Il-Trafiletto
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17/09/14

E' nato il "Facebook dei ricconi"

Ancora una volta i ricconi si vogliono sentire lontani e distaccati dalla realtà della gente comune. Non bastano i social network accessibili da tutti, no loro dovevano farsi il "loro social" per sentirsi fra simili. Così è nato il "Facebook dei ricconi" creato dal direttore dell'orchestra di Minneapolis, James Touchi-Peters: "The Netropolitan Club"  


Per far parte di questo superesclusivo club, è necessario versare una quota di iscrizione di 9.000 dollari e pagare ogni anno 3.000 dollari. Touchi-Peters dice che - "Molti milionari si sentono isolati e The Netropitan Club è un posto dove possono interagire con persone del loro status".( Povere creature sole ed emarginate- dico io) In questo club i milionari possono interagire e farsi compagnia parlando di temi importanti quali: vini costosi, auto milionarie e affari.

"The Netropolitan Club" 

Possono discutere di vacanze in località esclusive e dove noleggiare vetture milionarie senza essere esposti a critiche, perchè loro, poverini, si sentono capiti dai loro simili "affamati" di parlare con individui che hanno i loro stessi interessi". E anche le stesse possibilità. La pagina promozionale con cui il social network per ricchi si presenta è proprio all'insegna dell'esclusività, ritraendo in una foto, alcune persone a bordo di un aereo privato che parlano davanti a un bicchiere.

09/07/14

Impara ad informare | Invece di "IOformare"

I social media invogliano a parlare di sé: "nutrendosi" di tanti piccoli aggiornamenti, sembrano fatti apposta per riferire ogni minuzia della vita quotidiana (questa è la mia fetta di pane tostato; questo sono io mentre faccio colazione; questo è il mio pensiero sulla situazione politica italiana ecc.). 

Non c'è nulla di male nell'esprimere le proprie opinioni, e alcuni follower potrebbero essere effettivamente interessati: una ricerca condotta dalla Rutgers University su un campione di 350 messaggi raccolti su Twitter ha evidenziato che l'80 per cento dei tweeter appartiene proprio alla categoria di chi racconta di sé, battezzati meformersC'ioformatori"). Il problema è che il numero di chi vuol sapere di noi e delle nostre attività è limitato, e che così facendo, è difficile mettersi in risalto. Per avere successo sulle piattaforme social, bisogna imparare a rimpolpare tweete aggiornamenti con qualche informazione oggettivamente interessante.

Informare non
"ioformare"
Chi informa invece di "ioformare" ha infatti una presa sul pubblico a molto maggiore: è stato brillantemente dimostrato da un recente | studio diretto da un ricercatore del Georgia Tech, il quale ha raccolto mezzo milione di tweet nel corso di 15 mesi, per individuare i fattori associati a un incremento del numero di follower. Si è così scoperto che gli "informatori" attiravano una quantità di contatti circa 30 volte superiore rispetto agli "ioformatori". Per raggranellare follower, dunque, è importante trovare una propria nicchia informativa e dimostrare di saper fornire notizie accattivanti e specifiche.(science)



06/07/14

Facebook | Presentati al meglio | Cambia la foto del tuo profilo

Da bruco a farfalla sul social network più popolare: sei semplici trucchi spiegati da Jeremy Dean. Non sempre siamo onesti quando ci descriviamo su Internet: frequentando Facebook e Twitter, tutti ci siamo imbattuti in "domatori di leoni professionisti" o "piloti di F1 part-time". È possibile, però, mentire bene e trarne beneficio? 

Ci sono tecniche per modificare quel tanto che basta il proprio profilo e atteggiamento online per risultare più carismatici e conquistare più amici e più credibilità "social"? La risposta è sì: una nuova ricerca dell'Università di Helsinki ha dimostrato che anche piccoli aggiustamenti apportati alla propria presentazione su Facebook possono farci guadagnare in sicurezza, apertura mentale e fascino agli occhi dei naviganti. In queste pagine, ecco le sei mosse giuste da fare per presentarci al meglio e conquistare il mondo dei social network.
Cambia la foto del profilo
su Facebook

CAMBIA LA FOTO DEL TUO PROFILO
Le prime impressioni sono importanti: esistono decine di studi a dimostrazione del fatto che l'incontro numero uno lascia impronte indelebili, difficili da cancellare. L'equivalente digitale della prima impressione è la foto sul proprio profilo: i visitatori riescono a ricavarne una quantità sorprendente di informazioni. In una ricerca condotta da psicologi finlandesi, è stato chiesto a 50 partecipanti di posare per 11 diverse fotografie, esprimendo tratti della personalità che andavano dall'entusiasmo alla spensieratezza. Le immagini sono poi state mostrate a 401 persone, invitate a classificare le finte personalità rappresentate. Lo studio ha dimostrato che le diverse pose riuscivano a trasmettere molto efficacemente i vari aspetti della personalità. In altre parole, le foto che scegliamo per il nostro profilo sui social media possono farci apparire nevrotici, estroversi, simpatici e così via.

Per esempio, le persone che, nelle immagini esaminate, non guardavano in camera, sono state percepite di mentalità più aperta rispetto a quelle rivolte frontalmente. Proviamo, quindi, a mostrare agli amici la foto del nostro profilo, chiedendo loro quali aspetti del nostro carattere mettono in evidenza. I risultati potranno stupirci, o al contrario dispiacerci: in ogni caso, è sempre utile conoscere altri punti di vista. I ritratti non suggeriscono soltanto aspetti della personalità: chi li guarda, infatti, ne trae anche conclusioni di natura sociale. Ricercatori dell'Università del Missouri hanno scoperto che le foto dei profili su Internet contenenti "indicatori sociali" venivano giudicate più attraenti sia dal punto di vista sociale sia fisico. Le immagini che comprendono indicatori sociali sono quelle che ci mostrano, per esempio, mentre imbracciamo una chitarra o giochiamo a tennis: qualsiasi cosa che fornisca indizi su chi veramente siamo. Il classico formato fototessera, dunque, potrebbe non avvantaggiarci affatto.(science)



19/02/14

Condivido ma non leggo | Twitter o Facebook...Aspettate un attimo!

Condivido ma non leggo: Twitter...Aspettate un attimo! Siete li per li per cliccare sulla F di Facebook oppure sull’uccellino di Twitter qui a lato o magari di sopra? Aspettate un attimo! Volgete lontano lo sguardo dal monitor, prendete un bel respiro profondo e almeno questavolta, provate a leggere tutto il post o l'articolo che dir si voglia, prima di condividere. Siamo sinceri, è inutile negarlo: siamo tutti colpevoli.

“Abbiamo scoperto che non ci sono correlazioni tra le condivisioni sociali di un articolo e i contenuti realmente letti dalle persone”. Parola di Tony Haile, Ceo di Chartbeart, società specializzata nella misurazione real-time del traffico dei siti web: alla luce di questa scoperta, secondo Haile, è necessario che i grandi gruppi editoriali rivedano la propria strategia di promozione dei contenuti e di marketing verso gli inserzionisti.
Condividere su Twitter o Facebook

In ogni caso, come si diceva all’inizio, siamo tutti colpevoli. Alzi la mano chi non ha mai rilanciato una storia sui social network senza averla letta ( non Enrico!) prima fino in fondo. Lo ha ammesso perfino Taylor Lorenz, social media manager per il Daily Mail: “Ogni giorno, per lavoro, condivido centinaia di articoli. E sì, non leggo buona parte di essi. Penso che chiunque dica di aver letto e ponderato ogni articolo prima di condividerlo stia in realtà mentendo”.

Un altro studio di Upworthy è arrivato più o meno alla stessa conclusione, in maniera più quantitativa: il grafico delle condivisioni di un articolo in funzione dei minuti passati sulla pagina segue un andamento a S rovesciata. Chi ha appena intravisto il contenuto è più portato a condividerlo rispetto a chi ne ha letto più o meno la metà (fortunatamente poi il trend cresce: anche chi legge tutta la storia alla fine la condivide).
Cosa ci dice tutto questo? Che probabilmente, anziché le visualizzazioni di pagina o gli utenti unici dovrebbero analizzare meglio i minuti di attenzione, la quantità totale di tempo che gli utenti trascorrono attivamente sul sito. Ho finito. Adesso siete liberi di... condividere.

25/01/14

Facebook | Una "malattia infettiva" da cui presto guariremo!

Facebook! Una "malattia infettiva" da cui presto guariremo. Ormai siamo dinanzi all'inevitabile: presto o tardi tutti, dai più ligi ai più restii, si piegano e offrono la propria dipendenza ai social network, come fossimo quasi inevitabilmente infettati da una malattia contagiosa! Ma come per ogni infezione si trova l'antitodo da contrapporre, anche per questa pare che ci sia una speranza: due dottorandi dell'Università di Princeton hanno interpretato sul serio questa metafora, cercando di verificare se la diffusione di Facebook e soci...al, possano ritenersi un'epidemia.

Per eseguire la loro ricerca, John Cannarella e Joshua Spechler hanno usufruito del cosiddetto modello SIR, uno dei più semplici utilizzati in epidemiologia. Il modello, il più semplice del suo genere, ordina in se le persone in 3 gruppi distinti (dalle cui iniziali deriva il nome): i Suscettibili, che devono ancora ammalarsi; gli Infetti, già ammalati, e i Rimossi, ovvero sia quelli che sono stati guariti dall'infezione. Le proporzioni dei 3 gruppi cambiano con il progredire dell'epidemia. Ad esempio: dato che il fatto di essere infettati dipende dall'incontrare una persona ammalata, il numero di Suscettibili che si trasformano in Infetti nell'unità di tempo sarà proporzionale al prodotto del numero dei Suscettibili per quello degli Infetti.
Facebook e la società

Applicando il modello SIR ai "malati" di social network, Cannarella e Spechler hanno fatto una variazione: mentre in epidemiologia la guarigione avviene in modo spontaneo, i due hanno ritenuto che chi abbandona un social network segua l'esempio di qualcun altro, e hanno modificato di conseguenza le regole, facendo sì che il numero dei Rimossi aumentasse in modo proporzionale al prodotto tra gli Infetti e i Rimossi stessi.
I due ricercatori, non disponendo di dati sull'andamento delle iscrizioni ai social network, li hanno stimati a partire dalle variazioni del numero di ricerche sull'argomento richieste a Google.

Hanno preso come esempio Facebook e MySpace, e hanno verificato che il modello SIR rispecchia le variazioni del numero dei membri di ambedue. La cosa interessante è che il modello prevede anche che Facebook, già in lieve calo di iscritti, entro il 2017 avrà perso l'80% dei suoi utenti, finalmente "guariti".

Dobbiamo dunque attenderci il rapido crollo del più diffuso social network?
Anche se i dati mostrano che Facebook ha scarsa presa sulle nuovissime generazioni, questo tipo di previsione va preso con cautela. C'è chi fa notare che il modello SIR implica sempre e comunque un termine per l'epidemia, e non si applica alle malattie che rimangono endemiche. Sarebbe interessante vedere se esistono modelli epidemiologici più complessi che rispecchino l'andamento dei social network. Ma il risultato ottenuto è comunque promettente, e apre la strada a nuovi metodi di analisi.
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