrontare la situazione (fenomeno di "
tunnel vision"); crediamo alle
prime
informazioni ricevute su di un
tema e rifiutiamo successivi
argomenti che le contraddicono ("
confirmation bias"); ricorriamo ad
euristiche sociali quali imitare le scelte che fanno i nostri amici. Una
capacità attentiva deteriorata
influisce negativamente sulla memoria,
seconda importante risorsa, con cui l'
attenzione è interdipendente. E
l'
effetto domino si propaga alla risorsa della
conoscenza, in quanto i
processi di ragionamento che la distillano dalle informazioni richiedono
disponibilità di attenzione e memoria.
Proposte per
mitigare questi
effetti suggeriscono maggior
automazione
dell'ecosistema digitale: diminuire il
sovraccarico facendo filtrare e
riassumere dall'
interfaccia le
informazioni da presentare; affidare
livelli decisionali al
computer lasciando all'utente la possibilità di
indicare obbiettivi, di
monitorare la macchina e sostituirsi ad essa in
caso di
anomalie. Ma in un
contesto socio-tecnico complesso, il
paradosso
è sempre in agguato:
affidare alla
macchina le decisioni su quali sono
le
informazioni importanti ed i
piani di
azione dequalifica gli esseri
umani proprio in quelle
competenze che sono
fondamentali quando il
comportamento della
macchina è anomalo. L'utente chiamato ad agire in
prima persona non è più abituato a farlo, perché le evenienze in cui una
buona automazione fallisce sono rare e le abilità umane vanno praticate
per rimanere di qualità.
La
sostenibilità nell'
ambiente digitale richiede quindi una più attenta
progettazione delle
interfacce che includa la considerazione dei loro
effetti sulle
risorse cognitive. Ma come nell'
ambiente naturale,
richiede anche di considerare il proprio
stile di vita. L'
utente deve
valutare quando, quali e quanti dispositivi vuole usare, perché
interazioni che considerate singolarmente sono
sostenibili, combinate
assieme possono di nuovo depauperare le sue limitate
risorse.