Il-Trafiletto
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03/04/14

Per noi italiani risolvere problemi non è mai stato un problema

Eccoci alla rivincita degli ultimi della classe. Il test Ocse-Pisa sulle competenze dei nostri ragazzi quindicenni in matematica, lettura e scienze li aveva visti lontani mille miglia dai soliti asiatici, appena dietro agli europei preceduti dai nord europei. Ma nei test che misurano l'intelligenza pratica, i nostri ragazzi si sono presi la rivincita primeggiando davanti a tutti. 

L'arte dell'arrangiarsi ha radici profonde negli italiani, popolo di artigiani e mestieranti, e il "problem solving" come lo chiamano ora perchè l'italiano ce lo stiamo dimenticando, non è mai stato un nostro problema. Noi italiani non ci fermiamo mai, qualsiasi intoppo ci capiti, noi troviamo una soluzione anche temporaneo, ma che ci permette di continuare il nostro lavoro.
Ci inventiamo gli espedienti più incredibili per poterci arrangiare. Ricordo, per chi non ha vissuto l'"era" del telefono a gettoni, che a Napoli un signore per poter vivere si inventò il lavoro di "noleggiatore di cellulare". Con un investimento iniziale contenuto, anche se a quel tempo i cellulari grandi come un tostapane costicchiavano, ne acquistò uno e si mise a stazionare negli incroci nei momenti di punta, quando si formano gli ingorghi. Se ne andava fra le auto urlando: "Vuoi dire a tua moglie di non buttare la pasta che tardi? Vuoi avvertire il capufficio che arriverai con un ora di ritardo? Vuoi avvertire una Lei che ti aspetta al bar Margherita che non sarai puntuale causa un ingorgo?" E non sembrava vero al marito avvertire la moglie e al ragazzo avvertire la Lei di turno, nonchè evitarsi un rimprovero dal capufficio. Ecco quest'arte di arrangiarsi, anzi questa "problem solving" è un'abilità tutta italiana, e noi l'abbiamo trasmessa ai nostri ragazzi, che hannon fatto una gran bella figura davanti ai loro coetanei mondiali, infarciti di tanta teoria e poca pratica. Evviva i nostri ragazzi!

10/02/14

Scienza | Quando a parlare sono le “sue” immagini!

Scienza: quando a parlare sono le "sue" immagini! International Science and Engineering Visualization Challenge, si chiama cosi il promoter che già da 11 anni mira a promulgare la scienza per immagini.

Possono essere quelle di un video, altrimenti delle semplici foto, oppure un poster o un'infografica, non ha alcuna importanza, ciò che importa è dare modo e possibilità di fare parlare la scienza con le immagini. Promossa ed appoggiata dalla rivista Science e dalla U.S. National Science Foundation (NSF), la gara si è conclusa anche quest'anno, ed i progetti che hanno vinto la loro sfida nelle diverse categorie (qui potete ammirare la galleria fotografica completa), sono stati giudicati per la capacità di veicolare il concetto di cui erano portatori, l'originalità e l'impatto emotivo.

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Scienza: il linguaggio delle immagini
Il primo posto per la sezione illustrazioni va a una sezione stilizzata della corteccia cerebrale, realizzata soffiando i pigmenti sulla tela. Un'opera, ribattezzata Cortex in Metallic Pastels, che ricorda un boschetto di betulle al crepuscolo, cita la didascalia.

Per la categoria Poster e grafici invece a vincere è stata l'infografica che mostra le potenzialità dei tessuti funzionali indossabili, in grado di alimentarsi immaganizzando energia.
 
Per la fotografia a battere i concorrenti è stata l'immagine che immortala i flussi su microscala dei coralli ermatipici, mentre nella sezione Giochi ed Apps ad aggiudicarsi il primo posto è stato EyeWire che permette ai giocatori di mappare la struttura 3D dei neuroni nel cervello.
Infine segnaliamo il vincitore della sezione video: Dynamic Earth, un'animazione che mostra come le particelle e l'energia proveniente dal Sole influenzano clima e tempo sulla Terra.

02/02/14

Terapia genica contro il cancro | Partita la sperimentazione al San Raffaele di Milano!

Terapia genica contro il cancro: parte la sperimentazione al San Raffaele di Milano!
Si tratta di una terapia genica che si sta sperimentando al San Raffaele di Milano, e consiste in una serie di attacchi attraverso delle "bombe ad orologeria", celate in un "Cavallo di Troia": un “vettorevirale che le condurrà a destinazione per poi farle "esplodere" nel cuore del tumore. Quel'è il target da annientare? Alcune cellule del sangue, i macrofagi, che sono necessarie proprio ai tumori per garantirsi la crescita.

Uno studio dell’Irccs Ospedale San Raffaele coordinato da Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica, ha dimostrato che introducendo un gene terapeutico in queste cellule si può riuscire a dare vita ad una sorta di infezione creando un ambiente ostile alla crescita del tumore.
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Terapia genica contro il cancro
Il metodo è simile a quello utilizzato per due studi di terapia genica in bambini affetti da gravi malattie genetiche (la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich) condotti sempre da Naldini e pubblicati su Science: “In questo nuovo lavoro abbiamo adattato – spiega Naldini - la tecnica di trasferimento genico e ingegnerizzazione delle cellule del sangue al trattamento dei tumori".

Nel caso delle malattie genetiche, gli scienziati del San Raffaele hanno "riparato" le staminali del sangue con "pezzi di ricambio" di Dna funzionante, in modo ripristinare una funzione originariamente difettosa. "Nel nuovo lavoro - continua Naldini - abbiamo inserito nelle cellule staminali, con lo stesso metodo, un gene che svolge attività anti-tumorale nella loro progenie”.
Il nuovo studio, pubblicato su Science Translational Medicine, ha selezionato come arma anti-tumorale l’interferone alpha, una molecola prodotta normalmente dall'organismo in risposta alle infezioni.

Somministrato come in altri casi sotto forma di iniezioni, flebo, pastiglie causa problemi di tollerabilità ed effetti collaterali. Quale era l'alternativa? Un vettore virale, un vero “Cavallo di Troia”, sicuro e già sperimentato, modificato in laboratorio. Viene “caricato” con il gene pronto alla produzione della molecola terapeutica e “spedito” verso cellule differenziate del sangue, i monociti/macrofagi, che sono normalmente richiamati dal circolo sanguigno ai tumori dove svolgono un’azione che ne favorisce la crescita. Si tratta di una popolazione di cellule normalmente poco frequenti nel sangue, ma e qui sta l’originalità della strategia - fortemente arricchita nei tumori. In questo modo l’interferone
si accumula solo nel tumore dove può esercitare la sua funzione anti-tumorale, evitando gli effetti tossici della somministrazione sistemica sull’organismo.

Allo studio, condotto in questa fase sui topi, hanno preso parte Roberta Mazzieri, ricercatrice del San Raffaele recentemente trasferitasi all’Università del Queensland in Australia, è stato pubblicato il 1 Gennaio sulla prestigiosa rivista internazionale, ha come primo autore Giulia Escobar, dottoranda presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, ed è stato realizzato nell’Unità di Angiogenesi e Targeting Tumorale e nell’Istituto San Raffaele Telethon di Terapia Genica (Tiget), anche grazie ai finanziamenti dell’European Research Council (ERC), dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.
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