Il-Trafiletto
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24/02/14

"Andy Warhol" a Palazzo reale a Milano

In mostra le opere di Andy Warhol, a Palazzo Reale a Milano. Ritenuto il fondatore della Pop art, Warhol è stao l'artista più quotato del novecento. Un ritratto di Mao Tse Tung del 1973 battuto all’asta da Sotheby’s per circa 9 milioni di euro.


Fino al 9 marzo resta aperta a Milano una mostra monografica dedicata a Andy Warhol, a Palazzo Reale. La mostra è aperta da ottobre ed espone 150 opere prodotte tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta e provenienti dalla Brant Foundation, la collezione di Peter Brant, un ricco uomo d’affari molto amico di Warhol. Nel 1967, quando aveva vent’anni, Brant acquistò la sua prima opera di Warhol – un disegno della famosa Campbell’s Soup – iniziando quella che sarebbe diventata una delle più importanti collezioni di arte contemporanea al mondo.

confezioni di zuppa Campbell’s
 La mostra raccoglie alcune delle opere più famose di Warhol e tutto il percorso ricostruisce la carriera e la vita di uno degli artisti più quotati del Novecento: il 13 febbraio scorso è stato battuto all’asta da Sotheby’s un ritratto di Mao Tse Tung del 1973 per circa 9 milioni di euro, per fare un esempio. Warhol è notoriamente considerato il fondatore della Pop art, un movimento nato in risposta all’Espressionismo astratto che ha come oggetto gli atteggiamenti della massa e la società dei consumi, e che per raccontarli utilizza il linguaggio della pubblicità, del mondo del cinema e dell’intrattenimento.La mostra comprende ritratti di personaggi famosi, da Marilyn Monroe a Mao Tse Tung, le bottiglie di Coca-Cola argentate, le confezioni di zuppa Campbell’s, le scatole di Kellogg’s Corn Flakes e di Ketchup Heinz, le serigrafie di Liz Taylor, quelle di Mao e di Marilyn, e in particolare la Shot Light Blue Marilyn, con il foro del proiettile sulla fronte sparato dall’amica e performer Dorothy Podber. La mostra, inserita nel programma dell’Autunno Americano è stata prodotta dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, Palazzo Reale, 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e Arthemisia Group. È curata da Peter Brant e Francesco Bonami.

21/02/14

Donna delle pulizie scambia opere d’arte per immondizia e le manda alla discarica.

Non saranno state belle, ma erano pur sempre opere d’arte. Destino crudele per alcune opere della rassegna di arte contemporanea ‘Display Mediating Landscape’ al via da oggi a Bari nella sala Murat di piazza del Ferrarese e organizzata dall’associazione Flip di Napoli. Sono finite direttamente in discarica e al macero perché scambiate per rifiuti. Protagonista in negativo di questa triste vicenda è stata la donna delle pulizie che in un eccesso di zelo non ha trovato altro da fare che raccogliere alcuni cartoni contenenti le opere, fatte con materiali essenziali e quotidiani, e di consegnarle direttamente al camioncino della nettezza urbana che alle 5 del mattino stava passando tra i vicoli di Bari vecchia per svuotare i bidoni della spazzatura. Alla riapertura della sala lo sgomento era sulla faccia di tutti: è subito balzata agli occhi degli allestitori la mancanza di diversi oggetti, tra i quali anche i biscotti utilizzati per una installazione. In discarica sono così finite opere per un valore di circa 10-12 mila euro: ci sono 7 dischetti in sughero dell’artista Nicola Gobbetto, fogli di carta con cornice di David Jablonowski e alcune pubblicazioni artistiche in edizione limitata dell’associazione Flip. L’azienda delle pulizie si è messa immediatamente in contatto con la sua dipendente, la quale si è giustificata parlando di “semplici cartoni con imballaggi” trovati in un angolo della sala. La donna ha persino appoggiato un martello su un’altra opera, quella di Paul Branca, causando la rottura di uno dei biscotti installati. Al macero potrebbero essere finite anche altre creazioni.

22/11/13

Tra i marmi di Roma trova ricetto!

Tra le antiche fattezze ed i suoi marmi «Evan Gorga. Il collezionista» trova il suo ricetto! Si tratta senxa alun dubbio della più curiosa, impossibile, stravagante e accattivante mostra di questo autunno, finalmente pregno di opportunità culturali che trattano di archeologia. La rassegna ha trovato il suo degno e naturale ricetto a Roma nei sontuosi e regali ambienti di Palazzo Altemps, alcuni dei quali sono stati di recente restaurati e che ospitano, per l'occasione, la celebre e conosciuta Diana Boncompagni-Ludovisi, una pregevole copia romana di originale greco.

 È dunque fra queste stupende testimonianze dell'arte classica, icone di quel collezionismo regale imbevuto di potere e di cultura di cui solo quella Roma papale rimane l'esempio più affascinante, che si naturalizza questa raccolta archeologica di segno opposto, risultato unico del collezionismo maniacale ma non per questo, a suo modo, meno geniale, di un collezionista borghese tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo.

Nulla potrebbe essere più sorprendente di questo dualismo. Evan Gorga, un cantante lirico appassionato di antichità, ricerco', ne trasse profitto, scambiando una quantità inimmaginabile di reliquie e frammenti di ogni genere, recuperati da scavi oppure acquistati da mercanti. Li qustodiva in serie interminabili con una passione in cui pareva che contasse più la quantità che la qualità, la curiosità anziché la comprensione storica. Una "vita intera in diecimila pezzi", come cita la deliziosa vignetta, logo della mostra, nella quale un compito signore in marsina cammina su frammenti di antichità.

Evan Gorga. Il collezionista
Fondamentalmente in questa passione per il mondo antico sotto forma di frammenti, Gorga non era solo. La sua storia si introduce in quel fenomeno non certo orfano di fascino che fu il collezionismo antiquario borghese fra '800 e 900, rivolto non alle grandi opere d'arte, ormai inaccessibili ai più, ma a reperti più modesti, forse come a volere dare testimonianze più alla portata delle antichità patrie.

Un letterato anticonformista e bizzarro come Carlo Alberto Pisani Dossi raccolse, ricuperandoli come Gorga dai grandi scavi romani, più di trentamila frammenti di ceramica romana. Aveva una insaziabile passione per l'"archeologia minuta" che contrapponeva all'ufficiale "ammuffita archeologia dei monumenti". Poco più tardi, un antiquario, Giulio Sambon, raccoglieva una strepitosa collezione "solo" di soggetto teatrale, messa insieme da dilettante ma divenuta nel 1913 il nucleo iniziale del Museo teatrale della Scala a Milano. Anche l'immensa collezione Gorga, dopo trattative lunghissime terminate nel 1950 e fra incredibili complicazioni burocratiche, fu acquistata dallo Stato che la distribuì in varie sedi anche come materiale didattico.

L'immane lavoro di inventariazione e di studio del materiale, durato decenni e ancora in corso, è fra gli esempi più positivi dell'attività dei nostri Enti di tutela La mostra, curata con grande competenza da Alessandra Capodiferro direttrice di palazzo Altemps, è solo l'ultima (per ora) fase di un lungo percorso di studi coordinati dalla Soprintendente Mariarosaria Barbera, che nel 1987 assunse la cura scientifica della collezione Gorga e che da allora ne ha pazientemente seguito la valorizzazione. Danno conto di una così enorme fatica investigativa i due poderosi volumi di studi editi da Electa, il primo (1999) a cura di Mariarosaria Barbera, il secondo (2013) curato da Alessandra Capodiferro.

Quest'ultimo documenta la curiosa varierà degli oggetti esposti già dalla variegata copertina. Il pubblico può ammirare una collezione sostanzialmente inedita, pazientemente restaurata e scientificamente ricomposta rivelandoci più novità e sorprese di quanto ci si potesse attendere. Ogni reperto, che era stato per Gorga parte di una serie in cui contava solo la ripetizione, ritrova oggi una sua dignità di testimonianza del mondo antico. L'allestimento si vale di vetrine inserite in grandi contenitori in legno grezzo.

Essi alludono, con una sorta di elegante ironia, all'originaria disposizione della immensa collezione collocata su polverosi scaffali lignei in ben nove appartamenti sparsi nella Roma di inizio secolo La evocano i suggestivi ingrandimenti fotografici d'epoca posti alle pareti. All'interno delle casse-vetrine i pezzi, emersi da un secondo scavo non nel terreno ma nelle cassette dei magazzini museali, restaurati e selezionati, ritrovano dignità e significato scientifico attraverso il lavoro di ricerca documentato nei saggi dei volumi sopra citati.

Le sorprese per il visitatore curioso e attento sono davvero molte; ciascuno potrà scegliere (è un'altra delle caratteristiche di questa mostra) un suo personale percorso. Segnalo, da parte mia, solo alcuni materiali fra i più interessanti e singolari. Fra i frammenti di affreschi e di stucchi, oggi riconosciuti come ricuperati dagli scavi sul Palatino e appartenenti agli apparati decorativi di domus romane fra I e II secolo d.C., vi sono pezzi che, nella loro frammentarietà, ci permettono di scoprire ariosi paesaggi con porticati e colonnati in prospettiva. Un pannello di parete in affresco e stucco, oggi ricomposto, svela una insolita iconografia, la messa in opera di un tendaggio fra candelabri da parte di amorini e satiri.

 Pregevole è la raccolta di marmi sagomati, parti di splendidi rivestimenti parietali, nella tecnica dell'intarsio (opus sectile). Una vera e propria sorpresa, dovuta alla recente pulitura dei pezzi, sono i frammenti di prezioso marmo rosso antico con decorazioni in oro, forse sfuggite anche al Gorga, un unicum fra quanto è giunto fino a noi dei sontuosi arredi delle dimore di età tardoantica. La collezione Gorga era famosa in particolare per le terrecotte architettoniche fra cui le lastre decorative con scene del mito o dei giochi nel circo. Ne sono esposte molte che hanno mantenuto l'antica policromia. I falsi, che anche Gorga non seppe evitare, oggi fanno parte della storia del collezionismo.

 Uno stupefacente insieme è quello dei 26.000 frammenti di lastrine in vetro policromo che Gorga doveva aver prelevato per lo più da scavi nella romana villa di Lucio Vero. Uno dei risultati più incantevoli del lavoro di restauro su questi pezzi è la ricomposizione di due pannelli policromi con motivi di cancellata. Essi ornavano il telaio di un sontuoso letto da banchetto, oggi in gran parte ricostruito al Metropolitan Museum. L'uso di una grande quantità di coloratissimi vetri rende i pannelli dei piccoli capolavori di grande vivacità e allegria che ci restituiscono l'immagine della ricchezza decorativa delle dimore di età romana non meno fastose delle sale di Palazzo Altemps ove oggi sono collocate.

E ancora cumuli di ceramica, di vasellame bronzeo, di deliziosi giocattoli (bamboline snodate e stoviglie miniaturistiche), materiali etruschi ed egizi, che si riferiscono a una visione del passato universalistica insieme meravigliosa e confusa. Il visitatore reale in mostra o quello virtuale, attraverso le pagine dei volumi che accompagnano l'esposizione, potrà dunque a un tempo ritrovare l'antico e ricostruire un episodio collezionistico storicamente interessante. Ma specialmente potrà apprezzare i risultati di uno straordinario e non effimero progetto di valorizzazione del nostro patrimonio in un evento che è il contrario, dunque, di quelle mostre d'occasione o di cassetta che spesso ci capita di incontrare.

03/11/13

Sensazionale: Il tesoro del terzo Reich ritrovato.| Oltre millecinquecento quadri e opere d'arti.

Picasso, Matisse, Renoir e Chagall, questi i pittori di cui si sono trovati le opere d'arte in un polveroso appartamento a Monaco. Il tesoro di Hitler: 1500 opere d'arte che si credevano distrutte, ritrovato nell'appartamento decrepito del figlio di un collezionista: fu suo padre ad acquistare il tesoro che i nazisti saccheggiarono negli anni Trenta e Quaranta. Ne da la notizia il settimanale tedesco Focus.


Hitler
Le opere ritrovate furono sequestrate dai nazisti a famiglie ebree o ai musei dei paesi europei occupati dalla Wehrmacht e dalle WaffenSS. Lo racconta il settimanale Focus, in un sensazionale servizio. Gli investigatori, afferma la rivista dell'editoriale Burda, dopo lunghi anni d'indagini sono riusciti a trovare una pista calda. Hanno fatto irruzione nel polveroso, mal ridotto appartamento di un ottantenne. Dove, dimenticati tra armadi, sgabuzzini e stanze ripostiglio, erano appunto i millecinquecento capolavori.

Da dopo la 'notte dei cristallì  -  il primo grande e brutalissimo pogrom contro gli ebrei tedeschi, ordinato da Hitler e dai suoi complici, un crimine di cui il 9 ricorre il settantacinquesimo anniversario  -  poi con l'inizio degli espropri e delle deportazioni, poi con l'invasione di Polonia, Olanda, Belgio, Francia e tanti altri paesi dove vivevano vitali, numerose comunità ebraiche, spesso punta di lancia della borghesia colta locale, i nazisti si scatenarono negli espropri.

Proprio oggi su Der Spiegel sono pubblicati i diari dei diplomatici stranieri in servizio a Berlino durante e dopo la 'Reichskristallnacht'. Diplomatici polacchi e nipponici, finlandesi e ungheresi trasmisero alle loro capitali rapporti agghiaccianti: "arrivano di notte, violenti, rubano tutto, tentano di violentare le donne, poi si portano via valori, preziosi, opere d'arte, assegni e liquido per migliaia e migliaia di marchi, e la plebaglia antisemita segue i militari nazisti".

Lo stesso saccheggio sistematico, un crimine senza precedenti nella storia dei rapporti tra arte e guerra, fu compiuto nei musei polacchi, francesi, olandesi, belgi, di ogni paese occupato. Goering e Goebbels si fecero stimare le opere rubate, pare che ne rinchiusero alcune, quelle che piacevano loro di più, nelle compiacenti casseforti di banche svizzere. Ma molte di queste opere furono portate a Berlino. Non poche finirono distrutte durante i bombardamenti dei Lancaster, delle Fortezze volanti e dei Liberators inglesi e americani, e nei furiosi combattimenti degli ultimi nazisti contro l'armata del maresciallo Zhukov.

Le opere ora ritrovate, scrive Focus, hanno un valore di oltre un miliardo di euro. Gli investigatori sono arrivati a cogliere la pista calda nel 2011, dopo un'indagine sull'inquilino dell'appartamento, colto in flagrante dalla dogana in treno mentre tentava di portare denaro contante in Svizzera. Il padre del proprietario dell'appartamento a sua volta era un mercante d'arte e avrebbe acquistato il 'tesoro saccheggiato nazista' negli anni Trenta e Quaranta. Resta ora da vedere se discendenti delle vittime si faranno vivi per reclamare una giusta restituzione delle opere d'arte.
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