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15/09/14

La preparazione pre operatoria del paziente

Procedere all'assistenza pre operatoria del paziente vuol dire, seguire determinati procedimenti che sono diretti in particolar modo a dovere fare in modo di prevenire possibili future infezioni. 


Ciò in cui ci si deve concentrare più di ogni altra cosa è la preparazione della pelle del paziente tramite una doccia pre operatoria, che favorirà la tricotomia, la disinfezione della pelle, la decontaminazione naso-orofaringea, la terapia antibiotica e la pulizia intestinale. Una perfetta preparazione pre operatoria dovrebbe essere effettuata anche allo scopo di dovere creare un contenimento e/o riduzione dello stato ansioso dell'individuo che devrà sottoporsi a un intervento chirurgico.

La doccia pre operatoria.
Nessuna dimostrazione è scaturita degli studi riguardo l'efficacia della doccia pre operatoria con prodotti antisettici nel diminuire le infezioni possibili all'interno della ferita chirurgica. Uno studio recente di coorte invece ha contrariamente messo in luce che fare la doccia con clorexidina la sera e la mattina dell'intervento diminuisce la possibilità del formarsi formazioni di microrganismi cutanei fino a 9 volte in meno.
Preparare il paziente
prima di un intervento chirurgico

Tricotomia.
Una delle cause principali di infezioni sono i peli e i capelli che tra l'altro possono impedire una chiara visuale della parte da dovere incidere oltre che interferire in seguito con il cicatrizzarsi della ferita. Le prove attuali sono a favore della tricotomia solo nei casi in cui i peli nell'area di incisione possano interferire con l'intervento. In caso di necessità la tricotomia, va effettuata tramite un rasoio elettrico idoneo, altrimenti con creme depilatorie. Il rasoio tradizionale quello a mano è oppurtuno evitarlo, in quanto durante la pulitura della pelle può generare microlesioni che possono essere sede di colonizzazione da parte dei microrganismi. Se la tricotomia viene effettuata con rasoio elettrico si raccomanda di eseguirla un paio di ore prima dell'intervento, se invece si utilizza la crema depilatoria allora è bene effettuarla la sera prima.

Disinfezione della cute.
Non esistono molti studi che siano in grado di valutare l'efficienza della disinfezione della cute rispetto al non eseguirla. Organizzazioni famose come i CDC e il Royal College of Surgeons of England danno raccomandazione di procedere a disinfettare la cute prima dell'intervento chirurgico. Gli agenti iodofori (per esempio iodopovidone), i prodotti contenenti alcol e la clorexidina gluconato sono gli antisettici più comunemente usati. Mancano studi controllati di buona qualità che confrontino questi antisettici pre operatori.
Bisogna procedere in modo concentrico, per dare inizio alla disinfezione della cute, eseguendo movimenti che inizino dal centro e proseguano verso la periferia del sito chirurgico. La parte disinfettata deve essere sufficientemente estesa per poter ne caso ci fosse la necessità di ampliare l'incisione e per realizzarne di nuove se necessario.

Profilassi antibiotica.
Procedere alla somministrazione profilattica di antibiotici ha lo scopo di impedire che i microrganismi venuti a contatto con il campo operatorio si possano raccogliere nella parte sottoposta all'intervento chirurgico e/o si attacchino al materiale protesico impiantato, divenendo una possibile causa di infezione. La profilassi antibiotica nella maggior parte dei casi, deve iniziarsi subito prima delle procedure di anestesia e in ogni caso nei 30-60 minuti prima di procedere all'incisione della cute. A supportare una profilassi prolungata nel tempo ad onor del vero non esistono prove: voler proseguire con la profilassi per più di 24 ore dall'intervento chirurgico non è avvalorata da prove scientifiche.

Scegliere quale antibiotico utilizzare significherà dovere avere un ampio raggio di azione che dia garanzia riguardo l'efficacia contro le probabili contaminazioni. Sarà altresi opportuno che in ogni realtà chirurgica locale venga effettuato un controllo delle specie batteriche responsabili delle complicanze infettive post operatorie e della loro sensibilità agli antibiotici utilizzati in profilassi.


13/09/14

La disfagìa nell'anziano

In genere la deglutizione fisiologica si manifesta nel seguente schema suddiviso in 4 momenti:
• la preparazione orale;
• lo stadio orale;
• lo stadio faringeo;
• lo stadio esofageo. 


Il mal funzionamento soltanto di una di queste fasi può dare luogo alla cosiddetta disfagia, ovvero sia ad un'esagerata deglutizione. Ciò che provoca la disfagia cronica nei casi maggiori sono i disturbi neurologici, ad esempio il morbo di Parkinson, una patologia del motoneurone, disturbi neuro-muscolari, sclerosi multipla e l'Alzheimer.

A causare la disfagia cronica però, ci sono anche:
- anomalie strutturali, come tumori di testa e collo, ingrossamento della tiroide, stenosi benigne;
- infezioni da HIV, candida o herpes;
- cause iatrogene, come per esempio la perforazione dell'esofago durante l'intubazione;
La disfagia
- malattia da reflusso gastroesofageo (GERD), in seguito alla quale l'acido gastrico irrita e danneggia la mucosa dell'esofago;
- avvelenamento e / o ustioni provocati, per esempio, dall'ingestione di prodotti domestici per la pulizia.

La diagnosi clinica per mettere alla luce una disfagia include 3 fattori importanti:
1. anamnesi generale e specifica;
2. osservazione del paziente;
3. esame clinico della deglutizione.

L'anamnesi deve comprendere informazioni riguardanti i sintomi tra cui inappetenza, calo di peso, mal'essere alla gola oppure al torace durante la deglutizione del liquido salivario, perdurare e gravità dei sintomi, manifestazioni di apparente soffocamento e presenza di infezioni toraciche ricorrenti. Per avere il controllo di tutti questi elementi si potrà usufruire di prove o metri di giudizio dello screening. Tra quelli più noti c'è quello del bolo d'acqua, che è molto consigliato per la valutazione del rischio tracheobronchiale in tutti i pazienti con ictus.

Un'altra prova che potrà essere adottata è il semplice ed accurato è il Bedside Swallowing. Assessment. La prova del bolo d'acqua si svolge facendo assumere una certa quantità di acqua mentre l'addetto ai lavori giudica l'apparizione del senso di soffocamento o altri sintomi, come tosse e sforzo nel deglutire. Il Bedside Swallowing Assessment consiste nella valutazione di alcuni parametri (livello di coscienza, controllo della testa e del tronco, respirazione) e l'osservazione del paziente durante l'ingestione di un cucchiaino d'acqua. Per quel che concerne i pazienti che, sucessivamente alla valutazione clinica, sono stati dichiarati a rischio di disfagia è opportuna una valutazione clinica strumentale.

L'esame diagnostico strumentale di elezione è la videofluoroscopia, utile sia nella fase di valutazione del grado di disfagia, sia nella fase di followup per monitorare la progressione del disturbo. Secondo gli studi, la videofluoroscopia è una tecnica dotata di elevata capacità diagnostica per la valutazione dei deficit deglutitori nei soggetti affetti da SLA, perché è in grado di identificarne il grado di compro-missione e le cause determinanti. Inoltre la possibilità di eseguire lo studio con differenti tipi di bolo e con diversi atteggiamenti posturali permette di individuare gli espedienti in grado di migliorare la capacità deglutitoria.


03/06/14

Trichomonas vaginalis | Parassita che favorirebbe il proliferare delle cellule malate.

Trichomonas vaginalis, è un microrganismo che favorirebbe il proliferare delle cellule malate. Il parassita che si trasmette attraverso i rapporti sessuali, darebbe luogo ad un aumento di cellule cangerogene. 

I sintomi non sono sempre evidenti, ma quando nel momento in cui si manifesta la tricomoniasi, un'infezione di cui possono essere affetti, sia la donna che l'uomo, essi manifestano bruciore e prurito. Effettivamente la tricomoniasi potrebbe avere a che fare con il cancro alla prostata. Si tratta dell'ipotesi riproposta da uno studio effettuato dall'Università della California eseguito insieme ai ricercatori italiani dell'Università di Sassari.
Trichomonas vaginalis
(immagine dal web)

Il vincolo tra microrganismi patogeni e il cancro alla prostata era già stata proposta da altri studi. Il team internazionale, di cui fanno parte i nostri ricercatori Pier Luigi Fiori, Daniele Dessì, Paola Rappelli e Anna Rita Cocco dell'Università di Sassari, ha cercato ulteriori conferme a tal proposito. Nello studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, gli scienziati hanno provveduto ad eseguire un test su cellule umane della prostata, venendo a conoscenza del fatto che il protozoo Trichomonas vaginalis favorisce il cancro nella sua crescita. Il microrganismo, infatti, rilascia una proteina che favorisce l'infiammazione e aumenta il caos cellulare come nel caso del cancro.

Un'infezione alquanto comune
La tricomoniasi è l'infezione non virale più comune tra uomini e donne: colpisce circa 275 milioni di persone e si trasmette nei rapporti vaginali. Non è sempre che produce sintomi evidenti, ma quando si manifestano il più delle volte sono dolore o bruciore mentre si urina sia per l'uomo che per la donna, dolore dopo l'eiaculazione, perdite vaginali o dall'organo sessuale maschile, bolle, prurito e irritazione, crampi ai genitali per la donna.(ilsole24ore)

17/05/14

La guerra dei germi | Antibiotici sempre più inoffensivi!

I nuovi superbatteri sono in grado di rendere inoffensivi gli antibiotici tradizionali. Ma la lotta alle infezioni potrebbe presto essere combattuta da virus e altri microorganismi "amici".

Ci tengono costantemente sotto assedio, tentando di fiaccare le difese del nostro organismo: sono i batteri! Fino a poco tempo fa, le nostre armi più potenti contro questi invasori erano gli antibiotici, farmaci in grado di fare fronte in maniera miracolosa ai loro attacchi, negli ultimi 70 anni, hanno contrastato con successo, gran parte delle infezioni. Di recente, però, sono comparsi nuovi ceppi di superbatteri, resistenti a quasi tutte le terapie tradizionali. NDM-1, per esempio, chiamato come l'enzima, prodotto dal microorganismo stesso, che promuove la resistenza agli antibiotici, è immune a tutti gli antibiotici tranne due, uno dei quali ha gravi effetti collaterali, mentre l'altro è soltanto parzialmente efficace.
Batteri
(immagine dal web)

MRSA, lo stafilococco aureo meticillino-resistente, è immune a tutti gli antibiotici tranne cinque. La minaccia più grave, tuttavia, non è rappresentata dai microorganismi di per sè: il vero problema è la trasmissibilità della resistenza ad altri batteri che a loro volta diventano immuni integrando un frammento di DNA che contiene il gene resistente. Quando NDM-1 venne identificato per la prima volta, nel 2008, la flora batterica limitrofa che colonizzava l'intestino del paziente, tra cui E. coli, aveva già sviluppato resistenze a gran parte degli antibiotici. Test di controllo, eseguiti da un'equipe di epidemiologi diretta da Tim Walsh dell'Università di Cardiff, hanno dimostrato che perfino il colera diventa non responsivo dopo l'esposizione a batteri contenenti il gene NDM-1.

Dopo la recente diagnosi di alcuni casi in Inghilterra, la celebre rivista scientifica Lancet aveva pubblicato un articolo dal titolo Is this the end of antibiotics? (Siamo giunti alla fine dell'era degli antibiotici?). Secondo Walsh, la risposta è si. "Arriveremo al punto in cui i batteri saranno diventati resistenti a tutte le terapie disponibili. Al momento non abbiamo praticamente nessun farmaco da opporre al NDM-1, e non c'è nulla nemmeno all'orizzonte". Anche se si scoprissero nuovi medicinali, si tratterebbe di una soluzione temporanea.

"Se comparisse un super-farmaco, tutti inizieremmo a usarlo e, inevitabilmente, si produrrebbero nuove resistenze", avverte Walsh. "Per annullare la minaccia rappresentata dal gene NDM-1, dovremmo poter disporre di cinque o dieci nuovi farmaci. In caso contrario, la medicina moderna, caratterizzata da basso rischio in chirurgia, tra vent'anni potrebbe non esistere più". (science)

29/03/14

Salbutamolo, un broncodilatatore per i sintomi delle allergie primaverili.

E' arrivata la primavera ( almeno sul calendario ) e porta con se la maggiorazione dei sintomi legati alle allergie, come gli attacchi di asma. L’asma è una patologia in aumento e molto frequente, soprattutto nella popolazione pediatrica. Sapere cosa fare in caso di un attacco di asma è importante per tutti, non solo per il bambino che ne soffre. Un attacco d’asma è causato da un brusco restringimento dei bronchi che portano l’ossigeno agli alveoli polmonari dove passa nel sangue. Questo vuol dire quindi una quantità ridotta di ossigeno che passa nel sangue, una difficoltà a respirare e spesso il classico fischio che in alcuni casi si può ascoltare ad orecchie nude. I fattori che possono scatenare un attacco d’asma sono molteplici: si va dagli abbondanti allergeni inalati (graminacee per esempio)alle infezioni virali, da uno sforzo fisico al fumo di sigaretta. In genere si avvertono dei segnali che anticipano di alcune ore la comparsa dei sintomi allergici, specialmente quelli respiratori. Questi segnali variano da paziente a paziente e possono essere diversi di volta in volta anche nello stesso soggetto. Imparare a riconoscere i segnali di avvertimento da parte del paziente significa agire prontamente su di essi, in questo modo si potrà evitare complicazioni molto gravi. I principali segni di avvertimenti che anticipano la comparsa degli attacchi d’asma nel bambino sono: naso che cola, starnuti ripetuti e tosse secca insistente, soprattutto notturna. La tensione emotiva peggiora gli attacchi d’asma, per cui è fondamentale che i genitori rimangano calmi ed assicurino altrettanta tranquillità al bambino. I farmaci da utilizzare in caso di attacco d’asma sono i broncodilatatori che servono a riaprire i bronchi che si sono chiusi velocemente. Il salbutamolo è un broncodilatatore in gocce per aerosol che va diluito con soluzione fisiologica, oppure spray da utilizzare sempre con un adeguato distanziatore. somministrato secondo il seguente schema: Aerosol: adeguato numero di gocce di salbutamolo in base al peso del bambino diluite in almeno 3 ml di soluzione fisiologica 3 volte al giorno per 4 giorni, 2 volte al giorno per 3 giorni, 1 volta al giorno per 2 giorni, oppure spray con distanziatore 3 – 4 puffs al giorno per 4 giorni, 2 – 3 puffs al giorno per 3 giorni, 1 – 2 puffs al giorno per 2 giorni Se vengono utilizzati gli spray e non si ottiene una risposta immediata alla prima somministrazione si possono ripetere i puffs fino a quattro somministrazioni nella prima mezzora. L’areosol può essere ripetuto dopo venti minuti se non vi è stato alcun miglioramento dei sintomi. In assenza di miglioramento è opportuno avere a portata di mano un cortisonico da somministrare per bocca e portare il bambino al più vicino pronto soccorso possibilmente pediatrico. Se si ha intenzione di allontanarsi da casa per un periodo di tempo superiore ai due giorni è meglio fare una scorta adeguata delle medicine necessarie.

23/03/14

Il farmaco che rivoluzionò il mondo della medicina: la Penicillina.

Negli anni 20 moltissime persone morivano a causa di infezioni batteriche, alcune volte causate da piccolissimi e semplicissimi graffi. Alexander Fleming, uno scienziato e dottore scozzese, stava lavorando in un ospedale di Londra. Lui stava cercando di scoprire i modi per combattere i batteri. Fleming in quel periodo era alle prese con un pericolosissimo batterio chiamato stafilococco. Un giorno,nel chiudere frettolosamente il suo laboratorio perché stava partendo per le vacanze, dimenticò di lavare tutte le apparecchiature prima di lasciarlo. C’era una capsula nella quale stavano crescendo gli stafilococchi. Quando alcune settimane più tardi, Fleming tornò dalle vacanze, si accorse che c’era qualcosa simile a muffa in quella capsula che aveva contaminato le colture, e si accorse anche che la crescita del pericoloso batterio stafilococco si era fermata,probabilmente, pensò, a causa di questa muffa. Fleming chiamò questo antibiotico penicillina. Sapeva che la penicillina poteva essere un’importante scoperta, quindi fece alcuni esperimenti con essa. Tuttavia, non essendo un farmacista, per lui era difficile produrre la penicillina pura. Chiese aiuto ad alcuni scienziati colleghi ma nessuno sembrava interessato nel produrre la penicillina. Fleming ha dovuto aspettare più di dieci anni prima che due brillanti scienziati, Howard Florey e Ernst Chain, finalmente trovarono un modo facile per produrre la medicina. Nel maggio del 1940, il gruppo di ricerca di Florey ebbe abbastanza penicillina per poterla sperimentare con gli animali per la prima volta. Con un semplice esperimento, iniettarono un pericolosissimo batterio in otto topi. Un ora dopo, diedero la penicillina solo a quattro topi. Dopo alcune ore, i quattro topi con la penicillina stavano bene, mentre gli altri quattro erano tutti morti! Durante la Seconda Guerra Mondiale, la penicillina ha salvato molte vite, e nel 1945 Fleming, Florey e Chain vinsero il Premio Nobel per la medicina. Ancora oggi questo antibiotico è utilizzato per combattere la maggior parte dei batteri gram positivi come gli stafilococchi e gli streptococchi, le spirochete (Treponema pallidum e Leptospira), gonococchi e meningococchi.

22/03/14

La febbre: perchè ci colpisce?

La febbre,questa fastidiosissima "malattia" così chiamata erroneamente che, almeno una volta nella vita, ci ha colpiti tutti. Temperatura alta, debolezza, mal d'ossa, poco appetito, questi i suoi sintomi. E' comunemente ritenuta una malattia, ma in realtà la febbre è un meccanismo molto speciale attivato dall’organismo per un motivo ben preciso: difenderci dalle infezioni. Attaccato continuamente da virus e batteri, i maggiori responsabili delle infezioni, il nostro organismo risponde proprio innalzando la temperatura corporea: la febbre, infatti, mette a rischio la vita degli agenti patogeni che viaggiano per il nostro corpo, e permette alle nostre difese immunitarie di affrontarli alla meglio. E’ grazie alla febbre che riusciamo a produrre una quantità maggiore di anticorpi, le cellule amiche che si attaccano agli invasori, e proteine per combattere le infezioni e supportare i tessuti nell’eliminazione delle sostanze nocive. La febbre è generalmente un segnale positivo, che sta a significare che il corpo sta lottando contro l’infezione, ma attenzione: se troppo alta è bene farla scendere e chiedere al medico i farmaci più adatti a ciò. Una piccola curiosità da sfatare: spesso sentiamo dire che la febbre fa diventare più alti. Anche questa, come quella che la febbre sia una malattia e non un sintomo di qualcos’altro, è una falsa credenza: trascorrere molto tempo a letto fa sì rilassare i dischi di cartilagine tra le vertebre della colonna vertebrale, ma si tratta solo di un fenomeno momentaneo, alzandoci di nuovo dal letto si torna alla normalità.

02/02/14

Terapia genica contro il cancro | Partita la sperimentazione al San Raffaele di Milano!

Terapia genica contro il cancro: parte la sperimentazione al San Raffaele di Milano!
Si tratta di una terapia genica che si sta sperimentando al San Raffaele di Milano, e consiste in una serie di attacchi attraverso delle "bombe ad orologeria", celate in un "Cavallo di Troia": un “vettorevirale che le condurrà a destinazione per poi farle "esplodere" nel cuore del tumore. Quel'è il target da annientare? Alcune cellule del sangue, i macrofagi, che sono necessarie proprio ai tumori per garantirsi la crescita.

Uno studio dell’Irccs Ospedale San Raffaele coordinato da Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica, ha dimostrato che introducendo un gene terapeutico in queste cellule si può riuscire a dare vita ad una sorta di infezione creando un ambiente ostile alla crescita del tumore.
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Terapia genica contro il cancro
Il metodo è simile a quello utilizzato per due studi di terapia genica in bambini affetti da gravi malattie genetiche (la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich) condotti sempre da Naldini e pubblicati su Science: “In questo nuovo lavoro abbiamo adattato – spiega Naldini - la tecnica di trasferimento genico e ingegnerizzazione delle cellule del sangue al trattamento dei tumori".

Nel caso delle malattie genetiche, gli scienziati del San Raffaele hanno "riparato" le staminali del sangue con "pezzi di ricambio" di Dna funzionante, in modo ripristinare una funzione originariamente difettosa. "Nel nuovo lavoro - continua Naldini - abbiamo inserito nelle cellule staminali, con lo stesso metodo, un gene che svolge attività anti-tumorale nella loro progenie”.
Il nuovo studio, pubblicato su Science Translational Medicine, ha selezionato come arma anti-tumorale l’interferone alpha, una molecola prodotta normalmente dall'organismo in risposta alle infezioni.

Somministrato come in altri casi sotto forma di iniezioni, flebo, pastiglie causa problemi di tollerabilità ed effetti collaterali. Quale era l'alternativa? Un vettore virale, un vero “Cavallo di Troia”, sicuro e già sperimentato, modificato in laboratorio. Viene “caricato” con il gene pronto alla produzione della molecola terapeutica e “spedito” verso cellule differenziate del sangue, i monociti/macrofagi, che sono normalmente richiamati dal circolo sanguigno ai tumori dove svolgono un’azione che ne favorisce la crescita. Si tratta di una popolazione di cellule normalmente poco frequenti nel sangue, ma e qui sta l’originalità della strategia - fortemente arricchita nei tumori. In questo modo l’interferone
si accumula solo nel tumore dove può esercitare la sua funzione anti-tumorale, evitando gli effetti tossici della somministrazione sistemica sull’organismo.

Allo studio, condotto in questa fase sui topi, hanno preso parte Roberta Mazzieri, ricercatrice del San Raffaele recentemente trasferitasi all’Università del Queensland in Australia, è stato pubblicato il 1 Gennaio sulla prestigiosa rivista internazionale, ha come primo autore Giulia Escobar, dottoranda presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, ed è stato realizzato nell’Unità di Angiogenesi e Targeting Tumorale e nell’Istituto San Raffaele Telethon di Terapia Genica (Tiget), anche grazie ai finanziamenti dell’European Research Council (ERC), dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.

18/10/13

COSA FA IL GANODERMA LUCIDUM?

L'amico Ganoderma Lucidum  lavora rafforzando le cellule e le nostre difese immunitarie, si "concentra" sulla malattia per risolvere il problema.
È noto anche con l'apellativo di Reishi, Lingh Zhi o anche “fungo dell’immortalità”, quest’ultimo è il nome con cui era conosciuto.
Non è un medicinale, in quanto non è un prodotto chimico,  è un nutraceutico e viene consigliato da molti medici per le sue proprietà benefiche.
Una sua caratteristica è che  viene impiegato per più di 20 patologie, da quelle più gravi come l’ipertensione, la trombosi, malattie legate al sistema cardiovascolare, a quelle come mal di testa, mal di denti, infezioni, asma e allergie.
Ganoderma Lucidum
Il Ganoderma Lucidum è un adattogeno, ciò significa che aiuta il nostro corpo in base alle sollecitazioni che esso riceve, come i cambiamenti di temperatura, sbalzi d’umore e stress e come tutti i nutraceutici, può dare  benessere a tutti coloro che lo consumano, inoltre ha tante altre funzioni, come in diversi nutraceutici, il Ganoderma possiede anche effetti antiossidanti molto potenti per il nostro corpo e come ben sappiamo i prodotti antiossidanti possono portare al nostro corpo solo benefici, e agiscono soprattutto su diversi sistemi.
Il Ganoderma Lucidum è un fungo saprofita, nasce su alberi in decomposizione come la quercia o il castagno e cresce in zone molto umide e calde. La sua scoperta risale a circa 4000 anni da parte dei cinesi, e utilizzato solo da ceti sociali di alto ragno. Solo molto più tardi si diffuse fra gli altri strati della società e consumato molte volte al giorno, sia per l'estetica quindi per pelle, denti e capelli, oppure sottoforma di infuso o nel té.
Oggi il Ganoderma Lucidum è ancora poco conosciuto in Europa, ma si può trovare sotto forma di molti composti.

Studi scientifici dimostrano che il Ganoderma è ricco di componenti attivi farmaceutici, ci sono circa un migliaio di composti che si trovano nel Ganoderma Lucidum che possono essere suddivisi in 10 diverse categorie, tra cui polisaccaridi, triterpeni, polipeptidi, 16 tipi di amminoacidi, proteine, steroidi, mannitolo, cumarinici, alcaloidi, acidi organici, e micro-elementi.
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