Il-Trafiletto
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18/09/14

Le strane lezioni del docente di matematica

Sesso in cambio di buoni voti. Sembra la storia più volte sentita, del professore che elargisce buoni voti in cambio di un rapporto intimo. Certo il fine era quello, ma i mezzi sono subdoli, fatti di ricatti e costrizioni, sembra anche di violenza e stupro su di una minore, in aula davanti a un'allieva costretta ad assistere. L'uomo è agli arresti domiciliari con l'accusa di concussione e violenza . Marcello Melis, questo il suo nome, 47 anni docente in un istituto superiore cagliaritano, sembra abbia violentato almeno dieci studentesse, una delle quali all'epoca dei fatti, 2004/2006, era minorenne.

Nella perquisizione dell'abitazione del Melis, gli agenti della polizia giudiziaria della Procura, hanno trovato materiale informatico, che potrebbe contenere file, filmati e foto in cui sono immortalati i rapporti. Il materiale è stato sequestrato e sarà sottoposto ad accurata analisi da parte di specialisti della Polizia Postale.

La prima denuncia risale al 2011 ma i fatti sarebbero iniziati nel 2005- scrive il quotidiano L’Unione Sarda - mentre il docente ha insegnato nella scuola sino allo scorso anno. Il professore avrebbe anche inviato sms espliciti alle alunne del Liceo socio-pedagogico Eleonora D’Arborea, che si trova proprio davanti alla Questura cagliaritana e al Palazzo di Giustizia. L'accusa è di ricatto minacce e vessazione e nell'ordine d'arresto si fa riferimento ad uno stupro ai danni di una minorenne avvenuto in aula mentre un'allieva veniva minacciata e costretta a controllare la porta che non entrasse nessuno. Altre testimonianze raccolte negli anni, raccontano di una violenza sessuale ad una studentessa, la quale aveva confidato al Professore la sua omosessualità, confidenza usata come arma di ricatto per il suo silenzio. Il magistrato ha anche sottolineato che "nel momento in cui furono formulate le accuse nessuna delle ragazze era più alunna del professore né frequentava più la scuola per cui non si può sostenere che avessero ragioni di contrasto con Melis"

Le strane lezioni del docente, per le quali nel marzo scorso fu accusato da un gruppo di genitori di erano “ lezioni di sesso e non di matematica” l'argomento parlava di “catene, frustini, manette e pillola del giorno dopo”. Ma il Melis era già sotto inchiesta da tre anni dopo ad una denuncia di alcuni colleghi che avevano raccolto le confidenze di una studentessa. Nel suo harem sarebbero cadute una decina di studentesse. Per la sua discutibile “didattica” era stato anche sospeso dall’insegnamento alla fine dello scorso anno scolastico ma a breve avrebbe dovuto riprendere la cattedra.

12/08/14

Le curve celebri di Luciano Crespi

Le curve celebri
di Luciano Crespi

Le curve celebri di Luciano Crespi Orme Editori, 19,50 € (194pp, 2013) 

Quando si parla di matematica il mondo sembra dividersi in due grandi categorie: i geni e quelli che proprio non ci capiscono nulla.

Per fortuna ci sono i chiaroscuri, ossia coloro che sono incuriositi e hanno voglia di capire i meccanismi che si celano dentro quelle formule piene di simboli astratti, ma hanno necessità che qualcuno parli loro in modo semplice. È quello che fa Luciano Crespi, ingegnere elettronico appassionato divulgatore scientifico, che con questo libro racconta perché una curva per un matematico può essere anche retta o rotta da angoli e cuspidi: l'importante è che sia una linea continua. E spiega perché i problemi e l'esplorazione delle curve attraversano tutta la storia del pensiero, non solo matematico, e sono uno dei fondamenti della risoluzione non soltanto di questioni geometriche e pratiche, ma anche del pensiero speculativo.

Tranquilli: qui non troverete complicate dimostrazioni, ma solo affascinanti figure geometriche e, soprattutto, numerose curiosità storico-letterarie degli autori di formule e teoremi. Un viaggio divertente anche per chi aveva già gettato la spugna fin dai primi anni di scuola di fronte a una delle materie più ingiustamente incomprese.(science)



22/07/14

Donne e matematica: una lunga storia' di pregiudizi

«Si può dunque dire che una donna matematica sia contro natura, in certo senso un ermafrodito». 

Questa fase è stata pronunciata meno di un secolo fa da un noto matematico, Gino Loria. Il suo obiettivo era colpire Pia Nalli (1886-1964), palermitana, la prima donna nella storia dell'ltalia unita a vincere una cattedra universitaria in matematica. Prima di lei molte altre studiose di questa materia hanno dovuto lottare contro pregiudizi diffusi. Ipazia d'Alessandria, studiosa di aritmetica, filosofia, geometria e astronomia, nel quinto secolo dopo Cristo fu addirittura assassinata per le sue idee.
 Ma veniamo a epoche più recenti. Alla fine del 700 Marie Sophie Germain, parigina, sottoponeva le sue geniali osservazioni a Kari Gauss, uno dei più grandi matematici della-storia.; Con uno pseudonimo maschile: Le Blanc. Una storia altrettanto curiosa è quella di Sofia Kovalevskaja, natain Bielorussia nel 1850. I genitori tappezzavano la sua camera da letto con fogli presi dal quademo di matematica del nonno, un importante studioso. Cosi Sofia si appassionò a la materia. Tra mille difficoltà intraprese la carriera universitaria e nel 1884 giunse all'ateneo di Stoccolma. Qui il commediografo svedese August Strindberg tuonò: «Una femmina professore di matematica è un fenomeno pernicioso e sgradevole persino, si potrebbe dire una mostruosità». Nonostante questa condanna la Kovalevskaja ebbe un incarico universitario per cinque anni. E l'accademia francese delle scienze le assegnò il prix Bordin, una specie di Nobel per la matematica.

03/07/14

La teoria dei giochi

La teoria dei giochi
La teoria dei giochi è una branca della matematica nata nel 1944 con l'opera Theory ofgames and Economie Behavior di von Neumann e Morgenstern, che ha l'obiettivo di descrivere matematicamente il comportamento umano nei tipi di scambi che comportano una vincita o lo spartirsi di qualche risorsa. 

Sono considerati "giochi" le situazioni in cui i partecipanti prendono decisioni strategiche, quelle cioè in cui ogni giocatore tiene conto delle possibili scelte fatte dagli altri giocatori. Nel modello "a somma zero" di von Neumann, al guadagno di un partecipante corrisponde una corrispettiva perdita di un altro partecipante; in ogni scambio commerciale, in poche parole, vi sono quindi un vincitore e un perdente.

Il premio Nobel John Nash, reso celebre dal film A beautiful mind, ribalta invece questo modello dimostrando matematicamente che, nei giochi non cooperativi (in cui i partecipanti non possono accordarsi tra loro sulla scelta da prendere), esiste almeno una situazione di equilibrio che determina un vantaggio per tutti, o quantomeno limita lo svantaggio al minimo. In ogni interazione commerciale di questo tipo, quindi, esiste una scelta che non solo fa ottenere il massimo vantaggio al singolo individuo, ma anche alla collettività. Le uniche ipotesi che stanno alla base di questo ragionamento sono che i partecipanti conoscano bene le regole e che siano consapevoli di ogni singola mossa.(science)



03/04/14

Per noi italiani risolvere problemi non è mai stato un problema

Eccoci alla rivincita degli ultimi della classe. Il test Ocse-Pisa sulle competenze dei nostri ragazzi quindicenni in matematica, lettura e scienze li aveva visti lontani mille miglia dai soliti asiatici, appena dietro agli europei preceduti dai nord europei. Ma nei test che misurano l'intelligenza pratica, i nostri ragazzi si sono presi la rivincita primeggiando davanti a tutti. 

L'arte dell'arrangiarsi ha radici profonde negli italiani, popolo di artigiani e mestieranti, e il "problem solving" come lo chiamano ora perchè l'italiano ce lo stiamo dimenticando, non è mai stato un nostro problema. Noi italiani non ci fermiamo mai, qualsiasi intoppo ci capiti, noi troviamo una soluzione anche temporaneo, ma che ci permette di continuare il nostro lavoro.
Ci inventiamo gli espedienti più incredibili per poterci arrangiare. Ricordo, per chi non ha vissuto l'"era" del telefono a gettoni, che a Napoli un signore per poter vivere si inventò il lavoro di "noleggiatore di cellulare". Con un investimento iniziale contenuto, anche se a quel tempo i cellulari grandi come un tostapane costicchiavano, ne acquistò uno e si mise a stazionare negli incroci nei momenti di punta, quando si formano gli ingorghi. Se ne andava fra le auto urlando: "Vuoi dire a tua moglie di non buttare la pasta che tardi? Vuoi avvertire il capufficio che arriverai con un ora di ritardo? Vuoi avvertire una Lei che ti aspetta al bar Margherita che non sarai puntuale causa un ingorgo?" E non sembrava vero al marito avvertire la moglie e al ragazzo avvertire la Lei di turno, nonchè evitarsi un rimprovero dal capufficio. Ecco quest'arte di arrangiarsi, anzi questa "problem solving" è un'abilità tutta italiana, e noi l'abbiamo trasmessa ai nostri ragazzi, che hannon fatto una gran bella figura davanti ai loro coetanei mondiali, infarciti di tanta teoria e poca pratica. Evviva i nostri ragazzi!

29/01/14

Evviva l’ora di matematica | Fuori i tablet per dare dinamismo ed interattività a geometria ed algebra!

La matematica continua ad essere lo spauracchio di molti studenti, eppure numeri e algoritmi sono i fondamenti dell'universo, basta osservare la natura. Tutti possiamo fare matematica, l'importante è farla bene e trovare anche chi ci invoglia e ci fa appassionare. Scordatevi le vecchie e barbose lezioni di una volta, nelle quali il professore o la professoressa "scarabocchiavano" sulla lavagna lettere e numeri a iosa, spesso recitando teoremi e dimostrazioni assurde per molte delle teste in classe. Tutta aria rifritta per molti, e soprattutto astratta.
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Funzione

Quando suona la campanella dell'ora di matematica, si accendono i tablet e si comincia a fare un po' di geometria dinamica e di algebra interattiva.  Che vuol dire? “Interattiva” e “dinamica” non sono aggettivi usati a caso, come non lo è il verbo “fare”. È proprio intorno a questa parola che gli insegnanti impegnati nel digitale stanno oggi cercando di reimpostare la didattica, anche grazie a software che permettono agli studenti di trasformare in esperienze gli argomenti studiati finora solo sulla carta. Ne parla Donatella Merlo, esperta di didattica, e-learning e formazione degli insegnanti ed ex docente di matematica nella scuola primaria.
Di quali software si tratta? “Ne esistono diversi, anche gratuiti. Ultimamente però si sta diffondendo GeoGebra, un programma open source sviluppato inizialmente da Markus Hohenwarter e sostenuto da una forte comunità di utenti. È uno strumento completo, che mette insieme geometria e calcolo algebrico e ha ora alle spalle molti sviluppatori, che lo aggiornano continuamente. Altri, come Derive, sono più focalizzati sull'algebra, oppure sono software proprietari e costosi, come Cabrì, molto utilizzato fino a pochi anni fa. GeoGebra è diffuso soprattutto nelle scuole superiori ma, attraverso la Casa degli Insegnanti (un'associazione non profit, attiva nella formazione dei docenti, ndr.) e il Geogebra Institute di Torino, sto lavorando con alcuni maestri di scuola primaria per creare insieme dei percorsi di geometria per bambini che comprendano attività sviluppate con l'uso del software, e verificare se questo possa facilitare i processi di concettualizzazione”.
Come avviene la formazione? “Si lavora in parte in presenza e in parte in rete, utilizzando Moodle, una piattaforma di e-learning. I docenti devono prima di tutto imparare a usare il software, ovviamente, ma non ci fermiamo all'alfabetizzazione informatica: entriamo nel merito della didattica. Gruppi di insegnanti sperimentano i percorsi in classe e riportano quello che accade, poi insieme si fanno delle riflessioni e si cercano le strategie didattiche più produttive. Si parte da qui per ricavare insieme nuovi elementi formativi”.
Nella sua esperienza, il tablet cambia la didattica? “In questo caso il mezzo costringe davvero a ripensare la didattica, perché i ragazzini in rete fanno di tutto e di più. Come si gestisce una classe di 25 allievi con accesso illimitato al mondo? Devono essere sempre impegnati, quindi occorre un metodo di lavoro ben definito. Questa è una delle sfide. Un'altra è sfruttare tutte le sue potenzialità e non usarlo come un computer. Tablet, software come GeoGebra, o i kit di robotica che utilizziamo da anni permettono di mettere al centro lo studente e la sua voglia di fare, di sperimentare: è lui che prende in mano la situazione e diventa protagonista della sua crescita intellettuale. Si sviluppa la capacità di problem solving, si attivano continuamente tutte le loro conoscenze: non si lavora su un'area disciplinare unica, ma per competenze”.
Qual è l'atteggiamento degli insegnanti verso questi strumenti? “Difficile rispondere. Io lavoro con persone che hanno voglia di investire tempo e fatica in questa formazione. Non sono obbligati. Ogni scuola propone dei corsi di aggiornamento sulla base delle decisioni del collegio, ma di fatto non vi è alcun obbligo formale per i docenti di fare formazione. Le cose sono leggermente diverse nel caso di progetti istituzionali per cui le scuole sono finanziate, ad esempio per le Classi 2.0, ma personalmente sono molto scettica sulla ricaduta di queste sperimentazioni sulla pratica didattica comune. Di solito accade che un insegnante si appassioni e traini qualcun altro, in un clima di interesse marginale e con ostacoli di natura tecnica. Mi riferisco ad esempio alla diffusione nella scuola di connessioni a banda larga e di reti wireless: per questa 'didattica digitale', più che di una LIM, abbiamo bisogno di una buona rete”.
Ma l'atteggiamento non sta un po' cambiando? “Più che altro, gli insegnanti avvertono che non possono più fare a meno di lasciarsi coinvolgere. Fino a qualche tempo fa i tablet erano una novità anche per le famiglie. Ora sono i bambini stessi che portano l'hi-tech in classe. Resta però, di fondo, la barriera dell'uso delle tecnologie: la maggior parte degli insegnanti che conosco sfrutta una piccola percentuale delle potenzialità dei computer perché acquisire competenze richiede tempo e passione per lo strumento. C'è ancora un rifiuto a priori, una reticenza pregressa, una sfiducia di partenza. Soprattutto tra le insegnanti donne che nella scuola primaria sono in forte maggioranza”.




23/12/13

Il bello della…matematica!

Sapete il perché le particelle prediligono essere espresse da equazioni belle anziché brutte? Come mai la matematica va d’amore e d’accordo con tutto ciò che è “bello”? Ci pensa il premio Nobel per la fisica Paul Dirac a provare a dare una risposta, anzi…ha provato a darla molto tempo fa, visto che è vissuto nel secolo scorso, con il suo libroLa bellezza come metodo”. Il manoscritto detiene i più importanti scritti e conferenze dell’illustre scienziato, tra i maggiori fondatori della meccanica quantistica e della fisica moderna.
Narrando una parte della propria vicenda scientifica, l’autore prova a spiegare come l’idea di bellezza sia il fondamento della matematica e della fisica. In senso lato, la matematica è lo strumento per indagare il mondo fisico, dunque la “Natura”: questa efficacia della matematica nella fisica è la conseguenza di una corrispondenza – o addirittura di una coincidenza – delle due discipline, che tenderanno ad unificarsi. In tale prospettiva, la bellezza diventa il metodo con cui lo scienziato deve procedere: da un lato essa è una sorta di guida nella ricerca scientifica, dall’altro un criterio di valutazione delle teorie.

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"La Bellezza del Mondo" di Dirac
Un esempio del legame tra la matematica, la fisica e la bellezza? In fisica non tutti i fenomeni possono essere rappresentati mediante equazioni semplici: la teoria della relatività di Einstein sviluppa un’elaborazione complessa della gravitazione. Sebbene manchi di semplicità, la teoria viene resa accettabile per tutti. E questo è possibile grazie alla sua bellezza, che si manifesta, ad esempio, nella rivoluzione del concetto di spazio-tempo: le tre dimensioni spaziali e la dimensione temporale sono unificate in un’unica realtà quadridimensionale.

In generale, Dirac preferisce cercare le leggi della Natura partendo dalla matematica astratta, piuttosto che dai fenomeni con cui essa si manifesta. Uno dei due limiti che individua nella meccanica quantistica, infatti, è la “sconfitta” del determinismo, sostituito dalla visione probabilistica. Così la natura è sottoposta alle leggi della probabilità e in qualche modo non più a quelle della matematica: proprio per questo Dirac, raggiungendo le vette del suo ‘matematicismo’, sospetta che i fondamenti della meccanica quantistica non siano ancora definitivi.

Nel libro, lo scienziato premio Nobel racconta come è arrivato alla famosa “equazione di Dirac” (iγ·∂ψ = mψ) - che da lui prende il nome -, la quale descrive il comportamento dell’elettrone tenendo conto sia della meccanica quantistica che della relatività einsteiniana. C’è un problema però: nella meccanica quantistica, e dunque anche nel modo in cui essa descrive le particelle, sono presenti alcuni “infiniti”: si tratta di quantità infinitamente grandi, che di fatto violano i principi fisici. Questi infiniti sono espressione di un’imperfezione, che rende la teoria “brutta”: in questo caso, è un po’ come se dicessimo che anche l’elettrone ‘insegue la bellezza’ (dato che è come se ‘non accettasse’ questa violazione). I fisici perciò pongono riparo al problema mediante altre teorie, come quella della rinormalizzazione, un metodo che cancella queste quantità enormi.

Un altro problema riguarda il valore di “α”, una delle costanti più usate in fisica (che al suo interno contiene un parametro elettromagnetico fondamentale, la carica elettrica elementare); la domanda è: perché il rapporto 1/α vale proprio 137 e non un altro numero? Si tratta di un quesito sondato a lungo che non ha avuto una risoluzione significativa. Dunque, ecco un altro esempio di come la mancanza di bellezza corrisponda all’assenza di una spiegazione matematica (almeno per il momento): a conferma dell’ipotesi dell’autore, secondo cui la bellezza è il fondamento di questa disciplina.

L’autore racconta anche un episodio legato al fisico Schrödinger, il quale non pubblicò l’equazione relativistica sul comportamento dell’elettrone nell’atomo di idrogeno: essa era esteticamente bella, ma non era confermata dagli esperimenti. L’equazione originale di Schrödinger fu riscoperta in seguito da Klein e Gordon, che la pubblicarono. “Credo che ci sia una morale in questa storia”, afferma Dirac nel suo libro. “È più importante che le equazioni siano belle piuttosto che in accordo con gli esperimenti”.



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