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10/09/14

Gli infortuni domestici, come prevenirli

A causa della loro morbosità e mortalità a volte, gli infortuni domestici sono da rilevare e tenere in grande considerazione e grande importanza per la sanità pubblica delle nazioni sviluppate. 


In base a quanto si evince dai dati in possesso dell'Organizzazione mondiale della sanità, gli incidenti domestici non prediligono alcuna fascia d'età e sono il principale motivo di morte per quel che concerne i bambini. Tra le categorie più soggette al rischio di infortuni domestici ci sono senz'altro le donne in quanto, come è ovvio, sono più esposte a vivere nell'ambiente casalingo.

A secondo della definizione fornita dall'Istituto nazionale di statistica, l'infortunio del genere domestico è un infortunio che può essere definito secondo alcune ben determinate caratteristiche:
- comporta la compromissione temporanea o definitiva delle condizioni di salute di una persona, a causa di lesioni di vario tipo;
- si verifica indipendentemente dalla volontà;
- si verifica in un'abitazione, intesa come l'insieme dell'appartamento vero e proprio e di eventuali estensioni esterne (balconi, giardino, garage, cantina, scala eccetera).
I bambini sono
soggetti al rischio
d'infortuni domestici

Secondo i dati Istat in un trimestre sono coinvolti in incidenti domestici oltre 700.000 persone. Rapportando i dati sui 12 mesi si stima che nel corso dell'anno siano circa 3 milioni le persone colpite da eventi di questo tipo. Come detto, le donne sono le persone con maggiori probabilità di infortunarsi (secondo le statistiche sono coinvolte nel 68% degli incidenti domestici), seguono gli anziani che, a partire dai 65 anni, vanno incontro a rischi via via maggiori, i bambini fino ai 5 anni, le persone che sono in cerca di occupazione e le persone meno istruite. I luoghi domestici più pericolosi sono:
- la cucina;
- il soggiorno e le camere;
- il bagno.
Secondo i dati del SINIACA, il Sistema informativo nazionale sugli incidenti in ambiente di civile abitazione dell'Istituto superiore di sanità, gli incidenti domestici più frequenti sono le cadute (40% degli incidenti domestici), le ferite da taglio o punta (15%), gli urti o schiacciamenti (12%). Sulla base delle statistiche correnti si può stimare che le cadute degli anziani con più di 65 anni siano responsabili dei due terzi di tutte le morti per incidente domestico. All'origine degli incidenti domestici ci sono principalmente 4 cause: 1. caratteristiche dell'abitazione (per esempio la presenza di scale, pavimento scivoloso, presenza di fili elettrici sul pavimento); 2. cause comportamentali legate a un cattivo utilizzo delle apparecchiature (per esempio scarsa attenzione all'uso degli elettrodomestici, scarsa percezione dei rischi); 3. fattori associati alle condizioni di salute (per esempio scarsa mobilità); 4. fattori non facilmente individuabili, legati ad alcuni stili di vita o abitudini (per esempio uso di alcol, presenza di amianto, presenza in appartamento di piante tossiche o velenose, uso di farmaci).

Il metodo che sembra più efficace per la prevenzione degli inci denti domestici è l'approccio multiplo, che associa campagne di informazione e di educazione (verso anziani, bambini, genitori); formazione degli opera-tori sanitari volta all'acquisizione di competenze per la rilevazione della sicurezza degli ambienti domestici; fornitura a basso costo di dispositivi di sicurezza (maniglie antiscivolo, spie antincendio ecc). Per prevenire gli incidenti domestici bisognerebbe inoltre seguire alcune accortezze, come per esempio:
- evitare il contatto ravvicinato di parti del corpo a stufe o apparecchi elettrici, per non correre il rischio di ustioni o complicazioni vascolari;
- prima di andare a dormire accertarsi che gli apparecchi usati per scaldare il letto (scaldini o termocoperte, o altro) siano spenti; - tenere lontano da stufe elettriche o a gas qualsiasi tessuto o materiale infiammabile (tende, tappeti, tappezzerie);
- non utilizzare stufe o apparecchi elettrici che appaiono danneggiati o con il cavo di alimentazione in cattivo stato;
- non accostare i fili elettrici a fonti di calore;
- evitare di sovraccaricare le prese elettriche;
- non utilizzare nella stanza da bagno stufe o altri apparecchi elettrici in prossimità dell'acqua o toccarli con le mani e/o il corpo bagnati.

Oltre a una campagna informativa e all'educazione delle persone su come prevenire gli incidenti, bisognerebbe intervenire in fase di progettazione per rendere gli ambienti più sicuri. In particolare quando si progetta la cucina bisognerebbe fare in modo che:
- il piano di cottura abbia le manopole poste lontano dalla portata dei bambini e sia lontano dalla finestra, in modo che non si verifichino correnti d'aria che potrebbero spegnere i fuochi;
- sul piano di lavoro siano installate più prese, in modo da evitare che i fili elettrici finiscano vicino ai fornelli;
- siano installati i rilevatori per incendio e monossido di carbonio.
In sala bisognerebbe disporre le prese elettriche in modo tale da non avere in giro fili elettrici, distribuire i punti luce in maniera funzionale così da rendere subito visibili eventuali punti pericolosi (per esempio un gradino). Inoltre in bagno bisognerebbe scegliere un pavimento antiscivolo, le serrature delle porte dei bagni dovrebbero avere tutte la possibilità di aprirsi anche dall'esterno, la rubinetteria dovrebbe avere idonei miscela-tori per evitare che l'acqua calda esca a temperatura eccessiva.(l'infermiere)

02/09/14

Riflessione sul settore sanitario | Lo stato della professione

La situazione: la nostra nazione, al momento sta attraversando una fase particolare senz'altro tra le più importanti della sua storia recente. 

Lo stato di crisi economica comporta, in maniera sempre più costante, gravi ricadute nelle strutture e nei sistemi che fin'ora hanno correlato e appoggiato la quotidianità della nostra comunità nazionale. Durante gli ultimi due anni la necessità di rimettere "i conti" dello Stato italiano per quel che concerne una maggiore equilibrata sostenibilità, ha influito ancor di più nel rendere ancor più oberante e critica la situazione del mercato del lavoro - in generale e in sanità - e lo stato del Welfare (Servizi sanitari, Servizi sociali, Scuola e Istruzione, Servizi di sostegno per le situazioni di fragilità lavorativa e sociale), incidendo sulla coesione e sulle relazioni intercategoriali e sociali.

Il permanere dell'obiettivo del con-tenimento della spesa nella Pubblica amministrazione - e quindi anche nella Sanità - e le palesi conseguenze che il raggiungimento di tale obiettivo comporta, induce a riflettere su alcuni aspetti: - la salute rientra tra i diritti costituzionalmente garantiti e, pertanto, per rendere fruibile tale dirit to, vanno contemperati gli sforzi per raggiungere l'equilibrio di bilancio con l'impegno verso la reale garanzia dell'attuazione dei LEA e l'aiuto e il supporto - anche questo costituzionalmente previsto - a chi è in condizioni di fragilità, non autosufficienza, povertà; - la sanità rappresenta uno dei più importanti comparti del Paese non solo sul versante finanziario, ma anche sul versante occupazionale e produttivo e quindi economico; - la sanità è un rilevante volano per l'accrescimento del know how nella ricerca scientifica, tecnologica, nelle scienze mediche, assistenziali, educative, gestionali e organizzative. La salute, dunque, insieme all'organizzazione e ai professionisti che se ne occupano - sanità - deve essere considerata più che un fattore di spesa, un valore sia per l'economia del Paese, sia per il servizio alla collettività.
Il settore sanitario e
lo stato della professione

La necessità di una visione più ampia si rileva anche nel Rapporto 2013 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti, la quale evidenzia - da una parte -che anche per il 2012 si sono confermati "i progressi già evidenziati negli ultimi esercizi nel contenimento dei costi e nel riassorbimento di ingiustificati disavanzi gestionali" e che i risultati delle azioni di controllo della spesa sanitaria e di assorbimento dei disavanzi nelle Regioni in squilibrio strutturale "sono ancora una volta incoraggianti". Ma dall'altra sottolinea che la sanità si trova "di fronte a scelte ancora impegnative" e avverte che non mancano "segnali preoccupanti sul fronte della qualità dei servizi garantiti ai cittadini", mentre sono ancora previsti "rilevanti tagli delle risorse destinate al settore" e "sempre più limitate appaiono le possibilità di ricorrere ad ulteriori entrate straordinarie". Il risultato del 2012 ha consentito di rivedere le previsioni della spesa sanitaria nel prossimo quinquennio e di prefigurarne una riduzione sul Pil dal 7,1% del 2012 al 6,7% del 2017.

Il buon andamento è riconducibile soprattutto alle Regioni in "Piano di rientro" che presentano una flessione delle perdite di circa il 44%, ma anche un saldo negativo più che raddoppiato per quanto attiene la mobilità sanitaria. In questo quadro situazionale, continua a ridursi il costo del personale (35,6 miliardi di euro) con un decremento dell'1,4% rispetto al 2011. Tale riduzione è conseguente agli interventi di contenimento di tale costo derivanti dai contenuti dell'articolo 2, comma 71, della legge 191/2009 e dell'articolo 8, del decreto legge 78/2010 che ha disposto il blocco dei rinnovi contrattuali per il periodo 2011/2013. In sintesi, sempre secondo la Corte dei Conti, il freno alla crescita della spesa è da ricondurre alle misure di contenimento messe in campo sia a livello nazionale (blocco dei contratti collettivi nazionali di lavoro, interventi in materia di contenimento della spesa farmaceutica), sia a livello regionale con l'attuazione dei Piani di rientro e dei programmi operativi (accreditamento degli operatori privati con l'assegnazione di tetti di spesa e attribuzione di specifici budget, riorganizzazione della rete ospedaliera ecc.).

Per quanto attiene il blocco delle assunzioni e di ogni altra forma di reclutamento, la Corte osserva, tra l'altro, che questo - a fronte del progressivo pensionamento del personale - può incidere sia sull'offerta sanitaria e il mantenimento dei Lea, sia sull'effettivo conseguimento degli obiettivi di risparmio preventivati. L'esigenza di assicurare i livelli essenziali di assistenza, infatti, induce i gestori del servizio ad adottare procedure "alternative" per sopperire alla mancanza di personale (lavoro straordinario o in regime di prestazioni aggiuntive oppure altre fattispecie come l'acquisto di prestazioni professionali da privati) che, tutte insieme, "vanificano le conseguenze della misura rigorosa del blocco in termini di mancato risparmio, se non addirittura comportando maggiori costi". Le riflessioni L'analisi del Rapporto della Corte dei Conti, comprensiva della segnalazione delle difficoltà registrate nel monitorare e nel garantire i livelli di assistenza, è stata sostanzialmente condivisa dal Governo, dalle Regioni e dalle forze politiche. Ad oggi però non si rileva che ciò abbia prodotto un cambiamento di linea nelle parte prevalente delle Regioni, che sembrano ormai inchiodate alle loro responsabilità di governo della spesa locale, con il rischio di perdere di vista la prospettiva e l'evoluzione indispensabile del sistema.

D'altra parte l'apertura ad un limitato superamento del blocco del turn over stabilita dall'articolo 4 bis del cosiddetto "Decretane Balduzzi", approvato in via definitiva alla fine dell'ottobre 2012 (Alfine di garantire i Lea, gli enti del Servizio sanitario delle Regioni con Piano di rientro sottoposte al blocco automatico del turn over dal 2012 possono procedere a nuove assunzioni di personale a tempo indeterminato, nel limite massimo del 15% del personale cessato dal servizio, previo accertamento del raggiungimento anche parziale degli obiettivi previsti dal Piano di rientro) non ha certo permesso di superare la criticità della situazione assistenziale, né di rompere la staticità del mercato del lavoro che ultima¬mente colpisce anche gli infermieri. È aumentato, infatti, il tempo d'attesa dei neo laureati infermieri per inserirsi nelle strutture organizzative del sistema sanitario. Il tasso occupazionale è sceso, ad un anno dalla laurea, dal 94% del 2007 all'83% del 2010, con segni oggettivi di un'ulteriore riduzione. Ciò nonostante, secondo i dati forniti da Almalaurea e da fonti ufficiali quali l'Istat e l'Ocse, le professioni sanitarie risultano al primo posto tra le lauree che hanno pro¬dotto il maggior numero di occupati, con una richiesta sempre crescente di figure come infermieri, ortottisti, audiometristi.

Può essere utile rilevare - sempre attingendo ai dati forniti - che le professioni sanitarie sembrano essere premiate anche sul fronte retributivo, classificandosi seconde, solo dopo Ingegneria, nella speciale classifica sull'entità della busta paga a 5 anni dal conseguimento del titolo accademico, con una media di 1.662 euro al mese. Un valore ben più alto di quello relativo a lavoratori fuoriusciti da corsi di studio storica-mente prestigiosi, come Giurisprudenza (1.285 euro), Architettura (1.256 euro), Lettere (1.073 euro). Le difficoltà occupazionali per la nostra categoria inducono ad una attenta riflessione su altri due grandi campi di interesse professionale: il fabbisogno formativo e il campo di attività. Il fabbisogno formativo Permane il differenziale tra la richiesta totale delle Regioni (24.143 posti), con differenza di -8.024 (-33%) e la richiesta della Federazione (22.189 posti), con differenza di -6.070 (-27%) sull'offerta delle Università. Il rapporto nazionale D/P cala da 2,8 a 2,7 con valori diversi per aree geografiche: al Nord da 2,1 a 2; al Centro dal 2,2 a 2,1 e al Sud dal 5,6 al 5,2. In totale, le domande presentate per l'A.A. 2012/2013 sono state 43mila su circa 10mila posti disponibili, con un differenziale di 26mila giovani. Il differenziale in negativo potrà accentuarsi ulteriormente con la nuova disciplina universitaria in materia di accreditamento e attivazione dei corsi di laurea. Tale disciplina impone un numero minimo di docenti Universitari (denominati "docenti di riferimento") per ogni corso attivato, calcolato tenendo conto sia del numero di studenti programmati, sia del numero di sedi e della loro collocazione geografica.(l'infermiere)


06/03/14

Dall’America un nuovo vaccino antinfluenzale, non più la classica iniezione ma un cerotto.

Probabilmente non ci sarà più bisogno della classica iniezione per il vaccino antinfluenzale. Un nuovo metodo innovativo è in arrivo dal Georgia Institute of Technology, che esclude il bisogno della tradizionale iniezione. Si tratta di un cerotto da applicare sulla pelle, indolore e di facile applicazione. L'obiettivo dei ricercatori è quello di diminuire i costi della sanità e l'affollamento di pazienti negli studi medici, vista la possibilità di poter essere ricevuto per posta o acquistato in farmacia. Il gruppo di ricercatori guidato da Mark Prausnitz ha messo a punto un'applicazione cutanea, provvista di una serie microaghetti che trasmettono il vaccino al contatto con la pelle. I primi test sono stati effettuati per stabilire il dolore provocato da questi piccoli aghi e i risultati sono stati lusinghieri. I primi volontari sottoposti alla sperimentazione hanno rilevato un livello di gran lunga inferiore a quello indotto da un'iniezione. Sulla scala di valutazione del dolore su un massimo di 100, il cerotto si ferma a 1,5, mentre la puntura può arrivare anche a 15. Al di là di questo aspetto, il prossimo passo sarà quello di capire realmente l'efficacia contro i virus influenzali stagionali. Se la nuova metodologia garantirà risultati soddisfacenti anche da questo punto di vista, il cerotto dovrebbe poi essere venduto in farmacia. Non solo, esiste anche la possibilità che il cerotto venga spedito per posta. In questo modo, si raggiungerebbe uno dei due obiettivi della ricerca, quello di diminuire le file e i tempi di attesa negli studi medici, spesso presi dall'assalto nella stagione invernale. Inoltre, i costi per la sanità pubblica diminuirebbero, trattandosi di una soluzione meno costosa e più facilmente reperibile.

12/11/13

Sanità, consulenza e municipalizzate nel mirino di Cottarelli!

Sanità, consulenza e municipalizzate nel mirino di Cottarelli! Il programma di lavoro del commissario alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli, è pronto. Lo stesso ha provveduto ad inviare al Comitato Interministeriale per la spending review il suo piano di lavoro. Cottarelli è arrivato al Tesoro da 20 giorni ma ha immediatamente cercato di fare in modo di trasmettere il proprio programma di lavoro, entro la data di scandenza prescritta dalla decreto legge istitutivo.
Il programma di lavoro, fa sapere in serata il ministero dell'Economia, "reca gli obiettivi e gli indirizzi metodologici dell'attività di revisione della spesa pubblica" e prevede che il Comitato interministeriale per la revisione della spesa si riunirà nei prossimi giorni per esaminarlo. Successivamente il piano sarà trasmesso alle Camere".
I tagli verranno fatti con il "bisturi" in maniera tale da chirurgizzare al massimo, analizzando le criticità comparto per comparto, per superare la logica delle riduzioni lineari che è stata la via più facile nei tanti momenti di emergenza degli ultimi anni.
Commissario straordinario Carlo Cottarelli

L'attuale governo "è nella condizione ideale per attaccare il problema della spesa pubblica perché in un governo di larghe intese ciascuno taglia un pò la spesa degli altri", ha detto oggi Piero Giarda, che aveva messo a punto durante il governo Monti un dossier proprio sulla spesa pubblica, base di partenza anche per il lavoro di Cottarelli. E infatti tra i primi incontri del Commissario c'è stato proprio quello con l'ex ministro Giarda. "Ci aspettiamo dei tagli selettivi e rimessi alle stesse amministrazioni che hanno padronanza della visione delle loro esigenze e delle loro disponibilità e delle esigenze dei cittadini in termini di servizi", ha evidenziato il presidente emerito della Corte dei Conti Luigi Giampaolino. La spesa pubblica ammonta alla macro-cifra di 800 miliardi di euro ma una parte non è intaccabile. Tra i settori maggiormente sotto i fari c'è la sanità e l'attesa è per un'accelerazione per i cosiddetti costi standard. Ma nel mirino anche le tante municipalizzate, le consulenze, l'utilizzo degli immobili pubblici. Un ruolo primario dovrebbe essere giocato anche dalla razionalizzazione e centralizzazione degli acquisti attraverso la Consip.

L'obiettivo finanziario della spending review non è stato quantificato anticipatamente ma potrebbe essere quello di mettere in cantiere tagli per oltre 10 miliardi di euro in tre anni. Questa è infatti la cifra necessaria, tra il 2015 e il 2016, per evitare maxi-tagli agli sconti fiscali già decisi nella legge di stabilità all'esame del Parlamento. Al momento comunque la quantificazione vera e propria degli effetti della spending review nello stesso ddl Stabilità è cauta: 600 milioni di euro nel 2015 e 1,31 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2016. In ogni caso alcuni primi risultati dovranno essere raggiunti già nel breve periodo, nel 2014; si guarda infatti proprio ai tagli di spesa per finanziare un ampliamento degli sgravi fiscali. "Cruciale" è infatti la parola usata più volte in questi giorni dal ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni per indicare il processo in corso di revisione della spesa.
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